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Autore: Star_Rover    03/07/2022    6 recensioni
Jari e Verner sono uniti fin dall’infanzia da un legame che nel tempo è diventato sempre più intenso e profondo. Nell’inverno del 1915 però i cambiamenti sociali e politici che sconvolgono la Finlandia finiscono per coinvolgerli, così i ragazzi sono costretti a separarsi per seguire strade diverse.
Nel 1918 i destini dei due giovani tornano a incrociarsi sullo sfondo di una sanguinosa guerra civile.
Genere: Drammatico, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
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X.  Crepe nel ghiaccio
 

Verner passeggiava lungo il sentiero innevato in compagnia di Saija. La cucciola di meticcio che suo fratello aveva salvato dal gelo era cresciuta in fretta, il suo fisico inizialmente gracile e debole era diventato robusto e resistente, coprendosi di una pelliccia grigia e folta. In poco tempo aveva acquisito l’aspetto di una lupacchiotta, in cui si poteva riconoscere parte della sua natura selvaggia. 
Saija si era affezionata subito ai suoi salvatori, dimostrandosi obbediente e fedele. Pur essendo mansueta con i suoi padroni però continuava a mostrarsi diffidente nei confronti degli estranei.
Verner aveva preso l’abitudine di portarla sempre con sé durante le sue passeggiate nei boschi, trovava piacevole la sua compagnia. Non aveva bisogno di parlare per comunicare con la sua nuova amica, lei riusciva a comprenderlo con un semplice sguardo. Tra i due era nata una bella complicità.
Saija si trovava perfettamente a suo agio mentre vagava tra le foreste di conifere, non soffriva né il freddo né la fatica, amava correre in libertà in quel paesaggio innevato. Verner riteneva che in fondo non fossero così diversi.
 
