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Autore: Faith_03    19/08/2022    0 recensioni
[Attaco dei giganti]
Celine è una giovane soldatessa della Guarnigione piena di speranze e aspettative nell'aiutare soprattutto le persone di Trost.
Levi è il soldato più forte dell'umanità con un passato alle spalle da dimenticare ma porta tutti i giorni i segni sulla pelle e anche nel carattere.
Due soldati di due legioni diverse si incontrano varie volte e dopo un incidente sulle mura riescono a stare molto a contatto e finiscono per conoscersi e anche a parlare.
Così si intrecciano le loro vite diverse e nel soldato più forte dell'umanità scatta un sentimento nuovo e mai provato fin'ora: l'amore.
Riusciranno i due soldati a stare insieme mentre fuori dalle mura il pericolo è sempre pronto a cercare di far male all'umanità?
Genere: Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Strano ma vero qual giorno Celine era sulle mura e, fatto ancor più atipico, lassù era completamente da sola. 

Sentì di nuovo l’aria fresca che le scompigliava i capelli, le accarezzava il viso e le faceva muovere la mantella della sua legione. 

Trovarsi in quel posto non era nemmeno da considerare raro per lei eppure ebbe quasi paura, si guardò intorno chiamano a gran voce: 

  - EHI.... C’È QUALCUNO... MI SENTITE?... EHI... - tanto era preoccupata che non si accorse che stava usando entrambe le mani e le braccia – QUALCUNO MI RISPONDA!!! -

Il silenzio assoluto stava iniziando a terrorizzarla per davvero, non sapeva che fare, e nemmeno si ricordava com’era salita. 

Ebbe un flash e si avvicinò al perimetro e, per la prima volta nella storia, guardò in basso. Vide Trost anche se non sembrava distante 50 m, anzi, le sembrava vicinissima, le bastava un salto per tornare in città. 

  “Era così semplice guardare in basso? No... È tutto sbagliato... Non è possibile...” 

Si allontanò da quel punto e si mise le mani tra i capelli. 

  - Cosa sta succedendo?! Dove sono? - 

  - Non avere paura... - 

Dal nulla sentì una voce familiare, una che avrebbe riconosciuto tra mille. 

Si voltò in modo lento, infatti era totalmente incredula per la sorpresa, quella voce apparteneva a qualcuno molto caro a lei, e questa persona era proprio dietro di lei: 

  - Tyron? - si voltò anche con il corpo – Tyron... - 

Il suo primo fratello, quello che si era preso cura più di lei da bambina, e quello disperso da giorni era lì. 

Era sulle mura con lei, dalla parte in cui di solito i soldati uscivano in esplorazione, come quando erano andati a cercare lui, ed ora era lì... E le dava le spalle. 

  - Fratello mio... Sei qui... - 

Con mani tremanti si mosse a raggiungerlo. 

Era come se lo ricordava l’ultima volta che era tornata a casa, alto, magro, dai capelli ondulati, castani come i suoi lunghi e fino alle spalle. 

Anche se era di spalle lo riconobbe all’istante, non solo era fisicamente lui, ma aveva un segno sulla mano destra che solo lei e la sua famiglia potevano riconoscere: una cicatrice sulla mano sinistra, si era fatto male una volta “giocando” con il coltello del padre e gli era rimasta una cicatrice sul polso... Celine la vedeva bene. 

Non poteva che essere che lui. 

Voleva rivederlo in faccia e scoprire se aveva ancora quei bellissimi occhi cerulei e quel sorriso pieno di orgoglio per lei, nonostante l’ustione al braccio... 

  "Il braccio!" 

Celine si ricordò della sua ferita e si distrasse un attimo ad osservare l’arto, in quel momento ed era guarito, si abbassò le maniche e non c’era più traccia dell’ustione fatta da quel dannatissimo gigante. 

Nemmeno una cicatrice, niente. 

Il braccio era immacolato. 

  - Che sta succedendo? - 

  - È bellissimo quassù... - riprese a parlare il fratello con la sua voce da uomo vicino ai quarantacinque anni – Si vede tutto... Sei la più alta di tutti noi qui... Non è vero Cecy? -  

Ed ecco il suo nomignolo che, nonostante gli anni, era il modo con cui l’uomo ancora la chiamava e scriveva nelle lettere, Celine si emozionò talmente tanto che si mise una mano sul cuore e l’altra sulla bocca per poi iniziare a piangere, lui però continuò a darle le spalle. 

