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Autore: Yellow Canadair    14/07/2022    2 recensioni
Lucci, Kaku e Jabura si svegliano nudi in un laboratorio sconosciuto. Dove sono? che è successo al resto del gruppo? perché non riescono più a trasformarsi? Tutte domande a cui risolvere dopo essere scappati, visto che sono giustamente accusati di omicidio plurimo.
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Nefertari Bibi è sparita da Alabasta: Shanks il Rosso l'ha portata via per salvarla da morte certa, perché qualcuno vuole il suo sangue per attivare un'Arma Ancestrale leggendaria. Ma i lunghi mesi sulla Red Force suggeriscono a Bibi che forse chiamare i Rivoluzionari potrebbe accelerare i tempi...
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Intanto Caro Vegapunk ha una missione per gli agenti: recuperare suo padre, prigioniero nella Sacra Terra di Marijoa. Ma ormai Marijoa è inaccessibile, le bondole sono ferme, e solo un aereo potrebbe arrivare fin lassù...
I Demoni di Catarina, una long di avventura, suspance e assurde alleanze in 26 capitoli!
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cipher Pool 9, Jabura, Nefertari Bibi, Rob Lucci, Shanks il rosso
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dal CP9 al CP0 - storie da agenti segreti'
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Capitolo 15

Senza respiro

 

 

Non aveva più il braccio.

Aveva combattuto, l’avevano ferito, gli avevano amputato il braccio.

Sì, doveva essere successa una cosa del genere.

E il Tekkai, scusa?

Jabura maestro del Tekkai, l’unico a poterlo fare rimanendo in movimento… chi aveva osato trapassare il suo Tekkai? Qualcuno con il fuoco, come a Enies Lobby, come quel maledetto pirata…?

Intontito, Jabura socchiuse gli occhi.

Ma no, il braccio c’era ancora… Kumadori gli aveva bloccato la circolazione, era aggrappato al suo braccio come un moccioso all’orsacchiotto! Ehi, e levati, ti ho permesso di dormire vicino a me, mica di impossessarti del mio braccio!! …maledizione, vivere per due anni in un campo di prigionia era qualcosa di difficile per tutti, anche per un agente come Kumadori. Però il braccio gli serviva: il Lupo strappò l’arto dalle spire rosa del collega, aprì e richiuse il pugno per riattivare lo scorrere del sangue, e poi si voltò dall’altro lato per riaddormentarsi.

Ma non riuscì a girarsi.

Qualcosa lo tratteneva.

Sollevò un lembo della coperta e vicino a lui c’era Lili, anche lei addormentata, che però stringeva la falda della sua felpa con tutte le sue forze.

Jabura sospirò.

Eccolo, il motivo per cui aveva chiesto a Lucci di fermarsi un paio di giorni: quei due erano a pezzi. E se Kumadori poteva tranquillamente rimanere in panchina, lo stesso non si poteva dire della ragazza che invece avrebbe dovuto pilotare ininterrottamente per giorni, e in condizioni estreme. Per di più con la paura costante che qualcuno, specie alle Sabaody, la riconoscesse e la portasse via.

Gli venne voglia di andare in bagno: a sera aveva bevuto ben più di una birra, la natura aveva fatto il suo corso; però non poteva né staccarsi un braccio per lasciarlo a Kumadori, né poteva lasciare la felpa… anzi, no: la felpa poteva lasciarla a Lilian. Sgusciò fuori dall’indumento con il Kami-e, così da non svegliare la ragazza, e in punta di piedi scese dal letto.

Aguzzò le orecchie: fuori soffiava ancora il vento, ogni tanto una folata scuoteva la foresteria. Che freddo! Ma il lato positivo di dividere il letto con altre due persone era che, sotto le lenzuola, faceva sempre caldissimo! Con questo pensiero rassicurante Jabura si diresse verso il trono di ceramica.

E per poco non inciampò.

Cazzone di Kaku, lo zaino non lo devi tenere in mezzo alle palle, te l’ho detto decine di volt-

«Lucci?» sussurrò Jabura.

Che diavolo…? Era a terra, riverso su un fianco, poco distante dal suo letto.

«Lucci! Ehi!» lo mise con la schiena a terra, le mani si sporcarono di qualcosa di vischioso e ormai freddo. Sangue?

