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Autore: EleAB98    23/07/2022    2 recensioni
Malcom Stone è un pretenzioso caporedattore, nonché affascinante quarantenne con una fissa smodata per le belle donne. Ma arriverà il giorno in cui tutto cambierà e l'incallito casanova sarà costretto a fare i conti con i propri demoni interiori, e non solo quelli... Riuscirà mai a guardare oltre l'orizzonte? Ma soprattutto, chi lo aiuterà nell'ardua impresa?
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*Opera Registrata su Patamù*
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo XVIII – All'ombra di Un Respiro
 
 

«Cioè, fammi capire... Le hai baciate entrambe e sei scappato da entrambe? Accipicchia, quanto sei cambiato!»

La risatina di Christian mi perforò le orecchie.

«Puoi dirlo forte. E comunque, non è divertente!» sbottai, nervoso. «Sono nei casini, non te ne rendi conto?»

Chris mi lanciò un'occhiata eloquente. «Se me ne rendo conto?!» Gli scappò un altro risolino. «Immagino tu sappia quanto sia difficile gestire una e una sola donna... figuriamoci quando, sul prestigioso menù à la carte, te ne compaiono due!»

Sbuffai, infastidito come non mai. «Ancora hai voglia di scherzare?»

«Scherzare, no. Farti aprire gli occhi, questo sì. Sei palesemente tra due fuochi, anche se ti ostini a non volerlo ammettere.»

Sbattei un pugno contro l'altro. «Ti ho detto che ti sbagli, Chris.»

«Avanti, allora. Chiamala

Aggrottai la fronte. «Cosa?! Chiamare chi?»

Chris mi sorrise. «Lo vedi che è come dico io?» replicò, mostrandosi orgoglioso di aver fatto centro. «Senti, rispondi così, senza pensarci... sei attratto da Megan?»

«Sì», esalai, sconfitto. D'altronde, come potevo azzardarmi nel dire che non fosse una bella donna?

«D'accordo. Sei attratto da Benedetta?»

«In un modo diverso, anche se, non lo so... quelle telefonate mi hanno...» Lasciai quella frase in sospeso, incapace di completarla.

«Come pensavo», disse Christian, guardandomi con la massima serietà.

Sospirai e tornai sul divano. «Non posso credere che stia accadendo a me. Io, Malcom Stone, che me ne scappo come un malfattore di fronte alle avances di due donne tanto diverse quanto—»

«Intriganti.» Chris si alzò dalla poltrona posta accanto al caminetto spento. Non appena avevo fatto ritorno a Los Angeles, l'avevo invitato immediatamente a casa mia, incapace di restarmene da solo con i miei pensieri.

«Già. La cosa buffa è che, in quarantatré anni di vita, non sono mai stato tanto confuso come adesso. Ho sempre fatto le mie scelte con coraggio, non ho mai dubitato un solo istante di me stesso. Mi sono sempre preso tutto ciò che volevo, senza nutrire la benché minima indecisione. E adesso, mi ritrovo in quest'assurdo garbuglio e non so come uscirne.»

«Potresti provare a frequentare entrambe. Uscirci e basta, senza fare chissà cosa, e poi... e poi chissà, magari l'illuminazione arriverà.»

Scossi la testa. «Sarebbe una completa follia, non lo capisci?»

«Ma se questa follia ti aiutasse a fare chiarezza?»

«No, è fuori discussione. Non posso fare questo torto a Benedetta, ne rimarrebbe distrutta se io la sfruttassi soltanto per capire quello che provo nei suoi confronti.»

«E Megan? Lei come reagirebbe?»

«Non lo so, ma credo che lei sarebbe più forte.»

«Quindi, se ho capito bene... saresti disposto a fare del male a Megan ma non a Benedetta, giusto? Be', allora mi pare chiaro che—»

«Tengo tanto a Benedetta. Io e lei abbiamo approfondito di molto la conoscenza in questi ultimi mesi.»

«Tramite quelle telefonate anonime, immagino.»

«Esattamente.»

«Dì, un po'... ti mancano, non è così?»

Feci spallucce. «Mi sentivo meno solo, tutto qui.»

