Cap. 20
Il lungo viaggio che li aveva
tenuti impegnati per più
di dieci ore, era ormai giunto al termine.
Valicare i confini della Norvegia
senza veder
stramazzare al suolo Sthiggar, Thrym e Flyka era già stato
un successo. A ben
vedere, però, era stato solo il punto più
semplice del loro travagliato viaggio
verso i confini di Midghardr e il ritorno su Muspellheimr.
Stando alle parole di Odino, una
volta raggiunto
l'avamposto di Andenes, sulle isole Lofoten e, da lì, il
faro che puntava verso
l'oceano e le sue gelide acque, avrebbero dovuto attraversare i baffi
di Ymir e
incontrare finalmente il serpente di Midghardr.
Non c'era stato molto tempo per
chiedere a Fenrir
quale fosse, effettivamente, l'aspetto
del tanto vituperato Jörmungandr.
Inoltre, il viaggio in compagnia della regina Ilya, del padre di
Sthiggar e di
Mattias aveva tolto occasioni a Ragnhild per raccogliere informazioni.
Jerome Rowley, che aveva preso il
posto di Sköll per
poter guidare il Defender che avevano lasciato oltre il confine
norvegese prima
di giungere da loro, aveva dichiarato di non aver ancora avuto il
piacere di
conoscere lo zio.
Il fatto che, in effetti, non fosse
realmente un suo
parente ma un congiunto dell'anima che deteneva, pareva essere
irrilevante, per
lui. Non a caso, si era rivolto a Brianna, la guida dell'anima di
Fenrir, con
nomignoli come 'papino' o altri
sberleffi simili, portandola
più volte a sospirare esasperata.
"Sono davvero curioso di scoprire
se siano
effettivamente baffi, quelli di cui ha
parlato Odino. Sarà che
ormai sono anni che non partecipo a nessuna avventura - essere il
secondo in
comando mi porta spesso a starmene rinchiuso a casa, mentre Duncan e
Lance si
prendono tutto il divertimento - perciò, anche una cosa
assurda come questa mi
eccita da matti."
Ragnhild fissò
apertamente sconcertata l'avvenente
licantropo, non tanto per il suo profilo regale o il suo tono morbido e
dall'accento accattivante, quanto perché, in dieci
ore, non aveva
taciuto un solo momento.
Per quanto l'adrenalina avesse
tenuto svegli per la
maggior parte del tempo tutti loro, alla fine Snorri, Mattias e la
regina erano
crollati per la stanchezza, e anche Sthiggar e Ragnhild a tratti
avevano
riposato.
Jerome, invece, aveva resistito
senza mai chiedere il
cambio a Ragnhild e, per tutto il tempo, aveva dialogato con loro di
mille e
più argomenti, senza mai interrompersi per un attimo.
"Devo chiedertelo... ma non hai la
gola
secca?" sbadigliò Ragnhild, lanciando un'occhiata alla
figura slanciata
del faro di Andenes, che si stagliava come una lancia insanguinata e
puntata
verso il cielo, al limitare di una scogliera che si allungava lungo
tutta la
linea di costa dell’isola.
Tutt'attorno, il paesaggio brullo e
quasi del tutto
privo di vegetazione faceva da contraltare a infiniti spazi e a un
orizzonte
azzurro e limpido che quasi spezzava il fiato, ma Ragnhild non era
abbastanza
serena per coglierne la bellezza.
Probabilmente, se si fosse trovata
lì per una vacanza,
avrebbe perso ore e ore a cogliere anche il più piccolo
particolare di quei
luoghi, immortalandolo con il suo smartphone, ma ora le sembrava che
nulla
potesse più sorprenderla.
O scuoterla davvero.
Jerome rise del suo commento,
strappandola così a quei
pensieri, e asserì: "Chiediti come mai Brianna non
è salita con noi in
auto, ma ha preferito andare con Marcus, Lance, Thrym, Hildur e Flyka.
Quando
uso la mia forma originale, cioè questo fantastico uomo
quale io sono, non
taccio mai. Persino mia moglie, a volte, vorrebbe tranciarmi
la lingua a
morsi."
"Comincio a comprenderne i
motivi… con tutto il
rispetto parlando" esalò lei.
"Sarà meglio se ci
fermiamo a fare colazione,
prima di approcciare Jor e tutto il corollario. Non è detto
che, dove andremo,
riusciremo a trovare qualcosa da mangiare" dichiarò con un
risolino
Jerome, cambiando radicalmente argomento e mandando poi un messaggio
vocale a
Brianna, che si trovava nel Gran Voyager che li precedeva.
"La trovo una scelta saggia.
Abbiamo bisogno di
energie, visto il luogo in cui dovremo andare" mormorò
Sthiggar,
svegliando gentilmente il padre, la regina e Mattias.
Quest'ultimo, nello stiracchiarsi,
abbracciò
sentitamente Sthiggar, dandogli il buongiorno e Snorri, nel notare sia
il
sorriso del figlio che il modo protettivo in cui rispondeva al saluto,
non poté
che felicitarsi e, al tempo stesso, rattristarsi.
Per Sthiggar sarebbe stata
l'ennesima perdita di cui
avrebbe dovuto portare il peso ma era ugualmente felice che, durante la
sua
breve permanenza su Midghardr, avesse potuto conoscere una persona
così
speciale come quel ragazzino.