«LUCCI!» gridò. 

Cazzo, che diavolo aveva? Un pensiero gli trapanò il cervello: Magellan.

«Ti hanno avvelenato a Tequila Wolf, vero? VERO?» ringhiò. «KAKU! CALIFA!»

Prese un braccio dell’uomo, se lo passò sopra le spalle, e lo depose sul letto che non era riuscito a raggiungere.

Gli agenti si svegliarono di soprassalto, le luci si accesero, le voci riempirono la stanza.

«Sei stato tu!?» quasi gridò Califa.

«Ma sei scema?? L’ho trovato così!»

Kaku andò vicino a Lucci. «Non respira. È cianotico.»

«Come, non respira?» tuonò Blueno. «È vivo?»

Calò il silenzio.

Kaku mise le dita sotto la gola dell’uomo senza sensi per cercare un flebile battito cardiaco.

Secondi interminabili.

«Sì.» sospirò infine.

«Chapapa, ma non è normale che non respiri!»

«È stato a Tequila Wolf!» ringhiò Jabura. «Dev’essere stato avvelenato da Magellan.»

«Si comportava in maniera strana, ma non pensavo che la situazione fosse così grave!» si disperò Kaku. Prese una decisione drastica e immediata: si tolse il cappellino, aprì la bocca di Rob Lucci e si chinò su di lui, facendo aderire bene le loro labbra, soffiandogli dentro tutta l’aria che poteva.

Prese fiato nel silenzio, sotto gli sguardi di tutti, poi tornò con le labbra contro quelle del leader.

«Chapapa sembra che gli-» Blueno fu rapidissimo a chiudere quella maledetta zip, che risuonò come una mitraglia nel silenzio in cui era piombata la stanza.

Tutti stavano trattenendo il fiato e guardando i due uomini.

«Vado a telefonare al medico.» si mosse Jabura senza far rumore. Saltò vicino al lumacofono e buttò all’aria tutti i dépliant sulle bellezze del posto che c’erano sul ripiano dov’era l’animaletto, fino a trovare un grande biglietto giallo con la scritta: “numeri per le emergenze”.

C’era un solo numero: il centralino di Drum. Senza perdere tempo, Jabura lo compose, sperando che a quell’ora infame, prima dell’alba, rispondesse qualcuno.

«Proooonto.» rispose una voce assonnata e nasale dopo parecchi squilli.

«Ehi! pronto! Qui foresteria, un uomo ha perso i sensi, non respira, perde sangue dalla bocca, c’è un sospetto avvelenamento!»

«Aspetta, aspetta, aspetta… chi sei?»

«CHE TE NE FREGA, SERVE UN MEDICO ALLA FORESTERIA, È UN CODICE ROSSO!» urlò Jabura. Poi pensò che “codice rosso” fosse una roba da ospedali e forse non c’entrava con la situazione, però la frase funzionò, e l’uomo al centralino sembrò svegliarsi:

«Codice rosso! Certo, codice rosso! Allora, adesso chiamo Dorton e lo faccio arrivare da voi…»

«Ma quale Dorton, a noi serve un medico!»

«A Drum i medici abitano all’Accademia, in cima al monte! Dovete andarli a chiamare di persona!» e chiuse la comunicazione.

Di persona? In cima al monte?

 

~

 

Rob Lucci tossì.

«Stendilo sul fianco, sul fianco.» indicò la pilota.

Kaku eseguì.

«Altrimenti rischia di andargli di traverso la lingua.» spiegò la ragazza.

«Lucci, Lucci, ci senti?» lo chiamò Califa, inginocchiandosi vicino a lui.

Nonostante fosse tornato a respirare, non era cosciente, non rispondeva, e non sentiva nemmeno il pianto disperato di Hattori.

«Quando viene il medico?» chiese Kaku a Jabura, che era tornato vicino agli amici.

«Non viene.» sibilò il Lupo.

«Come “non viene”?» esclamarono tutti.

«Bisogna chiamarlo di persona, è in cima al monte.» disse l’uomo infilandosi il giaccone. «Quindi vado.»

«Aspetta.» lo fermò Kaku lasciando il fianco di Lucci. «Vado io.»

«Tu?» si stupì Jabura.