«Sei sicuro che sia tutto qui

Tentennai ancora. «Forse no, non è tutto qui. Mi sentivo desiderato e... non meno felice. Felice come non lo ero da tanto tempo.» Sorrisi appena. «Adesso capisco perché Benedetta non ha più accettato i miei inviti serali a casa mia. Era impegnata a corteggiarmi per telefono.» Ridacchiai, impressionato e lusingato al tempo stesso. «Quella ragazza è davvero incredibile. Non avrei mai pensato che potesse spingersi a tanto.»

«L'amore fa fare questo e molto, molto altro, amico mio. Ma aspetta un momento... tu la invitavi a casa tua?»

«Alcune volte, sì. Sai, io e lei abbiamo legato sin dall'inizio, ma il punto di svolta è stato quando mi ha confidato di aver perduto il padre a quindici anni.»

Christian mi guardò con tenerezza. «Proprio come te.»

«Esatto. Da quel momento, è stato tutto un parlare, tra di noi. Uno scoprirsi lento, ma allo stesso tempo rigenerante. Confidarci l'un l'altra è stato un toccasana per entrambi. Forse più per me, che non per lei.»

«Il vostro è un rapporto molto profondo.»

«Senza dubbio. Ma adesso non ci parliamo più come prima. Da quando l'ho respinta, lei si è chiusa in se stessa.»

«E questo ti dispiace.»

Soppesai quelle parole. Forse sì, mi dispiaceva più di quanto volessi ammettere. «Qualcosa è cambiato, dentro di me. Non lo so, quelle telefonate mi hanno fatto uno strano effetto.»

«Ci credo. Mi chiedo soltanto come tu abbia fatto a non riconoscere la sua voce, se davvero eravate così in confidenza.»

«All'inizio, me lo sono chiesto anch'io. Mi è bastato consultare con più attenzione il suo curriculum per scoprire che lei, giusto qualche annetto fa, ha frequentato un corso di doppiaggio televisivo con relativo attestato.» Sorrisi ancora. «Ha saputo davvero giocarsi bene le sue carte, non lo si può negare.»

«Caspita! Questa ragazza è proprio piena di sorprese! Tornando a Megan... cosa sai dirmi di lei?»

«Poco o nulla. Quando abbiamo lavorato insieme, lei sembrava nutrire un odio sconfinato per il sottoscritto. O meglio, per gli uomini in generale. Qualcosa mi dice che non sia più così. Lei afferma di essersi innamorata di me sin dal primo momento, ma di essere stata troppo orgogliosa per ammetterlo a se stessa. Lei è una donna testarda, caparbia, determinata. Perlomeno, l'ho sempre vista così. Per certi versi, la rassomigliavo a me. E anche a Melissa, come tu ben sai. Ma di quest'ultima cosa, me ne sono accorto un po' più in là. Fare l'amore con lei mi ha ricordato il tempo trascorso con mia moglie. Ho provato un senso di beatitudine assoluta. Ma temo che questo mio stato d'animo sia stato, come dire... filtrato dalla mia esperienza precedente. Seppur inconsciamente, sono stato guidato dal pensiero che avevo di Melissa. Non avevo ancora metabolizzato il suo lutto. Da quando ho trovato le forze di parlarne con Benedetta, ho smesso di autocommiserarmi e sono diventato più consapevole del fatto che, malgrado tutto, dovevo tornare a vivere anche per lei. Non ho più avuto nessun incubo. Il primo cambiamento, però, è avvenuto proprio con la comparsa di Megan. Anche se l'ultimo bacio con lei è stato veramente strano. Mi è sembrato quasi di non averla mai baciata prima di quel momento. Forse perché Melissa non era più in lei. Senza contare che, l'ultima volta che l'ho fatto... è stato proprio con lei.»

Christian annuì. «Lo so bene, Mal. E sono contento che tu ti sia finalmente reso conto di avere ancora tanto da dare. Continuare ad affogare nel mare della solitudine sarebbe deleterio per te. Devi tornare a esercitare la tua virilità, che diamine!»

Quell'affermazione mi strappò quella risata spensierata il cui suono, almeno per un istante, mi infuse speranza e tranquillità. «Sai, una parte di me si vergogna ancora tanto. Nell'ultimo mese, ho desiderato così spasmodicamente la donna misteriosa, e quindi Benedetta, che quasi non riuscivo a pensare a nient'altro.»

«E adesso? Che cosa desideri?»

