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Autore: audry_ enne    14/07/2022    1 recensioni
In questi giorni di clausura forzata è difficile concentrarsi realmente su qualcosa. E’ difficile persino prevedere come sarà, quando sarà, la normalità. Se mai ce ne sarà una. Se questa è una guerra, ci aspetta un lungo e pericoloso dopoguerra, dove il pericolo maggiore è perdere la nostra umanità. Ci servirà una dose di coraggio da veri Grifoni! E le Serpi, come faranno mai? Nessuno si salva da solo. Bisognerà che anche loro imparino a portrarne il peso.
Buona lettura
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Capitolo VI
Maggio era appena iniziato. L’aria quasi tiepida, il leggero profumo dei primi fiori, il pigolio lieto degli uccellini  sembravano volersi  contrapporre ai tristi ricordi che quella data riportava alla memoria.
La preside aveva voluto che fosse proprio il 2 maggio il giorno per ricordare, per non dimenticare, per cercare di capire e andare avanti.
Il suo sguardo sorvolò la folla di maghi e streghe che prendevano posto. Li aveva guardati mentre arrivavano e si guardavano a vicenda e intorno, increduli: il platano picchiatore stava rimettendo le foglie, la scuola sembrava non aver quasi subito nulla.
Era già passato un anno, erano ancora vivi.
Alcuni cercavano tra le molte divise listate con i colori delle diverse case i visi dei propri ragazzi, altri ne cercavano almeno il fantasma o il ricordo. Qualche lacrima furtiva veniva subito asciugata, nascosta dietro la una parvenza di sorriso.
La signora Weasley rimaneva ancorata al braccio del marito, ma si capiva bene che era lei a decidere la rotta che, poi, era quella che le permetteva di seguire con lo sguardo i suoi figli mentre si sparpagliavano per il parco a salutare amici e vecchi compagni. In particolare George che sembrava farsi un dovere e un vanto di crear scompiglio per due.
Anche Ginevra sembrava piuttosto inquieta, cercava qualcuno ma ancora non lo vedeva. Del resto, Harry Potter sarebbe arrivato solo tra qualche minuto, insieme al Ministro della magia e ai maggiori rappresentanti del Wizengamot.
La vecchia strega fece un gran respiro quando vide entrare in giardino Lady Malfoy. Elegante e altera come sempre. Bellissima e fiera. Difficilmente qualcuno avrebbe mai potuto capire l’inferno che si era abbattuto su quella donna che continuava a portare sulle spalle il peso delle scelte sbagliate di un marito ora scomparso chissà dove e delle speranze per un figlio amato più della propria stessa vita.
Era nervosa, Narcissa. La mano stringeva con troppa forza il risvolto del mantello in cui probabilmente era posta la sua bacchetta e il suo incedere verso il posto che le era stato riservato troppo lento. Era sola, Narcissa, e il suo pensiero e la sua vista erano rivolti alla ricerca di chi mancava al suo fianco: il figlio, Draco.
Probabilmente, la preside McGranitt le avrebbe alleviato l’animo dicendole che al momento lui godeva della miglior protezione che il mondo magico potesse fornire ma la strega non voleva perdersi il momento in cui Lady Malfoy li avrebbe visti vicini, insieme. Quando si fossero decisi ad arrivare!
Oh! Ronald Weasley aveva raggiunto la sua famiglia. Dunque Harry e il Ministro erano arrivati e stavano prendendo posto. Era il momento di iniziare.
- Benvenuti ! Sono lieta di aprire le porte della nostra scuola a tutti voi .
Per molti di voi è questo un ritorno tra mura che hanno visto il tempo della formazione e delle amicizie, dei giochi.
In questo giorno carico di significati e di emozioni vorrei innanzitutto porgere i miei saluti
a tutti i rappresentanti del mondo dei maghi e di tutte le creature magiche presenti. Infatti non dimentichiamo che in questo giorno, anniversario di una vittoria che tante sofferenze è costata, non solo i maghi e le streghe hanno combattuto e pagato un alto tributo ma anche le altre comunità magiche, senza il cui aiuto oggi non saremmo qui.
Molte teste annuirono, qualcuno osò voltarsi verso le ultime file, dove i Giganti avevano preso posto, e verso i margini della foresta, presso i cui confini stavano schierati i centauri. Hagrid si teneva stretto stretto (o, meglio, si faceva tenere stretto stretto) al suo fratellino e gli occhioni di entrambi luccicavano: anche il baby-gigante era stato costretto a crescere in fretta.