Notare lo sguardo struggente di
Ragnhild, però, portò
Snorri a desiderare di avere più potere, e più
forza, per darle quello che
entro breve avrebbe perso e che, forse, non avrebbe più
potuto ottenere.
Per quanto Sthiggar le avesse
promesso che, una volta
sistemata ogni cosa, sarebbe tornato da lei, Snorri sapeva bene quanto
la
guerra potesse essere foriera di disastri e non era così
sciocco da dare per
scontato che suo figlio avrebbe vinto a prescindere.
Inoltre, v’era anche un
altro problema, legato al
ritorno su Midghardr di Sthiggar, ma in quel momento non se la sentiva
di
pensarci, né di dare l’idea al figlio che stesse
preoccupandosi di qualcosa in particolare.
Non era ancora il tempo di parlare.
"Guarda, Mattias. Sól ci
benedice con il suo
abbraccio" disse nel frattempo Sthiggar, indicando il disco solare che,
ormai alto in cielo, splendeva sulle loro teste.
"Sai com'è, in
realtà, tua nonna?" gli
domandò il ragazzino, pieno di curiosità.
Lanciando un'occhiata a Snorri,
Sthiggar replicò:
"Tu che mi dici, papà?"
"Purtroppo per noi tutti, non ci
è mai stato
possibile vederla. Se ne andò quando io ero ancora troppo
piccolo per
ricordarmi di lei, perciò so soltanto quello che mi trasmise
mio padre, e ciò
che dicono le leggende" gli spiegò Snorri spiacente.
Mattias annuì silenzioso
e, mentre Jerome rallentava
fino a interrompere la marcia nel parcheggio di un bar, Ragnhild disse:
"Sono sicura che è bellissima e in gamba."
"Tutte le donne muspell sono
ingamba. Molto di
più, quindi, le sue dee" chiosò la regina,
sorridendo poi a Ragnhild e
aggiungendo: "Ma anche alcune donne terrestri paiono avere lo stesso
nerbo."
"Ce la mettiamo tutta"
mormorò lei, annuendo
grata.
Nello scendere, il gruppo si
stiracchiò pesantemente -
chi in modo plateale, chi con maggiore grazia - e, mentre si sincerava
sulle
condizioni di Mattias, Brianna si avvicinò a loro per dire:
"Jerome, ce
l'hai fatta a sfiancarli?"
"Ci ho provato, ma questi due sono
rocce. Hanno
resistito quasi tutto il tempo"
ironizzò Jerome,
indirizzando un'occhiata ammirata a Sthiggar e Ragnhild.
Brianna scosse il capo e,
scusandosi con lo sguardo
con Sthiggar, mormorò: "Mi spiace avervi sottoposto a questa
tortura, ma
dovevo parlare approfonditamente con Lance e Magnus, così ho
dovuto darvi in
pasto a lui, come autista."
"Cos'è che dovevi dire a
loro e non a me?"
brontolò Jerome per tutta risposta, mentre Sthiggar
sorrideva divertito.
"Gli ho solo detto che, durante il
nostro viaggio
verso la Sorgente della Vita, Lance dovrà badare alla
sicurezza dei nostri
amici muspell più che alla mia, e sai quanti condizionamenti
mentali abbia un
Hati, quando deve proteggere la Prima Lupa. Ho dovuto lavorare di
taglia e cuci
per un bel po', con lui" gli spiegò esasperata Brianna.
"Oh, già, giusto,
è vero. Lui e le sue paturnie
mistiche" ciangottò Jerome. "Che bello essere il secondo in
comando!
Non ho di questi problemi."
"Mettiamola così"
sospirò Brianna, scuotendo
il capo.
"Immagino sia complesso gestire una
società
piramidale che ha anche condizionamenti imposti dal titolo stesso"
chiosò
Sthiggar mentre, al gran completo, entravano nel bar per la colazione.
"Diciamo che, bene o male, non
abbiamo mai grossi
problemi ma, nel caso specifico, Lance è dovuto venire meno
al suo primo
compito, cioè proteggere mio marito, e ora deve rinunciare
anche al secondo, e
cioè proteggere me. Davvero molto, da chiedere a un Hati"
ammise lei, con
un sorriso.
Mentre Lance organizzava le
ordinazioni per poter poi
andare al banco a parlare con la barista - che stava osservando
sorpresa il
gran numero di persone entrate in un sol botto nel locale - Sthiggar le
domandò: "Cosa ne pensa, tuo marito, di saperti
così lontana da casa e dai
tuoi figli, e per aiutare persone che, fino al giorno precedente,
neppure
conoscevi?"
"Vedi, Sthiggar, non si tratta
tanto di
conoscenza o meno. Ci fidiamo ciecamente di coloro che proteggono il
branco attraverso
il mondo spirituale perciò, se la mia amica veggente mi
parla di una visione
riguardante il tuo mondo, e Magnus mi chiama per dirmi la stessa cosa,
io non
ho bisogno di sapere altro. Ormai, ho visto così tante cose,
e vissuto così
tante esperienze, da non sorprendermi più di quel tanto."
Ammiccando poi all'indirizzo del
muspell, aggiunse:
"Se poi, le nuove conoscenze si rivelano piacevoli, meglio ancora."
"Beh, grazie, allora"
mormorò grato il
guerriero lanciando poi uno sguardo addolorato all'indirizzo di
Ragnhild, che
stava raccogliendo su un vassoio tutti i cappuccini man mano preparati
dalla
barista.