«Sì, io. Tu sarai bravo col Tekkai, ma se si tratta di saltare… è di me che si tratta.» disse Kaku, indossando il suo giubbotto termico e il cappellino antivento.

“Vento di Montagna”, così veniva chiamato a Water Seven quando, all’improvviso, saltava dai Dock al porto, velocissimo, con il suo Geppo armonioso e atletico.

«Yoooyoiii, che la tormenta non ti fermi, e il vento non raffreddi il tuo ardore!» mormorò Kumadori, seduto sul suo letto.

Kaku, già con un piede fuori l’uscio, rispose serissimo: «Non c’è rischio.»

«Aspetta!!» lo chiamò Jabura.

Kaku, esasperato: «Cosa c’è?!» 

Jabura si avvicinò sollecito: «Tieni, mettiti questo sul naso, altrimenti si congela.» disse tendendogli un calzino lercio.

«VAFFANCULO!» 

E Kaku se ne andò sbattendo la porta.

Fukuro saltò su in fibrillazione: «Chapapa, intanto potremmo andare a prendere il respiratore dell’aereo!!» propose.

La pilota però osservò: «Quello non è per aiutare la respirazione, è maschera dell’ossigeno in caso di depressurizzazione della cabina.»

«Sì ma comunque è ossigeno, no? Da respirare.» insistette Jabura.

«Certo, ma quello è solo ossigeno, non ti aiuta attivamente a respirare. Quello lo devi fare da solo.» spiegò la ragazza.

Blueno si alzò. «Lo vado a prendere lo stesso.» annunciò indossando il giaccone.

«No.» disse Califa decisa, continuando a tenere il polso di Lucci. «Se lo consumiamo adesso, in caso di emergenza in volo rischieremmo di non sopravvivere.» 

Gli agenti ammutolirono. Sacrificarne uno per salvarne cento, era sempre stato quello il loro modo d’agire…

«…e quindi non completeremmo la missione che Caro Vegapunk ci ha affidato.» completò dura.

…anche se quell’uno era Rob Lucci.

 

~

 

Com’era quel detto? “un ago in un pagliaio”. Così si sentiva Kaku: una minuscola pagliuzza in un turbinio di freddo, di gelo e di neve che avevano fatto precipitare la temperatura a meno settanta gradi. Meno male che le Sei Tecniche in generale richiedevano movimenti così rapidi che ci si riscaldava anche solo per la frizione altissima, però le condizioni erano estreme e tutti i muscoli dell’agente erano tesi per superare la barriera di vento e ghiaccio e arrivare in cima al monte.

All’improvviso Kaku si rese conto del perché del nome “Drum”: la montagna aveva la forma di un tamburo, drum. E, se era proprio fedele alla forma dello strumento musicale, in cima non doveva esserci una vetta, ma un pianoro.

Guardò in basso di sottecchi: non si vedeva nulla. Dovevano esserci dei boschi, ma tormenta rendeva tutto bianco, tutto freddo, tutto piatto. Era facile perdere l’orientamento, ma Kaku rimase concentrato sulla meta e nel giro di dieci minuti, nonostante il vento lo sballottasse furiosamente rischiando di fargli perdere la bussola, arrivò sul pianoro.

 

Ding dong

Un castello immenso, ancora chiuso nel sonno dell’alba, con le torri merlate, avvolto nella neve. Ma Kaku non era lì per ammirare l’architettura locale. Suonò ripetutamente, e stava proprio per valutare quale finestra fosse meglio sfondare quando la porta si aprì verso l’interno.

«Con ‘sta pioggia e con ‘sto vento, chi è che bussa a ‘sto convento?»

Kaku rispose in fretta: «È qui il medico?? A Gyoza c’è un’emergenza, bisogna subito…»

«Ha la ricetta del medico curante?» lo interruppe il tipo.

Kaku notò che era vestito come un chirurgo che era appena stato interrotto nel bel mezzo di un’operazione, con il camice, i guanti, e la mascherina. I guanti erano sporchi di sangue, in bella vista perché l’ometto aveva le mani sollevate.

«No! Non siamo del posto, è un’emergenza!» ripeté. «Ci serve un medico giù!» gridò indicando verso il basso.

