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Autore: Mary P_Stark    25/08/2022    1 recensioni
Muspellheimr - Regno di Surtr
Il giovane Gigante di Fuoco Sthiggar, discendente della dea Sòl e figlio del Sommo Sacerdote Snorri, non conosce né paura né tanto meno vergogna e, a causa di ciò, finirà dapprima per essere punito dal re, e in seguito confinato sullo sperduto Regno di Manaheimr (Terra), nell'ancor più sperduto paesino di Lulea, in Svezia. Questo confino - agli occhi di Sthiggar più che ingiusto - porterà a sconvolgenti verità e alla scoperta di un destino a cui non sapeva di essere designato fin dalla sua nascita. L'aiuto della berserkr Ragnhild sarà vitale per comprendere meglio se stesso e il ruolo che gli compete nella complessa rete del Fato che si è stretta attorno a lui, ma saranno antiche divinità e nuovi nemici a mettere definitivamente alla prova il guerriero muspell. (per una totale comprensione, si devono leggere prima le altre storie legate a questa raccolta)
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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Mai avrebbe desiderato per sé e per i suoi sudditi una Hindarall in fiamme, eppure era ciò che stava avvenendo sotto i suoi occhi.

Surtr sperava soltanto che la missione di Hildur si stesse svolgendo secondo i piani e che la sua Ilya fosse ancora viva, perché non avrebbe accettato l’eventualità di vincere la guerra, ma senza di lei al suo fianco.

Non che, al momento, le sorti del conflitto stessero pendendo verso l’uno o l’altro schieramento.

Dove gli jotun arretravano avanzavano i dokkalfar e, dove gli elfi chiari riuscivano a rintuzzare gli attacchi magici, dall’altra i liòsalfar oscuri colpivano proditori con nuove malie.

La situazione era quanto mai in stallo e Surtr, asserragliato nella sua fortezza, sbraitava ordini su ordini alle varie compagnie di Fiamme schierate in diversi punti della Capitale.

Allo stesso modo sembrava fare Lafhey, o chi per lui, dato che ancora Surtr non era stato in grado di comprendere chi davvero si celasse dietro a quell’attacco al suo Regno.

Di una cosa, però, era certo. Non avrebbe ceduto la corona per nessun motivo e, presto o tardi, la testa di colui che lo aveva tradito sarebbe stata infilzata su una picca ed esposta nel punto più alto della fortezza, come monito per coloro che lo avevano voluto morto.
 
***

L’ira di Mikell non avrebbe potuto essere seconda neppure a quella di Surtr e, quando l’attendente di Lafhey giunse a lui con la terribile notizia della mancata cattura di Sthiggar, il suo umore, se possibile, peggiorò.

Scagliando contro il muro la brocca di vino che stava centellinando da ore, in spasmodica attesa di un positivo riscontro dei loro piani, Mikell sbraitò sconcertato: “E’ mai possibile che sia sparito nel nulla?! Gli è preclusa qualsiasi fuga da quei luoghi, eppure non siete in grado di trovarlo! Siete solo degli incapaci! Quel ragazzo rappresenta l’unica nostra possibilità di uccidere Surtr, lo volete capire?!”

L’attendente jotun reclinò ossequioso il capo, per nulla turbato dallo scoppio d’ira del nobile muspell e, atono, replicò: “Non sono risposte che posso darvi, edel(1) Mikell, poiché io mi limito a riferire quanto dettomi. Chiederò lumi e, se possibile, vi raggiungerò ancora per esporvi ciò che mi diranno.”

“Vattene, mio untuoso uomo di ghiaccio. Il tuo parlare mellifluo e accomodante mi urta ancor più i nervi del vedere come, nonostante tre eserciti schierati assieme, ancora non siate riusciti a bucare le difese della fortezza di Surtr” ringhiò Mikell, lanciando un’occhiata in direzione delle montagne dove sorgeva il palazzo reale.

Dopo il primo attacco dei dokkalfar, le Fiamme del re erano riuscite in poche ore a rintuzzare il nemico e a cacciarlo dal castello ma, in città, il peggio era avvenuto. Nonostante i contingenti di Fiamme Grigie e Fiamme Dorate schierate assieme lungo le vie principali della Capitale, molti cittadini erano ugualmente morti sotto l’attacco congiunto di dokkalfar e jotun.