I due erano ormai di ritorno sulla strada di casa quando ad un tratto Saija si immobilizzò, alzò la testa e fiutò l’aria avvertendo qualcosa di insolito.
Dal suo comportamento il giovane intuì che ella avesse percepito un reale pericolo, per precauzione strinse la presa sul fucile.
Saija rivolse i suoi occhi di ghiaccio in direzione della foresta, la sua attenzione era rivolta a un obiettivo nascosto dalla nebbia. Con uno scatto il meticcio scese dalla collina, scomparendo alla vista di Verner. Quest’ultimo non poté far altro che rincorrere l’animale seguendo le sue orme nella neve fresca. Con i polmoni in fiamme e il fiato corto il ragazzo abbandonò il sentiero per addentrarsi nella pineta. Seguì i latrati di Saija ritrovandosi in una piccola radura, avvicinandosi udì delle voci. Dunque non erano soli in quella foresta.
Uscendo dalla boscaglia riconobbe un gruppo di uomini, indossavano uniformi militari e parlavano in russo.
Verner richiamò il suo cane con un fischio, Saija obbedì tornando accanto al suo padrone.
Dopo i primi istanti di incertezza i russi si mostrarono lieti di incontrare un altro essere umano in quel territorio desolato. Uno di loro si presentò provando a pronunciare qualche parola in finlandese. Era un ufficiale, sull’uniforme portava i gradi di tenente.
Verner restò in allerta, scegliendo di relazionarsi con cautela al suo interlocutore.
«Non sapevo che questi boschi fossero pattugliati dall’esercito»
Il tenente non esitò a fornire spiegazioni nella speranza di ottenere in cambio qualche informazione utile.
«Siamo sulle tracce di un criminale, si tratta di un fuggitivo che si sta nascondendo ormai da tempo in queste foreste. Sappiamo per certo che deve aver trovato rifugio in uno dei vostri villaggi»
Verner iniziò ad avere dei sospetti, ma non esternò in alcun modo la sua preoccupazione.
«Mi spiace, temo proprio di non potervi aiutare»
L’ufficiale insistette mostrandogli una foto segnaletica.
«Il suo nome è Aleksej Sokolov, ma potrebbe aver utilizzato una falsa identità»
Il finlandese rimase ad osservare il volto di un giovane dagli occhi scuri e i folti capelli corvini. Immediatamente riconobbe Aleks, il suo aspetto da ragazzo presentava alcune differenze, i lineamenti del suo viso e l’intensità del suo sguardo però restavano inconfondibili.
Non poteva capire le scritte in cirillico, riuscì solo a leggere la data, quello scatto risaliva a quattro anni prima.
«Abbiamo ricevuto l’ordine di catturare quest’uomo» continuò il tenente.
«Quale reato ha commesso?»
«È un anarchico sovversivo, questo fa di lui un nemico dello zar»
Verner esitò qualche istante, non aveva ragioni per collaborare con quei gendarmi. Inoltre non avrebbe potuto tradire Aleks. Pur non condividendo a pieno i suoi metodi rivoluzionari doveva ammettere di provare stima e rispetto nei suoi confronti.  Consegnare il suo compagno alle autorità avrebbe decretato la sua condanna a morte. Ciò era ingiusto, così decretò che fosse suo dovere proteggerlo.
Al termine di queste considerazioni riconsegnò la fotografia nelle mani del tenente.
«Non ci sono russi da queste parti, e anche voi rischiate di non essere i benvenuti» disse lapidario.
L’ufficiale gli rivolse uno sguardo glaciale: «la sua è forse una minaccia?»
«No, affatto. È un avvertimento» replicò con tono serio.
I gendarmi non stentarono a credere alle sue parole, erano sempre in aumento i casi di soldati russi rimasti vittime di attentati. Le espressioni ansiose sui loro volti esternarono reali paure.
Verner tornò a rivolgersi al comandante.
«Se accetta un consiglio da parte di un finlandese, tenente, lei e i suoi uomini fareste meglio a tornare a valle. Tra poco si alzerà il vento, rischiate di perdervi nella tormenta e non ritrovare più il sentiero»
L’ufficiale replicò con sdegno e sufficienza: «siamo soldati dell’Esercito imperiale, non sarà un po’ di neve a ostacolarci»
«Posso assicurarle che anche un soldato esperto e ben addestrato può morire assiderato durante la gelida notte su queste montagne»
I soldati si scambiarono uno sguardo preoccupato, erano stremati per la lunga marcia e di certo non erano intenzionati a perire di freddo in quella terra straniera e ostile.
Il tenente valutò attentamente la situazione, indeciso se fidarsi delle parole di un civile. Doveva fare il possibile per portare a termine la sua missione, ma preoccuparsi dei suoi uomini era sempre suo dovere.
«D’accordo, riprenderemo la ricerca quando il cielo si sarà rasserenato» concluse con un certo disappunto.
Verner indicò ai russi la via più breve e sicura per raggiungere la loro meta. I militari si congedarono ringraziandolo per l’aiuto, poi si allontanarono tornando sui loro passi.
Saija restò a fianco del suo padrone, con il suo istinto innato parve avvertire la tensione e continuò mostrare le zanne ai soldati finché non scomparvero tra i pini.
Il giovane tentò di rassicurare la compagna accarezzando il suo manto argentato: «coraggio bella, torniamo a casa»
 
