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Autore: Mary P_Stark    26/07/2022    1 recensioni
Muspellheimr - Regno di Surtr
Il giovane Gigante di Fuoco Sthiggar, discendente della dea Sòl e figlio del Sommo Sacerdote Snorri, non conosce né paura né tanto meno vergogna e, a causa di ciò, finirà dapprima per essere punito dal re, e in seguito confinato sullo sperduto Regno di Manaheimr (Terra), nell'ancor più sperduto paesino di Lulea, in Svezia. Questo confino - agli occhi di Sthiggar più che ingiusto - porterà a sconvolgenti verità e alla scoperta di un destino a cui non sapeva di essere designato fin dalla sua nascita. L'aiuto della berserkr Ragnhild sarà vitale per comprendere meglio se stesso e il ruolo che gli compete nella complessa rete del Fato che si è stretta attorno a lui, ma saranno antiche divinità e nuovi nemici a mettere definitivamente alla prova il guerriero muspell. (per una totale comprensione, si devono leggere prima le altre storie legate a questa raccolta)
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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Cap. 17

 

 

 

L’interminabile serpentone di ospiti che, lentamente, stava penetrando all’interno del Palazzo Reale di Hindarall avrebbe potuto somigliare, senza timore di esser smentiti su tale argomento, all’infinita coda di Jörmungandr(1).

Osservandola dall’alto di una delle torri del palazzo, re Surtr non si sentiva per nulla tranquillo, né aveva la presunzione di essere certo che le pareti gigantesche che lo circondavano, o il suo potente esercito, fossero in grado di proteggerli, in caso di problemi.

Se non sapeva da che parte guardare, come poteva contare di coprire ogni angolo utile e impedire che lo pugnalassero alle spalle?

“Avete pensieri così profondi, sire, che le vostre orecchie fumano” dichiarò al suo fianco Yothan, accigliato al pari del re e altrettanto preoccupato.

“Hildur sta ancora studiando le carte riguardanti i commilitoni di Sthiggar per capire chi sia stato ferito in volto durante la battaglia nei Protettorati, dopodiché mostrerà al mercante un ritratto di coloro i quali corrispondono alla sua descrizione. Fino ad allora, però, non ho idea alcuna della serpe in seno che sto covando da tempo, e senza saperlo, o di quante persone sia composto il complotto ai miei danni” asserì torvo Surtr. “Ho le mani legate, e detesto ammetterlo. Rivoglio la monarchia assoluta, amico mio!”

Yothan sorrise appena, nel sentirlo lamentarsi a quel modo e, annuendo affabile, asserì: “Non lo metto in dubbio, sire. Così come non metto in dubbio che Hildur riuscirà nel suo compito.”

“Ammesso e non concesso che non attacchino prima dell’ultimazione delle sue indagini. Sai quale sarà il suo ruolo, se dovessimo trovarci nei guai, vero?” gli domandò il re.

“Sì. Me l’ha accennato con aria assai contrariata, ma io penso che abbiate scelto bene. Saprà portare a termine il suo compito egregiamente” dichiarò Yothan, invitando il re a rientrare. “Dobbiamo dare il benvenuto agli invitati.”

“Come se me ne importasse qualcosa, a questo punto.”

Il comandante non poté replicare in alcun modo, a quelle parole. Sapeva perfettamente cosa intendesse dire il suo sovrano, ed era pienamente partecipe delle sue preoccupazioni. Chi non lo sarebbe stato, dopotutto?

***

Il volto sconvolto di Mikell, padre di Kyddhar e fratello della regina Ilya, si trasfigurò al punto tale che il giovane soldato al suo fianco indietreggiò turbato, forse temendo una punizione a causa delle notizie appena giunte da Midghardr.

La spedizione dei due jotun inviati sul pianeta degli umani, contrariamente a quanto avevano pensato e sperato, non era andata affatto a buon fine.

Sthiggar non era stato condotto in catene dal liòsalfar che avrebbe dovuto soggiogarlo con la sua magia e renderlo loro schiavo e, quel che era peggio, i resti dei due jotun erano stati trovati nel luogo in cui erano stati mandati per rapire il muspell.

Lo jotun che aveva riferito la notizia, però, non si fece spaventare dallo sguardo di fiamme del nobile muspell e, scrollando una spalla con noncuranza, replicò al suo disappunto con aria spavalda.

“Manderemo altri uomini, e stavolta saranno più numerosi e armati. Pensare che un soldato suo pari potesse essere messo al tappeto così facilmente, anche se su terra umana, è stata una sottovalutazione sciocca delle sue potenzialità ma, ora che sarò io a prendere simili decisioni, non avremo più problemi.”