Tornai con gli occhi sul soffitto. Cosa volevo per me stesso? Cos'avrei potuto fare per cominciare a schiarirmi le idee? Stanco del limbo in cui riversavo, estrassi il cellulare dalla tasca. Se proprio volevo vederci chiaro, non mi restava altro che provare a ripartire dalle fondamenta. Senza ulteriori tentennamenti, rintracciai quel numero in rubrica, quindi inviai un messaggio piuttosto significativo.

Okay, sono pronto. (Ri)proviamoci.

 

*

 

Mi ero lasciato guidare dall'istinto e non avrei saputo dire se avessi o meno fatto una pazzia. Dopo aver premuto il tasto Invia, Megan non si era fatta attendere troppo. Aveva risposto al mio messaggio con un Allora facciamo domani? mentre io, nel frattempo, cercavo di immaginare i possibili scenari di quella serata. Di sicuro, avremmo dovuto cenare insieme e parlare di quanto accaduto negli ultimi tre anni, ma poi?

Tutt'a un tratto, mi sentii tremendamente inadeguato. Gli appuntamenti troppo seri non facevano per me, e, forse, la situazione in cui riversavamo entrambi non ci avrebbe dato l'opportunità di tornare a scherzare come una volta. D'altronde, non si poteva dimenticare quanto accaduto con un colpo di spugna, cancellarlo dalla mente con una semplice serata a base di fish & chips, o di qualsiasi altra, sofisticata prelibatezza.

Megan aveva deciso di prendere il primo volo per Los Angeles non appena fissato l'appuntamento, ma io, non sentendomi troppo a mio agio, le avevo proposto di incontrarci a metà strada, per così dire. Di vederci a San Francisco, per la precisione, perché si sarebbe risparmiata qualche oretta di volo in più; anche se, in verità, avevo avanzato quella mozione anche per un altro motivo. Non volevo che le persone del posto mi vedessero di nuovo con quella donna, non ero pronto a sorbirmi i loro sguardi di rimprovero o, ancor peggio, stracolmi di interrogativi. Certo, Los Angeles non era un paesino di cinquecento anime, ma negli anni la mia rete di contatti si era estesa notevolmente, e aggirarsi nei dintorni della città – per giunta non troppo lontano dalla mia sede lavorativa – avrebbe potuto provocarmi delle grane, delle sorprese più che sgradite.

Mi annodai ancora una volta la cravatta. Malgrado non fossi nervoso, avevo la testa da tutt'altra parte e questo influiva, almeno in parte, sul mio operato. Cercai di concentrarmi e, alla fine, guardandomi per benino di fronte allo specchio rettangolare della camera da letto, riuscii a sistemarla con la consueta perfezione che mi caratterizzava.
Feci un bel respiro: tra meno di quattro ore, avrei rivisto l'affascinante – e imprevedibile – Megan Rossi.

 

*

 

Immaginavo che non sarebbe passata inosservata ai miei occhi. Tubino rosso ricoperto di gioiosi strass, con un leggero spacco laterale – le spalline leggere del vestito a sostenere il suo seno ben proporzionato e non meno gentile –, tacchi alti del medesimo colore, rossetto color carminio e uno strato di rimmel per volumizzare le sue lunghe ciglia.

Mi risparmiai il solito complimentuccio da quattro soldi e la salutai con un cenno del capo, la serietà impressa sul mio volto. «Buonasera, Megan. Vogliamo entrare?» Indicai il ristorante che sostava davanti a noi, il Fable Restaurant. Tutt'intorno, una caterva di grattacieli con annesse luci avvolgeva lo scenario notturno, intriso di movimento. Macchine di ogni fattura e taxi percorrevano, a gran velocità, la carreggiata, mentre una miriade di persone si attardava nei negozi di abbigliamento o si affrettava a raggiungere i marciapiedi. Quando una coppia di innamorati – avrebbero, più o meno, potuto avere la nostra età – ci passò davanti, senza mancare di scambiarsi un bacio fugace, scostai lo sguardo e tornai con gli occhi fissi sul ristorante. I miei pensieri, però, indugiavano tuttora sull'immagine di quei due. Un simile contatto già mi mancava. Senza contare che era stata Benedetta a...

«Certo che sì, entriamo pure», asserì Megan, strappandomi appena in tempo da pensieri non troppo appropriati, almeno per quella serata.

