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Autore: Batckas    13/08/2022    0 recensioni
Un cavaliere e una principessa si ritrovano catapultati in un labirinto oscuro e tenebroso. Sono intrappolati lì con mostri e pericoli, ma anche con i loro desideri e i loro segreti.
Genere: Avventura, Dark, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si ritrovarono in una grande stanza rettangolare, il cavaliere si massaggiava le tempie, la principessa sistemò il lungo vestito, lo raccolse, si rattristò quando lo vide rovinato e macchiato di fango. Senza esitare strappò la gonna per avere una maggiore mobilità. Nel frattempo, il cavaliere stava esaminando la stanza. Riconosceva i graffiti che correvano lungo le pareti, raccontavano la leggenda di Nosfarath e la creazione del mondo, un mito di Erria, uno di quelli che la madre gli raccontava quando era bambino.
“Eric.”, chiamò la principessa. Il cavaliere le si avvicinò e seguì l’indice delicato della ragazza che puntava ad una porta.
“È il simbolo di un leone.”
“Lì c’è un’aquila.”, continuò la principessa.
“Non andare girovagando, Gilia, potrebbero esserci delle trappole.”
“Non sono una stupida.”
Eric tacque, Gilia continuò ad esplorare.
C’erano sei porte, ma tutte tranne una sembravano avere una cavità. Gilia accarezzò la pregiata fattura del legno.
“Credo che qui dentro ci vada qualcosa.”, commentò.
Eric notò che una delle porte, invece, era completa. Si avvicinò, quando fu a un metro da quella, si spalancò con un rumore sinistro.
“Beh, ci tocca esplorare.”, disse la principessa, gioviale.
“Finalmente vivi l’avventura che tanto speravi.”
“Non è proprio con te che desideravo viverla.”
“Devo chiederti scusa perché ti ho salvato la vita?”
“No, dico solo che non avevi alcun diritto ad intrometterti nei miei affari privati.”
“Volevano ucciderti.”
“Sì, non è quello.”
“Ma come puoi dire che… lasciamo perdere, cerchiamo di andarcene da qui.”
“Fai strada.”
Eric si incamminò lungo un corridoio buio, Gilia era alle sue spalle, appoggiata all’armatura.
“Davanti a noi c’è una porta, ma è chiusa.”, spiegò Eric.
Vedevano poco, non si udiva alcun rumore.
Svoltarono a destra, raggiunsero una porta, si aprì.
“Merda.”
“Sono goblin?”, domandò Gilia.
“Prendi qua.”
“Il tuo pugnale.”
“Vuoi che ti dia la spada?”
“Forse la so usare meglio di te.”
Eric le afferrò il fianco e la trascinò alle sue spalle mentre sguainava la spada pronto a combattere. Erano cinque i goblin. Si erano accorti della loro presenza non appena avevano aperto la porta. Goblin 1 sembrava il capo, era più grosso degli altri e portava alla cintola la testa mozzata di un topo gigante; Goblin 2 fu il primo ad attaccare, Eric lo allontanò da sé con un calcio. In quel momento intervenne Goblin 3 che sferrò un pugno sul naso di Goblin 2 e gli urlò contro qualcosa di incomprensibile. Eric e Gilia pensarono che lo avesse sgridato perché Goblin 2, a testa bassa, si posizionò di fianco ai compagni Goblin 4 e 5, che avevano estratto i loro piccoli coltelli dalla lama avvelenata. Goblin 1 restava in disparte, quasi annoiato, mentre affidava il compito di uccidere gli intrusi ai suoi sottoposti. Eric notò che, prima del loro arrivo, i goblin stavano scavando nella carcassa di un cavallo.
“Come ha fatto quella bestia a finire qui?”, si domandò a bassa voce.
Gilia era addestrata al combattimento, ma Eric non voleva metterla in pericolo.
“Allontanati.”, le disse.
“Ma fregati!”, rispose lei.
“Dico sul serio, sono goblin, ma sono pericolosi, non hai mai combattuto prima.”
“C’è sempre una prima volta.”
“Perché devi farla sempre difficile, sto cercando di proteggerti.”
“Non ne ho bisogno.”