  - Tyron... Sei qui... Sei finalmente qui... Dove sei stato...? - 

  - Dove sono, magari. -  

Il suo tono era quasi triste e angosciato anche se la stava correggendo, cosa che lei non si accorse subito, infatti lo guardò sbigottita: 

  - Che... Cosa intendi dire? - 

  - Non lo so dove sono... So solo che è buio... Ho caldo... E ho paura... - 

Il soldato non capiva cosa stesse dicendo: 

  - Di cosa stai parlando Tyron?! Sei qui... Tu sei qui... Sei con me... - stava andando nel panico – Dammi la mano... Dammi la mano Tyron... Ti riporto a casa. - 

  - Non posso... - 

Celine aveva allungato la mano verso di lui, la distanza tra loro era notevole dato che si trovavano ai due estremi opposti delle mura. 

  - Come non puoi? Tyron, guardami... Che significa che non puoi? Sei qui davanti a me... Ti stanno aspettando tutti a casa... -

  - Non posso tornare... Non così... - 

  - Che stai dicendo? - 

Il ragazzo fece un passo in avanti e cadde giù dalle mura così, senza dire più una parola.  

Al contrario però Celine gridò mentre avanzava verso la parte in cui era sparito il fratello: 

  - NO!!! - 

Appena arrivò anche lei a vedere di sotto anche da quella parte, non vide i verdi prati ma una marea di esseri che potevano solo essere loro: i giganti. 

La ragazza si svegliò di colpo urlando il nome del fratello e respirò in modo veloce. Si ritrovò in un ambiente quasi buio, se non fosse stata per la candela accanto a lei si sarebbe sentita nella confusione totale. 

Si accorse di essere sdraiata e appena mosse entrambe le braccia per issarsi di nuovo sentì il dolore al braccio sinistro e la fece di nuovo gridare per il dolore, si accucciò dalla parte destra soffrendo per l’arto. 

In tutto questo lasso di tempo arrivò in soccorso Doreen: 

  - Celine... Celine calmati... Apri gli occhi... Svegliati! - 

Il problema era che la ragazza era sveglia, si stava solo tenendo il braccio offeso e dato che l’aveva mosso le faceva malissimo. 

Sentì la mano dell’amica accarezzarle il viso e solo allora la giovane aprì gli occhi e alzò lo sguardo verso la ragazza: 

  - Doreen? - 

  - Ehi, hai fatto un brutto sogno? - 

  “Un sogno?” 

Un po’ si spiegava tutto, non era sulla mura, non aveva il braccio guarito e, soprattutto, suo fratello non era davanti a lei, come lo era l’amica e compagna di stanza. 

Subito le venne da piangere e rintanò il suo viso nel cuscino, le attenzioni dell’amica continuarono: 

  - Calma Celine, shh... Era solo un incubo... Sta tranquilla... Ti fa male il braccio? - 

Ormai Celine non sapeva per cosa stesse soffrendo di più. 

Le sembrava tutto vero, persino la pietra delle mura che aveva toccato. 

Se era stato un sogno era stato fin troppo reale. 

Lo aveva visto, gli aveva parlato, ma non si era fatto vedere in faccia. 

  “Fratello mio... Perché?” 

Grazie all’amica riuscì a calmarsi e a riprendersi un po’, non si era accorta che aveva anche svegliato le altre, alcune di loro poi si erano anche innervosite per quel brusco risveglio, mentre una fece un commento totalmente fuori luogo: 

  - Sempre Tyron nomini... Tyron... Tyron... Tyron... Prima o poi ce lo farai conoscere? - 

Quella frase fece bloccare per pochi secondi sul posto la ragazza, poi Doreen le mise le mani sulle spalle e la portò in bagno rivolgendosi all’altra: 

  - Martha, rimettiti a dormire, non sei d’aiuto. 

Certe volte alcune sono davvero inopportune – disse Doreen cercando di tranquillizzarla e di aiutarla a prepararsi anche se era decisamente presto per farlo – Cerca di calmarti e poi sciacquati il viso. - 

Celine si guardò allo specchio, era stata meglio altre volte, ripensò al sogno fatto, perché proprio quel giorno? 

Ricordò le sue parole per tutto il tempo in cui stette in bagno: 

  "Non lo so dove sono... So solo che è buio... Ho caldo... E ho paura...” 