Quando Verner tornò alla sua abitazione davanti alla soglia trovò suo fratello Hjalmar. Saija corse immediatamente da lui in cerca di coccole e affetto. Il ragazzino esaudì le sue richieste, ma questo non lo distolse dal suo intento principale, ovvero rimproverare il fratello maggiore.
«Ero preoccupato, saresti dovuto tornare ore fa»
«Avevo bisogno di un po’ di tempo per stare da solo» si giustificò.
Hjalmar era ormai abituato a vederlo in quelle condizioni. Da quando era stato abbandonato dal suo inseparabile compagno non si era più ripreso, lasciandosi sopraffare dalla tristezza e dallo sconforto. Avrebbe desiderato fare qualcosa per lui, ma ogni suo tentativo non aveva portato ad alcun risultato. L’unica in grado di farlo tornare a sorridere era stata Saija, almeno con lei sembrava essere sereno.
In quell’occasione però Hjalmar riconobbe che il fratello era particolarmente sconvolto.
«È successo qualcosa?» domandò.  
Verner indugiò, valutò alcune possibilità, alla fine decise di essere sincero.
«In effetti è accaduto uno strano evento. Ho incontrato dei gendarmi nella foresta»
Il ragazzino sussultò: «che cosa ci fanno dei russi da queste parti?»
«Sono sulle tracce di un ricercato, un loro connazionale. La questione non deve riguardarci» rispose mascherando il suo coinvolgimento.
Hjalmar parve rassicurarsi: «credi che torneranno?»
«No, non troveranno nessuno e si stancheranno presto di vagare nel nulla. Noi però dobbiamo essere prudenti nel caso in cui dovessero presentarsi al villaggio»
Il ragazzo annuì.
Verner gli accarezzò il capo scompigliandogli i capelli, sapeva che suo fratello sapeva badare a se stesso e che non avrebbe mai disobbedito al suo volere.
«Come sta lo zio?» chiese con sincera apprensione.
«Non molto bene, la mamma è sempre più preoccupata»
Verner si intristì nel sentire quelle parole, purtroppo era consapevole della sua condizione, il medico aveva detto che probabilmente non avrebbe superato l’inverno. A volte pensava che forse sarebbe stato meglio che lo zio potesse lasciare in pace quel mondo piuttosto che prolungare la sua sofferenza.  
Il giovane si riprese da quei pensieri udendo la voce del fratello.
«Posso chiederti una cosa?»
Egli annuì.
«Perché in questa casa nessuno vuole parlare di nostro padre?»
Verner rimase sorpreso da quella domanda, solo in quel momento realizzò che erano trascorsi esattamente dieci anni dalla sua morte. Al tempo lui aveva nove anni, suo fratello invece soltanto quattro. Era probabile che egli nemmeno ricordasse il volto del genitore.
«Lo sai che papà e lo zio Elmer non avevano buoni rapporti, la mamma invece preferisce il silenzio al dolore» spiegò senza troppi giri di parole.
«Tu conosci la verità su di lui?»
«Che cosa vorresti sapere?»
Hjalmar guardò il fratello negli occhi, voleva accertarsi che egli fosse disposto ad essere pienamente sincero.
«Ho scoperto che nostro padre è stato arrestato e condannato dai russi»
«È stato giustiziato per aver ucciso un soldato» rivelò Verner.
«Lui non era un criminale!» ribatté Hjalmar con gli occhi lucidi.
Verner non tentò di giustificare il defunto genitore: «suppongo che egli sia stato spinto ad agire in quel modo dalla disperazione, alla fine ha pagato le conseguenze»
Hjalmar avvertì un nodo alla gola, non poteva credere che suo padre fosse davvero un assassino.
«Mi dispiace, ma questa è la verità»  
Il fratello tentò di contenere il dolore e la rabbia. Verner poggiò una mano sulla sua spalla in segno di solidarietà.
«Credo che nostro padre abbia fatto tutto il possibile per proteggerci. È questo che voglio ricordare di lui»
Hjalmar tentò di non cedere allo sconforto, era ancora sconvolto, ma le parole di suo fratello riuscirono ad essere di consolazione. Non voleva commettere lo stesso errore degli altri suoi parenti, Verner aveva ragione, nonostante tutto la memoria di suo padre non doveva esser perduta.
 
