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Autore: Stillathogwarts    29/08/2022    1 recensioni
Hogwarts, ultimo anno di scuola dopo la guerra.
Due diari gemelli, due anime spezzate dalla guerra che trovano conforto l'uno nell'altra, nella garanzia dell'anonimato.
Hermione Granger torna al castello per completare gli studi e come lei, molti studenti che non hanno potuto sostenere i M.A.G.O. durante il regime dei Mangiamorte fanno altrettanto.
Per ordine del Wizengamot, Draco Malfoy e altri Serpeverde sono obbligati a ripetere il settimo anno come condizione per essere reintegrati in società.
I docenti elaborano un programma per incentivare la cooperazione tra Case, dando il via alla formazione di nuove amicizie e nuovi legami che sfidano i dissapori passati e gettano le basi per un futuro migliore, nei confronti del quale il mondo magico nutre profonde speranze.
Il tutto mentre una nuova minaccia incombe sul castello e mina l'equilibrio appena ristabilito dopo gli eventi orribili della guerra e i buoni propositi degli studenti.
| DRAMIONE (slow burn) | Personaggi leggermente OOC
Genere: Angst, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Più contesti
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CAPITOLO 1
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Hermione
 
«Finire gli studi è molto importante», disse Hermione battendo con forza i pugni sopra al tavolo.
«Non posso credere che stiate davvero considerando l’idea di saltare l’ultimo anno e passare direttamente al corso di Addestramento Auror!»
«Ma, Mione!» esclamò in protesta Ron. «Abbiamo sconfitto Voldemort! È più importante di un diploma!»
La ragazza fece ruotare gli occhi. «Harry ha sconfitto Voldemort», precisò in tono puntiglioso.
«Ma noi lo abbiamo aiutato!» la interruppe il rosso. «Diglielo anche tu, Harry!»
«E per la cronaca» proseguì imperterrita Hermione, «dovrebbe tornare a Hogwarts anche lui. Ci sono ancora tante cose che non sappiamo!»
«Ma a noi non piace studiare!», obiettò Ron, incrociando le braccia al petto.
«Hermione, Neville sta iniziando il corso quest’anno!» s’inserì il moro. «Saremo noi tre…»
«Sì, ma Neville il settimo anno lo ha frequentato, noi no!»
«Sai che affare, con i Carrow e i Mangiamorte a capo della disciplina… Utilissimo» borbottò Ron sbuffando.
«Oh, fate come volete!» sbottò alla fine la ragazza. «Pensavo solo che sarebbe stato carino finire tutti insieme, visto che nessuno di noi era a Hogwarts lo scorso anno.»
I due si scambiarono un’occhiata colpevole.
«Ma ci sarà Ginny con te», cercò di rincuorarla Harry.
«E Luna», aggiunse Ron, speranzoso.
«Non voglio che torniate perché ho paura di restare sola, grazie tante», s’indispose Hermione. «È che… siamo sempre stati noi tre», mormorò addolcendo il tono di voce. «Con gli altri ho un rapporto diverso e senza di voi non sarà la stessa cosa... Ma se credete che saltare l’ultimo anno sia la scelta giusta, non vi fermerò.»
I ragazzi si diedero il cinque sotto il tavolo, stando ben attenti a non farsi notare dalla loro amica.
«Vado a fare le valigie…»
§
Hermione si sedette sul bordo del letto e chiuse gli occhi.
Respirò a fondo, rassegnata.
Aveva sperato fino all’ultimo momento che Harry e Ron decidessero di tornare a Hogwarts per recuperare il settimo anno.
Erano liberi di fare quello che meglio credevano, ovviamente, anche se lei era davvero convinta che ultimare gli studi fosse una cosa essenziale da fare prima di inserirsi nel mondo del lavoro.
Ma forse loro non avevano bisogno di un anno in più per capire cosa fare della loro vita.
Lei non ne aveva la minima idea.
Harry era sempre stato entusiasta all’idea di diventare un Auror e Ron aveva messo gli occhi su quella carriera prima ancora del moro, per cui aveva solo senso che non perdessero ulteriore tempo.
Ma lei? Lei non aveva mai capito quale strada prendere dopo Hogwarts.
E allora tornarci era un imperativo; forse, quell’anno le avrebbe finalmente aperto gli occhi.
Forse era un bene anche che ci tornasse sola.
Di solito, veniva sempre assorbita da ciò che riguardava Harry e Ron e non aveva abbastanza tempo per pensare a sé stessa, studio a parte.
Ma sperava, dopo un anno vissuto in fuga tra i boschi e qualche mese di vacanza, di poter tornare ad avere un pizzico di normalità.
Hogwarts senza gli altri due terzi del trio non dava affatto l’idea di normalità.
Sospirò, poi tirò fuori la sua bacchetta e iniziò a piegare i suoi vestiti per sistemare il baule.
Normalmente lo avrebbe fatto senza l’uso della magia, ma Hermione negli ultimi tempi si sentiva troppo esausta semplicemente per fare qualsiasi cosa.