"Per quello in particolare non ho
aiuti da dare,
però" disse Brianna, dandogli una pacca consolatoria sul
braccio.
"Lo immaginavo. Ma ho
già i miei piani in mente,
per non perderla" scrollò le spalle Sthiggar.
"Lascerò Muspellheimr
una volta compiuto il mio dovere e tornerò qui da lei."
"Una decisione piuttosto
importante... e
definitiva. Sei certo di poter rinunciare alla tua essenza,
per lei? E che
a lei vada bene?" gli domandò percettiva Brianna, portandolo
a sorridere a
mezzo.
"Dimostri una saggezza
antica, wicca.
Capisco perché Fenrir è così
orgoglioso di te. Ma non devi temere per me. So
che, per Ragnhild, ne vale la pena."
"E lei è d'accordo." Non
fu una domanda, ma
un'affermazione ricolma di quesiti che Sthiggar non ebbe il coraggio di
affrontare.
Ragnhild era stata lapidaria,
dicendogli che non
avrebbe dovuto rinunciare né a Muspellheimr né
alla sua fiamma. D'altro canto,
lui non voleva abbandonarla perché era ormai convinto che,
catalizzatore o
meno, lei fosse l'unica in grado di completarlo, come lui sembrava
completare
lei.
Il resto, sarebbe venuto dopo.
***
L'insenatura rocciosa alle spalle
della scogliera su
cui sorgeva il faro, era battuta da un vento inclemente e onde
schiumose, mentre
il volo di uccelli marini dallo struggente canto ne era il romantico
sfondo.
Fu lì che il folto
gruppo di Sthiggar si diresse e,
dopo aver controllato che nessuno fosse in zona - o stesse puntando
droni o
macchine fotografiche nella loro direzione - Magnus disse: "Opera pure
la
tua magia, wicca. Il portale è
pronto per essere aperto."
"Sarà un onore,
Occhiosolo" mormorò con
falso ossequio Brianna, strizzando l'occhio al giovane, che
ridacchiò.
Poggiata la mano destra su un masso
in particolare,
portante una runa incisa su di esso talmente in profondità
da non essere stata
consumata dal tempo e dal mare, Brianna socchiuse gli occhi e
mormorò:
"Madre, Sorgente di Vita, questa tua umile figlia chiede udienza.
Lascia
che si apra il sentiero per il confine di Midghardr, e che io e i miei
compagni
possiamo procedere in sicurezza."
Spero tu abbia chiesto il permesso
a Jörmungandr,
perché sappiamo bene entrambi quanto sia permaloso, quel
ragazzo.
Brianna sorrise di quell'imprevisto
commento di Madre
- era raro che intervenisse così direttamente - e, nello
schiudere il portale,
replicò: "Io e Jor ci siamo visti in un
paio di occasioni, e
siamo più o meno arrivati a diventare amici."
Sarà meglio per te,
fanciulla portatrice del
Crepuscolo, o dovrò anzitempo vedere fuoco e fiamme su
questo mondo e sugli
altri Regni.
"Vedrò di evitarlo" promise Brianna,
scostandosi per poi dire:
"Prego, signore e signori. A voi il passaggio."
Uno dopo l'altro, i presenti
imboccarono delle ripide
scale dirette verso il basso ma, quando fu il turno di Ilya, la regina
sbuffò e
borbottò: "Ancora scale. Giuro,
farò un esposto per
abolirle."
Tutti risero sommessamente e,
quand'anche la regina
ebbe oltrepassato il portale, Brianna penetrò nello stretto
cunicolo e infine
richiuse il passaggio, così che nessuna creatura umana - e
non - potesse
percorrerlo dopo di loro.
"Qualcuno ha portato una torcia?"
domandò a
quel punto Jerome, fermo a pochi passi da Lance.
"A questo posso pensare io"
dichiarò
Sthiggar.
Immediatamente, Ragnhild lo prese
per mano perché gli
fosse più semplice gestire la sinergia tra le reti di potere
del pianeta e la
sua aura e Sthigg, nel ringraziarla con un sorriso, si
illuminò da capo a
piedi, rischiarando l'ambiente.
Dinanzi a loro, quindi, si
aprì una vasta e apparentemente
interminabile grotta calcarea dalle lunghe e slanciate stalattiti, sul
cui
pavimento roccioso cresceva un fitto prato di qualcosa di molto simile
alle
alghe marine.
"I baffi?" domandò
Jerome, sfiorando quelle
protuberanze vegetali color sabbia.
"Esattamente. Per noi mutaforma
sarà un po' più
difficile avanzare, poiché le escrescenze potrebbero
rilevarci come nemici, in
un primo momento, ma confido che la presenza di una wicca possa
chetare il loro sistema di difesa" disse Odino, riprendendo le sue
forme
divine.
"Oh. Allora aspetterò
fino alla fine, prima di
lasciare a Fenrir la palla" dichiarò Brianna, sfiorando
quelle strane
alghe prima di sorridere divertita e dire: "Buongiorno a voi."
"Ti parlano?" gracchiò
Jerome, fissandola
stranito.
"Quando mai una pianta non mi
parla?" brontolò per contro la donna, avanzando all'interno
di quello
strano prato all'apparenza infinito.
Il resto del gruppo si
accodò a lei e, come previsto,
per berserkir e lupi fu più difficile avanzare, pur se non
impossibile.
Brianna, nel frattempo, accarezzò le alghe che, al suo
contatto, brillarono per
alcuni istanti per poi tornare al loro tenue colore naturale.