Più ci pensava e più le veniva da piangere e poi come se ebbe un’illuminazione forse capì: era in pericolo. 

Forse l’ansia del sogno avuto non la faceva ragionare in modo lucido, e la cosa peggiore era che non poteva fare davvero niente. 

Non poteva uscire a cercarlo da sola perché non faceva parte del corpo di ricerca e anche perché non era abbastanza brava a combattere quei mangiatori di uomini nel caso si fossero presentati. 

E poi anche a chiedere aiuto a chi di dovere si erano persi alcuni di loro. 

Troppe colpe aveva e si sentiva nel cuore. 

  - Come fanno quei ragazzi a reggere tutto questo? - 

  - Eh? Hai detto qualcosa? - 

La ragazza col braccio offeso stava parlando tra sé e sé, non si ricordava nemmeno che in bagno c’era la sua compagna di stanza, si riprese e la guardò dallo specchio: 

  - No, no Doreen... Scusa. Stavo pensando a voce alta. E anzi, grazie per prima... E per avermi calmato. -

  - Le ragazze hanno detto che chiami questo Tyron da poco, è una persona che hai conosciuto qui? - 

  “Magari...” 

  - No... È mio fratello. - 

La compagna si bloccò con degli asciugamani in mano alla rivelazione: 

  - Oh... Gli è successo qualcosa? - 

  - Vorrei tanto saperlo pure io... - 

La ragazza capì che la faccenda era delicata e si riavvicinò: 

  - Ehi... Spero non sia niente di grave... - 

Gli occhi di Celine le si riempirono di nuovo di lacrime e abbassò la testa verso il lavandino: 

  - Non lo so... È sparito... - 

  - In che senso è sparito? - 

Ora anche l’altra si stava veramente preoccupando per la compagna che aveva conosciuto alla salita delle mura, e nemmeno la conosceva così tanto da poter sapere cose così personali, anche se, essendo soldati, il loro compito principale era di mantenere la calma nel popolo, se poi c’erano anche questi incidenti dovevano provvedere subito. 

  - Noi... Cioè la mia famiglia... Ha il permesso di uscire dalle mura per... Tyron l’ha fatto e non è tornato più... Sono passati molti giorni ormai... -

  - Hai chiesto aiuto ai ragazzi della Legione Esplorativa? Stai con loro in questi giorni. - 

  - L’ho già fatto... Ma non è così semplice per loro... Uscire. 

Hanno bisogno di un permesso anche loro... Quando due giorni fa l’hanno fatto... Non l’hanno trovato... Si sono persi anche alcuni di loro... Che cosa terribile... -

Alle sue parole Doreen era più spaventata di lei e poteva solo immaginare in parte il dolore e la colpa che stava sentendo la ragazza, consolarla forse poteva essere difficile, ci provò: 

  - Celine, lo sai che forse anche loro sanno a cosa vanno incontro... Non darti colpe. - 

  - Non... Non ci riesco... - 

Sentì una mano sulla spalla sana e ancora la voce della compagna: 

  - Forse era meglio se tornavi a casa. - 

Celine fece no con la testa: 

  - Sarebbe stato peggio... Vedere la mia famiglia soffrire per giorni, ore, minuti... Non ce l’avrei fatta. - 

  - Hai ragione anche tu... Spera invece che vada tutto bene... Tutto può succedere e tutto può essere accaduto... Prega per il suo ritrovamento e che possa tornare a casa. - 

  - Ogni giorno e ogni notte lo faccio per lui. - 

Celine vide la sua compagna di stanza annuire dallo specchio e poi la fece sedere per aiutarla a preparare per un’altra giornata nella Legione Esplorativa. 

Quando l’accompagnò alla porta si trovarono una sorpresa, non c’era il solito soldato di quell’esercito, ma uno che Celine aveva conosciuto nei giorni scorsi: 

  - Armin?! - 

  - Buongiorno Celine, e anche a lei, soldato. - 

Le due donne rimasero sorprese da quel ragazzino biondo e dagli occhi chiari come il cielo che faceva parte dell’esercito più pericoloso di Trost, eppure sembrava un bambino puro ed innocente. 

Doreen dopo la sorpresa s’intenerì a vederlo: 

  - Buongiorno anche a te... - si voltò verso Celine – Hai detto che si chiama Armin? Ma che gentile che sei. - 

  - Cosa ci fai qui? -

Chiese invece il soldato in borghese, la risposta non si fece attendere: 

  - Ti volevo avvisare che la signorina Hanji ha avuto il permesso di uscire dalle mura, quindi oggi non ci sarà. - 

La ragazza capì allora che si era preparata per niente e aveva un giorno libero, a meno che non poteva sistemare le cose in laboratorio da sola. 