Ci avviamo verso l'entrata e diedi la precedenza a Megan, non mancando di notare quanto riuscisse ancora a sprigionare un certo fascino e una certa classe, anche se quest'ultima non poteva addursi alle azioni che aveva compiuto nei miei confronti. Decisi, ancora una volta, di spezzare una lancia a suo favore. Tutti potevano commettere errori, piccoli o grandi che fossero. E nemmeno io potevo dire di non averne mai fatti di gravi.

Il proprietario del ristorante – un uomo calvo, alto e dai baffi neri, nonché vestito di tutto punto – ci accolse con un sorriso e, dopo avergli detto le mie generalità, ci indicò un tavolo per due in fondo alla sala. Le luci soffuse conferivano una certa intimità all'ambiente circostante, mentre la candela che avevano posto al centro del tavolinetto mi fece quasi pensare alla possibile proposta di matrimonio che magari qualcuno, là dentro, avrebbe potuto aspettarsi a fine serata. Poveri illusi, pensai.

A passo moderato, svicolammo tra i tavolini, e il fatto che non vi fosse in nessuno di questi – quelli dedicati a un duo, certo – una candela aromatica al centro, confermò appieno la mia ipotesi. 

Cominciai a sudare freddo. La mia rete di contatti si era estesa fino a questo punto? Il gestore del ristorante poteva avermi riconosciuto? E poteva aver riconosciuto anche Megan?

Per l'ennesima volta, decisi di ignorare quell'assurda congettura. Non volevo turbe mentali, non a quel punto della serata. Volevo soltanto godermi una cena in tutta tranquillità, capire cosa regnasse nel mio cuore. Spensi la mente, sforzando di rivolgere altrove le mie attenzioni.
Ci sedemmo e, in un baleno, un giovane cameriere ci raggiunse, porgendoci il menù e accendendo quella caspita di candela. Si rimise l'accendino nella tasca e ci augurò buona serata, assicurandoci che sarebbe ripassato tra qualche minuto per prendere le ordinazioni. Megan si guardò intorno. L'ambiente era piuttosto sofisticato, i tavoli rettangolari avvolti da una tovaglietta a fantasia, le pareti addobbate da piantine rampicanti a creare originali motivi, delle figure che potevano essere interpretate in molteplici modi diversi.

Dopo aver ordinato entrambi un filetto in crosta e un'insalata di verdure, ci squadrammo per qualche istante. Uno dei due avrebbe dovuto rompere il ghiaccio, ma io non ero affatto bravo in queste cose. O meglio: lo ero dal momento in cui avessi deciso di fare il cascamorto, o la persona tutta disinvolta. Ma con Megan era ben diverso.

«Come hai passato questi tre anni, Malcom?» mi chiese lei, di punto in bianco.

«Be', sono successe tante di quelle cose...» commentai, sorseggiando un po' di vino rosso. «Sono persino tornato all'università.»

«Caspita! E su cosa ti sei lanciato?»

«Sostenibilità ambientale. In verità, questa tematica mi ha sempre affascinato, così ho pensato di approfondirla tramite un master. In questi ultimi anni mi sono dedicato anima e corpo al lavoro. Non ho fatto – né vissuto – altro», specificai, onde evitare che piovessero dal cielo domande inerenti a esperienze di altro genere. E pensare che, fino a qualche anno prima, non facevo altro che pavoneggiarmi delle mie conquiste, avventure e quant'altro. Ero davvero tornato il Malcom di una volta, anche se forse mi ero trasformato in un uomo sin troppo pragmatico. Mi versai un po' d'acqua nel bicchiere. «Tu, invece? Cosa mi racconti?»

Megan sospirò. Si fece triste tutta d'un colpo. «Sono prossima al divorzio.»

Quelle parole mi fecero quasi sputare l'acqua dal bicchiere. «Ti sei sposata?»

«Sì. Ma è stata la decisione più stupida della mia vita. Io... l'ho fatto soltanto per dimenticarti.»

Scossi la testa, indeciso se ridacchiare o meno. «Io sono sbigottito. Ti sei sposata davvero per questo motivo? Oppure... avevi paura della solitudine?»