Mentre litigava con Gilia, Eric non distoglieva lo sguardo dai goblin. I mostriciattoli sembravano divertirsi. Gilia si slanciò contro Goblin 2 cercando di affondare il pugnale. Il nemico evitò il colpo, le diede una ginocchiata e scoppiò a ridere. Eric approfittò di quel momento, con un passo fu vicino a Goblin 2, sollevò la spada e la schiantò contro il suo collo decapitandolo. Goblin 3 afferrò la testa del compagno caduto, ne strappò a morsi il naso e ordinò a Goblin 4 e 5 di attaccare. Gilia era furiosa dalla rabbia, non tanto per aver mancato il colpo, ma per aver dato a Eric delle prove concrete per avvalorarne la tesi. Goblin 4 sferzò l’aria con i coltelli, Eric deviò un fendente; Goblin 5 si unì a quella danza tecnica e difficile. Gilia sgattaiolò alle spalle di Goblin 5, poteva vederne le vene che pulsavano sul collo sottile. Sollevò la lama e fu a sua volta alzata da terra. Goblin 3 la teneva con entrambe le mani, a differenza dei suoi compagni, 3 non aveva armi, combatteva a mani nude. Prima di uccidere Gilia voleva assaggiarne la carne, la schiaffeggiò e la atterrò.
Eric fu pervaso da una rabbia profonda. Voleva sia fare a fette i goblin sia fare una lavata di capo a Gilia.
Goblin 4 lo assalì nuovamente, Goblin 5 fece lo stesso, Eric spazzò l’aria davanti a sé con la spada per far allontanare almeno uno dei due. Goblin 1 restava sempre in disparte ad osservare la scena, Goblin 3 aveva trascinato Gilia lontano dallo scontro in un angolo che puzzava di morte e vomito.
Goblin 5 si spaventò per l’attacco del cavaliere e fece un passo all’indietro, Eric ne approfittò per insistere contro Goblin 4. Da destra, parato, da sinistra, evitato, da sopra… la spada del cavaliere distrusse in mille pezzi i deboli coltelli, la lama si conficcò nel cranio di Goblin 4 che, per qualche istante, mentre il cervello gli colava dallo squarcio della testa, sbiascicò versi animaleschi prima di crollare al suolo.
Goblin 1 si sbellicò dalle risate, soddisfatto da quello scontro.
Goblin 3 con le sue dita affusolate e le unghie lunghe graffiò il volto di Gilia, la principessa si ribellò, gli diede una tallonata alla gamba, la creatura le mostrò i denti sporchi di sangue e ingialliti, affondò le unghie nel seno sinistro della ragazza strappandole un urlo viscerale e orribile.
Eric guardò la scena, Goblin 5 superò lo spazio che lo divideva dal cavaliere e gli infilzò il coltello avvelenato nella gamba sfruttando una zona del corpo non protetta dall’armatura. Eric si maledisse per lo stupido errore, conosceva il veleno dei goblin, aveva una decina di minuti prima di perdere i sensi, venti prima di morire se non avesse fatto qualcosa. Goblin 5 rideva per il successo, senza rendersi conto che era alla portata del giovane furioso. Eric lo afferrò per la gola, strinse l’elsa della spada e la conficcò nella faccia di Goblin 5 godendo per ogni briciola di luce che si spegneva negli occhi del mostro. La estrasse dal teschio con forza facendo volare sangue e cervella in tutta la stanza.
Gilia si dimenava, impotente, alla ricerca di qualcosa che potesse usare come arma. Goblin 3 stava assaporando ogni momento graffiandola su tutto il corpo seguendo un perverso rituale.
Quando la materia grigia di Goblin 5 volò imbrattando tutto, Goblin 3 osservò la scena, Gilia, con quanta forza aveva in corpo, gli mollò una doppia pedata nei coglioni e, gridando, si rimise in piedi e si allontanò quanto più poteva da lui. Goblin 3 la inseguì, ripresosi subito, fece un balzo e in un attimo le era di nuovo addosso.
“Crepa, figlio di troia.”
Goblin 1 vide il sangue di Goblin 3 che sgorgava sulla principessa. Gilia gli aveva squarciato la gola. Il cadavere del mostro le ricadde addosso.
Eric la soccorse, le tolse di dosso Goblin 3 e la abbracciò.
“Sei ferito.”, disse lei.
“Ce ne occuperemo dopo.”, le rispose Eric guardando Goblin 1.
Esaminò per lunghi secondi i suoi compagni caduti, poi si avvicinò al cavaliere e alla principessa facendo volteggiare una clava grande due volte la sua stazza. Goblin 1 bofonchiò una litania funebre per i suoi compagni, poi puntò gli occhi su Eric.
“Ti prego, stai indietro.”, disse il ragazzo alla giovane.
Gilia, ferita, con il cuore a mille e terrorizzata a morte, strisciò allontanandosi da lì. Arrivò sulla soglia dell’ingresso e si fermò.