«Ah no mi dispiace, ma noi senza ricetta non operiamo. E poi la dottoressa sta pianificando un viaggio importantissimo e non vuole essere disturbata.» e richiuse la porta.

Ma Kaku sbatté un palmo sul legno, impedendogli di richiudere. «So che è qui che vivono tutti i medici di Drum. Sveglia il migliore e digli che a Gyoza un uomo sta per morire perché tu non sai fare niente di meglio che ostacolare i soccorsi.» disse calmissimo.

«SWINTELL!! Che accidenti stai facendo??» strillò una voce femminile dall’interno del castello.

«Dottoressa, signora!» balbettò Swintell. «C’è un uomo che chiede una visita.»

«Benissimo, l’hai messo già al corrente della parcella?» scoppiò a ridere la nuova arrivata.

Kaku non la vedeva ancora, ma dal tono della voce doveva essere qualcuno al posto di comando, quindi ripeté: «C’è un’emergenza a Gyoza, un uomo ha smesso di respirare.»

«Bene, bene, bene. E per un uomo che smette di respirare, tu hai affrontato la tormenta per salire fin qui. Scommetto che sei interessato ai miei segreti di bellezza.»

«Ma chi se ne frega! Mi serve un medico, stiamo perdendo tempo prezioso!!»

La donna si avvicinò e Kaku la vide: era una donna alta, con un ghigno da furfante e lunghi capelli argentei sciolti sulle spalle. Doveva avere circa una settantina di anni. 

«Benissimo, metterò l’emergenza come aggiunta extra alla parcella, giovanotto.» lo ammonì la donna. «Swintell! Va’ subito nella stalla, prepara la slitta.» ordinò. «Tu invece, dimmi, che sintomi ci sono?»

«Allora…» Kaku fece mente locale. «L’abbiamo trovato a terra, svenuto. Quando l’abbiamo tirato su, ci siamo accorti che non respirava e che perdeva sangue dalla bocca. Allora gli ho fatto la respirazione artificiale, ha ripreso a respirare, ma non era cosciente e quindi abbiamo telefonato al centralino e…»

«E loro vi hanno risposto di venire qui a piedi perché la linea del lumacofono quassù non funziona. Ma se sei salito a piedi… quel poveretto sarà già bello che morto!»

«Spero di no!» impallidì Kaku. «Sono partito dieci minuti fa!»

La dottoressa scoppiò a ridere. «E come avresti fatto a scalare il monte in meno di dieci minuti?! Solo un piccoletto come te una volta l’ha fatto… ma tu non hai la sua stessa stoffa, credimi!»

«Con il Geppo!» rispose d’istinto Kaku. 

Non era un segreto che conoscesse quella tecnica, a Water Seven l’aveva sempre usata alla luce del sole e nessuno ci aveva mai visto niente di assurdo. Singolare sì, ma non assurdo.

«È una tecnica dei governativi…» gli occhi della donna gli si piantarono addosso con un’intensità diversa, e infine la donna s’infuriò: «ECCO DOVE TI HO VISTO!! ERI AL REVERIE!!!»

Kaku si pose sulla difensiva, preparandosi a imbastire una qualsiasi storia.

«Eri uno di quegli agenti che difendevano i draghi celesti!» ringhiò ancora in tono d’accusa.

Scoperto in pieno, pensò Kaku. Inutile mentire, a questo punto: la donna era serissima, e non stava bluffando, ed era sicurissima di sé. Per di più, adesso che aveva nominato il Reverie, aveva un vago ricordo di quella donna alta, canuta e rumorosa tra la folla di ambasciatori e regnanti.

«E anche se fosse vero, che vuol dire?» battagliò Kaku «Non ci aiuterà?»

«Non dire sciocchezze.» disse la donna, con il cipiglio oscuro e irritato. «Certo che vi aiuterò. Sono un medico. Ve lo farò scontare sulla parcella. Chi è il malato? L’uomo che era con te al ricevimento?»

«Sì.» ammise Kaku, maledicendo la sorte in cuor suo. Ma proprio in quel medico, dovevano incappare!?

«Bel tipo.» rispose astiosa. Era ovvio che non fosse un complimento. Poi ci pensò un istante e sentenziò: «Avvelenamento.»

«Ma se non l'ha nemmeno visto!» protestò Kaku.