I giganti di ghiaccio e i liòsalfar oscuri si erano quindi uniti ai dokkarlfar scacciati dal palazzo per ritentare un secondo attacco, ma l’aiuto degli elfi chiari – unitisi nella lotta al fianco di Surtr – aveva impedito un nuovo sfondamento delle difese.

Alte mura di pura magia erano state erette a difesa della fortezza per proteggerla dagli attacchi esterni, mentre i civili presenti nel palazzo erano stati fatti evacuare da condotti sotterranei sconosciuti ai più perché raggiungessero rifugi sicuri.

Anche Mikell era stato fatto evacuare a quel modo ma, quando aveva tentato di spiegare ai suoi sottoposti come riutilizzare quei passaggi segreti, non era stato in grado di ritrovarne l’ubicazione.

Solo a quel punto si era reso conto di essere stato ingannato dalla magia che, come una trama a ragnatela, percorreva tutte le pareti dei condotti al pari di un incantesimo perpetuo.

Sconfitto ma non domo, si era quindi lasciato portare dai dokkalfar al centro di comando degli jotun, dove aveva trovato Lafhey ad attenderlo, assieme a un paio dei suoi comandanti e a qualche luogotenente dei nani oscuri.

Da quel momento, era rimasto in costante attesa di un risultato degno di tale nome ma nulla era giunto, sia dal fronte interno che da Midghardr.

Quell’ultimo scorno non aveva fatto altro che peggiorare la situazione e ora, come un topo in gabbia, Mikell non sapeva come volgere a suo vantaggio una guerra che sembrava destinata a rimanere in stallo per sempre.

Ma che fine aveva fatto quel maledetto ragazzo?

Volgendosi a osservare Thrydann che, tremante come una foglia, se ne stava in un angolo del salone in ansiosa osservazione dei danni causati dai dokkalfar sulla città, Mikell ringhiò furente: “A quanto pare, il ragazzo che tanto hai denigrato è più furbo e abile di quanto tu pensassi, visto che nessuno riesce né a trovarlo, né tanto meno a soggiogarlo! Abbiamo puntato praticamente tutto sulla sua cattura e sulla sua Fiamma Viva, fidandoci delle tue parole e dei tuoi rapporti quotidiani sul suo comportamento sul campo, ma ora scopro che ci hai mentito!”

Il giovane muspell sobbalzò, nel sentirsi prendere in causa e, rabbioso quanto pallido in viso, sibilò isterico: “E’ stato sicuramente aiutato. Non è né intelligente, né scaltro! Di sicuro, gli jotun si sono fatti mettere nel sacco da qualcun altro, non certo da lui!”

Mikell lo fissò apertamente contrariato, l’aura a cingere il suo corpo in una sorta di alone rossastro e sfrigolante e, nell’avvicinarsi al giovane, gli disse con tono lapidario: “Non accampare scuse. La prima regola d’ingaggio, in una guerra, è saper valutare il nemico e tu, a quanto pare, non l’hai fatto. Mi sono fidato di te perché tuo padre si è sempre sperticato in lodi eccelse su di te ma, a quanto pare, non solo tu hai mentito a me, ma anche a lui. Ergo, punirò la tua famiglia così che tu capisca quanto, il solo fatto di avermi detto una bugia, potrà costarti.”

Thrydann impallidì ulteriormente, a quelle parole e, mentre Mikell richiamava all’ordine un paio di Fiammer Purpuree traditrici, il giovane si aggrappò alla tunica del nobile muspell per chiedere perdono.

Mikell, però, non lo degnò di una parola e, gelido, ordinò ai suoi sottoposti: “Trovate gli Handerson. I loro appartamenti si trovano al piano settantesimo, nell’ala sud del palazzo. Non vi chiederanno nulla, vista la divisa che indossate e, soprattutto, perché questo inetto vi accompagnerà.”

“Come? Ma cosa…?” tentennò Thrydann, fissandolo sgomento.

Mikell sorrise sarcastico e aggiunse: “Che veda cosa vuol dire tradire la mia fiducia. Uccidete la madre e la sorella davanti a lui e al padre. Non deve rimanere nessuno di quel ramo della famiglia.”

“Nessun divertimento, mio signore?” domandò allora una delle Fiamme Purpuree.

Levando un sopracciglio, Mikell indirizzò uno sguardo interessato a Thrydann prima di chiedere: “A quante persone hai pestato i piedi, ragazzo?”