«In parte, sì. Purtroppo, non ho saputo riprendermi da sola. Gilberto mi è stato molto vicino nel periodo in cui tu hai deciso di ripartire per Los Angeles. E alla fine... credevo che sposandolo avrei imparato ad amarlo.» Fece spallucce. «Mi sbagliavo, ovvio. Lui soffriva molto, perché io non riuscivo a concedermi a lui come e quanto avrebbe voluto. Insomma, lui ricercava molto affetto, quel consueto contatto che, agli inizi di una relazione, è sempre fonte di gioia e piacere. Io, però, non sono mai riuscita a darglielo. Sono stata molto egoista. Nonostante questo, mi ha proposto di sposarmi. E io ho accettato.»

«Non posso credere che ti sia spinta così oltre.» Addentai un pezzo di filetto in crosta. Continuavo a rimuginare sulle parole di Megan; e più ci rimuginavo, più mi parevano assurde. La situazione, più di tutte, lo era.

«Nemmeno io. Ho commesso errori su ogni fronte, ultimamente. Ma devo molto a Gilberto. Grazie a lui, sono riuscita a tornare al mio lavoro di giornalista, anche se...» Si zittì.

«Anche se?» incalzai, curioso.

Mi guardò dritto negli occhi. «Anche se non mi sento ormai da un po' meritevole di questa carica. Ho deciso di prendermi un periodo di aspettativa dal lavoro. Ma non lo faccio solo per questo.» Allungò la mano verso la mia, che sostava dall'altro capo del tavolo, quindi me la strinse. «Lo faccio soprattutto per stare con te.»

Ritrassi la mano, come scottato. Lei non si risparmiò un sorriso tirato.

«Non sono più abituato a certe cose, scusami.»

«No, sono io che devo scusarmi. Capisco che quello che ho appena detto ti abbia un po', come dire... sorpreso. Quindi non pretendo che tu ti comporti come se nulla fosse. Ma dovevi sapere.»

«Sono cambiate molte cose, Megan.»

«Lo so. Non mi aspetto che tutto torni come prima dall'oggi al domani.»

Tornai a fissare il piatto per un momento. Mi sembrava davvero assurdo che lei fosse di nuovo pronta a tuffarsi in una relazione, adesso che avevo saputo del suo matrimonio. «Da quanto siete sposati?»

«Da quasi sette mesi, ma abbiamo deciso di separarci a tre mesi dalle nozze civili.»

«Pare proprio che fare azioni avventate ti si addica. Senza offesa, eh», le dissi, sempre più sorpreso. «Comunque, per certi versi ci somigliamo, anche se negli ultimi anni sono diventato molto più cervellotico.»

«Mi dispiace tanto per quello che ti è capitato tanti anni fa. Dico davvero.»

«Doveva andare così, evidentemente. Ma per favore, parliamo d'altro. Rivangare il passato non fa più per me.»

«D'accordo», rispose lei, accennando un sorriso.

Dentro di me, provai a pescare un qualsiasi argomento, ma non me ne veniva in mente uno che potesse stemperare tutta quella serietà – e forse apatia – che regnava dentro di me. In quel momento, non riuscivo a sentirmi troppo coinvolto. Potevo aver provato per Megan una folle curiosità soltanto perché l'avevo rapportata – del tutto inconsapevolmente – alla mia Melissa? Non lo sapevo. O forse, mi stavo rifiutando di lasciarmi andare, anche alla luce del colpo basso che lei mi aveva rifilato tre anni prima?
Non sapevo nemmeno questo. 

L'incanto, però, sembrava essersi spezzato.

 

*

 

Non avevamo parlato di molto altro, durante la cena. Io mi ero limitato a scrutare le sue movenze provando, di tanto in tanto, quella cieca attrazione che mi aveva colto fin dai primi istanti in cui l'avevo conosciuta. Credo che il vino mi avesse aiutato parecchio a lasciare che la parte razionale del mio cervello, a mano a mano, morisse. E tutto perché prevalesse di nuovo quello spirito di libertà a cui mi appellavo tempo prima. Lei, d'altro canto, non mancava di scrutarmi di tanto in tanto con desiderio, e la musica sensuale che, a un certo punto, avevano messo su, pareva tuttora sortire i suoi effetti. Eravamo fuori dal ristorante, ormai, una raffica di vento estivo a scompigliarci i capelli. Per qualche assurdo motivo, ci ritrovammo a ridere come due bambini – caspita, il vino ci aveva proprio stesi!
Di comune accordo, ci avviammo, a tratti barcollanti, verso il primo albergo più vicino. Avremmo trascorso la notte lì, e la mattina saremmo ripartiti. La testa ci girava un po', ma dopo una mezz'oretta di cammino – la frescura della notte ad avvolgerci sempre di più –, riuscimmo ad avanzare più speditamente, e quindi a mantenerci un po' più lucidi.
Lo stile dell'hotel, per certi versi, mi ricordava quello di una dimora ottocentesca. Un perfetto connubio di pregiate carte da parati, sfavillanti lampadari e pavimentazione ricoperta da un lungo tappeto rosso, lussuosi divani e tendaggi tanto spessi da sembrare mantelli regali.