«NE VUOI SAPERE PIÙ DI ME?» strepitò la terribile donna. Tornò dentro al castello sbattendo la porta, lasciando Kaku fuori, sotto la neve.

Kaku pensò a Magellan e strinse i denti. Non ebbe il tempo di farsi domande: Swintell arrivò da destra, conducendo per la cavezza due grossi conigli bianchi, ritti sulle zampe posteriori e alti almeno tre metri, che sovrastarono Kaku e lo guardarono male.

«Dov’è Kureha?» chiese Swintell.

Kaku indicò il portone. «La dottoressa? Dentro.»

«Alla buon’ora, Swintell!» gridò la dottoressa aprendo il portone con un calcio (Kaku si salvò dall'essere travolto solo perché aveva dei riflessi pazzeschi e perché sapeva usare il Soru). Tra le braccia aveva un sacco di iuta da cui emergevano diversi chili di attrezzatura medica che Swintell afferrò al volo e ripose sulla slitta.

Poi la dottoressa prese le redini che Swintell le porgeva e saltò sulla slitta.

All’improvviso però un altro medico uscì fuori dal castello, gridando: «Dottoressa!!! Dottoressa!!! Cosa dobbiamo dire al signor Ray??»

Kureha rispose spazientita: «Non riuscirei ad arrivare lì da lui prima di due mesi di mare, quindi andasse al diavolo!» e infine berciò a Kaku: «Beh, allora? Vuoi rimanere qui mentre il tuo amico crepa?»

Kaku saltò sulla slitta al fianco della dottoressa e con uno schiocco di redini i due conigli giganti si lanciarono al galoppo, trascinando con loro la slitta nella tormenta fitta, mentre il primo sole dell’alba lentamente cercava di farsi strada tra i monti.

 

~

 

«Ancora?» mormorò Jabura.

«Sì, ancora.» rispose Califa.

Jabura si chinò ancora sulla bocca di Lucci. L’aria fluiva dai polmoni del Lupo e finiva in quelli del boss, ancora una volta, mentre le labbra gli diventavano sempre più livide e il pallore sempre più spettrale.

«Basta!» lo fermò Califa.

Le labbra dei due uomini si allontanarono.

Lucci sollevò lievemente le palpebre, ma l’iride era volto verso l’alto, non era cosciente. Però il suo torace si sollevò con un movimento impercettibile.

«È andata, respira.» sospirò Califa, accarezzando la testa dell’uomo e Hattori, seduto in lacrime tra i capelli di Lucci.

«Passerà alla storia come la notte in cui ci siamo limonati Rob Lucci a turno.» disse Jabura per smorzare la tensione di tutti gli altri. «Preparati, la prossima sei tu.» disse a Califa.

«Che molestia sessuale!» sibilò scandalizzata la donna. «Spero non ce ne sia bisogno.»

Jabura controllò l’orologio appeso al muro: erano passati già dieci minuti, Kaku sarebbe già dovuto essere di ritorno. 

C’era un silenzio assordante. Nessuno osava parlare. Ogni tanto saliva un singhiozzo di Kumadori che piangeva e pregava, in preda ad atroci sensi di colpa: Rob Lucci era ridotto così perché era andato a salvarlo, con ardimento e sprezzo del pericolo mortale. Se l’anima di sua madre l’avesse richiamato al cielo così, in cambio dell’anima del figlio ormai salvo, Kumadori non se lo sarebbe mai perdonato.

«Non basta così poco per far fuori Rob Lucci.» muggì Blueno. «Ti ricordo che a tredici anni è sopravvissuto a un bombardamento diretto a lui… non siamo esseri umani comuni.»

«Chapapa, dobbiamo avere fiducia nel nostro amico. Ce la farà! e Kaku tornerà presto!» concluse Fukuro. «Forza Lucci!» esclamò sollevando un pugnetto!

«La tua anima non si arrenda, yoooyooi!» tuonò Kumadori.

«Forza boss!» fece eco Lilian.

«Chiudete il becco, idioti!!» li rimbeccò Jabura.

Tashigi osservava tutto senza dire una parola. Lei era esclusa da quel momento di comunità, ma non si perdeva una parola degli agenti. Kumadori le aveva parlato della sua famiglia disfunzionale, ma vederli tutti all’opera, tesi a cercare di salvare l’assassino spietato che era Rob Lucci, tutti così preoccupati e protettivi, era strano da osservare.