Il giovane preferì non rispondere e, di fronte allo sguardo pieno di soddisfazione delle due Fiamme Purpuree – che lo stavano fissando come un agnello sacrificale –, si limitò a rimanere in silenzio.

Senza protestare, si unì ai commilitoni traditori e, mentre imboccavano il corridoio per raggiungere l’esterno della villa e, da lì, le vie di Hindarall, si domandò come sopravvivere a quel massacro premeditato.
 
***

Stringendo a sé per l’ultima volta Mattias, Ragnhild lo baciò sulle guance e disse con tono accorato: “Ricorda di fare esattamente ciò che ti dirà Magnus e, quando sarai tornato a casa, saluta i nostri cugini per me. Di’ loro che non avrei potuto essere più orgogliosa.”

Il ragazzino assentì con aria serena, la certezza di aver agito al meglio delle proprie possibilità. Pur avvertendo un dolore cociente al pensiero di dover dire addio alla sorella, sapeva fin dall’inizio che, presto o tardi, lei avrebbe dovuto andarsene.

Non era mai stato destino che loro due potessero camminare negli stessi luoghi per tutta la durata della loro vita ma, fino all’arrivo di Sthiggar, non aveva capito in che modo quell’evento avrebbe potuto prendere forma.

Conoscerlo, vedere come la sorella si fosse lasciata andare con il muspell e come il giovane Gigante di Fuoco fosse stato, a sua volta, coinvolto dalla vita di Ragnhild, gli aveva dato qualche speranza.

Giungere a quella soluzione definitiva, però, non era stato facile, né lo era accettarlo anche in quel momento.

In quel mentre, strappandolo a quei pensieri vorticosi, Odino avanzò verso di loro e, nell’avvolgere le spalle di Mattias, sorrise quindi a Ragnhild e asserì: “Speravo di combattere ma, a quanto pare, il mio compito sarà cambiare il mondo dei berserkir una volta per tutte, non aiutare voi. Baderò io a Mattias e se lo vorrà, quando verrà il momento, sarà ben accolto nel mio clan. Nessun pensiero dovrà turbare il tuo compito, fanciulla.”

“Te ne sono grata, Occhiosolo” mormorò la giovane prima di poggiare lo sguardo su  Jörmungandr, in silenziosa contemplazione di tutti loro, e aggiungere: “Voglio ringraziare anche te. Ci hai permesso di giungere qui, e ora riporterai indietro mio fratello. So che sarà al sicuro, con te e Odino a proteggerlo.”

Il dio-serpente, ben poco abituato a simili dimostrazioni di gratitudine, lanciò uno sguardo schivo alla giovane e, roco, replicò: “Ho fatto ben poco, a dir la verità.”

“Più di quanto io possa dire, ora come ora” sorrise allora Ragnhild, abbracciandolo a sorpresa sotto gli occhi sconcertati di tutti. “So cosa vuol dire crescere senza l’affetto dei genitori e, anche se non posso paragonarmi a te, ti capisco.”

Fenrir sorrise nel vedere Jor sciogliersi in quell’abbraccio, e replicare a tale stretta con una più delicata e goffa. Pur se poteva immaginare quanto, i millenni, avessero reso coriaceo il fratello, non tradiva una certa soddisfazione al pensiero che qualcuno potesse dimostrare gratitudine, o affetto, nei suoi confronti, e che lui potesse apprezzare un simile gesto.

Sapevano gli dèi quanto ne aveva bisogno e, pur se si trattava di un semplice ‘grazie’, contava davvero moltissimo che fosse stato detto con purezza d’intenti e sincerità.

Nell’osservare Sthiggar, ritto al suo fianco in silenziosa contemplazione dell’amata, Fenrir quindi asserì: “La tua donna è speciale sotto molti aspetti.”

“E’ quello che le ho sempre detto, ma sono contento che ora cominci a crederci anche lei” annuì Sthiggar prima di domandare a Verdandi, che attendeva accanto alle radici di Yggdrasil: “Come potranno, i nostri compagni, sopportare il calore della lava di Muspellheimr?”

La dea del Presente indicò i fiumi di lava che scivolavano sui ghiacci di Jötunheimr, a poca distanza da loro e, sorridendo, disse: “Ora che tu e Ragnhild siete insieme, e siete entrambi consapevoli del vostro ruolo, non vi sarà difficile risalire controcorrente il fiume.”

Sthiggar levò un sopracciglio con aria dubbiosa e, nell’osservare il palmo della propria mano, mormorò: “L’aura di fiamma?”