Mikell, di fronte a tanta sfacciataggine, preferì astenersi dal fare commenti e soffermò i suoi occhi di fiamma su colui che tanto aveva denigrato le abilità di Sthiggar. Irato, quindi, esclamò: “Sbaglio, o avevi detto che quel ragazzo sarebbe stato una facile preda, una volta deprivato della sua Fiamma?! Ci hai quindi raccontato menzogne, disprezzando con così tanta veemenza le sue capacità tattiche?”

Resistendo a stento all’imperativo desiderio di rattrappirsi nelle spalle, Thrydann replicò piccato: “E’ stato sicuramente aiutato dai carcerati che si trovano a Luleå con lui. Non può essere che così. Sthiggar ha il solo vantaggio di avere sangue divino nelle vene, e perciò è stato beneficiato della Fiamma Viva, ma non ne è degno! E’ un incapace, se preso da solo!”

Sogghignando di fronte a quella replica un tantino querula, Mikell asserì perfido: “Qui, a parlare, è la gelosia, caro il mio Thrydann. Non ti garba essere nato senza i sui speciali e unici occhi chiari, o sbaglio? Sia come sia, agiremo come ha stabilito il comandante Lennart e tu, nel frattempo, andrai a palazzo a presenziare ai festeggiamenti, così come il tuo ruolo di figlio primogenito ti impone.”

Impallidendo leggermente, Thrydann esalò: “Ma… sarò nel bel mezzo del…”

“Dell’attacco? Certo. Non vorrai davvero che i membri del Consiglio – e tuo padre – dicano che uno dei loro figli è un negletto e un uomo irrispettoso, ti pare?” ironizzò Mikell prima di farsi mortalmente serio e aggiungere: “Tu ti troverai là esattamente come me, ti siederai alla destra di tuo padre e farai la tua parte come ti ho ordinato, o non diverrai mai ciò che desideri essere.”

“Sì, mio signore” mormorò a quel punto il giovane, reclinando rigidamente il capo.

“Inizia a chiamarmi con il mio nome, ragazzo” ghignò Mikell.

“Sì… mio re” assentì Thrydann prima di accomiatarsi.

Sospirando, Mikell tornò a scrutare il viso pallido del Gigante di Ghiaccio che gli aveva portato quel triste messaggio e, scuro in volto, aggiunse: “Rammenta al tuo sovrano i nostri accordi, comandante, e tutto andrà per il meglio.”

“Re Lafhey è uomo d’onore, nobile muspell, e agogna la caduta di Surtr esattamente come te” replicò il comandante jotun con un sorrisino furbo.

“Molto bene. Avrà il mio aiuto e appoggio, quando vorrà attaccare Svartalfheimr ma, per il momento, sfruttiamo fino all’ultimo i dokkalfar e il loro odio nei confronti di Surtr. Che almeno il sacrificio di mio figlio sia valso a qualcosa” dichiarò con tono aspro Mikell. “Su di loro mi prenderò una rivincita dopo aver spodestato mio cognato.”

Lo jotun assentì serafico e, con un leggero inchino, si allontanò dalle stanze del nobile muspell, pronto a tornare dai suoi uomini, oltre le porte di Bifröst.

Ben presto, l’invasione sarebbe avvenuta e, Fiamma Viva o meno, avrebbero distrutto Surtr in un modo o nell’altro.

Da lì a radere al suolo ogni cosa, il passo sarebbe stato breve, e re Lafhey avrebbe ottenuto quanto desiderato.

Il Ragnarök avrebbe avuto inizio, ma non sarebbe stato Surtr a primeggiare e vincere sui Mondi, né a brandire l’Arma Definitiva, ma il grande Lafhey, re di Jötunheimr.

***

Ragnhild stava ormai guidando da un paio d’ore quando, dal bagagliaio, Thrym udì giungere dei rumori sospetti.

Nel chiedere perciò alla ragazza di fermarsi presso la prima piazzola utile, guardò Sthiggar al suo fianco e scese dall’auto non appena questa ebbe interrotto la sua corsa.

Ragnhild e Flyka, armate di coltello, li seguirono dappresso e, quando Sthigg aprì a sorpresa il bagagliaio, le urla dei due uomini fecero trasalire di paura l’ospite inatteso che, di nascosto, si era imbucato in quel viaggio improvvisato.

Mattias sollevò le mani per proteggersi da un loro eventuale attacco mentre Ragnhild, sconvolta al pari degli altri, esalava irritata e terrorizzata: “Ma che ci fai qui?!”