Dopo alcune centinaia di metri,
volgendosi a mezzo per
scrutare il suo gruppo, la wicca
disse: "Sono sorprese di trovare così tante creature
diverse, tra di noi.
Sono affascinate, per dire la
verità.
Non ricevono visite da molto, moltissimo tempo."
"Beh, non sono esattamente su
Tripadvisor"
chiosò Jerome, ricevendo più di un'occhiata
sconcertata in risposta.
Brianna, però, non vi
fece caso - fin troppo abituata
alle sue battute di spirito - e, nel proseguire la sua avanzata,
aggiunse:
"Troveremo Jor più avanti, quando cominceremo a scorgere una
luce in fondo
a questa grotta. Ci sta aspettando."
"Lo percepisci?" domandò
Lance, vagamente
preoccupato.
"E' solo, non temere. Per il
momento, non ci sono
coinquilini scomodi che potrebbero rovinarci la giornata" lo
rassicurò
Brianna, continuando ad avanzare con passo sempre più
spedito.
"Prevedevi l'arrivo di un esercito
di zombie o di
qualche Titano pazzo?" ironizzò a quel punto Jerome, facendo
ridere sia Magnus
che Mattias.
Lance lo guardò
malissimo, replicando caustico:
"Queste alghe tengono fuori i mostri, J.
E' ovvio pensare
che possano essercene, al
di là da
questo sbarramento."
Jerome si azzittì
subito, a quelle parole e, un po'
meno baldanzoso, gracchiò: "Beh, ma dai... lo zio ci avrebbe
parato il
culo, no?"
Lance lasciò perdere,
scuotendo il capo e portandosi
più vicino a Brianna che, sorniona, sorrise al patrigno.
Quando i due amici
battibeccavano a quel modo, Lance cercava sempre in lei
un’àncora a cui
aggrapparsi per evitare di strangolare Jerome, il che era paradossale,
se si
pensava che era la più piccola della loro strana Triade.
Questo, inevitabilmente, la fece
pensare a Duncan, e
alla sua mancanza in quella missione letteralmente
intergalattica.
Le spiaceva non essere potuta
uscire in missione con
Duncan, ma le rigide restrizioni di Madre prevedevano che mai
più Fenrir e Avya potessero vedersi al
di fuori dei confini di
Midghardr, così come al di dentro. L'esperienza fatta su
Elfheimr sarebbe
rimasta unica e non replicabile, perciò Duncan era dovuto
rimanere a Gungnir
con Nathan e Hannah, in compagnia dei genitori di Magnus.
Non che al marito spiacesse stare
più tempo coi figli,
ma sapeva bene cosa volesse dire, per lui, non poterla proteggere in
prima
persona. Ne avevano passate troppe, insieme, perché questo
pensiero non lo
lasciasse anche solo vagamente ansioso.
Scacciando quesi tristi pensieri
quando infine il
prato di alghe ebbe termine e, al suo posto, roccia scura e una parete
di
solito granito sbarrò loro la strada, Brianna
mormorò: "Arrivederci. E’
stato un piacere fare la vostra conoscenza."
Ciò detto, si
lasciò alle spalle il mare di alghe al
pari degli altri e, congiunte le mani sulla parete di roccia, chiese il
permesso di uscire.
Immediatamente, lo sbarramento
naturale formato dalla
parete svanì dinanzi ai suoi occhi, sorprendendo il resto
dei presenti e, nel
bagliore di un tramonto senza tempo, terminarono la loro camminata su
un'ampia
spiaggia di sabbia bianca.
Il cielo, color zaffiro e rosso
amaranto, era
ammantato di stelle e galassie lontane, ove comete viaggiavano veloci
per poi
perdersi in quell'infinito orizzonte senza dimensione apparente.
In lontananza, la spiaggia si
perdeva in una linea
color perla sempre più sottile mentre, alle loro spalle, la
grotta andò a
chiudersi così come si era aperta al tocco di Brianna. Al
suo posto, si creò una
scogliera di nera roccia che si innalzava a perdita d'occhio, fin quasi
a
divenire un tutt'uno col cielo.
Il silenzio più totale
incombeva su quel luogo di pace
apparente, anche se i resti di antichi scheletri potevano scorgersi tra
i
cristalli di sabbia, a memoria di vecchie battaglie e sanguinosi esiti.
Mentre tutti si guardavano attorno
per studiare quel
luogo così fuori dal tempo, Brianna riprese le forme di
Fenrir e, dal mare
piatto e calmo, una figura d'uomo emerse lentamente, accompagnata dallo
sciabordio leggero delle acque.
Di nero vestito e a piedi nudi,
Jörmungandr portava su
una spalla una lunga treccia di corvini e lisci capelli che terminava
ben oltre
la vita sottile, sottolineata da un’alta cintura dorata.
Dopo essersi fermato a pochi passi
dal gruppo, li
scrutò tutti con i profondi occhi blu mare prima di dire con
voce roca e
profonda, melodiosa come il suono sussurrato di un flauto: "Ben
trovato,
fratello. Perché non hai lasciato che fosse Brianna, a
parlare? La fanciulla mi
aggrada, lo sai."
"Se vuoi, la faccio tornare"
replicò Fenrir,
levando un sopracciglio corvino con evidente sorpresa.