Eric studiò i movimenti rilassati di Goblin 1, il mostro sapeva che entro pochi minuti il corpo di Eric non avrebbe più risposto agli impulsi del cervello, il veleno avrebbe avuto effetto e la vittoria sarebbe stata facile. Per quel motivo, il cavaliere si slanciò in un attacco disperato puntando alla mano che impugnava la clava gigante. Goblin 1 capì le sue intenzioni, evitò il colpo, cercò a sua volta di schiacciare il cavaliere, ma quello fu più veloce, rotolò di lato, si rimise subito in piedi, attaccò con la spada senza sortire effetto.
Goblin 1 era un nemico letale, non avventato come i compagni, forse per questo il capo. Eric avvertiva le membra diventare pesanti, doveva finirla e subito.
Gilia osservava la scena, impotente, tra le mani stringeva il pugnale sporco di sangue.
Lei ed Eric erano amici da sempre, ma l’origine diversa li aveva costretti ad una vita diversa. Lei era la primogenita di re Leone, colei destinata a divenire un giorno regina. Eric proveniva da una famiglia di soldati e, proprio come suo padre prima di lui, anch’egli aveva scelto la via delle armi divenendo uno strumento eccellente nelle mani di re Leone.
Gilia aveva vissuto studiando l’arte della politica, della retorica, l’arte e la musica.
Eric aveva vissuto tra un campo di battaglia e l’altro.
Dopo una grave ferita in battaglia, mentre veniva premiato dal re, un gruppo di assassini aveva attentato alla vita di re Leone e di sua figlia. Nonostante ferito, Eric aveva protetto entrambi e ucciso gli assassini. Da quel giorno di due anni fa era divenuto la guardia del corpo della famiglia reale. Il rapporto con Gilia era sempre stato conflittuale, provenivano da mondi diversi ed erano entrambi convinti che il loro mondo fosse quello reale, gli altri erano solo illusi. Erano entrambi detentori di una verità indissolubile.
Prima di ritrovarsi in quel labirinto infernale erano a palazzo, si stava tenendo una festa, Gilia aveva conosciuto un pretendente, aveva scoperto nel giro di mezz’ora che voleva rapirla e stava facendo il suo gioco per incastrarlo, per dimostrare al padre che non aveva bisogno di essere protetta e, forse, una parte celata della sua mente voleva provare ad Eric che non c’era bisogno che il loro legame restasse principessa-guardia del corpo.
Eric era intervenuto lo stesso, nonostante Gilia avesse tutto sotto controllo. Il pretendente aveva attivato una trappola magica e li aveva fatti finire lì.
Gilia sentì montare dentro di lei il senso di colpa. Se lo avesse detto ad Eric, se non avesse voluto dimostrare niente a nessuno, se solo fosse stata onesta con se stessa e con il suo cavaliere.
“Ho ancora la mia occasione.”, si disse puntando i piedi.
Goblin 1 fece volteggiare la clava, Eric previde l’attacco da destra, ma un attimo prima, con un’agilità fuori dal comune e maneggiandola come se fosse un mattarello, Goblin 1 lo colpì da sinistra. Eric strinse i denti per il dolore, pensò di essersi rotto varie costole. Cercò di restare in piedi, ma fu trascinato dalla clava, si appiattì al suolo per far sì che lo superasse. Goblin 1 sghignazzava.
Il cavaliere espirò rumorosamente, mantenne salda la presa sull’elsa. Contò mentalmente che dovevano essere passati almeno sei minuti da quando era stato avvelenato. Non aveva il lusso del tempo, non si poteva permettere di studiare il suo avversario, doveva attaccare e doveva uccidere. Se non fosse sopravvissuto Gilia sarebbe rimasta sola.
Una goccia di sudore gli bagnò la guancia riportandolo alla realtà. Aveva affrontato nemici di gran lunga più forti di Goblin 1. Si posizionò per attaccare. Corse verso Goblin 1, fece un balzo, attaccò dall’alto, Goblin1 usò la clava per fermare l’attacco, la lama si conficcò nel legno, Eric la lasciò dov’era, passò sotto all’arma e gridò a Gilia.
“Il pugnale, ora!”
Aveva visto con la coda dell’occhio la ragazza che si stava avvicinando a piccoli passi. Era fiero di lei e, quasi sicuramente, gli aveva appena salvato la vita.
Eric acchiappò il pugnale, rotolò di lato per evitare un calcio di Goblin 1, gli conficcò la lama all’altezza del ginocchio, poi gli recise i legamenti. Goblin cade in ginocchio, deciso ancora a difendersi con la possente clava. Eric, però, fu più veloce. Gli affondò un dito nell’occhio, lo tenne fermo per il collo e lo sgozzò.
Goblin 1 si accasciò al suolo in una pozza di sangue.