“Scusa, scusa, scusa!” esclamò il ragazzino, fissando spiacente la sorella prima di uscire in tutta fretta dal bagagliaio per abbracciarla.

Ragnhild rispose all’abbraccio per poi baciargli il capo ma, ancora turbata, disse: “Questa è stata la cosa più idiota che tu abbia mai fatto, Matt. Che ti diceva la testa?!”

Dovevo venire” sottolineò lui, non fornendo però ulteriori spiegazioni.

La giovane scrutò dolente il fratello, si fece dura in volto e disse: “Sarà meglio che tu mi dica perché sei voluto venire ma, per ora, dobbiamo allontanarci il più possibile per nascondere la nostra auto. Farà giorno a breve e, non appena papà si accorgerà della tua mancanza, sguinzaglierà i berserkir per riprenderti.”

Mattias assentì spiacente, ma replicò: “A tempo debito ti dirò tutto, solo non ora.”

Accigliandosi leggermente nel tornare al posto di guida, mentre il resto del gruppo faceva spazio a Mattias sui sedili posteriori e Sthiggar si sistemava al fianco della giovane, Ragnhild domandò al fratello: “C’è di mezzo Urd?”

Matt si murò la bocca, fissandola poi spiacente e la giovane, sospirando, borbottò: “Voi possessori di anime senzienti siete delle rotture di scatole uniche.”

“Sc…”

“Non dirlo” lo minacciò Ragnhild, fissandolo bieca.

Mattias si morse il labbro inferiore prima di guardare spiacente anche Sthiggar e aggiungere: “Non volevo peggiorare ancora di più la situazione, ma dovevo venire anch’io.”

“Va tutto bene. Ti porterò sulle spalle, se sarai stanco, così non avremo problemi. Potendo usare l’aura, non ne risentirò affatto” scrollò le spalle Sthiggar.

“Ma ti renderai visibile alla magia degli jotun, così” gli ricordò Thrym, accigliandosi.

“E’ un rischio che dobbiamo correre, ma prometto che la userò solo quando sarà strettamente necessario” assentì lui, lanciando poi uno sguardo a Ragnhild, che lo stava scrutando turbata.

Lui si limitò a sorriderle e la giovane, a sorpresa, rispose al sorriso prima di accelerare e dire: “Preparatevi. Prenderò delle strade secondarie e molte non saranno esattamente piacevoli.”

“Fai quello che puoi, ragazza. Qui, siamo tutti dalla tua parte” dichiarò Thrym, allungandosi per darle una pacca sulla spalla.

Ragnhild accentuò il proprio sorriso, a quel tocco e, consapevole di cosa stesse rischiando, cercò di non crollare proprio sul più bello.

Aveva deciso consapevolmente di aiutarli, di scappare da ogni certezza lei avesse mai avuto fino a quel momento, ma non aveva tenuto in conto che Mattias avrebbe potuto imbucarsi. Ora, doveva pensare anche a lui, ma non poteva lasciarsi andare al panico solo per questo.

Sthiggar l’avrebbe aiutata. Di questo era certa.

***

Le libagioni erano state servite con abbondanza ai mille e più dignitari muspell, oltre agli ospiti provenienti da Elfheimr, Svartalfheimr, Jötunheimr e Niflheimr presentatisi per i festeggiamenti dell’anniversario di matrimonio dei Reali.

Mentre musici e saltimbanchi intrattenevano gli ospiti, Surtr chiacchierava con apparente leggerezza con sovrani e nobili, semplici conoscenti o vecchi amici.

Ilya, a poca distanza da lui, era fedelmente accompagnata da Hildur, per l’occasione abbigliata con la divisa ufficiale delle Fiamme Nere, una lunga tunica dorata e corvina che le raggiungeva le caviglie.

La tunica, elegantemente ricamata e decorata con fiamme dai colori scarlatti su maniche e colletto rigido, nascondeva sotto di essa una cotta di maglie di provenienza elfica.

Legato alla coscia destra, e nascosto dalle coltri della tunica, un sottile stiletto avvelenato era l’unica – quanto preziosa – arma in dotazione alla Fiamma, per quella sera.

Surtr non aveva potuto darle il permesso di entrare in armatura, visto che il banchetto doveva apparire normale a tutti i costi, e anche Yothan si era dovuto adeguare, indossando per l’occasione la Divisa Ufficiale delle Fiamme Purpuree.

Naturalmente, aveva fatto sistemare armi in abbondanza sotto ai tavoli delle libagioni, ben protette alla vista dalle lunghe tovaglie, e i soldati in borghese che si nascondevano tra gli invitati erano gli unici a conoscere quel particolare.