“Precisamente, guerriero. Avvolgi i tuoi compagni nell’aura e punta verso Muspellheimr. Navigherete controcorrente senza alcun problema e giungerete nelle polle di fuoco di Hindarall. Ma presta attenzione, Sthiggar, e ricorda una cosa; la Spada Fiammeggiante sarà usata solo durante Ragnarök, non un attimo prima. Gestisci dunque bene il potere appena conseguito, o scatenerai la Fine prima del tempo.”

Sthiggar assentì grave, di certo non gradendo una simile raccomandazione ma, ben sapendo di non poter giocare con i propri poteri pur avendo un gran desiderio di testarli, mormorò un ringraziamento alla dea.

Nell’osservare nuovamente la figura di Ragnhild, ritta accanto a Mattias per le ultime raccomandazioni, disse con sicurezza: “Ho chi mi aiuterà a trovare il Centro di ogni problema. Anche di questo.”

Verdandi annuì lieta e, con un cenno di congedo, si allontanò nel momento stesso in cui Sól si avvicinò per dare l’ultimo saluto a coloro che, per una vita intera, non aveva potuto né abbracciare né vedere in prima persona.

Sorridendo spiacente a figlio e nipote, la dea carezzò loro le guance e mormorò: “Un nuovo Equilibrio si sta generando e, solo grazie a questo, Madre mi ha concesso di vedervi. Ora, però, è tempo che io torni dove devo, e che voi facciate rientro per salvare coloro che non devono pagare per il tradimento di pochi.”

“Di chi dobbiamo diffidare, dunque?” domandò Sthiggar.

“Questo non mi è concesso dirlo” replicò la dea scuotendo il capo. “Sappi però questo, Sthiggar. Nulla è mai bianco o nero, e il peggior nemico si può nascondere tra chi più ci è vicino.”

“Non ho mai amato gli Oracoli, nonna” celiò Sthiggar, abbracciandola con calore.

“Lo so, caro” assentì lei prima di rivolgersi a Snorri e aggiungere: “Non mi sono mai pentita di averti dato al mondo e, ora che sono qui con te, sono ancor più felice di averlo fatto.”

Snorri si limitò ad assentire e, dopo un abbraccio alla madre, la vide scostarsi per osservare dubbiosa il trio di licantropi che, silenti, erano in attesa di nuovi sviluppi.

Gli occhi turchesi della dea si posarono sul più giovane tra essi e, con un mezzo sorriso, Sòl mormorò: “Trovo difficile credere che, alla Fine dei Tempi, questo baldo giovane vorrà sgozzarmi. E’ mai possibile che gli Oracoli possano cambiare, Urd?”

Mattias si rivolse alla dea con un sorriso enigmatico mentre Sköll, palesemente a disagio, borbottava: “Fosse per me, le chiederei un appuntamento… così, per dire.”

Quella battuta fece ridere Sól e sospirare sia Fenrir che Hati, mentre un sorridente Sthiggar replicava: “Temo che mio nonno avrebbe qualcosa da ridire. Scusa.”

Sköll fece spallucce, chiosando: “Uno ci deve pur provare, no? Sennò come fai a saperlo?”

Mattias, a quel punto, prese la mano del giovane licantropo, gli diede una stretta leggera e, con la voce di Urd, disse: “Hai ragione, mio giovane lupo. Uno deve pur provare… e voi lo avete fatto, accettando di parlare con Odino, perciò sì, il Ragnarök avverrà perché ogni Ciclo deve avere un Inizio e una Fine, ma non sarà quello scritto all’inizio dei tempi.”

“Quindi navighiamo alla cieca, da ora?” domandò sorpreso Fenrir.

Gli sguardi dubbiosi di tutti si posarono sul ragazzino che, però, si limitò a sorridere spiacente per poi dire, con la propria voce: “Mi spiace, si è trincerata dietro un ‘no comment’.”

“Peggio dei politici” sbuffò Sköll, scuotendo schifato la testa.

Sól sorrise al giovane licantropo e, dopo avergli dato una carezza a mo’ di saluto, svaporò dinanzi a tutti i presenti per tornare laddove, per millenni, era rimasta in solitaria contemplazione dei Mondi.

“Non c’è più tempo, Sthiggar” intervenne a quel punto la regina, lo sguardo turbato e puntato verso il fiume di lava.