Senza tentennare, prenotai due stanze, convinto del fatto che avremmo dormito separati.
Prendemmo l'ascensore e calò il silenzio. La serata era ormai terminata, e io avrei potuto farne un bilancio, ma mi trattenni. La guardai con la coda dell'occhio. Quanto sarebbe stato facile avventarmi su di lei e lasciare che le cose facessero il loro corso? Fino a qualche tempo fa, sarebbe stato il mio unico desiderio. Ma ora... cos'avrei dovuto fare, ora?

Nel prendere qualcosa dalla borsa, Megan mi sfiorò la mano.

Sussultai. Che avesse captato il mio subdolo pensiero?

Uscimmo dall'ascensore, e in quel momento mi accorsi che Megan teneva tra le mani la tessera della stanza.

«Ti ringrazio tanto per la serata, Malcom», sussurrò, a pochi passi dalla camera 101.

Mi grattai la nuca, guardandola di sfuggita negli occhi. Mi ero appena accorto che la mia stanza era la 102. «Roba da pazzi», biascicai, tra me e me.

«Cos'hai detto?»

Mi riscossi e tornai su di lei. «Ehm, nulla di che, scusami. Stavo solo commentando il fatto che stanotte, sì, insomma... sarà quasi come ritrovarsi nella stessa stanza. Le mostrai la tessera e lei sorrise, incredula. Poi, tutt'a un tratto, mi disse: «Ti ricordi di quella notte?»

Sussultai, di nuovo. «Certo che me la ricordo. Una donna che ti manda in bianco non si dimentica facilmente.» Mi ritrovai a sorridere.

Megan, invece, scoppiò a ridere. Ancora una volta, non percepii la mia Melissa in quella risata. Percepii, però, qualcos'altro. L'atmosfera stava cambiando... O forse, stavo cambiando io? Scossi la testa, deciso a non spingermi troppo oltre. «Bene, adesso è meglio che v—»

«È stato bellissimo, Malcom», riprese lei, senza smettere di sorridermi. «Quando mi hai detto che mi avresti trovata bella anche se avessi indossato il pigiama della nonna. Ho apprezzato davvero tanto le tue parole. Mi hanno emozionata. Ma forse, il momento più bello è stato quando mi hai letto quel frammento di Via Dalla Pazza Folla di Hardy. In quell'istante... ho capito di esserci dentro fino al collo. E adesso non è diverso.»

Con estrema lentezza, si avvicinò a me. Sentii il suo fiato caldo sul collo e, per un attimo che sembrò eternità, credetti davvero di perdere il controllo, che sarei tornato agli albori. A quegli albori.

Il contatto con una donna mi era mancato tanto, più di quanto volessi ammettere a me stesso.
Sospirai.
A poco a poco, sentii la ragione abbandonarmi. Si fece strada, dentro di me, una di quelle immagini che difficilmente si riuscivano a scacciare dalla mente, quando ci si ritrovava avvinghiati – o quasi – con una donna che aveva tutte le carte in regola per far capitolare un uomo. Per tanto tempo, avevo castrato le mie fantasie più recondite, prima fra tutti, l'idea di tornare a instaurare rapporti che non fossero prettamente di natura lavorativa, perché non ero pronto, ma ora... non ero più sicuro di riuscirci.
La consapevolezza di voler tornare a essere maschio, e non solo uomo, mi si schiaffò nella testa come se, di punto in bianco, l'avessi immersa nell'acqua gelata.