Neppure i membri del Consiglio ne erano stati messi al corrente. Surtr sperava che tutto ciò bastasse a scongiurare il peggio e, soprattutto, che le persone da loro scelte per mantenere quel segreto fossero anche degne di fiducia.

Essendo il traditore un membro della compagnia di Sthiggar, Surtr aveva dovuto diffidare di ognuno dei membri del Consiglio della Corona. Quasi tutti loro, infatti, avevano un figlio che era stato al comando di Yothan ed era stato compagno del ragazzo.

Il mercante, forse troppo turbato dal suo inconsapevole ruolo, o forse realmente incapace di dare una risposta, non era stato in grado di riconoscere il soldato che lo aveva tratto in inganno.

Hindur non aveva dunque potuto agire per bloccare il commilitone di Sthiggar, reo di averlo cacciato in quel guaio e ora, suo malgrado, anche la donna doveva comportarsi al pari del re, educata ospite nei confronti dei potenziali nemici che si trovavano in quella sala.

“Complimenti per la magnifica festa, Surtr” esordì Lafhey, avvicinandosi al re muspell e tenendo in mano un calice di buon vino elfico.

Imperturbabile, Surtr salutò il sovrano jotun e disse: “Grazie. Sempre il meglio per i miei stimati ospiti.”

“Hai davvero superato te stesso, stavolta” chiosò lo jotun, guardandosi attorno con espressione sorridente. “Mi chiedo, però, se tanta opulenza non nasconda un po’ di stanchezza e noia.”

“Potrei divorare i miei nemici con un solo boccone, non temere” ghignò Surtr, spingendo lo jotun a brindare a lui.

Lafhey accettò la sfida e, dopo aver fatto tintinnare il proprio bicchiere con quello del muspell, replicò: “Oh, non lo metto in dubbio. Tu sei sempre stato un grande guerriero… ma i tuoi giovani soldati, che mai hanno combattuto una vera guerra, sarebbero in grado di sostenerne una? E’ così difficile capire se i nostri eserciti sono all’altezza dei loro altisonanti nomi!”

Nel dirlo, sospirò afflitto, come se Lafhey stesso pensasse di non avere schiere di soldati all’altezza del loro nome e Surtr, laconico, asserì: “Avere comandanti come il mio fidato Yothan mi fa credere che nulla al mondo possa sconfiggere le mie Fiamme.”

Il re jotun sorrise mellifluo al vecchio soldato – solido come una roccia al fianco del proprio re – e, annuendo, convenne dicendo: “Oh, di persone come il rinomato comandante Yothan si può sempre fare affidamento. Pagherei qualunque cifra per avere un simile guerriero tra le mie schiere. Nessuna possibilità che io possa rubartelo?”

Surtr sorrise appena, a quell’accenno e Yothan, con un grazioso inchino rivolto allo jotun, disse: “Vi ringrazio sentitamente per il complimento, sire, ma ho un problema con le basse temperature. Sono sensibile ai geloni.”

Lafhey scoppiò in un’allegra risata, a quel commento e, annuendo, esalò: “Cielo! Avere anche una simile simpatia tra le mie fila! I miei generali sono così… freddi e rigidi!”

Persino Surtr si lasciò andare a un mezzo sorriso, di fronte a quel tentativo di fare dell’ironia e Lafhey, ritenendosi soddisfatto, terminò di dire: “Non voglio monopolizzarvi oltre. La festa è ancora agli inizi, e voi dovete parlare con un sacco di persone.”

“Il tuo punto di vista è sempre gradito, Lafhey, perciò il tempo passato con te è sempre speso bene” dichiarò Surtr, stringendogli la mano.

Lo jotun sorrise appena nel replicare alla stretta e, misterioso, replicò: “E’ un peccato quando il tempo non sembra mai bastare.”

Surtr lo fissò confuso per un istante prima di sobbalzare quando, all’improvviso, una terribile esplosione fece vibrare i vetri del salone delle feste e un’alta colonna di fuoco si sprigionò dalla città di Hindarall.

“Ma cosa…” borbottò il re prima di tornare a cercare Lafhey con lo sguardo.

Quest’ultimo, però, si era già dileguato in mezzo alla folla, folla che si stava assiepando sgomenta nei pressi delle alte vetrate, in trepidante osservazione del fuoco divampato nei pressi del Portale di Bifröst.

La distanza era troppa per comprendere cosa stesse succedendo ma, quando le esplosioni si susseguirono e, dalle vie della città, cominciarono a levarsi grida talmente forti da raggiungere il palazzo, Surtr urlò: “Siamo sotto attacco! Alle armi, presto!”