Voleva andare a dormire, anche se poi non riusciva mai a farlo veramente.
Se solo avessi ancora il mio diario…”, pensò distrattamente, mentre controllava di aver messo tutto l’occorrente in valigia.
Poco prima della fine del sesto anno, aveva trovato un diario nella Stanza delle Necessità.
C’era una lettera al suo interno che l’aveva colpita.
Risaliva a secoli prima ed era da parte di un ragazzo Purosangue per la sua amata Nata Babbana; nella missiva, il giovane le parlava dell’oggetto in questione, spiegandole di aver lanciato un Incanto Proteus su di esso e sul suo gemello, cosicché avrebbero potuto tenersi in contatto senza destare i sospetti della propria famiglia tradizionalista.
A Hermione, i due amanti avevano ricordato di Romeo e Giulietta e aveva deciso di tenere il diario con sé.
La storia che sembrava esserci dietro, sebbene non avesse idea del suo finale e il resto fosse letteralmente lasciato alla sua immaginazione, le aveva dato, per qualche motivo che non aveva mai capito appieno, speranza.
E in quel periodo, lei aveva un bisogno immenso di speranza.
Per un po’ aveva cercato di recuperare le pagine del diario, ma non importava quello che aveva tentato, quelle si erano ostinate a rimanere vuote.
Finché una notte, quando ancora si trovava a Grimmauld Place e non riusciva a dormire, delle frasi erano apparse all’improvviso davanti ai suoi occhi.
E lei aveva risposto.
Sapeva che non fossero le vecchie note dei due proprietari originari, perché la persona che le scriveva usava un gergo comune e a lei contemporaneo, e quella sua supposizione era stata confermata tempo dopo, quando parlando con quel lui misterioso, aveva avuto la certezza che dall’altra parte ci fosse un Serpeverde, probabilmente parte di una famiglia di Mangiamorte e a disagio con il ruolo della propria famiglia nella guerra.
Hermione era consapevole di quanto fosse rischioso continuare a parlargli, ma non aveva potuto farne a meno; ascoltare i suoi sfoghi e cercare di aiutarlo la faceva sentire utile e se poteva contribuire almeno in parte a salvare uno di quei ragazzi, a far comprendere ad almeno uno di loro che l’ideologia purosanguista era sbagliata e discriminatoria e non poggiava su alcuna base reale, allora lo avrebbe fatto.
Sapeva che ci fosse il rischio di avere incrociato il suo interlocutore a Hogwarts, che quello stesso ragazzo avrebbe potuto essere qualcuno che in passato aveva dato man forte a Draco Malfoy nel tormentarla, ma non le importava veramente.
Tutto ciò che lei aveva intravisto dalle parole che aveva letto su quelle pagine era una persona sola, ferita e tremendamente confusa. E non era il tipo da voltare le spalle a qualcuno in difficoltà.
Così come non era stata capace di abbandonare al loro destino Malfoy e Goyle nella Stanza delle Necessità in fiamme durante la Battaglia di Hogwarts.
Lei non era così.
E forse era la differenza più grande tra lei e i suoi rivali scolastici.
Ad un certo punto, Hermione aveva iniziato a confidarsi a sua volta con quello sconosciuto e sapere di poter parlare tranquillamente, lasciar uscire quello che spesso teneva dentro, senza essere giudicata, le era stato d’aiuto.
Finché non si era lasciata scappare una parola di troppo.
Finché non aveva perso il diario prima di poter scoprire chi fosse venuto in possesso del diario gemello.
Forse, aveva concluso alla fine, era stato meglio così.
Qualcuno bussò alla porta, distogliendola dai suoi pensieri e facendola sussultare leggermente.
«Avanti.»
Harry entrò silenziosamente nella stanza e le rivolse un sorriso dolce.
«Ho scritto alla McGranitt», le disse. «Torno a Hogwarts con te.»
«Che cosa?»
Hermione quasi iniziò a saltellare per la gioia. «Ron?»
Il moro scosse la testa. «Non c’è stato verso di convincerlo. Comunque, Kingsley mi ha assicurato che l’anno prossimo mi ammetterà al corso Auror a prescindere dai risultati finali dei M.A.G.O.»
La ragazza annuì rassegnata. «Cosa ti ha fatto cambiare idea?»
«La foto dei miei genitori sul divano. Continuava a fissarmi accusatoria. Credo che… Insomma, magari mio padre non avrebbe avuto nulla in contrario con la scelta di saltare l’ultimo anno, ma mia madre…»
Hermione sorrise. «Sono sicura che siano entrambi orgogliosi di te, qualsiasi cosa tu scelga di fare, Harry.»
Il giovane rispose al suo sorriso con uno altrettanto caloroso e la strinse forte tra le braccia.
«Tornerò comunque a scuola con te», asserì in tono deciso. «Sento che è la cosa giusta da fare.»
 