Inaspettato.

Rimaneva vicino a Kumadori, gli passava i fazzoletti di carta, gli offriva una mano da stringere e una spalla su cui piangere.

Poi Jabura si alzò all’improvviso.

«Dove vai?» sussurrò Califa.

«Vado a chiamare il medico.» rispose Jabura rapidamente.

«Ma Kaku…» avversò Blueno.

«Dopo cercheremo Kaku.» disse il Lupo, già sulla porta della foresteria. «La priorità è il medico.»

Mise una mano sul pomello, quando una forza inaspettata glielo strappò di mano, e la porta si spalancò sulla strada.

Jabura abbassò lo sguardo sulla figura davanti a lui, una vecchia alta e dritta con una bandiera d’argento di capelli ondulati e un ghigno beffardo. 

«Heeeeee heeeeee, quanta fretta giovanotto! Scappi prima di conoscere la parcella?» 

 

~

 

«Yoooyoooi, è la prima volta che le mie fosche pupille vedono un tale prodigio.» sussurrò rapito Kumadori, dal fondo del dormitorio.

«E se non stai zitto, sarà anche l’ultima.» rispose la dottoressa Kureha.

Lo scoiattolapìs era incredibile: era una creaturina bianca ed eterea dal pelo soffice, poco più grande di un cuscino da salotto; stava seduta accanto al corpo nudo di Rob Lucci e, semplicemente, lo annusava con attenzione. Poi, con la punta della coda sporca di polvere azzurra, raffigurava su un foglio di carta i polmoni di Lucci, come se li vedesse oltre la pelle, i muscoli e le ossa. 

«Ma deve proprio fumare?» osò chiedere Kaku, seduto alla sinistra di Lucci.

«Certo, altrimenti non si concentra bene.» rispose Kureha, in piedi, vigile, alla destra del letto.

Blueno portò un bicchiere di carta con dentro due dita d’acqua per fare da posacenere, e lo tese allo scoiattolapìs. Lui ci fece sfarinare la cenere dentro con disinvoltura e poi continuò ad annusare Rob Lucci e a completare il suo disegno.

Hattori tollerava quell’intrusione nel suo territorio solo perché si trattava di una questione medica, ed era in ballo la vita del suo amico. Osservava in silenzio lo scoiattolapìs bianco che annusava con cura ogni centimetro quadrato della pelle dell’uomo, a torso nudo sul letto, pudicamente coperto con un piumone dalla cinta in giù. Le zampine bianche dell'animale si muovevano con delicatezza e precisione millimetrica, senza sfiorare il tubo endotracheale che scendeva, lugubre, nella gola del paziente.

Dopo qualche minuto squittì di nuovo, e Blueno tornò col bicchiere. Poi l’animale ricominciò a disegnare.

Quando finì la sigaretta, finì anche il disegno. 

Si sentiva solo il rumore leggero delle zampette dell'animale, e il bip ritmato che veniva dal monitor nero multiparametrico, posato su una sedia accanto al letto e da cui partivano, come sottili tentacoli, diversi fili e tubicini che controllavano le precarie condizioni del paziente.

Lo scoiattolapìs lasciò il mozzicone nel bicchiere dove aveva ciccato, indossò un cappellaccio di lana, e uscì sbattendo la porta. Sarebbe stato rivisto da Jabura quella sera, al bar di Gyoza, intento a minacciare un altro avventore con una bottiglia rotta.

«Allora, dottoressa?» chiese Kaku.

Kureha osservava il disegno dello specialista e guardava il monitor. Soffiò fuori aria con preoccupazione. «È l’opera di un veleno in forma gassosa altamente corrosivo. Non dovrebbe neanche essere vivo. Vedi questi punti completamente scuri? Lì una volta c’erano i bronchioli.»

Jabura, che era in piedi con le mani piantate sulla ringhiera ai piedi del letto, fece un versaccio e si allontanò.

«C’erano?» balbettò Califa, sconcertata, seduta accanto a Kaku.

«Il veleno deve averli completamente bruciati.» il tono della dottoressa si fece allarmato mentre rovistava nella sua sacca di attrezzature mediche: «Dove avete trovato un veleno così potente, qui a Drum?»