L’istante successivo, il re cercò con lo sguardo Hildur e Ilya e, addolorato quanto deciso, assentì all’indirizzo della guerriera.

Alla Fiamma Nera non servì altro. Afferrò a un braccio la regina e, senza attendere oltre, la portò con sé ignorando le proteste veementi della sua sovrana.

Con occhi che bruciavano di indignazione, Hildur raggiunse quindi la porta di un vicino disimpegno e lì, lapidaria, ordinò alla regina: “Non una parola. Tornerò subito da voi e voglio ritrovarvi qui, è chiaro?!”

Ilya assentì torva, non certo abituata a ricevere ordini quando, per millenni, era stata lei a darne agli altri.

Ben sapendo di essere apparsa aspra, nel suo agire, aprì la tunica con una mano, afferrò lo stiletto avvelenato per passarlo alla sovrana e, più gentilmente, aggiunse: “Uccidete chiunque non sia io, o mio zio Snorri. Non possiamo fidarci di nessun altro.”

“Va bene” mormorò secca la regina, trattenendo tra le mani la letale arma.

Hildur assentì veloce, chiuse dietro di sé la porta – che nascondeva un piccolo andito conosciuto solo dalla servitù – e, con occhi attenti, cercò in fretta la figura dello zio.

Snorri sarebbe divenuto in breve tempo una delle prede più ambite dai loro nemici, essendo il possessore delle chiavi del più grande tesoro contenuto nel tempio di Sól. Era perciò vitale che nessuno lo trovasse prima di lei.

Sperando perciò che lo zio si fosse posizionato nel luogo in cui lei lo aveva pregato di trovarsi, qualora si fossero scatenati disordini, Hildur corse verso il tavolo delle bevande mentre, sul fondo del salone, i primi armigeri dokkalfar facevano irruzione in armi.

L’istinto di muovere in direzione del nemico fu forte, ma la visione di Snorri che procedeva verso di lei con passo spedito le rammentò il suo compito e, con esso, il suo dovere.

Afferrando gentilmente lo zio al gomito, lo condusse in fretta dove aveva lasciato la regina, ignorando volutamente le grida disperate degli ospiti, quelle iraconde degli armigeri del re e quelle rabbiose dei nemici.

Se fosse rimasta un solo attimo di più, le sue gambe si sarebbero mosse verso la battaglia, ignorando ogni altra cosa, ogni altra imposizione, pur sapendo che non avrebbe dovuto farlo.

Non ascoltare quanto stava accadendo dietro di lei, la distruzione, la morte e la devastazione, era vitale per compiere quella missione. Diversa da quella che stavano combattendo i suoi compagni, ma non meno importante.

Aperta perciò la porta del disimpegno dove aveva nascosto Ilya, gridò subito: “Sono io, mia regina!”

Ciò detto, spinse dentro Snorri, sbarrò la porta spezzandone la maniglia dopodiché, rapida, picchiettò con le nocche il muro dinanzi a sé, mormorando: “Dobbiamo recarci quanto prima al Portale di Bifröst, sperando che non abbiano abbattuto le porte per raggiungere i ponti.”

“Ma… dovremo attraversare tutta la città, per raggiungerlo!” esclamò turbato Snorri, guardando preoccupato la sua regina.

“Non in questo caso, zio” dichiarò la guerriera, trovando finalmente il punto in cui far scattare la sicura del passaggio segreto. Sorridendo poi a entrambi, aggiunse: “Questo palazzo non è solo bello e maestoso, ma anche pratico, e offre una gamma infinita di vie d’uscita.”

Nell’invitarli a scendere lungo l’oscura scalinata nascosta dietro la porta segreta, Hildur azionò il campo magico che correva lungo le pareti di roccia e, immediatamente, reti infinite di muschi bioluminescenti presero vita.

Sotto i loro occhi, la via venne illuminata per intero, lasciando intravedere un’interminabile scalinata che sembrava giungere fino al centro del pianeta.

Mentre i gradini si dipanavano dinanzi a loro portandoli sempre più in basso, sempre più lontani dalla battaglia che si stava svolgendo nel salone delle feste, Ilya sollevò un poco le gonne per correre più agevolmente e domandò piccata: “Tu e mio marito eravate d’accordo, vero? Perché non ne ero stata informata?!”

“Non eravamo sicuri di nulla, maestà, perciò era inutile tediarvi con teorie cospirative che non avevano alcuna base certa” replicò cauta Hildur, non sapendo quanto esporsi.