Il giovane muspell assentì, tornando del tutto serio e, mentre Ragnhild sfiorava il capo di Mattias per un ultimissimo saluto, si avvicinò a lei per stringerle fiducioso la mano.

Jörmungandr  salutò con un cenno il fratello dopodiché, riprese le sue forme animali, si posizionò in modo tale da permettere a Odino e Mattias di salire sulla sua groppa.

Non potendo procrastinare oltre, Sthiggar abbracciò brevemente Mattias e disse: “Mi prenderò cura di lei, e lascerò che lei si prenda cura di me.”

“Non vorrei niente di meglio” assentì Mattias, salutandolo con un cenno della mano dopo essersi scostato per raggiungere Odino. “Grazie per esserti cacciato nei guai, Sthiggar. Almeno, ora so che Ragnhild sarà con una persona che la ama.”

Scoppiando a ridere, Sthiggar annuì divertito e, nello stringere a sé Ragnhild, chiosò: “Spero di aver finito, coi guai. Non cominciare tu, però.”

“Promesso!” esclamò il ragazzino mentre il movimento fluente di Jor li conduceva sempre più lontani.

Il giovane muspell concesse ancora qualche secondo a Ragnhild per osservare il fratello allontanarsi, ma fu lei stessa a volgere lo sguardo, sorridergli con tutto il coraggio che le riuscì di trovare per poi dire: “Cominciamo. Insieme.”

Lui assentì con vigore e, nello stringere la sua mano, percepì quanto il latte di Audhmula stesse cambiando – a livello cellulare – la sua Ragnhild. Poteva percepire senza sforzo il risveglio dell’aura che, silente e mai utilizzata, era sempre rimasta addormentata nell’animo della giovane.

Ora che poteva divenire ciò che il Fato aveva predisposto per lei, i suoi gangli di potere, le sue sinapsi, ogni più piccola particella di Ragnhild stava prendendo forme nuove per adeguarsi al suo ruolo di Elsa.

Mentre i suoi occhi lo scrutavano ansiosi, ogni più piccolo atomo che la componeva stava velocemente evolvendosi, mutandola in ciò che sarebbe infine diventata e, con lei, mutava anche il suo Centro.

La fiamma, da sempre sopita nei terrestri, stava esplodendo a nuova vita, rigogliosa come la stessa Yggdrasil e apparentemente senza limiti.

L’Elsa della Spada Fiammeggiante era dunque questa?, si chiese a quel punto Sthiggar, lasciandosi avvolgere dal potere dell’Albero della Vita grazie all’intercessione di Ragnhild.

La fiamma si sprigionò con una velocità e una facilità disarmante e, ora che possedeva anche le chiavi per utilizzare il potere di Yggdrasil, quel che poté creare Sthiggar colse di sorpresa persino i muspell presenti.

“Ora possiamo proseguire. Unite le vostre mani alle nostre e non abbandonatele per nessun motivo” disse quindi Sthiggar, avvolgendo in pochi istanti i presenti per poi puntare al fiume di lava che li avrebbe condotti su Muspellheimr.

Verdandi e Skuld, nell’osservarli prendere la via verso meridione, si strinsero l’una all’altra in trepidante osservazione dei loro ospiti mentre, avvolti dalla fiamma, risalivano il fiume di lava per giungere nel Reame del Fuoco.

La più giovane tra le dee attese che la strana compagnia giunta ai piedi di Yggdrasil si allontanasse a sufficienza prima di sospirare e mormorare sconfortata: “E’ così difficile sopportare di non sapere cosa accadrà dopo!”

“E’ sempre così, quando avvengono simili cambiamenti epocali. Ogni cosa viene riscritta e anche noi, per qualche tempo, restiamo cieche e sorde al dipanarsi delle nuove linee cosmiche” replicò Verdandi carezzando la chioma ramata della sorella minore. “Solo Madre sa e, come ben sai, neppure lei ama gli spoiler.”

Skuld rise divertita e annuì e, piegandosi per afferrare al volo Ratatosk, ridisceso dai rami dell’Albero della Vita per un altro giro di minacce e scongiuri, lo fece volteggiare per alcuni istanti sopra la sua testa prima di esclamare: “Allora, mio piccolo guastafeste… cosa si dice lassù?”

“Di tutto e di più!” trillò lo scoiattolo, raccontando tutto e il contrario di tutto e facendo ridere a crepapelle Skuld che, grazie al suo ciangottare assurdo, non dovette pensare alla propria cecità momentanea e al peso di non sapere cosa sarebbe successo a tutti loro.
 