Eric con lui.
Il veleno era in circolo, non aveva molto tempo. Gilia gli fu vicino.
“Cosa devo fare?”
“Il veleno è in circolo, non c’è molto che possiamo fare. Devi cercare di uscire da qui…”
“Non ti voglio lasciare.”
“Non posso muovermi in queste condizioni.”
“Potrei provare con una magia di purificazione.”
“Non funzionerà, è nel sangue.”
Gilia mise una mano sul petto di Eric.
“Allora posso provare qualcos’altro.”
Al cavaliere non piaceva quello sguardo negli occhi della principessa.
Gilia prese il pugnale, scoprì il punto in cui Eric era stato ferito dal coltello avvelenato, poggiò la lama, chiuse gli occhi e pregò in una lingua antica e sconosciuta.
“Non puoi… è proibito, è eresia…”
“Stai zitto.”
“Non così.”
“Non puoi dirmi sempre cosa devo fare e cosa non posso fare.”
Gilia fece un taglio più profondo sulla ferita già sanguinante, Eric gridò. La principessa posò l’arma al suo fianco, con un dito prese del sangue di Eric e se lo poggiò sulla lingua. Chiuse gli occhi.
Eric era stato testimone della magia del sangue, ne era rimasto terrorizzato e, sin da quando ne aveva visto gli effetti, aveva giurato di eliminare i suoi utilizzatori ovunque si trovassero. Dieci anni prima re Leone aveva indetto una Guerra Santa contro gli adoratori del Sangue. Eric si domandò cosa avrebbe pensato il re sapendo che la figlia era una di loro.
Si doveva essere esercitata di nascosto, non c’erano altre spiegazioni.
Perché aveva scelto una magia così pericolosa? Perché non aveva…
Gilia riaprì gli occhi, danzava davanti a lui con mosse sensuali, rapita da un’energia mistica e misteriosa a lui invisibile. Ad ogni mossa della ragazza, il sangue fuoriusciva dalla ferita danzando con la sua incantatrice, il liquido scarlatto sembrava vivo. Eric fissò il suo sguardo su Gilia. Come agitava i fianchi, come si accarezzava il pube e i seni.
La principessa si arrestò. Il tempo si fermò. Il sangue di Eric era sospeso in aria. Il cavaliere avvertiva dentro di sé una strana euforia, lo metteva a disagio. Voleva partecipare a quel ballo voluttuoso.
Il sangue si divise. Un liquido catramoso si separava dalla linfa della vita. Il primo ricadeva sul pavimento, il secondo rientrava nelle vene di Eric, il quale gridò. Non era in grado di distinguere le emozioni che si affastellavano nella sua mente in quel momento. Era violato, eccitato, terrorizzato.
Secondo i sacerdoti del regno, gli adoratori del Sangue erano soliti lasciarsi andare ad orge, cannibalismo e altri atti criminosi. Eric capì il motivo. Se non fosse stato bloccato al suolo dal veleno che lentamente usciva dal suo corpo non sapeva cosa avrebbe fatto. Vedeva le vene di Gilia pulsare, le sue labbra erano frutti proibiti, lei nascondeva la chiave, si ripeteva il cavaliere, anzi, lei era la chiave per colmare quel vuoto che gli scavava nel cuore.
La stanza si sgretolò sotto ai suoi occhi.
Solo lui.
E Gilia.
Sentiva il battito di un cuore.
Riaprì gli occhi.
Si mise seduto poggiando i palmi per terra. I cadaveri dei Goblin erano dove li avevano lasciati.
Gilia stava lì, pallida in volto, sudata, seduta al suo fianco.
“Mi… hai salvato…”
Gilia sorrise.
“Papà non sarà contento di avere un’adoratrice del Sangue, ma sai cosa ho scoperto? Mia madre lo era. Per questo ho deciso di studiarla.”
Eric si toccò all’altezza del petto, dove era convinto ci fosse il cuore.
“Sono…”
Gilia gli accarezzò la guancia.
“No, non sei vuoto. Ma la magia del sangue ha un prezzo, tu ed io lo abbiamo dovuto pagare.”
Eric avvertiva un corpo estraneo dentro di sé.
“Devo toglierlo.”, il tono di voce era calmo, ma gli occhi trasudavano l’orrore che avvolgeva la sua mente.
“No, non puoi, o morirai.”
“Come… come faccio…”
Il cavaliere si grattò il naso, come se quello potesse rasserenarlo. Avvertiva vermi che gli strisciavano sotto la pelle, voci che gli bisbigliavano all’orecchio. Una lacrima gli rigò il volto.