Jor scrollò una spalla
con noncuranza, mormorando con la
sua voce ammaliante: "Fa sempre piacere vedere una bella donna,
rispetto
al tuo viso rozzo e sgraziato. Ancora non mi capacito che Avya ti abbia
voluto
come suo amante."
Fenrir se ne uscì con
un'esclamazione indefinibile, ma
non replicò. Capire cosa passasse per la testa del fratello
non era mai stato
semplice, e la solitudine non aveva certo aiutato a migliorare il
carattere da
sempre ambiguo di Jörmungandr.
Di vero, però,
c’era una cosa; la bellezza del
fratello sembrava davvero ultraterrena e, almeno a giudicare dagli
sguardi
sbigottiti di tutti, nessuno si sarebbe mai aspettato tanto fascino ed
eleganza
nel Serpente di Midghardr.
Jor, comunque, stava già
pensando ad altro e,
muovendosi morbido e flessuoso come un serpente, giunse in un lampo
dinanzi a
Odino, che ebbe la buona creanza di starsene fermo dov'era.
Dopotutto era stato lui, millenni
addietro, a
confinarlo in quelle acque al di fuori del tempo e dello spazio,
perciò era
tutto sommato giusto che Jor si prendesse qualche libertà,
con Occhiosolo.
"Devo dire che ti sei fatto proprio
un bel
giovane" celiò nervoso il dio, guardandolo con l'unico
occhio mentre Jörmungandr
giocava con il suo angolo cieco con movenze degne di una étoile.
"Oh, te ne sono grato, Padre Tutto.
Convieni con
me che, nonostante le parole delle Norne, non sono venuto su male?"
ironizzò il dio-serpente, sogghignando ferale.
"Aaah, beh... come dissi a tuo
fratello, le
persone sbagliano, a volte. Persino io" tentennò Odino, non
sapendo
esattamente come agire.
Jörmungandr si
bloccò a metà di uno dei suoi agili
passi e, fissandolo aspramente coi suoi occhi - di colpo divenuti
quelli di un
serpente - replicò secco: "Bere alla sorgente di Mimir e
perdere un
occhio, quindi, non ti ha reso tanto più saggio di uno
qualsiasi di noi, mi
pare."
"Fratello... ne avevamo
già parlato"
intervenne a quel punto Fenrir, già subodorando guai.
L'eccessiva solitudine di Jor lo
aveva portato a
essere una persona amara e assai lunatica e, posto di fronte a colui
che lo
aveva bandito in un luogo così distante da qualsiasi altra
forma di vita
senziente, non poteva certo apparire felice e spensierato.
Evitare una rissa tra
dèi, però, era preferibile,
perciò Fenrir si mosse per bloccarlo sul nascere quando
Sköll, presa la parola,
disse: "Senti, zio... papà non ci ha presentati, vista la
sua solita
ritrosia all’uso delle forme di cortesia più
elementari, ma noi siamo i tuoi
nipoti."
Jor si volse quindi verso
Sköll e, immediatamente, i
suoi occhi tornarono quelli di un uomo, riportando in quello sguardo la
sanità
mentale che, per un momento, aveva vacillato.
Scrutando il giovane dallo sguardo
leggermente
spavaldo e i capelli color ruggine, il dio-serpente allora si
avvicinò, sollevò
una mano del color della giada più pura1
per carezzargli il viso e,
annuendo, disse: "Sììì, sento il
sangue di mio fratello, in te. Dunque,
sei tu il più giovane dei figli di Fenrir e Avya."
"Beh... di due minuti"
brontolò Sköll,
scrutando male Hati, che sorrise affabile in risposta.
"Tu cosa ne pensi, nipote mio?
Dovrei punire
costui per la mia prigionia, o dovrei dirigere altrove la mia
vendetta?"
domandò allora il dio-serpente, lanciando un'occhiata
raggelante a Odino che,
ancora una volta, ebbe la decenza di tacere.
"Ah, beh, io non sono un campione
di diplomazia,
zio. Quello calmo è Hati però, secondo me, avere
un dio come Odino che ti è
debitore di un favore, potrebbe essere divertente, non ti pare?"
buttò lì
Sköll, guadagnandosi un'occhiataccia dal dio orbo.
Sollevando entrambe le sopracciglia
con espressione
interessata, Jörmungandr si trasfigurò in volto,
divenendo bellezza pura,
crudele e selvaggia, ammaliatrice e suadente come un serpente che danza
ingannatore prima di attaccare.
"Mio caro nipote, tu sì
che hai trasfigurato la
mia intera giornata!" esclamò Jor, lanciando poi un'occhiata
a Fenrir.
"Tuo figlio è davvero astuto."
"Ne sono moderatamente fiero"
assentì Fenrir
con un ghigno.
"E sia! Vi condurrò
attraverso i fiumi di
ghiaccio sino alla Sorgente di Vita, dove Yggdrasil accoglie i
ghiacciai di Jötunheimr
e la lava dei vulcani di Muspellheimr. Lì, parlerete con le
Norne..."
asserì Jor prima di sorridere mellifluo a Mattias,
aggiungendo furbo: "...
o a due di loro, per lo meno, poiché la terza già
cammina tra noi. Scusa se ho
impiegato tanto a scorgerti, Rygr
Urd, ma sai mimetizzarti bene."
"Si cerca di sorprendere sempre,
mio vecchio amico" mormorò Urd, attraverso la bocca di
Mattias.