  - Non serve che vengo? - 

  - Oh no, no, no, ecco... Puoi venire se ti va... Stai con noi. La caposquadra ci ha dato un giorno libero... Se ti va puoi stare in nostra compagnia oggi. - 

  - Siete sicuri che mi volete? Nonostante quello che ho causato? -

  - Sì Celine... Non è stata colpa tua. - 

  - Vedi? - intervenne l’altra ragazza – Anche lui te lo dice. - 

  - Inoltre il Comandante Erwin ieri ti voleva parlare, ma non ti sei presentata. -

  - Ieri? Ieri Hanji ha detto che Erwin l’aveva messa in punizione e doveva stare sulle scartoffie. - 

  - Ah... Questo non lo sapevo. - 

Celine invece non capiva più nulla, il giorno prima era in punizione e ora poteva uscire? 

Che strana anche che era il loro caposquadra, una donna molto particolare, poi Armin riprese a parlare: 

  - Comunque ti accompagno io oggi. Lei si è portata dietro altri ragazzi per sicurezza. -

  “Solo la sua?” 

D'un tratto le ritornarono in mente le parole di Levi su quel criminale che da solo aveva ucciso ben cento gendarmi... E si era anche raccomandato di stare attenta per le strade, e come poteva stare al sicuro se a proteggerla c’era un ragazzino più piccolo di lei? 

E soprattutto come dirglielo senza offenderlo? 

  - Ehm... - si sentì un po’ in imbarazzo – Armin, non penso sia una buona idea... - 

 - E perché? - 

I suoi occhi azzurri continuarono a fissarla in modo speranzoso. 

  “Ecco, e adesso?” 

  - Non vorrei che ci succedesse qualcosa... - 

Si sentiva anche lei ridicola a dire quelle parole, eppure in quel periodo non l’era mai successo nulla, anche quando girava in città da sola nel suo giorno libero, soprattutto quando era senza il braccio in quelle condizioni. 

Il ragazzo biondo allora ammise: 

  - Non sono da solo. - 

Infatti a poca distanza da loro si trovavano Sasha e Jean che li aspettavano. 

  - Ma che bei ragazzi premurosi... – s'intromise sempre Doreen – Celine, stai sempre con loro e non ci racconti nulla? - 

Ovviamente scherzava, era per spingerla ad andare e allora la ragazza col braccio offeso si convinse. 

Una volta insieme notò quanto stavano tranquilli nonostante l’insuccesso di ieri, oppure era solo una facciata? 

Sasha parlò più degli altri due ragazzi mentre percorrevano la strada che li separava dalla loro base principale: 

  - Non ero mai venuta da queste parti... È bello qui... Tranquillo... Mi piace. -

  - Meno male che oggi siamo in pausa pure noi. Almeno ci rilassiamo. - 

Si espresse Jean; Celine notò solo allora che, anche se avevano addosso il mantello con il loro stemma, erano in abiti civili come lei, lei e Sasha indossavano un vestito intero mentre i due ragazzi avevano addosso un maglioncino e pantalone mentre l’altro gilet, camicia e pantaloni. 

Se qualcuno li avesse visti girare insieme non sarebbe mai arrivato a pensare che erano quattro soldati di due eserciti diversi, e che quella più grande era quella col braccio fasciato. 

Più li guardava e più ammirava il loro coraggio nell’essere in quell’esercito e ad affrontare così i mangiatori di uomini, dovevano essere veramente speciali se facevano parte della squadra di Levi. 

Chissà cosa pensava lui della sua squadra, non lo aveva mai visto in azione e sperava di non vederli mai. 

Mentre pensava Sasha si rivolse a lei: 

  - Celine, mi senti? - 

Si riprese e la guardò: 

  - Come scusa? - 

  - Ti ho chiesto se stai bene, non hai una bella cera. - 

  - Stare con la caposquadra Hanji ogni giorno è dura, – s'intromise Jean – e noi ne sappiamo sempre qualcosa. - 

  - Jean... È la nostra responsabile, è il suo compito allenarci. - 

S'intromise Armin e poi, mentre continuava a camminare, continuò a guardare con la coda dell’occhio la ragazza della Guarnigione che, per il momento, non se n’era accorta. 