  - Voglio ringraziare ognuno di voi per essere qui, oggi. Molti di voi c’erano anche un anno fa e come me oggi faticano a riconoscere in questo cortile lo stesso luogo in cui si è consumato il dramma che oggi ricordiamo. L’ultimo di una serie di drammi…
Il nostro mondo era già stato devastato da una guerra fratricida, avevamo già vissuto il frutto della violenza. Ma non abbiamo saputo riconoscere le cause più vere di quel periodo e siamo andati avanti senza curarle e incuranti dei loro piccoli segnali: consapevoli della violenza  e - allo stesso tempo- più assuefatti ad essa, abbiamo lasciato che si esercitasse “a pezzi”, in modi e a livelli diversi, solo per non dover affrontare le nostre paure. Abbiamo nascosto la testa sotto la sabbia, non abbiamo parlato né ricordato, perché faceva male, e abbiamo lasciato che dalla nostra vigliaccheria prendesse forza il seme di un nuovo conflitto, che si scatenassero rappresaglie e spirali di conflitti letali. Non abbiamo voluto riconoscere la verità.
E la verità è  che per lungo tempo, prima che avvenisse quello che è avvenuto in questo cortile, il vero campo di battaglia, in cui si sono affrontate la violenza e la pace, è stato il nostro cuore, perché è da lì che partono le intenzioni, le scelte e le azioni! E’ lì che pesiamo noi stessi e gli altri, che decidiamo quanto donare di noi e quanto prendere dagli altri. Evidentemente le bilance di alcuni erano un po’ troppo sbilanciate verso il loro egoismo e le loro paure: ci vuole coraggio a capire e seguire ragioni che solo il cuore può indicare.
 Dobbiamo imparare a comprendere, accettare e soprattutto perdonare gli altri, anche i nostri nemici se vogliamo, ora, costruire la vera Pace. Essa non ha bisogno che noi la predichiamo ad alta voce, ma che la pratichiamo ogni giorno coltivandola, abbondante, nel nostro cuore: se non saremo in pace con noi stessi, non potremo essere in pace con chi ci circonda. Vivere gentilmente, improntando le nostre giornate alla nonviolenza non è un’utopia babbana: è l’unica via perché ciò che abbiamo patito noi (più volte, non solo le due che i più anziani possono testimoniare) e i nostri figli non lo patiscano i nostri nipoti; non significa chiuderci in una bolla di perfezione senza accorgerci di ciò che ci circonda: dobbiamo tener conto che nel mondo magico c’è  stata, c’è e ci sarà ancora troppa violenza, troppa ingiustizia, ma non si può superare questa situazione se non contrapponendo un “di più” di Cuore.  Per spezzare le catene dell’ingiustizia e della violenza!
La Preside non era avvezza a giri di parole, lo sapevano tutti. Ma forse non si aspettavano un discorso di tal fatta. Molti tenevano gli sguardi abbassati, i pugni chiusi e gli stomaci stretti nei morsi della rabbia, del dolore, del ricordo e della colpa.
La colpa. Chi non aveva mai giudicato, chi non aveva mai creduto in qualcosa che non lo rendesse superiore agli altri, agli avversari! Il sangue, la famiglia, il potere, gli ideali. E magari, in nome del migliore degli ideali aveva commesso ingiustizie, aveva trattato con indifferenza o violenza altri – maghi, elfi, babbani, goblin, giganti… - perché non li aveva considerati parte della stessa famiglia.
Alla fine della guerra si era scatenata una caccia senza quartiere al mangiamorte e alle loro famiglie, come se vendicarsi, torturarli o uccidere loro o i loro figli avrebbe mai potuto restituire un po’ di quiete o anche solo un respiro delle persone che avevano perso. Chiunque avesse subito un torto, piccolo o grande, si era sentito il diritto di rifarsi con la propria bacchetta sui vecchi aguzzini, senza aspettare il giudizio della corte dei maghi. Gli auror erano dovuti intervenire affinché anche piccoli maghi non si trovassero a pagare le colpe dei loro padri. Nel migliore dei casi chiunque avesse parteggiato per la parte sbagliata della guerra (o fosse stato anche solo sospettato di averlo fatto)era trattato da reietto, isolato e allontanato come se avesse una malattia contagiosa e mortale. Insultato e maledetto al passaggio, costretto all’esilio o al confino volontario.
Anche Harry aveva notato, del resto, la freddezza con cui la folla dei presenti aveva accolto l’arrivo di Narcissa Malfoy e di come ora fosse seduta da sola, lontana perfino da quelli che prima non perdevano occasione per omaggiarla. Sola, neppure il figlio era con lei. E sembrava sparita anche Hermione.