Jörmungandr allora sorrise
brevemente,
si lasciò avvolgere dalle acque placide dello strano mare
dove si trovava da
un'eternità e Fenrir, nell'accostarsi a Odino,
domandò: "Perché non è
giunto in Helheimr con gli altri dèi, quando avete perso
corporeità?"
"Per lo stesso motivo per cui mi
costrinsi a confinarlo qui all'inizio dei tempi. Sarebbe diventato
maestoso, fin troppo, per qualsiasi
mondo, anche
quello dei morti. Queste acque sono speciali, perché gli
hanno permesso di
vivere a prescindere del tempo passato e della mancanza di fede degli
umani" gli spiegò ombroso Odino, osservando la stupefacente
mutazione del
giovane Jor.
"Ma è rimasto solo"
sottolineò
Fenrir.
"Sì. Soltanto ora mi
rendo conto di
cosa possa aver significato per lui, sopravvivere a te, a sua madre, ai
suoi
nipoti... a tutti coloro che avrebbero potuto costituire la sua
famiglia"
sospirò Odino, scuotendo il capo. “Sono
stati commessi fin troppi errori,
all’epoca, ma posso risolvere solo quelli di oggi, non quelli
di ieri.”
L'enorme testa del bianco rettile
che
ora era divenuto Jörmungandr si volse a mezzo e, rivolgendo
uno sguardo
imperscrutabile a Occhiosolo, replicò: "Il tempo della
contrizione non è
questo, Dio Orbo. Ora, dobbiamo fermare i folli che desiderano aprire
le porte
di Ragnarök quando ancora non è il momento.
Poiché tu e mio fratello vi siete
riappacificati, i tempi sono ben lungi dall’essere maturi,
per cui…"
Mattias si schiarì la
voce e, lasciando
parlare Urd, disse: “Ti prego,
Jörmungandr… sarebbero cose da tenere per noi.”
Il serpente sgranò
leggermente gli
occhi, si esibì in una risatina e replicò:
“Dimentico la cortesia, Rygr.
Ma è così raro parlare con
qualcuno che non siate voi Norne!”
“Lo comprendo, lo
comprendo…” ammise Urd
tramite la bocca di Mattias.
Ciò detto,
indicò a Fenrir di salire
così, uno dopo l’altro, i membri di quella
stranamente assortita combriccolare
montò a cavallo del gigantesco rettile, che poteva contare
un’ampiezza di non
meno di dieci metri e una lunghezza indefinita.
Il serpente di Midghardr,
nell'iniziare
il suo viaggio verso le vette traslucide che si potevano scorgere in
lontananza, disse con tono leggermente sibilante: "Un suggerimento per
le
personalità non divine. Non
arrischiatevi a toccare il ghiaccio
su cui io scivolerò, poiché esso è
più freddo di qualsiasi cosa abbiate mai
provato, e potrebbe uccidervi al solo sfiorarlo."
Ilya si affrettò a
sedersi sul dorso
color perla, gli occhi vitrei per il terrore e Jor, con maggiore tatto,
aggiunge: "Non avete di che temere, se rimarrete seduti sul mio dorso.
Le
mie squame vi tratterranno egregiamente, nonostante la mia andatura
ondulatoria."
Snorri, in ogni caso, si sedette
accanto
alla sua regina per darle coraggio e Sthiggar, nell'aiutare Ragnhild e
Mattias
a fare lo stesso, si accomodò accanto a loro, mentre il
resto del gruppo decise
dove sistemarsi per affrontare quello strano viaggio.
"Come stai, Mattias? Nessun
timore?" domandò Sthigg, sorridendo al ragazzino.
"Oh, no! E' tutto molto
eccitante" esclamò lui, lanciando poi un'occhiata a
Ragnhild, che invece
stava fissando l'orizzonte con occhi tristi ma decisi.
Presa tra le sue una mano della
sorella,
quindi le domandò: "Sei pronta?"
Lei sobbalzò a quella
domanda,
lanciandogli uno sguardo ricolmo di domande e sì, di una
paura così primordiale
da spingere il fratellino ad accentuare la stretta sulle sue dita
fredde e
tremanti.
"Non lo so" mormorò
infine
lei, abbracciandolo stretto e tentando di trattenere, al tempo stesso,
le
lacrime che le stavano ferendo gli occhi.
"Sono sicuro che riuscirai"
replicò lui con una strana solennità nella voce.
Sthiggar si alzò per
lasciarli soli,
comprendendo quanto i due fratelli avessero bisogno di parlare e, nel
dirigersi
verso Thrym e Flyka, si accomodò loro accanto per chiedere
notizie in merito
alle ferite del compagno.
"Tutto okay? La tua ferita come
sta, Thrym? Si è più riaperta?" chiese infine
Sthigg.
L'uomo si tastò la
spalla dolorante - e
che Sthiggar aveva curato con la Fiamma Viva - e, nello scuotere il
capo,
replicò: "La tua cauterizzazione ha retto e, anche se fa un
male
dell'inferno, sto bene."
"Flyka?" domandò allora
Sthiggar.
"Nessun problema. Ma sono un po'
preoccupata per la tua amica. Non credo reggerà il colpo,
una volta che te ne
sarai andato" mormorò la muspell, lanciando un'occhiata
turbata
all'indirizzo di Ragnhild.
Ragnhild sembrava impegnata in una
profonda conversazione con il fratello e Mattias, sempre tenendole le
mani,
stava annuendo al suo dire con fare molto serio. Pareva quasi di vedere
un
padre confortare la figlia, e non una sorella maggiore alle prese col
fratellino.