  - Certo Armin, certo... Intendevo solo dire che per una che viene da fuori come lei può essere difficile da stare dietro ad una che si esalta per i giganti... A proposito, alla nostra comandante piacciono i giganti che noi dobbiamo uccidere. 

Non ti spaventare se inizia a parlarne con te. - 

Questa cosa Celine già la sapeva, era un’informazione che Hanji le aveva confessato la prima volta che era entrata nel suo laboratorio: 

  - Lo so già ragazzi, tranquilli. Ieri anche mi è capitato di assistere alla sua reazione quando ha detto che uno di loro aveva abbracciato qualcuno. - 

  - Non me lo ricordare... - intervenne Sasha – Senza gas, senza lame ho affrontato un gigante di piccole dimensioni, ma lo stesso era un gigante... Ho salvato una bambina, quello mi ha stretto a sé per iniziare a mangiarmi e la caposquadra voleva solo sapere la temperatura del suo corpo. - 

A quelle parole la ragazza in borghese ricordò come l’aveva chiamata Zoe: 

  - Aspetta... Tu sei Braus? - 

  - In persona. Sasha Braus. - 

  - In effetti, quella volta, Hanji ci ha presentato solo con il nome, non il cognome. - si ricordò Armin fermando il gruppo – Quindi è meglio rimediare. Ciao, io sono Armin Arlert. - 

Le porse la mano destra così lei potesse stringergliela, almeno non le aveva chiesto di rimorchiarla. 

  - Se ci tieni, Armin. - anche l’altro porse la mano – Jean Kirschstein, piacere. - 

Celine strinse anche la sua e stessa cosa fece Sasha, con un’aggiunta particolare: 

  - Conosci qualche posto carino dove possiamo mangiare? - 

La domanda stavolta fece sorridere il soldato in borghese, mentre i due ragazzi erano imbarazzati per la compagna. 

  - Credo di sì anche se non mi sono mai fermata, anche quando avevo il giorno libero. - 

  - Possiamo fermarci adesso? - 

  - Sasha, non mi dire che hai ancora fame? - 

  - Io ho sempre fame, Jean. - 

Rispose la ragazza in modo serio. 

  - Ma se abbiamo fatto colazione prima di uscire. -

S'intromise pure Armin più imbarazzato di tutti. 

Per evitare che iniziassero a battibeccare più forte Celine decise di portarli a stuzzicare qualcosa, anche se un posto in effetti c’era in cui voleva portarli, purtoppo era distante e avrebbero allungato molto il percorso. 

Appena sbucarono in una piazzetta il morale si riaccese da sé: 

  - Uh, il mercato! - sempre la ragazza con la coda alta indicò le bancarelle con molte persone che guardavano i prodotti nuovi da comprare. - Che ne dite se andiamo lì? Sento un buon profumo. -

E fu così che i quattro ragazzi si addentrarono tra le bancarelle del mercato come se fossero stati amici da sempre, la sensazione che ebbe la ragazza fu davvero positiva, non si aspettava proprio un risvolto così della giornata. 

L'incubo sul fratello sembrava acqua passata e non ci pensò finché vide tutte le merci esposte sia alimentari che non. 

Sembrava passata una vita che non faceva un giro con qualcuno al mercato che stava nelle sue zone, era anche più piccolo rispetto a quello in cui andava lei, anche se per la compagnia ne valeva la pena. 

Trovarono un buon punto anche per mangiare qualcosa di caldo come panini alla verdura appena sfornati, quando l’assaggiò la ragazza non solo li trovò gustosissimi, si complimentò con il cuoco perché aveva avuto un’ottima idea per cucinare qualcosa di diverso e nuovo. 

Era anche un’idea a cui mai ci aveva pensato, nemmeno con la nonna. 

Poi alla ragazza della Guarnigione venne un’idea e chiese: 

  - Quanti siete nella squadra di Levi? - 

I tre ragazzi prima si guardarono tra di loro e poi, forse capendo le sue intenzioni, le dissero la verità: 

  - Non lo sappiamo nemmeno noi, siamo sempre di più quando usciamo dalle mura, noi invece siamo... Beh ci siamo uniti dopo il giuramento e altri avvenimenti. - 

Se Armin aveva ragione la ragazza voleva acquistare di sicuro altri di quei panini per il loro gruppo, di sicuro non le sarebbero bastati di sicuro tutti i soldi accumulati in quegli anni di servizio, che non sapevano nemmeno lei quanti erano. 