***

L'energia di Yggdrasil fluiva in Sthiggar con la stessa dirompenza con cui, il fiume di lava in cui stavano navigando controcorrente, procedeva verso il centro dell'Universo e la Fonte della Vita.

Il muspell trovava quasi impensabile l’idea di poter governare un simile agglomerato energetico e primordiale ma, per quanto la cosa lo rendesse incredulo, non poteva non pensare che tale prodigio era costato tutto, a Ragnhild.

Il suo mondo, i suoi cugini, il suo amato fratello. Ragnhild aveva abbandonato ogni cosa per permettere a entrambi di divenire la Spada Fiammeggiante, e poco importava che lei fosse stata destinata dal Fato per essere l'Elsa di tale spada.

Sthiggar sentiva unicamente il vuoto che si era venuto a creare nell'animo di Ragnhild, e questo lo faceva stare malissimo.

Il silenzio prolungato di lei, inoltre, non gli consentiva di stare tranquillo perciò, nell'attirarla accanto, mormorò al suo orecchio: "Sei assolutamente certa di voler venire? Possiamo sempre tornare indietro."

Lei scosse il capo contro il suo torace e un sospiro tremulo scaturì dalle sue labbra, facendolo sprofondare ulteriormente nell'angoscia.

Era dunque solo questo ciò che poteva donare alla donna che amava? Dolore, solitudine e una guerra dagli esiti incerti a cui approcciarsi?

Accentuando la stretta sulla giovane, Sthiggar mormorò ancora: "Non posso sopportare di vederti così addolorata. Davvero non posso fare nulla?"

"Sto così ancora un poco" sussurrò allora lei con voce roca.

Il muspell assentì sconsolato, dandole un bacio sui capelli prima di sospirare affranto e lanciare un'occhiata al padre, che era al suo fianco, in cerca di un qualsiasi genere di aiuto da parte sua.

Poco importava che fosse ancora irritato con lui a causa della sua assurda proposta. Aveva bisogno di un aiuto, e lo voleva dal padre.

Snorri allora gli sorrise comprensivo dopodiché, nello scostarsi perché Hildur prendesse la mano del cugino, si portò alla sinistra di Ragnhild e la abbracciò dolcemente.

Potendo muoversi senza problemi all’interno della bolla creata da Sthiggar e Ragnhild, essendo Snorri un muspell, l’uomo andò a sistemarsi dove pensava – e sperava – di essere maggiormente d’aiuto.

Al tocco di Snorri, Ragnhild scoppiò in un pianto silenzioso e si lasciò andare contro la spalla del muspell, mantenendo comunque il contatto con  Sthiggar, così che la bolla di energia che li stava proteggendo non venisse meno.

Sthigg strinse le mascelle fin quasi a farsele dolere, nell’udire il pianto sconsolato dell’amata, lo sguardo pieno di furia e di contrizione, ma Hildur gli mormorò comprensiva: "Accetta il suo sacrificio e trasformalo in orgoglio. Ragnhild non mi sembra una persona che prende decisioni senza averci prima ragionato sopra, o non avrebbe rischiato così tanto, per te."

"Sì, ma..." tentennò lui, scrutandola con occhi dolenti.

"L'amore è anche questo, Sthigg. Non sempre è fatto di luce e di calore. A volte c'è dolore, c'è tenebra e, altre volte, sacrificio, ma ogni suo aspetto va accettato e apprezzato" lo rincuorò la cugina, accentuando la sua stretta sulla mano di Sthiggar. "Lascia che lo zio si occupi di lei. Ha così tanto amore da offrire, e tu lo sai bene, no?"

"Certo" assentì lui dopo alcuni istanti. 

Hildur gli diede un colpetto con la spalla, sorridendogli ottimista mentre Ilya, osservando attenta la loro veloce progressione lungo il fiume di lava, disse pensierosa: "Noi donne siamo abituate ai grandi sacrifici, Sthiggar, e la fanciulla che il Fato ha scelto per essere l’Elsa della Spada Fiammeggiante mi sembra abbia spina dorsale da vendere. Non temere che possa cedere. Sii solo pronto a essere alla sua altezza."

"Non temo che non abbia forza a sufficienza, quanto piuttosto che soffra troppo. Non amo vederla stare male" sottolineò per contro Sthiggar, prima di ricevere un pizzicotto sulla mano che lo univa a Ragnhild. "Ahia! Ma che ti prende?"