Sthiggar allora sorrise tranquillo
e
replicò: "Tornerò da lei. Farò come
Gunther e lascerò che la mia aura si
spenga, così potrò stare al suo fianco."
"E lei lo sa? Te lo
permetterà?" ribatté scettica Flyka.
Sthiggar non disse nulla in merito
e Thrym,
nel dargli una pacca sul braccio, ghignò ironico e disse:
"Stai attento a
quel che fai, ragazzo, perché le donne non
apprezzano sempre i
nostri sacrifici. Ti converrà parlargliene seriamente, o
potresti trovarti in
guai più grossi di questo."
"Ne dubito" esalò
scettico
Sthiggar.
"Vuoi davvero metterti contro una
donna delusa dalle scelte dell'uomo che ama? Auguri"
ironizzò allora Thrym.
Sthigg si accigliò, a
quelle parole e,
nell'accomiatarsi, raggiunse Hildur, che si trovava nel punto
più lontano di
tutti, in direzione della coda del serpente, e con lo sguardo rivolto
alla
spiaggia che avevano lasciato.
Lui le sfiorò una spalla
per rendere
nota la sua presenza, dopodiché le sorrise a mezzo e
domandò: "Temi
possano attaccarci?"
"Ricordi i resti delle carcasse che
si trovavano sulla spiaggia? Erano di qualcosa.
E, visto che noi
ci troviamo sul dorso di Jörmungandr, lui non sarebbe in grado
di proteggerci,
in caso di attacco. Stando così le cose, mi tengo pronta
qualora un qualsiasi
mostro marino decidesse di venire a banchettare con noi"
sottolineò lei,
scrutando il mare placido con occhio attento.
Sthiggar assentì grave,
non avendo per
nulla tenuto in conto quel particolare. Ancora una volta, la
preoccupazione per
Ragnhild aveva avuto la meglio su di lui e, con un sospiro, fu
costretto ad
ammettere: "Ho il sentore di non essere di molto aiuto, ora come ora.
Sono
piuttosto... distratto."
"Oh, l'ho notato!"
chiosò
Hildur con un sorriso indulgente. "Mi stupisce ancora che tu possa
esserti
innamorato con così tanta facilità ma, a quanto
pare, quella ragazza riesce a
far risuonare le corde giuste dentro di te."
"Non so se si possa parlare
d'amore, cugina, ma..." mormorò lui, grattandosi
nervosamente la nuca.
"... vedi, ci conosciamo da poco e, in tutta onestà, non so
se il tempo
passato qui sia bastato a ..."
Hildur lo interruppe con una
carezza sul torace e,
sorridendogli, replicò: "Non si tratta mai di quanto,
ma di come. E il
tempo che tu hai passato su Midghardr devi averlo speso bene,
perché quello che
ho visto nei tuoi occhi quando ho minacciato la tua Ragnhild, mi ha
detto molte
cose."
Lui la fissò spaventato,
forse realmente terrorizzato
per la prima volta in vita sua e Hildur, nell'abbracciarlo con
gentilezza,
aggiunse: "Lo so, fa una paura del diavolo ritrovarsi a camminare su
questa
sottile lastra di ghiaccio in particolare, perché potrebbe
spezzarsi da un
momento all'altro senza lasciarti possibilità di scampo."
"Farà male, quando...
quando ci divideremo"
mormorò lui.
La sua non fu una domanda, ma
un'affermazione, sintomo
di un dolore che il giovane muspell già stava provando e la
cugina, nel dargli
un colpetto sulla spalla, asserì: "Vedi? E' il come, non il
quanto."
Preso un gran respiro, Sthiggar si
raddrizzò fiero,
scrutò l'orizzonte e la spiaggia che velocemente stava
scomparendo alla loro
vista e, lapidario, dichiarò: "Salverò il re e,
in premio, chiederò che mi
chiuda i centri del potere."
"Piuttosto ti ucciderà,
ma puoi sempre
tentare" ironizzò tristemente Hildur, vedendolo accigliarsi
di fronte a
una tale risposta.
"Perché mai dovrebbe
farlo?!" esalò
Sthiggar, sconcertato.
"Perché sei una Fiamma
Viva, Sthigg. Non
puoi bloccare i centri di potere come un qualsiasi
muspell. Tu sei fuoco,
non lo sprigioni soltanto" sottolineò spiacente lei,
addolorata dalla
reazione che, quelle parole, sprigionarono nel cugino.
Il suo volto andò
metaforicamente in frantumi e le
gambe tremarono sotto il peso terribile di quella condanna, portandolo
a
piegarsi in avanti per poggiare le mani sulle cosce e sorreggersi alla
bell'e
meglio.
"Dunque, non c'è... non
c'è speranza, per
me" mormorò roco il giovane.
"Un modo lo troveremo, figliolo."
A sorpresa, le mani di Snorri si
posarono sulle spalle
incurvate del figlio e Sthigg, raddrizzandosi di colpo,
esalò: "Padre!"
Sorridendogli orgoglioso, Snorri
gli carezzò il viso
punteggiato di barba e, nei suoi occhi, corsero i ricordi del figlio
appena
nato, della sua adolescenza tormentata e infine della sua
maturità più
consapevole.
Amava il figlio in un modo
così totalitario e pieno da
non aver mai avuto cuore di punirlo o rabberciarlo, anche quando tutto
aveva
congiurato perché lui lo facesse. Si era sempre trincerato
dietro al suo amore
per Sthiggar e alla consapevolezza che, tutte quelle dimostrazioni di
disagio,
venissero dalla morte di Seryaffhin.