Ilya non era la fragile donna che molti pensavano lei fosse e, se la sua rabbia raggiungeva il culmine, poteva essere temibile al pari di quella di Surtr. Era perciò imperativo non farsela nemica, per poter compiere agevolmente quella missione.

“Sicuri di nulla, eh? Per questo eri armata, sotto la tunica? Per questo, sotto i tavoli, era pieno zeppo di spade?” ribatté aspramente la regina, imboccando l’ennesima scala.

“Non sapevamo contro chi avremmo dovuto eventualmente combattere, ma eravamo praticamente certi che qualcosa stava muovendosi nell’ombra, e aveva a che fare con il bando di Sthiggar da Muspellheimr” le spiegò a quel punto Hildur, sorprendendola.

“Che c’entra quel benedetto ragazzo?” esalò sorpresa la regina mentre Snorri scrutava interrogativo la nipote.

“Ve lo spiegherò dopo, lo giuro solennemente. Ora, però, dovete seguire strettamente i miei ordini. Me ne scuso in anticipo” replicò sbrigativa Hildur, sopravanzando la regina per essere la prima a oltrepassare la porta di ferro che li separava dalle gallerie sotterranee, un’intricata serie di passaggi che correvano al di sotto dello strato roccioso della baia.

Ilya storse il naso contrariata, pur accettando le parole della guerriera e Snorri, nell’annuire a sua volta, disse: “Non saremo d’impiccio, cara… ma dicci; cosa faremo, una volta raggiunto il Portale di Bifröst?”

“Dovremo andare su Midghardr e cercare Sthiggar per riportarlo indietro… ammesso e non concesso che non sia successo nulla nel frattempo” sospirò lei, aprendo la porta per poi scrutare guardinga le gallerie. “Il fatto che non ce lo siamo ritrovati addosso, comunque, è già un buon segno, o credo che l’avrebbero usato per abbattere il re in un colpo solo.”

I due muspell sospirarono sgomenti, di fronte a quell’ipotesi e Hildur, nell’aprire la porta, controllò la situazione oltre essa.

Nulla e nessuno sembrava aver utilizzato quelle gallerie da tempo immemore e, quando Hildur azionò la stessa magia bioluminescente usata in precedenza, le arcate scavate a mano rifletterono onde di luce che crearono ombre lunghe e minacciose.

Non di meno, Hildur avanzò sprezzante e pronta a menare fendenti al primo che si fosse messo contro di lei. Alle sue spalle, Ilya e Snorri la seguirono molto meno baldanzosi, tenendosi fianco a fianco per sostenersi a vicenda.

“Cosa intendi dire, Hildur? Cosa mai può essergli successo?” domandò quindi turbato Snorri, avanzando quasi di corsa al pari della regina.

“Temiamo che le stesse persone che ci hanno attaccati stanotte, possano aver cospirato per indebolire Sthiggar, così da poterlo soggiogare e usare contro re Surtr la sua Fiamma Viva, l’unica in grado di uccidere il sovrano” mormorò pensierosa Hildur, muovendosi lesta lungo la galleria sgombra e che rifletteva in un’eco infinita solo il suono dei loro passi.

Snorri inspirò con forza, turbato da quella notizia e Ilya, nello stringere la mano che teneva poggiata sul braccio dell’uomo, disse incoraggiante: “Se c’è una cosa che ho imparato, di quel ragazzo, è che trova sempre il modo di saltare fuori dai guai. Abbi fede, Snorri. E’ pur sempre il nipote di Sól.”

L’uomo assentì con un mezzo sorriso, pur non sentendosi affatto tranquillo e Hildur, nell’indirizzarli verso l’ennesima scalinata, disse: “Da qui, raggiungeremo il salone centrale del Portale di Bifröst. Io entrerò per prima e controllerò che non ci siano pericoli ma, se dovessero esserci dei problemi, voi andrete comunque a Midghardr, preleverete una CercaFiamma per trovare Sthiggar e il pennino di un Guardiano per liberarlo dal veleno, dopodiché gli direte ciò che sta accadendo. Io vi coprirò le spalle durante la fuga.”

“Hildur, no!” sbottò Snorri, bloccandola a un braccio perché non compisse un solo passo in più.

La donna scrutò con profondo affetto il gentile e pacifico zio, l’uomo che aveva tentato con tutto se stesso di offrire amore e protezione all’animo tormentato del figlio e, sorridendo, replicò: “Sono una Fiamma Nera, zio, e il mio compito è proteggervi. Se non potrò condurvi io stessa a Midghardr, dovrai promettermi che proteggerai tu stesso la regina e che troverete Sthiggar a ogni costo.”