«Chapapa, non è successo a Drum.» disse Fukuro. «È successo mentre eravamo a-»

Jabura fu un fulmine a chiudergli la zip con un gesto netto.

La dottoressa mangiò la foglia. «Questioni da agenti segreti, vero?» estrasse una sacca di liquido e la appese a un chiodo che sporgeva dal muro, sopra la testiera del letto, dopo aver tolto con un gesto netto la giacca che Lucci aveva posato lì solo poche ore prima. Vi collegò un tubicino che poi gli agenti capirono essere un sondino, che avrebbe permesso all’uomo di alimentarsi anche mentre non era cosciente. «Dovrete parlare invece, se volete salvare la pelle del vostro amico. La situazione è seria.»

Gli agenti si irrigidirono. Parlarne poteva aiutare Lucci, era vero. Ma parlare di cosa? Di come avevano organizzato un’evasione da un campo di prigionia del Governo?

Un singhiozzo di Kumadori interruppe il dialogo. «Yooooyoooi…» gemette con grandissimo senso di colpa. «Solo mia fu la colpa, mia l’unica responsabilità del male che colse il nostro amico.»

«Kumadori…» si avvicinò a lui Kaku.

«Giammai! Giammai tradire un segreto, yooooyoooi…»

«…puoi dirlo.» gli concesse il ragazzo.

Un mormorio si levò da tutti gli agenti, denti stretti, sospiri.

«Ma…» trasalì Califa.

«Non abbiamo scelta. Se lo vogliamo salvare, bisogna dire cos’è successo.»

Kumadori scoppiò in lacrime. «A TEQUILA WOLF CADDE IL NOSTRO COMPAGNO! FUSO DELL’ARCOLAIO UN VELENO POTENTE, FU PER BOCCA DEL SANGUINARIO MAGELLAN!» 

«Magellan? Il guardiano di Impel Down?» chiese Doctorine.

«Di Tequila Wolf.» la corresse Jabura. «Ora è a guardia di quel cantiere.»

“Cosa ci facevate lì” era senza dubbio la domanda successiva della dottoressa, ma Kumadori ululò forte: «DUE ANNI E MEZZO, DUE ANNI E MEZZO ASPETTAI VANO, SOCCOMBENDO AL DESIDERIO DI MORIRE, SCHIAVO DELLA FRUSTA E DEL FREDDO DEL PONTE INFINTO» cantò l’attore kabuki. «E INFINE VENNERO A PRENDERMI, A LIBERARMI DALLA MIA PRIGIONIA! DOVE NON POTÈ GIUSTIZIA, POTÈ AMICIZIA E SINCERO AFFETTO DI ROB LUCCI E DEI MIEI AMATI COMPAGNI, YOOOYOOOI.»

Fukuro, Tashigi e Lilian applaudirono timidamente.

«Ha fatto evadere quello lì da Tequila Wolf? Lui? Rob Lucci, l’agente più incorruttibile ed efficiente del Governo Mondiale?»

«Beh, in realtà siamo stati tutti noi.» disse Jabura indicando l’intero gruppo. «Lui però è rimasto a combattere contro Magellan, per consentirci la fuga.»

La dottoressa Kureha guardò il volto pallido di Rob Lucci, pensosa.

«E come ha resistito da Tequila Wolf fino a qui, senza morire?» chiese mentre estraeva una seconda sacca di liquido; la collegò a un ago che poi infilò con perizia a una vena del braccio dell’uomo, e la fissò con del nastro di carta.

Una voce tonante prese di nuovo la parola: «Yooooyoooi, è mio modesto parere che abbia usato la Reazione Vitale.»

La Reazione Vitale, la tecnica che usava Kumadori per muovere i capelli come se fossero arti innervati. Alcuni agenti la potevano usare per controllare i propri organi a piacimento.

Kaku si coprì la bocca con le mani e ringhiò: «…sta usando il biofeedback per respirare da allora.»

«E non se n’è accorto nessuno?!» gridò Califa saltando in piedi. «Nemmeno tu, Kumadori??»

«Di cosa doveva accorgersi, l’abbiamo appena tirato fuori da Tequila Wolf!» protestò Jabura.