In effetti la ragazza della Guarnigione voleva prenderli per i ragazzi della squadra di Levi che aveva conosciuto quel giorno, tra cui loro appunto, e dopo il discorso del ragazzo biondo intuì che davvero era impossibile comprarli per tutti loro, o non le sarebbero bastati i soldi oppure l’uomo sarebbe andato in fallimento. 

Quindi, che fare? 

  - Non vi offendete se ne prendo un paio per la signorina Hanji? - 

  - Ma certo, anzi, ne prendo anch’io un paio per Eren e Mikasa, gli piaceranno. -

Così dicendo il ragazzino biondo si avvicinò alla ragazza in borghese e tirò fuori in suo sacchetto di monete che utilizzava di solito per comprare libri da studiare, questa li usò per un’altra occasione. 

Gli altri due si aggiunsero: 

  - E va bene, ne prendo un paio anch’io per Christa e Connie. Di sicuro gradiranno. - 

Propose Jean, mentre l’altra ragazza: 

  - E io ne prendo quattro per me! - 

  - Sasha... - 

La ripresero i due compagni, poi lei si giustificò: 

  - Per il ritorno alla base. -

Una volta comprati decisero di dirigersi verso il loro quartier generale, avevano perso già anche fin troppo tempo e appena uscirono dalla zona del mercato sentirono una voce maschile che chiamò una di loro: 

  - Celine? - 

Il gruppo si bloccò, stessa cosa fece la ragazza che si chiamava così, tutti insieme si voltarono e l’uomo che videro i più giovani non lo conoscevano di certo, ma il soldato in borghese... 

  - Jacq? - 

A Celine si bloccò il cuore, l’altro continuò: 

  - Da quanto tempo... Che ci fai con i ragazzi della Legione Esplorativa? E che hai fatto al braccio? - 

Da che il tono era tranquillo, si fece preoccupato quando notò l’arto sinistro.  

Jean si avvicinò alla ragazza: 

  - Chi è lui? - 

  - È... Mio fratello... Il terzo. - 

Egli era un uomo alto 1.80, robusto con i capelli lisci e lunghi fino alle spalle, gli occhi erano castani chiaro, anche se, cosa rara, c’erano degli accenni di grigio, e aveva un po’ di barba sul viso. 

Tra i due fratelli minori lui somigliava molto al fratello maggiore, tranne per gli occhi, Tyron li aveva più chiari perché li aveva presi dal nonno dei ragazzi. 

  - Il terzo fratello? Quindi ne hai tre? - 

Dedusse il ragazzo biondo. 

Celine si staccò dal gruppo per avvicinarsi a Jacq. 

  - Ciao... L’ultima volta mamma e papà mi hanno detto che ti eri trasferito, non pensavo qui nelle vicinanze. - 

  - Insegno qui infatti... Ma non mi hai risposto alla domanda, che hai fatto al braccio? - 

La ragazza mai si sarebbe aspettata che proprio in quei giorni avrebbe incontrato qualcuno della sua famiglia, e ora come nascondere tutto questo? 

  - Ho... Ho avuto un incidente quando i giganti hanno invaso Trost, ma sono riuscita a salvarmi. - 

  - Non ti hanno fatto tornare a casa in tutto questo tempo? - 

Ovviamente erano passati molti giorni da quell’evento, ringraziando poi il fatto che la medicina era quella che era, forse era anche normale che la ragazza aveva ancora il braccio in queste condizioni. 

   - Sì, me l’hanno proposto. Ho chiesto io di restare, anche se non svolgo più le stesse mansioni, e poi è quasi guarito, riesco a muoverlo come prima.  

In questi giorni mi toglieranno pure la fascia. - 

Sperò con tutto il cuore che i tre ragazzi non intervennero per le cavolate che stava dicendo, stava sudando freddo dentro di lei mentre fuori cercava di rimanere impassibile e sicura. 