E quando Megan mi si gettò con le braccia al collo, io provai l'irrefrenabile impulso di stringerla a mia volta. Senza pensarci, la intrappolai per i fianchi e non passò molto tempo prima che le saggiassi il fondoschiena, mentre lei continuava a cospargermi di baci leggeri. A quella presa di posizione, Megan si lasciò del tutto andare al suo desiderio, e la sua mano destra, che prima sostava sul mio petto, scese giù, sempre più giù, e così... Impudentemente, cominciò a toccarmi proprio . Persi la bussola all'istante, il mio corpo reagì nell'immediato. Come potevo, d'altronde, essere indifferente a quelle carezze?

Ringhiai e, soggiogato da quella strega di nome Megan, la spinsi oltre la soglia della porta della sua camera – aprendola con movimenti più che frenetici – e l'attirai ancora verso di me, avvertendo quella familiare pressione nei pantaloni.
Dio, dovevo sbarazzarmene al più presto. Perché quella cosa stava scalpitando un po' troppo per i miei gusti. Tentai di riacquistare una parvenza di controllo, ma Megan si spalmò sul sottoscritto mordendomi il collo. Non riuscii a trattenere un lamento di puro piacere. Ero ormai andato.

Ci spogliammo in tutta fretta, reciprocamente, i nostri occhi saettavano l'uno nel corpo dell'altra, e nel mentre i nostri punti più deboli prendevano a riscoprirsi, lentamente ma con bramosia. Le nostre labbra, i nostri respiri, le nostre fantasie. Tutto, in un solo, fugace momento, prese vita. E questo tutto, dall'alto della sua ciclonica potenza, si tramutò in una danza selvaggia e, a tratti, non meno scoordinata, tanto passionale che il sudore non smetteva di colare dalla mia fronte, come dalla sua.

Mugugnai come un pazzo, e Megan non si risparmiò di farmi compagnia, gemendo sempre più intensamente. Le afferrai con forza le natiche supportando i suoi movimenti, sempre più frenetici e bramosi. Il seno che le ballonzolava su e giù, gli occhi annebbiati dal piacere. La strinsi ancora, dandole segno di andare al trotto più velocemente. Ero già al limite, ma allo stesso tempo volevo di più. Con un pizzico di autorità, le comandai di voltarsi e lei lo fece all'istante, quindi la penetrai di nuovo, senza sforzo né indecisione, beandomi della vista paradisiaca del suo fondoschiena. La sostenni per i fianchi e mi abbandonai al piacere, che mi avvolgeva sempre più in quella spirale di infinita libidine.

Imprecai, a mezza voce. Altro che smorzacandela, qua non si stava smorzando proprio niente, anzi. La situazione si stava surriscaldando, la tensione aumentando. E sapere che l'artefice di quella folle danza alla Megan fossi stato io mi lusingava da matti. Presi a stuzzicarla ovunque capitasse e nel frattempo ascoltavo quella cascata musicale di gemiti incontrollati che portava la sua firma. Lei, che non mancava di sussultare a ogni singolo tocco. Lei, che non mancava di far sussultare me, muovendosi in quel modo così maledettamente sensuale, da lasciarmi interdetto e incantato allo stesso tempo.

Desideroso di sperimentare, la portai sull'orlo dell'orgasmo e le ordinai di fermarsi. Deciso più che mai a condurre il gioco, la sistemai a pancia in giù e le diedi un bacio distratto sulle labbra, quindi mi posizionai dietro di lei. Affondai seduta stante e ricominciai, senza lasciare che si abituasse a me. Continuai a muovermi come un forsennato, lei che si dimenava seguendo il mio ritmo e gemeva forte tra una spinta e l'altra, sussurrando un tacito Ancora che, ogni volta, mi procurava piacevoli brividi lungo tutta la spina dorsale.
Le afferrai il seno e lo strinsi a me con fermezza, mentre lei continuava a procurarsi piacere sfiorando, di tanto in tanto, la sua intimità. All'ennesima, tacita preghiera, cedemmo entrambi e ci lanciammo, sfiniti, sul materasso, ancora ebbri di quell'intenso attimo di piacere che avevamo lasciato fluire l'uno nel corpo dell'altro.

Mi separai da lei un attimo dopo, il fiato corto. Ero appena stato avvinto dal più intenso rapporto sessuale degli ultimi anni. E, non appena incrociai il suo sguardo beato, capii che per lei era stato lo stesso.

   
 
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