"Lascia per un’altra volta questi pensieri melensi riguardo alle mie lacrime, stoppino. Abbiamo ben altro a cui pensare, ora" brontolò lei, lanciandogli un'occhiata maliziosa nonostante gli occhi lucidi di lacrime.

Lui storse la bocca, di fronte a quel vecchio nomignolo che mai aveva apprezzato ma, comprendendo il bisogno di Ragnhild di spezzare quella spirale di dolore, borbottò con tono fintamente contrariato: "Sai benissimo che odio quel nomignolo. Perché continui a usarlo?"

"Cosa vorrebbe dire, poi, bellissima donna-orso?" domandò truffaldino Sköll, infilandosi bellamente nella loro discussione.

Esibendosi in una risatina fiacca, Ragnhild lanciò allora un'occhiata in direzione dell’imponente licantropo e disse: "E' un nomignolo a sfondo sessuale."

Sköll scoppiò a ridere per diretta conseguenza, nell’udire quella spiegazione, coinvolgendo persino il restante gruppo con la sua ilarità e Sthiggar, dopo un sospiro, lanciò uno sguardo esasperato alla sua donna e asserì: "Godi un mondo a mettermi in imbarazzo, vero?"

"Non ho specificato se sei uno stoppino acceso o spento, dopotutto. Per cosa te la prendi, quindi?" ironizzò allora lei con tono maggiormente sicuro e Snorri, al suo fianco, emise un risolino in risposta.

Sthiggar sorrise nonostante al centro di quello scherzo, lieto che Ragnhild si stesse riprendendo – pur se a spese sue – dal dolore provato all’atto della separazione dal fratello perciò, sardonico, replicò: "Beh, sono sicuramente acceso. Ma darmi dello stoppino, Ragnhild? Sai benissimo che non è così."

"Oh oh, il nostro ragazzo si sente sminuito dalle parole della sua donna!" si intromise allora Thrym, ben deciso a dare il suo contributo per strappare Ragnhild dalla tristezza.

Flyka sorrise divertita a sua volta e aggiunse: "In effetti, solo lei può dirci se le parole di Sthiggar sono vere o meno."

Il giovane muspell, stando al gioco nonostante si sentisse un po’ idiota a parlare di simili argomenti dinanzi al padre e alla regina, li squadrò falsamente sconcertato ed esalò: "Ma come? Mettete in dubbio la mia virilità!?"

"Io non ho testato sul campo, quindi mi posso fidare solo di quel che dice Ragnhild, ti pare?" strizzò l'occhio Thrym, lanciando un'occhiata ironica alla ragazza, che assentì.

"In effetti è vero, Sthiggar. Solo io posso dire se sei dotato oppure no" buttò lì la giovane, facendo esplodere in una calda risata Hildur, mentre Ilya cercava con ogni mezzo di rimanere compassata, pur se con scarsi risultati, e Snorri tentava di non ridere in faccia al figlio.

"Non vorrete costringermi a fare uno spogliarello per dimostrarvi le mie potenzialità, spero?!" esclamò per bella posta Sthiggar, ritrovandosi bombardato dai 'NO' accesi degli uomini presenti, Snorri compreso.

Sthigg, allora, si volse verso il padre, ormai paonazzo per il gran ridere, e disse con tono gracchiante: "Sono felice di sapere che neppure tu voglia conferme in merito, padre."

"Se rendi felice la tua compagna, chi sono io per chiedere spiegazioni?" replicò allora Snorri, sorridendo grandemente.

Sthiggar scosse il capo per l’esasperazione – unitamente a una buona dose di ilarità – , reclinò il volto a scrutare inquisitorio Ragnhild, che aveva recuperato colore e smesso di piangere, e infine domandò: "Quindi, mia signora, cosa vogliamo dire a questi curiosoni patentati?"

"Sei promosso, te lo concedo" celiò lei, scrollando le spalle.

"Promosso. Solo" gracchiò Sthiggar, facendo tanto d’occhi.

Furono soltanto due parole, ma fecero esplodere Ragnhild in una calda risata di gola, a cui si unirono le donne del gruppo, ivi compresa la regina, non più in grado di ostentare la calma olimpica fin lì difficilmente sostenuta.