E lui non aveva più avuto modo di parlarle dopo il processo. Non seppe neppure lui come ma si ritrovò accanto a lei.
- Lady Narcissa, la disturbo?
- Signor Potter…
-Posso sedermi accanto a lei?
-Ne è certo?- Gli occhi della strega vagarono intorno a cogliere smorfie e sussurri
- Certissimo!
- Allora, prego.
- Grazie! Aspetteremo insieme suo figlio. Gli avevo affidato un compito e sono sicuro che l’ha svolto con dedizione!
Nessuno dei due parlò oltre, Narcissa sorpresa ed Harry quasi sollevato: nessuna madre meritava di subire il trattamento che era riservato a quella donna che aveva solo cercato di proteggere il figlio. Come aveva fatto sua madre.
Narcissa si voltò a dire qualcosa nell’orecchio di un elfo; Harry pensò che forse Draco si era dedicato con fin troppa dedizione al suo “compito” e storse le labbra nervosamente: e pure il suo consenso aveva!!
Si concentrarono di nuovo sul discorso della McGrannit.
-E ora che è finalmente chiaro a tutti che la pace è l’unica e vera possibilità che ci è rimasta,  dobbiamo imparare le vie della ragione e dell’equità per risolvere le controversie che hanno frantumato e frantumeranno ancora una volta il nostro mondo, se glielo permetteremo. Non abbiamo più bisogno di divisioni, di maledizioni, ma solo di stare insieme, di aiutarci con generosità. Questa sarà la nostra forza contro chi vorrà ancora seminare morte e distruzione.
Noi, qui, ad Hogwarts, ora e sempre vogliamo essere un baluardo e un motore di questa ritrovata unione: tutti qui troveranno aiuto e accoglienza, anche se non lo chiederanno, anche se vi sperano, anche se pensano di non meritare una seconda possibilità… La magia non potrà più essere usata come una giustificazione per tali orrori: non lo è. La magia è pace, non guerra e dolore.
Ci prenderemo cura di ognuno dei nostri ragazzi, dei loro sogni e delle loro paure, delle loro storie, anche e soprattutto dei loro errori. E insegneremo loro a farlo nei confronti degli altri, a prenderci cura gli uni degli altri, per costruire una società che si consideri una famiglia “scelta”. Questa cura vicendevole sarà la nostra medicina per eliminare ogni rigurgito di indifferenza, scarto e scontro; sarà il nostro percorso per la pace. Per questo motivo vi annuncio che dal prossimo anno lo smistamento degli alunni nelle diverse case non avverrà al primo anno ma all’inizio del terzo, per dar loro modo di conoscersi e apprezzarsi senza le inutili barriere della concorrenza tra case, di restare amici anche se indosseranno cravatte diverse.
La novità suscitò un leggero mormorio. Famiglie che per generazioni erano state smistate nelle stesse casate avrebbero potuto vedere figli e nipoti vestire altri colori, perché si sa che in definitiva il cappello sceglie quello che nel loro animo gli studenti scelgono!
Ma forse anche questo è necessario che accada per recidere false credenze e insulse supposizioni, pregiudizi che non muoiono neppure quando la loro sostanza viene smentita dall’evidenza dei fatti: non era bastato l’esempio di Severus Piton a riabilitare la nomea della casa di Serpeverdene ne quello di Codaliscia a far capire che i vili si potevano nascondere anche tra le fila dei seguaci di Godric Griffyndor.
Luna si abbassò sull’orecchio di Neville.
            - Era ora!
Neville annuì. Forse i capannelli monocromi a cui erano stati abituati erano giunti al termine! Ma per certi pregiudizi, legati non solo al colore della livrea ma anche al cognome che portavi,  c’era bisogno di ancora un po’ di tempo. Eppure da qualche parte si doveva pur iniziare.
            - Non possiamo più permetterci comportamenti dannosi, falsati da pericolosi preconcetti in base ai quali includere o escludere, aiutare, sopportare, sfruttare. Ogni mago e ogni strega ha una propria dignità ed è nato per vivere in comunità dove tutti sono uguali!
Il discorso della Preside si avviava alle conclusioni, ma da prima che iniziasse in un’aula vuota di un corridoio che portava in cortile, due ragazzi erano fermi in una sorta di impasse, di tira e molla che non pareva avere fine.