***

Il mattino seguente Verner si presentò al cantiere avvertendo una strana sensazione. Il silenzio era insolito e inquietante. I volti dei suoi compagni apparvero più mesti e i loro sguardi ancor più cupi e spenti del solito.
Inizialmente il giovane non diede troppa importanza a tutto ciò, si caricò la pala sulle spalle e si preparò ad affrontare un’altra dura giornata di lavoro.
Il vento gelido lo fece rabbrividire, era segno che presto sarebbe tornato l’inverno. Verner continuò a scavare nel terreno ghiacciato, incurante dello sforzo e dei muscoli doloranti, finché non avvertì qualcuno gridare il suo nome. Un suo compagno lo richiamò in superficie.
«Adesso basta, hai bisogno di riposare se non vuoi rimanerci là sotto!»
Verner sbuffò, in ferrovia non faceva altro che ammazzarsi di lavoro, tanto da essersi abituato a sgobbare senza mai lamentarsi. Inoltre sapeva che se voleva mantenere quel lavoro doveva sopportare ritmi sempre più estenuanti.
Durante quella pausa forzata Verner ne approfittò per fumare in tranquillità. Si era appena seduto su un grosso ceppo con una tra le labbra quando fu raggiunto da Jussi.
«Dunque anche tu sei un uomo del popolo» commentò con tono ironico, riferendosi alla sua Työmies [*].
Verner accennò un lieve sorriso, estrasse un’altra sigaretta dal taschino della giacca e la offrì al suo compagno.
Jussi accettò con gratitudine e si posizionò al suo fianco.
«A dire il vero oggi non è un gran giorno per essere allegri» disse tornando improvvisamente serio.
«Ho notato l’umore nero di tutti quanti, che cosa è successo?»
Jussi espirò una nube di fumo: «si tratta di Olavi»
«L’aiutante di Heikkinen?» domandò cercando di ricordare meglio il suo volto.
L’amico annuì: «già, proprio lui. Ha avuto un incidente con quei dannati macchinari…per poco non ci ha rimesso la pelle! Per salvarlo hanno dovuto amputargli un braccio, adesso è invalido e senza lavoro!»
Verner rimase particolarmente colpito da quella notizia.
«È davvero terribile» commentò con sincero rammarico.
«Olavi è stato sfortunato, ma questa sorte potrebbe capitare a chiunque»
Verner ricordò ciò che gli aveva riferito Karl, quel ragazzo non era il primo e non sarebbe stato l’ultimo ad essere vittima di simili ingiustizie.
«Purtroppo è così che funziona il mondo» fu l’amara considerazione.
«Non credi che dovremmo fare qualcosa?»
Il giovane scosse le spalle con rassegnazione: «non c’è nulla che possiamo fare»
Jussi insistette: «non possiamo continuare a permettere tutto ciò! Olavi merita giustizia!»
Verner rivolse al compagno uno sguardo severo: «se hai intenzione di metterti nei guai dovrai farlo senza di me. Non voglio perdere questo lavoro»
«Io e gli altri abbiamo già deciso, organizzeremo uno sciopero per protestare. Se non ti unirai a noi ti comporterai come un codardo!»
Verner restò fedele alle proprie convinzioni, seppur con rammarico fu costretto a voltare le spalle ai suoi compagni.
Jussi si rialzò e gettò via il mozzicone.
«So che non sei un vigliacco, spero che tu possa trovare la forza di dimostrarlo»
 