Il fratello la guardò con attenzione e poi spostò lo sguardo verso i ragazzi del corpo di ricerca: 

  - E questo tuo compito consiste nel stare dietro a loro tre? -  

  - No, sono ragazzi che ho conosciuto da quella volta... Comunque dobbiamo andare adesso, non dire a mamma e a papà che mi hai visto col braccio così... - 

  - Non lo sanno? -

  - Sai che si preoccuperebbero, e mi direbbero di tornare a casa... e poi ora che Tyron è sparito... -

  - Lo so... Hanno scritto anche a me... Non ho ancora parole. - 

  - Se posso permettermi... – intervenne Armin – Alcuni giorni fa i nostri compagni sono usciti a cercarlo, si sono recati nel villaggio in cui ci ha detto Celine e non hanno trovato nessuno, nemmeno gli abitanti. 

Pensiamo che sono riusciti a salvarsi prima dell’arrivo dei giganti. - 

  - Sì, sì, io sono una di quelli che ha partecipato alla ricerca, e posso confermare, signore. -

E pure Sasha si fece avanti. 

Celine non si aspettava che sarebbero venuti in suo soccorso e li ringraziò col pensiero. 

Il fratello non fece altre domande e mise una mano sulla spalla sana della ragazza per poi abbracciarla, anche davanti ai soldati in borghese come lei. 

Celine represse un grido di dolore iniziale, il fratello non si era appoggato del tutto all’arto malandato, e ancora di più la sorprese quella dimostrazione di affetto fuori casa: 

  - Sta più attenta, ti prego... -

A quelle parole restò sorpresa, e come lei anche gli altri tre ragazzi. 

Il fratello era tra quelli che, quando la ragazza espresse il suo desiderio di arruolarsi, era contro questa sua idea, tra i tre solo Tyron le aveva dato man forte. 

Non sapeva ancora se la ragazza aveva fatto la scelta giusta a diventare un soldato dato che si era fatta male e non lo aveva detto ai genitori, forse ora si era reso conto che lei non era più una bambina ma una donna coraggiosa e che sapeva quel che faceva. 

Dopo che i due si separarono, il sondato della Guarnigione rimase in totale silenzio, e anche gli atri tre non proferirono parola finché non si avvicinarono al loro base: 

  - Tuo fratello è molto gentile. - 

s'intromise Sasha. 

  - Hai detto che era il terzo, giusto? -

parlò anche Armin sempre guardandola con quegli occhi azzurri come il cielo, e stavolta Celine li vide e gli sorrise: 

  - Sì, ho tre fratelli maschi... Tyron è il primo, il secondo si chiama Viris e il terzo, quello di prima, si chiama Jacq. 

Anche se siamo nati vicini, è con Tyron che ho giocato di più e mi ha insegnato molte cose anche prima di andare a scuola. - 

  - Io sono figlio unico. - parò Jean mentre entrarono nel loro quartier generale – Non so cosa si prova ad avere fratelli o sorelle, ma vedendo ciò che è successo, penso che siate molto legati. - 

  - Mi fa piacere che ti abbia dato questa impressione. 

Siamo cresciuti insieme e poi abbiamo scelto strade diverse, e la mia strada non era negli ideali dei miei genitori dato che anche mio padre era un soldato. - 

  - Un soldato?! Davvero?! Di quale legione? - 

La notizia sorprese molto il biondo che sembrava il più entusiasta di tutti, la ragazza sorrise di nuovo guardandolo e poi rispose: 

  - Che ci crediate o no, era un soldato della vostra legione, per questo non voleva che nessuno di noi quattro si arruolasse. -

  - Un po’ è da capire, pure io sarei voluto entrare nella Gendarmeria, e invece sono qui. -

  - Almeno siamo qui insieme, Jean. - le fece notare Sasha – Quel posto è a numero chiuso, e poi qui hai incontrato noi. - 

  - Appunto per questo lo dico. - 

E scoppiò a ridere mentre Sasha gli diede una pacca dietro al collo, tutto sotto lo sguardo di Celine che si sentì tranquilla nel vedere che, nonostante tutto, avevano ancora la voglia di scherzare come dei semplici ragazzi della loro età. 

Appena uscirono nel cortile, dove di solito si allenavano tutti, sentirono un gran fermento e anche alcuni ragazzi che correvano verso di loro. 

Sasha, Jean e Armin erano confusi. 

  - Ma cos’è successo? - 

Il ragazzo dai capelli chiari riuscì a fermare una ragazza e a chiederle perché scappassero e l’altra non sembrò tanto collaborativa: 

  - Allontanatevi più che potere... La caposquadra è impazzita. - 

A quelle parole tutti e quattro si affrettarono a raggiungere il punto da dove tutti stavano scappando, e anche a parecchi metri di distanza che lo videro.  

   
 
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