«Ma anche il biofeedback ha dei limiti, lo sapete?» intervenne la dottoressa Kureha. «Lasciatemi spazio.» disse scacciando il pollame via dal letto del paziente. Controllò gli indicatori sugli schermi delle macchine che tenevano in vita l’uomo. Il suo lavoro era stato perfetto come al solito, degno della parcella che avrebbe chiesto.

Lucci non aveva ancora ripreso conoscenza. Appena la dottoressa era entrata in quella che era stata la sua casa, l’aveva attaccato al ventilatore meccanico, per fargli riprendere la respirazione. E per fortuna Lucci era tornato ad avere aria nei polmoni, il pallore mortale che l’aveva avvolto per minuti interminabili andava scemando e persino le labbra e le unghie, da un’impressionante blu-violaceo, stavano tornando alla normalità, rosee.

Vedere Rob Lucci privo di coscienza, con la mascherina, con i tubi che entravano e uscivano dalle coperte, era stato per tutti difficile e penoso, per di più con la consapevolezza che Lucci avesse tenuto nascosta loro quella condizione, e loro non erano stati in grado di cogliere che c’era qualcosa che non andava.

Il silenzio venne rotto solo da un singhiozzo disperato di Kumadori, seduto sul suo letto dall’altra parte della stanza.

Lili si issò sulle ginocchia per riuscire ad abbracciarlo. «Ce la farà anche questa volta, lo sai…»

«Certo che ce la farà.» affermò Jabura con tono fermissimo. «Vero?» chiese alla dottoressa.

Doctorine sospirò. «Difficile dirlo. Bisogna vedere se risponde alla terapia, e se il danno non è così esteso come temo. Ho preso dei campioni da lui, cercheremo di produrre un antidoto.»

«Chapapa… un agente del Cipher che muore per salvare un amico. Non avrei mai pensato di scrivere questo pezzo.»

Jabura saltò su: «Smettila di gufare!!»

Ma, più veloce delle sue parole, una lunghissima e tornita gamba di Califa roteò con grazia in mezzo alla stanza, e il suo leggiadro piede atterrò con la sobrietà dei suoi attuali 1200 doriki sul muso di Fukuro. «Non osare mai più dire una cosa del genere.» disse dopo averlo fatto carambolare sulla parete opposta. «Lucci si riprenderà come ha sempre fatto. E noi saremo qui ad aspettarlo.»

«Siete degli strani ragazzi.» disse la dottoressa, dopo qualche minuto di silenzio, mentre Fukuro meditava faccia al muro sulla scarpata che si era preso. 

Doctorine stava per uscire dalla foresteria, quando Fukuro si voltò e le chiese: «Chapapa, ma quando si sveglierà?»

Lei lo guardò fosca e rispose: «Ha un danno ai polmoni permanente, nessuna medicina può fare molto… quindi vuoi dire se si sveglierà.»

 

 

 

 

Dietro le quinte...

Mica poteva filare tutto liscio fino a Water Seven e Marijoa *fischietta*

Non ho indugiato molto in descrizioni mediche, ma spero si renda l'idea della gravità della situazione. Il veleno di Magellan ha distrutto i bronchioli, che sono una parte estremamente importante del nostro sistema respiratorio, e senza di essi... beh, si muore. Lucci con la Reazione Vitale (e con un po' di fantasia... su, siamo in One Piece!) ha resistito per alcune ore, ha cercato di affrettare la partenza (forse pensava di poter portare a termine la missione prima di arrivare al limite), ma poi ha ceduto e ha quasi fatto inciampare Jabura sul suo quasi-cadavere.

Però questo ci introduce un altro personaggio :3 e che personaggio! Chi si aspettava la comparsa di Kureha, all'inizio della storia? :D e le sorprese non sono mica finite! a quanto pare Kureha è richiesta con urgenza da un certo "Ray" :3 

Bene lettorini miei, vi ringrazio come al solito per la vostra presenza *si inchina* e per il supporto che mi date ♥ 

Vi auguro buona estate, rimanete idratati ♥ 

Yellow Canadair

 

AVVISO 20/07/2022: IL CAPITOLO 16, "La parcella più salata del mondo", verrà pubblicato mercoledì prossimo (27 luglio) perché può fare molto meglio di così. Grazie a tutti per la pazienza ♥

 

  
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