Snorri assentì suo malgrado alla nipote e Hildur, nel liberarsi gentilmente dalla stretta dello zio, tastò un muro nei pressi della porta che li divideva dal Portale di Bifröst quindi aggiunse: “Ora, dovrete indossare abiti più consoni al regno degli umani. Questi, attirerebbero troppo l’attenzione e, obiettivamente, rendono scomodo qualsiasi movimento.”

Prelevando da una nicchia del muro gli abiti che, giorni prima, aveva preparato per tutti loro, Hildur consegnò il necessario a Snorri e Ilya dopodiché, sfilandosi in fretta la tunica, la sostituì con un maglione e dei comodi stivaletti di cuoio.

Ai pantaloni non badò – erano di pelle scamosciata e rientravano tra l’abbigliamento che avrebbe potuto benissimo passare per moda umana – e, subito, si concentrò nell’aiutare la regina, alle prese con un paio di jeans.

“Mi scuso con voi, Ilya ma, per fuggire, i pantaloni sono decisamente più comodi” le disse Hildur, aiutandola poi con le scarpe da ginnastica.

“Oh, dopo questa scampagnata forzata, mi farò arrivare da Midghardr un carico intero di questi abiti” cercò di ironizzare lei, tastando coi piedi la morbidezza delle scarpe.

“Tu come sei messo, zio?” chiese a quel punto Hildur.

“Direi che sono a posto” le disse lui, guardandosi con aria curiosa.

Dopo averlo controllato velocemente, la donna assentì, aprì guardinga la porta dopo aver creato un elaborato ologramma magico dinanzi alla serratura e, sgomenta, vide i primi, terrificanti effetti dell’esplosione che avevano udito da palazzo.

La cupola del Portale di Bifröst era completamente distrutta e i suoi residui di vetro, legno e ferro si trovavano sparpagliati un po’ ovunque, creando un vero e proprio cimitero architettonico.

Oltre a quello, Hildur scorse diversi muspell morti sotto le macerie, altri dilaniati da ferite esplosive – forse, dovute alle armi dei dokkalfar – e, altri ancora, squarciati dalle armi di ghiaccio degli jotun.

L’odore acre del fuoco artificiale creato dai nani oscuri ammorbava l’aria ma, almeno a una prima occhiata, i nemici erano passati senza lasciare nessuno a controllare le porte di Bifröst.

Da quella posizione privilegiata, Hildur poté udire anche i suoni di lotta provenire dal porto e, più in là, dalla città in fiamme ma, non potendo far altro che continuare nella sua missione, proseguì oltre, concedendo ai suoi protetti di passare.

Ilya gorgogliò irata nel vedere il totale sfacelo di quei luoghi e i corpi esamini stesi a terra ma Snorri, al suo fianco, la trattenne dall’avvicinarsi ai morti, così da non rischiare eventuali agguati imprevisti.

Non v’era tempo per la pietà, né per gli scatti d’ira. Il loro imperativo principale era raggiungere Midghardr e riunirsi con Sthiggar. Per tutto il resto, anche per l’umano struggimento, avrebbero dovuto attendere.

Muovendosi perciò tra le macerie fumanti, i corpi dei valorosi Guardiani che avevano difeso le Porte e ciò che era rimasto del passaggio distruttivo dei loro nemici, Hildur raggiunse finalmente il Portale di Midghardr.

Lì, sotto il suo sguardo sgomento e contrito, vide infine il Guardiano di Porta che aveva tatuato Sthiggar il giorno del suo esilio. Poggiato contro il portale chiuso e con una evidente ferita al torace, sembrava sul punto di cedere e il suo respiro affannato era un chiaro indice di quanto fosse vicino alla fine.

Non avrebbe vissuto ancora per molto; i rivoli di sangue e schiuma che uscivano dalla sua bocca glielo confermavano senza ombra di dubbio.

Bloccata l’avanzata dei suoi protetti, la guerriera si avvicinò quindi all’uomo morente e, con sguardo tenero, sfiorò quel viso pallido e stanco e mormorò: “Dimmi, buon guardiano, qualcuno si è recato a Midghardr?”

“H-hanno r-rubato una C-CercaFiamma” gorgogliò l’uomo, indicando poi con un cenno del capo il suo pennino spezzato e le altre CercaFiamme – distrutte – sparse sul pavimento.