Si erano dati appuntamento in Sala Grande per far colazione e andare insieme alla cerimonia; arrivati, però, all’altezza di quell’aula lui le aveva preso la mano e, mentre due dita malandrine si inoltravano sotto il polsino della sua camicia, l’aveva spinta dentro: era presto, molto presto, troppo presto…
Lei si era lasciata convincere: non aveva alcuna fretta di presentarsi in mezzo a quella folla che non avrebbe fatto che chiederle delle loro eroiche gesta, dei suoi incantesimi, del suo futuro brillante mentre lei avrebbe visto solo flash della battaglia ed amici cadere, avrebbe sentito boati ed urla traforarle i timpani. Andare avanti non significa dimenticare; e convivere con i propri incubi non significa avere sempre la forza di ignorarli o di perdonarsi, ogni giorno, ogni volta, per quanto avrebbe potuto fare e per quanto non era riuscita a fare.
Lei si era lasciata convincere: del resto, lui, la Serpe, sapeva bene come ammaliarla e avvilupparle i sensi tra le sue spire bramose senza lasciarle la minima possibilità di pensare o desiderare altro che le sue cure, i suoi respiri. Anzi, pensava, Serpe presuntuosa, di essere così bravo da farle dimenticare anche il motivo per cui si trovavano lì a quell’ora del mattino invece che nei loro caldi e comodi letti; magari di non farle sentire lo scalpiccio degli ospiti che arrivavano o il chiacchiericcio degli studenti che si riversavano in cortile ad accogliere le proprie famiglie.
            -Draco, dobbiamo andare…
Come non detto! C’era sempre qualche neurone che resisteva alle sue tentazioni: lei era … impossibile e perfetta! Il suo respiro era ancora pesante, le labbra gonfie per i baci e già ritornava al presente!
            - Draco, inizieranno senza di noi.
            - Hmm, inizino pure… io sto bene qui.
            - Tua madre sarà già arrivata…
            - No. Noblesse oblige, arriverà in ritardo e mi cercherà.
            - Harry e Ron…
            - Sopravvivranno meglio se non ci vedono insieme, specie Lenticchia!
            - Sempre il solito!
Un dito si arricciò intorno ad una ciocca bionda e tirò piano, come a voler infliggere una piccola punizione il cui unico risultato fu però un mugugno delizioso accompagnato da un morso leggero su un lembo di carne già decisamente provato da labbra, lingua, denti…  un brivido percorse la ragazza e lui lo salutò con un ghigno soddisfatto mentre le mani riprendevano la loro dolce tortura: forse aveva ancora una possibilità! E per non farsela fuggire, aveva alzato il capo dal suo seno per riportarsi sulle sue labbra gonfie e martoriate per trovare ancora il suo sapore e la sua aria, cura per il suo cuore affaticato e la sua anima terrorizzata.
Perché tutto avrebbe fatto Draco in quel momento tranne che uscire in quel cortile e affrontare tutte quelle persone, che avrebbero avuto ragione nel pretendere qualcosa da lui, e i suoi fantasmi: lui era il solo in quel castello a portare addosso il segno indelebile del suo errore, l’unico a cui non era stato concesso di passare per quel che non era neppure se fosse andato a nascondersi dall’altra parte del mondo perché non poteva nascondersi a sé stesso: mangiamorte! Mangiamorte!MANGIAMORTE!
Hermione vide la sua palpebra tremare e capì l’ombra che attraversava i suoi pensieri. Lo attirò ancora di più a sé, strinse il suo viso tra le mani e approfondì il bacio, accarezzando con la lingua l’interno martoriato della sua bocca nel tentativo di lenire le sue paure.
Uno schiocco improvviso li fermò, spaventandoli a morte. Le mani già avvolte intorno alle bacchette, si voltarono contemporaneamente verso l’origine di quel rumore solo per trovarvi un piccolo elfo imbarazzato e spaventato che stava per tirarsi le orecchie!
            - Padrone, sono dispiaciutissimo ma la padrona vuole sapere dove si trova e vuole che la raggiunga in cortile. Io non volevo disturbare… io…
Il viso rosso come un peperone e gli occhi lucidi, il piccolo elfo era sull’orlo di una crisi!
Draco fece crollare il suo volto, nascondendolo nella curva tra il collo e la spalla di Hermione.
            - Ecco! Ora è arrivata mia madre!
Il tempo era finito. Sapeva che non era il suo piano migliore ma pensava di avere ancora tempo prima di affrontare il suo inferno. Tempo, solo un altro po’ di maledettissimo tempo… La sua testa iniziò a scuotersi nell’incavo di pelle dolce e profumato in cui si era nascosta e da cui non voleva più uscire. Fu Hermione a prenderla delicatamente tra le sue mani per alzarla e poggiarla alla sua fronte, fissando in quelle iridi spaventate le sue braci ardenti.