La moglie li aveva abbandonati
troppo presto,
consumata da un dolore sordo e senza fine che, poco alla volta, aveva
prosciugato
la sua aura fino a spegnerla del tutto.
I dottori non erano stati in grado
di comprendere perché
la consunzione si fosse palesata in lei, ma Snorri aveva sempre avuto
il
sentore che, la sua eccessiva mansuetudine, l'avesse portata a pentirsi
di
averlo sposato.
La consapevolezza di aver fallito
come marito si era
aggravata quando, nel corso degli anni, il comportamento di Sthiggar
era andato
peggiorando, palesando così anche la sua incompetenza di
padre.
Il suo caro figliolo,
però, non era mai venuto meno al
legame che da sempre li aveva visti uniti e, pur nella sua
inadeguatezza, non
aveva mai smesso di amare Sthiggar né il figlio di amare lui.
Vederlo perciò
così distrutto, così privo di difese
nonostante la sua possanza e il suo potere, lo aveva fatto muovere
istintivamente e, dopo aver chiesto congedo alla regina, si era
avvicinato al
figlio per dargli quantomeno conforto morale.
"A questo punto, non so quale altra
possibilità
vi sia, per noi due, se Hildur ha ragione" mormorò il
giovane muspell
reclinando sconfortato il capo.
"Se servirà,
chiederò alle Norne di accettare la
mia vita in dono, per permettere a Ragnhild di stare al tuo fianco"
disse
con disarmante sincerità Snorri, sorridendogli tranquillo.
Sthiggar, però, non
prese per niente bene
quell'offerta giunta con fin troppa serenità e, incupendosi
per diretta
conseguenza - mentre Hildur soffocava un'imprecazione per la sorpresa -
replicò
caustico: "Cosa ti fa pensare, padre, che accetterei mai una
simile offerta? O che la stessa Ragnhild la accetterebbe?"
"Figliolo, io ho vissuto millenni
interi e, per
mio figlio, posso benissimo offrirmi per un simile scambio. Te lo
meriti e, se
è l'unica azione valida che posso fare per te, ben
volentieri la farò"
ribatté sereno Snorri.
Il volto di Sthiggar si fece ancor
più cupo, quasi un
temporale si fosse addensato attorno a lui e, nell'afferrare le spalle
del
padre con una presa ferrea che lo squassò,
ringhiò furioso: "Non ho mai
voluto che tu morissi ma, se sei tanto ansioso di
riunirti a tua
moglie nel regno dei morti, così sia. Io non ti
fermerò. Ma non usare Ragnhild
o me come scusa per mollare."
Ciò detto, si
allontanò piccato e pieno di un furore
quasi incontenibile, lasciando uno sconcertato Snorri in compagnia di
Hildur
che, dopo aver dato una carezza sulla spalla allo zio,
chiosò: "Non dovevi
dirlo, zio. Proprio no."
"Ma potrebbe essere l'unica
possibilità, per loro
due, di stare insieme!" replicò addolorato Snorri, fissando
la donna in
cerca di aiuto. "Non sono forte come lui, né saprei mai
brandire un'arma
per proteggerlo, perciò l'unica cosa che posso offrirgli
è la mia vita."
"O il tuo amore" replicò
Hildur.
"Sthiggar ti ama, zio, e da te ha sempre e solo voluto amore, non
compassione o indulgenza. Tu hai sempre compatito il povero bambino
senza la
sua mamma, senza però renderti conto che c'era altro da
fare, oltre a
consolarlo e far finta che lui non avesse difetti."
"Non avevo cuore di punirlo...
anche se sapevo
bene che avrei dovuto, in alcuni casi" sospirò l'uomo,
lanciando uno
sguardo in direzione del figlio che, in quel momento, era appollaiato
sul capo
gigantesco di Jörmungandr, apparentemente intento a parlare
con il
dio-serpente.
"Per questo re Surtr si
è sempre sostituito a te,
in questo compito" sorrise appena Hildur. "Ma Sthigg voleva le
tue punizioni, i tuoi rimbrotti,
perché solo il tuo
sguardo contrito e i tuoi abbracci pieni di compassione non gli
bastavano.
Offrire te stesso, ora, è stato quasi uno schiaffo, per lui,
perché
perderti a causa sua sarebbe
l'ennesimo scorno del destino,
non un dono per il suo futuro."
Snorri reclinò colpevole
il capo, annuendo e Hildur,
nell'accentuare il proprio sorriso, aggiunse: "Lascialo sbollire,
dopodiché affrontalo nuovamente, ma non con sacrifici
estremi come ultima
risorsa. Nessuno ti vuole morto, zio, men che meno lui."
N.d.A.: conosciamo finalmente Jor, l'ultimo dei fratelli di Fenrir e anche il più misterioso. Ovviamente, essendo stato isolato per millenni in una zona spazio-temporale a sè stante, dimostra di avere un certo caratterino... ma credo sia normale. Vi pare? Ben presto, scopriremo cosa potrà fare Urd - e forse anche lo stesso Mattias - per perorare la causa dei nostri eroi ma, soprattutto, faremo finalmente la conoscenza con le altre due Norne. E non solo con loro.
1 ‘…una
mano del colore della giada più pura’: Parlo
della giada bianca, la più rara e preziosa.