***

I battiti sul portone divennero sempre più insistenti. Aleks andò ad aprire soltanto dopo aver riconosciuto l’identità del suo visitatore. Fu sorpreso di trovare Verner sulla soglia del suo misero appartamento.
«Come mai sei qui?» domandò con tono inquisitorio.
«Devo parlarti di una questione importante»
Il russo lo lasciò entrare invitandolo a sedersi al tavolo.
«Di che si tratta?» chiese riempiendo due bicchieri di acquavite.
Verner giunse subito al punto: «tu e i tuoi compagni siete in pericolo»
Aleks ebbe un lieve sussulto: «che stai dicendo?»
«I gendarmi stanno perlustrando l’intera zona per catturarti. Sanno che ti stai nascondendo su queste montagne…qualcuno deve averti tradito»
Il russo reagì con una smorfia di disprezzo, non poteva credere di aver riposto la sua fiducia in un vile traditore. Uno dei suoi contatti doveva aver parlato, probabilmente dopo esser stato incarcerato e torturato.
«Che cosa sanno su di me?»
Verner buttò giù l’alcol in un sorso: «praticamente tutto. Hanno anche una tua fotografia…non sapevo che fossi stato arrestato»
Aleks sospirò: «al tempo ero solo un idealista ingenuo, ho scontato la mia pena»
«La prigione non ti ha dissuaso dalle tue idee» dedusse Verner.
Il russo mostrò un amaro sorriso: «in un certo senso ho imparato dai miei errori»
«La questione adesso è seria, quel tenente sembrava disposto a scandagliare l’intera Finlandia per trovarti!»
Aleks lo rassicurò: «conosco un posto dove nascondermi almeno per il tempo necessario»
«Si tratta di un rifugio sicuro?»
«Sono un latitante da diverso tempo ormai, sono diventato piuttosto bravo a scomparire»
Verner non poté far altro che fidarsi di lui.
«Mi chiedo come fai a vivere in questo modo» disse versandosi un altro bicchiere.
«Non sarà così ancora per molto, i miei compagni stanno portando avanti la lotta, quando scoppierà la rivolta tornerò in Patria per combattere al loro fianco»
Verner provò sincera ammirazione per la sua dedizione, ma allo stesso tempo si domandò se le sue convinzioni potessero diventare realtà oppure fossero destinate a restare vane illusioni.
«Da quanto tempo non vedi la tua famiglia?»
Aleks distolse lo sguardo: «ormai sono trascorsi quattro anni»
«Non ti senti in colpa per aver abbandonato le persone che ami?» chiese nel tentativo di comprendere le sue motivazioni.
«Mio figlio sta crescendo senza un padre e mia moglie non ha un marito al suo fianco. Ovviamente sento di averli delusi, nonostante ciò non ho rimorsi per quello che ho fatto. Il mio fallimento come padre e come marito è una questione personale, irrilevante per la lotta per la Libertà del mio popolo»
«Immagino che tu abbia dovuto compiere delle scelte difficili»
«Il fatto che abbia anteposto questioni politiche alla mia vita privata non significa che non mi importi della mia famiglia. In gioco c’è anche il futuro delle persone che amo e che desidero proteggere. Non posso rinunciare alla lotta, se la rivolta dovesse fallire allora preferirei morire. Almeno mio figlio potrà sapere di non aver avuto un codardo o un ipocrita come padre»
Il finlandese percepì una nota di amarezza e dolore in quelle parole. Inevitabilmente pensò a Jari e alle sue scelte, probabilmente anche lui credeva di agire per il bene del suo popolo. Non condivideva le sue scelte e continuava a considerare il suo abbandono come un tradimento, ma forse ora poteva comprendere più a fondo le sue ragioni.
Aleks sollevò la testa per guardare il suo compagno negli occhi: «adesso puoi rispondere tu a una domanda?»
Il giovane annuì.
«Per quale motivo hai voluto proteggermi?»
«Ho solo fatto quel che ritenevo giusto»
«Hai messo a rischio la tua incolumità per salvare la vita di un russo»
Verner rimase in silenzio, non sapeva spiegare nemmeno a sé stesso perché avesse scelto di agire in quel modo.
«Se ritieni che io meriti una possibilità forse anche tu senti il dovere di fare qualcosa di più per la tua Patria…»
«Mi dispiace, ma ho fatto le mie scelte. La mia famiglia ha bisogno di me, puoi giudicarmi come un codardo per questo»
«Non ritengo affatto che tu sia un codardo, rispetto la tua presa di posizione, ma…mi chiedo se questo sia ciò che tu voglia veramente»
Verner non rispose, il suo carattere impulsivo l’aveva sempre portato ad agire d’istinto. Poteva cercare di fare del suo meglio per reprimere il suo desiderio di ribellione, ma non sapeva per quanto tempo avrebbe potuto continuare a resistere.
 
***

Il dottor Koskinen non aveva espresso alcuna opinione riguardante la scelta del figlio. Quella volta non poteva giudicare le sue decisioni. Ricordava bene gli anni della rivolta, alla quale aveva preso parte solo come spettatore inerme. Al tempo aveva una moglie malata e due figli piccoli di cui prendersi cura, la prospettiva di una guerra civile era una reale minaccia per il futuro della sua famiglia. Per questo si era schierato dalla parte delle autorità, tutto ciò che desiderava era la pace.
Adesso però era tutto diverso. Forse era davvero giunto il momento per la Finlandia di lottare per la sua libertà. Una parte di sé provava orgoglio per il coraggio dimostrato da Jari, il quale era determinato a combattere per ciò in cui credeva. In quanto genitore però si sentiva in colpa per non essere riuscito a proteggerlo. In fondo era questo che aveva sempre tentato di fare, seppur con metodi rigidi e severi.
Era dispiaciuto per il fatto che Jari non avesse voluto nemmeno dirgli addio, per quanto il loro rapporto fosse delicato e complesso avrebbe almeno desiderato che il figlio potesse avere la consapevolezza che suo padre gli aveva sempre voluto bene.
 