            - Andiamo insieme. Non dovremo più affrontare nulla da soli, io e te!
            -Uff… almeno morirò felice vedendo scoppiare Potter e Lenticchia!
 
            - In ultimo, vorrei invitare tutti a seguire un cammino comune e veramente prodigioso, un cammino che ci porti ad apprezzare il valore e la dignità di ogni essere, magico o no, e ad agire insieme e in solidarietà per il bene della nostra comunità: dobbiamo essere profeti e testimoni della “cultura della cura” degli altri, chiunque essi siano. In questo tempo, nel quale la barca della nostra comunità, appena uscita dall’uragano della guerra, è ancora scossa dalla tempesta delle crisi e procede faticosamente in cerca di un orizzonte più calmo e sereno, il timone deve seguire la rotta sicura indicata dal rispetto delle diverse dignità, dalla disposizione ad interessarsi, a prestare attenzione, al rispetto mutuo e all’accoglienza reciproca: solo prendendoci per mano potremo andar lontano.
Mentre la McGrannit tirava le fila del suo discorso due figure avanzavano tra i maghi e le streghe che ascoltavano, sollevando un leggero brusio che si calmava, però, appena ci si rendeva conto di chi erano i due ragazzi che cercavano di raggiungere i propri posti: Hermione Granger e Draco Malfoy.
            - Potter, grazie per aver tenuto compagnia a mia madre. Ti spiacerebbe ora restituirmi il mio posto?
            - Sempre gentile, Malfoy! Hai visto Hermione?
La testa della ragazza spuntò dalla spalla del mago, causando una leggera sorpresa nell’amico che riuscì a camuffare tutto in un colpo di tosse. Si alzò e, dopo aver osservato attentamente i due, aggiunse nei riguardi dell’amica
            - Forse è meglio se resti qui dietro. E sistematevi le divise prima di venire davanti… Ma vedi un po’ cosa mi tocca!
Ronald si era girato per capire a cosa fosse dovuto il brusio e, alla vista – che poco lasciava all’immaginazione - della cravatta sbilenca di Hermione e della camicia stropicciata della Serpe, si sentì la gola annodarsi. Stava decisamente per affogare quando Harry, giunto al suo posto, gli intimò di respirare e di girarsi avanti.
            -Dopo faremo quattro chiacchiere col furetto, non temere!
La preside vide la scena (il rossore di Hermione, il ghigno di Draco, la luce negli occhi di Harry e Ron, lo sguardo minaccioso di Ginevra e quello divertito di Zabini) e abbozzò un sorrisino, sperando di non dover intervenire e che la Granger sapesse tenere a bada gli spiriti dei suoi amici e del suo, quanto mai improbabile, ragazzo.
            - Smettiamo, allora, di nascondere il dolore delle perdite e facciamoci carico dei nostri errori, della nostra ignavia e delle nostre menzogne. Tutti abbiamo una responsabilità riguardo alla nostra comunità ferita: Prendiamoci cura della fragilità di ognuno con atteggiamento solidale e attento. La pace farà perdere la paura  a noi stessi e agli altri.
Andava bene così, proprio così. Silente sarebbe stato fiero di quei ragazzi!
 
Porto a termine con grande fatica questa storia che, nata per dar sollievo dall’isolamento da Covid, è finita con l’essere compagna muta di uno dei periodi peggiori della mia vita.
Il foglio bianco è stato per lunghi periodi solo il luogo in cui affrontare il dolore e vinceva sempre lui: perciò il foglio restava bianco!
Poi è arrivata la guerra in Ucraina: che la pandemia ci avrebbe reso tutti migliori era, evidentemente, un’utopia ma non pensavo che la natura umana avrebbe approfittato per giungere al fondo, prendere un badile e cominciare a scavare…
Avrei voluto fare di Draco ed Hermione un simbolo di speranza, di superamento delle opposizioni, di incontro e comprensione delle diversità. Vorrei continuare a sperare che questo sia possibile ancora anche nella vita di tutti i giorni e non solo nelle fantasie di noi che “scriviamo” storie e desideri.
Detto questo, il discorso della Preside è debitore a Papa Francesco per la profondità delle sue idee e delle sue parole. Non sono mai stata una convita “clericale”, anzi, ma ho sempre creduto che gli uomini giusti possano militare sotto qualunque bandiera, anche sotto quella del Vaticano. 
Grazie a tutti voi.  Audry-enn
e
   
 
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