"Benissimo. La mia signora mi trova solo sufficientemente adeguato al mio ruolo" brontolò Sthiggar prima di rivolgersi alla regina, in lacrime per il gran ridere, e domandare: "E' un problema se tardiamo un po' e dimostro alla mia compagna cosa vuol dire avere me, come compagno?"

"Per quanto sarebbe divertente lasciartelo fare, credo che Surtr abbia fretta di rivederti" ammise la regina, tergendosi lacrime di ilarità dal volto.

"Già, lo credo anch'io" assentì Sthiggar prima di notare lo sguardo di Fenrir fisso su di lui.

Sorridendo a mezzo, accettò il cenno orgoglioso del capo che gli tributò il dio-lupo, dopodiché tornò a guardare dinanzi a sé con rinnovato vigore.

Stemperare il clima di imbarazzato silenzio e profondo dolore che era calato sul gruppo era stata la scelta giusta e, pur se tutti sapevano bene che, a tempesta finita, questi si sarebbero ripresentati, ora dovevano pensare a mente lucida.

Farsi prendere in giro era un piccolo prezzo da pagare, pur di avere i pensieri sgombri da sentimenti traditori.

Quando infine una vivida luce si fece strada dinanzi a loro, e il fiume di lava divenne una cascata imponente e tonante come il maglio di Thor scagliato tra i cieli, il potere di Sthiggar e Ragnhild li condusse verso l'alto e, finalmente, a Muspellheimr.

Il fulgore dell’ascesa durò pochi istanti e, quando questo scemò, il gruppo si ritrovò in una sala circolare, dall’alto soffitto a botte e adornato da affreschi raffiguranti l'inizio dei tempi e la nascita di Yggdrasil.

Nel momento in cui la compagnia di Sthiggar mise infine piede sul solido pavimento di ossidiana della sala, Fenrir, Hati e Sköll mutarono di comune accordo le loro forme per prendere sembianze animali.

"A questo modo, sarà più semplice sopportare il caldo di Muspellheimr" spiegò loro l'imponente Fenrir, dal manto di un traslucido color perlaceo. “Dopotutto, questa è la nostra forma primigenia, e il potere che deteniamo è più facilmente gestibile.”

Hati e Sköll, seppur più piccoli del padre, potevano vantare un'altezza al garrese di ben due metri e Ragnhild, nel vederli, sgranò gli occhi ed esalò: "Non sapevo poteste divenire così grandi! I licantropi sono molto più piccoli."

"Solo noi siamo così, infatti, bambina" le spiegò Fenrir prima di guardare Sthiggar e domandare: "Come conti di agire, ora?"

Sogghignando a Hildur, che si accigliò immediatamente, a quella vista, dichiarò: "Beh, visto che sono stato accusato di aver rubato l'Occhio di Muspell, perché non farlo davvero?"

"Vuoi rubare Naglfar?" esalò la regina, squadrandolo piena di sorpresa.

"Siamo in molti, e per nessun motivo vi lascerò sprovvisti di una difesa, o in un qualsiasi luogo in cui io non possa tenervi sott'occhio, perciò Naglfar fa al caso nostro" le spiegò il giovane muspell, con tono perentorio. "Inoltre, quella nave da guerra può essere risvegliata solo da una Fiamma Viva, e si da il caso che io lo sia."

La regina lo fissò sgomenta ma, dopo un attimo di tentennamento, lanciò le braccia al cielo e sbottò: "Oooh, al diavolo le regole! Andiamo a prendere quella dannata nave e facciamo quel che sappiamo fare meglio noi muspell. Spaccare culi ai nemici!"

I presenti la osservarono un tantino basiti ma Ilya non vi fece alcun caso, limitandosi a guardare Hildur prima di chiederle inquisitoria: "Non ci sono altre scale da fare, vero, per raggiungerla?"

Scoppiando in una risatina, la guerriera scosse il capo e replicò: "No, mia regina. Basterà usare i passaggi sotterranei che collegano questa sala agli imbarcaderi del porto."

"Dovrò farmi dare una mappa da Surtr, una volta finito questo caos" brontolò la regina, attendendo che le facessero strada.

Fenrir, a quel punto, pregò tutti di salire sulle loro groppe per non perdere ulteriore tempo così, dietro la guida di Hildur, il gruppo prese la via degli imbarcaderi, da cui avrebbero raggiunto la Sala dei Cimeli e Naglfar.

Il contrattacco era iniziato.

 
 


(1)edel: ‘nobile’ in lingua norvegese.


 
 
  
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