***
 
Draco
 
Draco si era svegliato tardi quella mattina.
Non gli era ancora ben chiaro come si sentisse in merito al ritorno a Hogwarts quell’anno.
Era convinto di potersi lasciare alle spalle quella parte della propria vita e se per un attimo aveva creduto che trascorrere il suo anno agli arresti domiciliari al castello, da studente, ripetendo l’ultimo anno dato che per via delle accuse a suo carico e del processo non aveva potuto sostenere i M.A.G.O., fosse preferibile al restare chiuso al Manor in compagnia dei suoi genitori, ora non era più tanto sicuro.
Ci aveva provato, a dare una seconda possibilità a suo padre; era stato amorevole nei suoi confronti nei primi tempi dopo la Battaglia di Hogwarts, lo aveva sostenuto durante il suo processo… Ma aveva anche messo in chiaro una cosa fin dall’inizio: Draco non avrebbe più seguito l’ideologia purosanguista.
E per Lucius Malfoy quello era stato abbastanza per guardarlo con disdegno e ignorare tutti gli sforzi del giovane nei suoi confronti. Non era cambiato poi molto e le sue priorità restavano sempre le stesse. Come potesse non aver imparato nulla dalla guerra e da quello che aveva significato per lui e per la sua intera famiglia, agli occhi di Draco restava un mistero.
Anche sua madre non sembrava apprezzare il suo cambiamento di vedute, ma per lo meno, continuava a comportarsi come al suo solito con lui; non in maniera amorevole, ma neanche come se fosse la più grande delusione sulla faccia della terra. Forse aveva semplicemente deciso di ignorare la faccenda e se questo significava che non gli avrebbe messo i bastoni tra le ruote e che non avrebbe tentato di farlo desistere, a Draco stava più che bene.
Ma il Manor era diventato soffocante, tra le nuove pressioni da parte di Lucius e i ricordi orribili delle cose che aveva visto accadere tra quelle mura durante la guerra.
E Draco era stato così concentrato sull’idea di non vedere i suoi genitori, suo padre in particolare, per un anno, che non aveva riflettuto sulla quantità d’odio che era sicuro di ricevere una volta rimesso piede a Hogwarts.
Potter poteva anche aver testimoniato in suo favore, poteva anche aver visto qualcosa in lui che lo aveva convinto di essere meritevole di un’altra occasione, idea che il Magi-Avvocato dei Malfoy aveva corroborato abbastanza bene da portare il Wizengamot ad assolverlo da tutte le accuse, ma Draco era certo che per il resto del mondo magico le cose stessero molto diversamente.
A partire da lei.
Una parte di lui aveva sperato di vederla comparire accanto a Potter da un momento all’altro, quel giorno… il giorno del suo processo.
Ma Hermione Granger non si era neanche presentata al Ministero quella mattina.
Non che avesse alcun motivo per farlo; durante i loro anni a Hogwarts, Draco era stato orribile nei suoi confronti e lei non aveva la minima idea di aver conosciuto il vero Draco Malfoy dalle pagine di quel diario. Il suo avvocato gli aveva anche detto che l’assenza della ragazza era stata un bene, dal momento che la Granger era stata l’unica dei tre a venire in qualche modo identificata quella notte al Manor, cosa che avrebbe potuto invalidare una delle poche decisioni giuste che Draco aveva preso durante la guerra.
Ma a lui non importava niente di tutto ciò, perché voleva vederla.
Sperava di parlarle.
Non sapeva esattamente da dove avrebbe iniziato, né cosa le avrebbe detto una volta davanti a lei, ma sperava ugualmente di avere la possibilità di scambiare due parole con lei.