“Eric, c’è un modo… per sentirti di nuovo… completo.”, la voce di Gilia era dolce, calma, sensuale.
“Quale.”
La disperazione grattava alle porte della sua anima.
Gilia spinse la sua mano delicata sul petto di Eric, solo in quel momento il cavaliere si accorse di essere senza armatura, ordinatamente accatastata a pochi metri da lui. La principessa gli sfiorò la gamba, senza attendere una sua risposta gli montò a cavalcioni.
Eric poteva odorare i suoi seni e i suoi capelli.
“Cosa stai facendo?”
“Guarisco la tua anima.”
“Non posso.”
“Lascia che per una volta sia io a salvarti.”
“Lo hai già fatto.”
Le dita del cavaliere si contorcevano mosse da burattinai diversi. Un desiderio ardente con lo sguardo di demone e un dovere placcato d’argento dagli occhi severi e giusti.
Lievemente cinse il fianco di Gilia, lei ebbe un sussulto eccitato, sorrise.
“Io sono il tuo cavaliere.”
“E io la tua principessa.”
La stanza si smaterializzò nuovamente, Eric sprofondò in un bianco cosmico ed eterno. Con lui c’era il peso di Gilia sul bacino.
Ricordava la danza, la passione, il desiderio che aveva avuto di baciarla, di toccarla, no… di possederla completamente.
“Non… ho mai pensato. Io non so…”
Gilia si avvicinò alle sue labbra. I loro respiri si intrecciavano.
“Io posso colmare il tuo vuoto, posso placare il tuo tremore.”, gli bisbigliò.
Gilia lasciò che la veste leggera le cadesse dalle spalle scoprendo i seni. Eric notò la ferita che le aveva lasciato il goblin. Le lacrime gli gonfiarono gli occhi.
“Non trattenere nessuna emozione.”, parlò Gilia, ma la sua voce appariva lontana.
Il cavaliere pianse.
Baciò il seno ferito per risanarlo.
La principessa vibrò dal piacere.
“Ti voglio…”, diceva a bassa voce Eric, ma ogni volta che pronunciava quelle parole avvertiva la verga sulla schiena, il peccato nella coscienza e l’Inferno ad attenderlo.
“Prendimi.”
Le mani del cavaliere si serrarono sui fianchi della principessa.
Quel vigore la eccitava. Le mancava quasi il respiro.
“Mi perdonerai?”, domandò Eric.
“Non c’è niente di cui tu debba essere perdonato, mio cavaliere. Sei tu che devi perdonare me.”
Gilia bramava le labbra dell’amato, ma avrebbe lasciato a lui la scelta.
Gli accarezzò il collo.
“Baciami e fammi tua.”
Eric esplorò il collo della bella principessa con le labbra. Si arrestò tenendo i suoi occhi fissi su di lei.
Non li aveva mai visti così splendenti.
Non aveva mai visto lei così bella.
Le labbra si toccarono.
La voluttà fatale travolse il nobile cavaliere.
Fece sua la verginità della principessa con vigore, forza, coraggio e violenza.
Sudarono, si amarono, gemettero.
Poi una lacrima rigò il volto di Gilia.
“Cosa succede?”, domandò lui.
“Mi dispiace, Eric.”, il tono di lei era diverso.
“Di cosa? Di cosa ti dispiace, Gilia?”
“La magia del sangue richiede un sacrificio… io ti ho salvato… ma ho sacrificato il tuo mondo… prego che la tua anima possa riposare nella consapevolezza che continuerai a proteggermi… per sempre.”

Il cadavere smise di avere le convulsioni.
La principessa si asciugò le lacrime che le bagnavano il volto.
Il cavaliere si destò dal sonno eterno. Osservò la sua principessa, ma non la riconobbe.
Non aveva pensieri, non aveva anima, quel corpo era un guscio vuoto, animato dal sangue, controllato dalla magia.  
Gilia lo accarezzò, ma non sopportava quegli occhi dolci che la scrutavano da una morte di cui non si erano accorti e in cui erano stati intrappolati.  
Il cadavere recuperò la spada che gli era appartenuta in vita. Nonostante avesse combattuto con quella innumerevoli battaglie non la riconobbe.
La principessa fece un respiro profondo.
Pensava agli ultimi istanti di Eric. All’addio che gli aveva riservato, di sesso, sangue e maledizione.
Prese il pugnale.
Il cavaliere cadavere che ormai non più doveva temere la morte e che nei suoi ultimi istanti aveva creduto di amare quella donna, mosse passi certi.
“Usciamo da qui.”, furono gli ordini perentori della principessa Gilia, il cuore intrappolato nel senso di colpa.


 

 
   
 
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