Accigliandosi nel vedere il pennino ridotto a brandelli – l’unico oggetto in grado di liberare Sthiggar dal giogo della magia che lo teneva bloccato su Midghardr – Hildur strinse i denti ma disse ancora: “Hai fatto ciò che hai potuto, con quello che ci era concesso sapere. Nessun guerriero avrebbe potuto essere più coraggioso di te, e il re lo saprà per bocca mia.”

“E mia” soggiunse la regina, accucciandosi accanto all’uomo, che boccheggiò nel vederla.

“M-mia r-regina” annaspò il guardiano, cercando di alzarsi.

La regina, però, gli carezzò gentilmente il viso, scosse il capo e replicò: “Riposa, mio buon guardiano, e sappi che il tuo sacrificio non sarà stato fatto invano. Libereremo Muspellheimr dagli invasori, in un modo o nell’altro.”

L’uomo mosse appena il capo per annuire e, nel muovere febbrilmente una mano in direzione di una delle tasche della tunica, mormorò stanco: “Una C-CercaFiamma. L’ho s-salvata p-prima che le distruggessero t-tutte.”

Hildur prese la sua mano nelle proprie, chinò il capo per sfiorare con la fronte quelle dita lorde di sangue e, benedicente, disse: “Sól ti guiderà nel cammino verso il Valhalla, il luogo più puro e limpido di Helheimr. Di questo sono sicura.”

A questo punto, Snorri si inginocchiò accanto a loro, sfiorò con indice e medio la fronte dell’uomo e, salmodiando una preghiera mentre Hildur prendeva per sé la CercaFiamma, mormorò roco ma con voce controllata: “Sii benedetto, figlio di Muspellheimr. La tua anima immortale assurgerà al regno degli eroi e la tua vita sarà cantata nei secoli a venire.”

Con un ultimo gorgoglio, il guardiano mormorò un inno al re e Hildur, nello stringere tra le dita la CercaFiamma, un semplice oggetto tondeggiante e ricoperto di perle opalescenti, dichiarò: “Ammazzerò fino all’ultimo jotun che mi capiterà a tiro. Ma ora dobbiamo andare. Non sappiamo quanto tempo abbia ancora  a disposizione Sthiggar. Se gli jotun sono andati su Midghardr, vuol dire che è ancora vivo, perciò abbiamo speranza di trovarlo prima di loro.”

I suoi due protetti assentirono nel rialzarsi e, dopo un’ultima occhiata al guardiano ormai morto, si avviarono con la guerriera attraverso la porta che conduceva a Midghardr.

“Cosa pensi faranno, se raggiungeranno Sthiggar prima di noi?” domandò preoccupato Snorri, oltrepassando il ponte di Bifröst a occhi socchiusi, quasi accecato dal lampo giallo che li investì al loro arrivo.

“Sicuramente, avranno un mago liòsalfar in grado di annullare il blocco sul braccio di Sthiggar e imbrigliare la sua anima per soggiogarlo ai loro voleri” gli spiegò Hildur, indicando loro un’intricata scalinata che conduceva verso l’alto. “Era uno dei nostri timori e, visto ciò che hanno fatto, diventa più reale a ogni minuto che passa.”

“E la CercaFiamma, come funziona? Non li condurrà agli altri detenuti?” domandò Ilya, in ansia. “Sono pur sempre figli di Muspell.”

“No, mia regina. Ogni firma è peculiare e, se hanno preso con loro le CercaFiamma, non solo sapevano della loro esistenza, ma sapranno anche come usarle e regolarle sul tratto energetico di Sthiggar” borbottò Hildur. “Se solo sapessi chi è il delatore, lo avrei già sgozzato.”

“Io, invece, farò installare qualcosa di più comodo di queste interminabili scale. Non ne posso davvero più” sbuffò la regina, accennando poi un sorrisino teso a Hildur.

“Vi capisco, regina Ilya. Sono davvero noiose” assentì la guerriera, accelerando il passo al pari dei suoi protetti.

Non avevano idea di quando si fossero mossi gli jotun che erano partiti alla volta di Midghardr ma, di sicuro, non potevano perdere tempo alcuno.

Sthiggar era solo e senza poteri, nel mondo degli uomini e, contro un contingente jotun, sarebbe sicuramente stato catturato, se non fossero arrivati in tempo.

 

 

1: Jormungandr: fratello di Fenrir. E’ il demone-serpente che, nel mito, circonda la Terra e che, alla fine dei tempi, divorerà tutti.

I liòsalfar, invece, sono in generale gli elfi – sia chiari che scuri – che hanno peculiari doti magiche e possono, all’occorrenza, irretire anche guerrieri del calibro di Sthiggar, se presi nel loro momento di maggiore debolezza.

  
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