C’erano tante cose che voleva fare in merito a Hermione Granger.
Voleva chiederle scusa per come l’aveva trattata a scuola.
Voleva chiederle scusa per non essere intervenuto mentre Bellatrix la torturava.
Voleva dirle che era lui la persona con cui aveva scambiato quella corrispondenza inusuale.
Voleva dirle che era il Draco di quelle pagine quello vero, che l’immagine di sé che lasciava trapelare all’esterno non rappresentava la sua vera essenza.
Voleva chiederle di dargli una possibilità.
Voleva sapere se anche per Hermione quelle conversazioni scritte avessero significato qualcosa, se quello strano rapporto che avevano instaurato con la complicità dell’anonimato poteva avere un futuro, un seguito, nella vita, magari di persona.
Voleva avere il suo perdono.
E soprattutto, voleva diventare meritevole del suo perdono.
Draco era stato sempre solo, ma prima almeno aveva i suoi genitori e un paio di scagnozzi a permettergli di chiudere un occhio sulla questione; ora non aveva neanche quello.
I suoi genitori erano la causa di tutti i suoi mali e lui non era più in grado di fingere che Goyle e Crabbe fossero qualcosa di più di due semplici tirapiedi, di fingere che fossero suoi amici.
Non lo erano mai stati.
Sospirò, mentre ultimava di controllare di aver messo tutto nel suo baule e lo richiudeva.
Si guardò allo specchio per tre lunghi minuti e controllò che tutto fosse al suo posto; la camicia era perfettamente stirata e priva di pieghe, la cravatta perfettamente annodata, i capelli impeccabili come al solito.
Afferrò la sua valigia e si diresse verso il cancello, senza salutare nessuno dei suoi genitori.
Mentre varcava la soglia del Manor e si voltava a dare uno sguardo al luogo in cui era cresciuto, prese una decisione.
Avrebbe tratto il meglio da tutta quella situazione.
Non essere finito ad Azkaban ed essersela cavata solo con un anno di arresti domiciliari e l’obbligo di intraprendere un percorso con un Magi-Psicologo era un buon risultato.
Ma avere la possibilità di tornare a Hogwarts era anche meglio.
Decise che non gli importava di quello che avrebbero pensato le persone, che si sarebbe concentrato esclusivamente su una cosa: redimersi agli occhi di Hermione Granger, guadagnarsi il suo perdono.
Niente Quidditch, niente club, niente perdite di tempo inutili.
Sarebbe stato in disparte, si sarebbe fatto gli affari suoi e si sarebbe concentrato sugli studi, tenendosi lontano dai guai, ignorando occhiatacce varie e sussurri malevoli.
E avrebbe fatto di tutto per ottenere l’amicizia della Granger.
Perché quella era l’unica cosa di cui gli importasse veramente.
E a lui quello sembrava un buon piano di azione.
Mentre si lasciava alle spalle l’enorme cancello di Malfoy Manor, Draco decise di illudersi che per una volta nella sua vita le cose avrebbero potuto girare in suo favore.
 
******
 
'Se avessi saputo tutto questo all'età di undici anni, forse non sarei mai venuta a Hogwarts.
Sarei rimasta con i miei genitori e avrei ignorato la mia magia per il resto della mia vita.
Forse sarei stata su quel ponte lo scorso anno e sarei morta, forse no.
Ma almeno non avrei conosciuto la morte e la disperazione e l'odio.
Non avrei mai capito cosa significa veramente venire perseguitati, considerati inferiori e indegni di essere trattati come esseri umani.'
 
(Dal diario di Hermione, durante la guerra.)
   
 
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