Kaija era a conoscenza della sofferenza del padre, ma era anche consapevole che egli non avrebbe mai ammesso i suoi errori e le sue debolezze. Ogni volta che aveva tentato di affrontare l’argomento lui si era limitato a rassicurarla deviando rapidamente il discorso. La ragazza non aveva potuto fare altro che rassegnarsi e fidarsi delle sue parole.
Nemmeno per lei però era semplice affrontare quella situazione. Aveva cercato di mostrarsi forte e comprensiva davanti al fratello, ma il suo addio aveva lasciato un vuoto incolmabile.
Kaija sentiva di non poter più sopportare tutto ciò, aveva la necessità di sfogare questo suo dolore.
La giovane uscì di casa, si strinse nel mantello e a passo sicuro si diresse verso il sentiero ai confini villaggio. Sapeva che soltanto un’altra persona avrebbe potuto comprendere a pieno ciò che stava provando.
 
***

Verner abbatté con forza la scure sul ceppo spaccando il legno in due perfette metà. La frustrazione di quei giorni fu d’aiuto per svolgere quel duro compito. Era necessario faticare per prepararsi all’inverno.
Stava per colpire l’ennesimo tocco di legno quando ad un tratto avvertì qualcuno chiamare il suo nome. Verner riconobbe immediatamente quella voce femminile.
«Kaija, come mai sei qui?»
La ragazza esitò qualche istante prima di trovare il coraggio di parlare.
«Si tratta di Jari»
Verner si allarmò: «hai avuto sue notizie?»
Lei scosse il capo: «no…io…a dire il vero speravo che tu sapessi qualcosa»
«Non ho più saputo nulla di lui da quando se ne è andato» disse freddamente.
Kaija abbassò tristemente lo sguardo: «scusami, è solo che sono preoccupata per mio fratello»
Verner poggiò l’ascia a terra: «anche io, ma ho fiducia in lui. È vero, ultimamente ci siamo allontanati, ma sono comunque certo di conoscerlo meglio di chiunque altro. Posso assicurarti che Jari è il ragazzo più in gamba che abbia mai incontrato. È sveglio e intelligente, credimi, ha tutto quel che gli serve per sapersela cavare laggiù»
La ragazza si asciugò una lacrima, commossa da quella prova di affetto.
Verner cercò di fare del suo meglio per rassicurarla, riteneva semplicemente di fare la cosa giusta. In un certo senso pensava che fosse sua responsabilità prendersi cura di lei.
Pian piano Kaija tornò in sé: «mi dispiace…non volevo assillarti con i miei tormenti»
«Posso comprendere la tua preoccupazione. Non voglio illuderti, ma al momento non possiamo fare altro che sperare per il meglio»
Lei apprezzò il suo sostegno, aveva bisogno di condividere con qualcuno il suo dolore. In quell’occasione non poté evitare di notare che Verner avesse ancora a cuore la sorte di suo fratello.
«Sono certa che Jari non avrebbe mai voluto abbandonarti» affermò con convinzione.
«La nostra separazione era inevitabile»
«Eppure tieni ancora a lui»
Verner sbuffò.
«Non approvo le scelte di tuo fratello, ma gli ho sempre voluto bene»
«Egli è davvero convinto delle proprie decisioni, questo non significa che non abbia sofferto per essersene andato»
Verner intuì quale fosse il suo intento.
«L’amicizia di tuo fratello resterà sempre qualcosa di unico e prezioso per me, ma le nostre strade si sono divise e nulla potrà tornare come prima»
Kaija si rattristò nel sentire quelle parole.
«Sei davvero sicuro di non poterlo perdonare?»
Egli ribadì la sua presa di posizione.
«In ogni caso spero che Jari possa tornare a casa al più presto» concluse per rassicurarla.
Kaija non dubitò della sua sincerità, riconobbe rammarico nel suo sguardo. Si allontanò mestamente, domandandosi come quella guerra avesse potuto rovinare un legame così intenso e profondo.
Verner recuperò l’ascia e tornò alla sua attività di spaccalegna. L’impegno fisico gli impedì di dedicarsi a pensieri pericolosi. Nonostante tutto nemmeno lui era pronto a considerare la possibilità che Jari avrebbe potuto non fare più ritorno.
 
 
 
 
 
 
N.d.A.
 
[*] Le sigarette di marca Työmies erano note in Finlandia come “le sigarette del popolo” poiché per il prezzo accessibile erano diffuse particolarmente nella classe operaia.
   
 
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