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Autore: Star_Rover    29/08/2022    6 recensioni
Jari e Verner sono uniti fin dall’infanzia da un legame che nel tempo è diventato sempre più intenso e profondo. Nell’inverno del 1915 però i cambiamenti sociali e politici che sconvolgono la Finlandia finiscono per coinvolgerli, così i ragazzi sono costretti a separarsi per seguire strade diverse.
Nel 1918 i destini dei due giovani tornano a incrociarsi sullo sfondo di una sanguinosa guerra civile.
Genere: Drammatico, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
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XV. L’ultima resistenza
 

Yrjö seguì il dottor Lange nel lungo corridoio, il suo corpo fu scosso da un brivido di freddo, poiché il numero di feriti era in costante aumento erano stati costretti ad adibire ad ospedale d’emergenza i sotterranei di una vecchia chiesa. Il medico non aveva avuto un momento di riposo dopo l’ultimo attacco, le maniche del suo camice erano sempre insanguinate.
Il giovane assistente aveva tentato di fare il possibile per rendesi utile, ma anche con il suo aiuto la situazione pareva soltanto peggiorare.
Nelle brande accatastate una vicina all’altra giacevano feriti finlandesi e tedeschi, soldati e ufficiali, uno di fianco all’altro. Tutto ciò che Yrjö vedeva erano divise strappate, ferite aperte e arti in cancrena.
Ormai si era abituato alla vista del sangue, degli organi maciullati e delle ossa sporgenti. Tutto ciò non aveva più il potere di impressionarlo, il corpo umano era una macchina complessa e delicata, ma ogni elemento aveva la sua funzione. Ciò significava che era possibile trovare le cause, ma non sempre si poteva agire. Così se i polmoni collassavano, se troppo sangue era perso nell’emorragia, se i cuori smettevano di battere…era un processo irreversibile, dove era fisicamente impossibile intervenire. Razionalmente la morte era qualcosa di estremamente banale, forse era proprio questo a spaventare così tanto l’essere umano.
Se con la mente Yrjö riusciva a comprendere perfettamente tutto ciò, dentro di sé faticava ad accettarlo. Ogni volta si domandava se davvero fosse troppo tardi, se realmente non avrebbe potuto fare niente per salvare quella vita.
Le grida di dolore e sofferenza, quelle raccapriccianti richieste di aiuto e pietà, gli ricordavano di non poter perdere quella lotta contro il tempo, per quanto fosse ardua e disperata.
Nonostante la sua determinazione c’erano casi in cui non poteva fare altro che arrendersi.
Ogni volta che si mostrava così emotivamente coinvolto il dottor Lange lo rimproverava severamente: «non abbiamo tempo per i cadaveri, dobbiamo occuparci di chi ha ancora una speranza di essere salvato»
 
Quella sera Yrjö si ritrovò a vagare per i corridoi dell’ospedale, aveva terminato il suo turno di lavoro ed era intenzionato a raggiungere il suo alloggio per qualche ora di meritato riposo. Aveva ormai raggiunto le scale quando ad un tratto vide un giovane che barcollando si stava dirigendo nella sua direzione. Aveva una gamba fasciata e si reggeva in piedi con una stampella di legno arrangiata con mezzi di fortuna.
«Lei deve essere l’assistente del dottor Lange» esordì il ferito con insolito entusiasmo.
Il ragazzo annuì.
«Finalmente l’ho trovata! La stavo cercando!»
«Che cosa posso fare per aiutarla?» chiese Yrjö mantenendo la sua professionalità.
Lo sguardo del giovane sconosciuto si illuminò: «oh, lei ha già fatto un miracolo per me!»
Egli non capì, soltanto in quel momento il volto pallido e smunto di quel soldato gli parve familiare.
«Lei ha salvato la vita di mio fratello! Senza il suo intervento sarebbe sicuramente morto in quella fossa»
Yrjö sussultò, nella sua mente ricordò ciò che aveva visto il giorno della battaglia. Per un istante quella macabra visione suscitò in lui terrore e disgusto, ma riuscì a mantenere un degno autocontrollo. Finalmente scoprì l’identità del suo interlocutore, era il fratello del soldato che aveva salvato.
«Mi ricordo bene di lui, come sta?» chiese con sincero interesse.
«È stato portato nelle retrovie, il medico ha detto che con il tempo si riprenderà»
«È una buona notizia»
In quell’istante Yrjö realizzò di non conoscere nemmeno il nome del ragazzo a cui aveva salvato la vita.
«Come si chiama tuo fratello?»
«Matti Virtanen»
«Sono felice che sia vivo, non sarà facile per lui riprendersi, la sua è una grave ferita. Avrà bisogno di tempo, ma potrà tornare a casa»
Il giovane non nascose la commozione: «non potrò mai ringraziarla abbastanza per quello che ha fatto»
Yrjö non riteneva di meritare del tutto quegli elogi, c’erano così tante variabili che avevano portato a quel risultato, era però indubbio che senza il suo intervento non ci sarebbe stata alcuna speranza.
«Auguro ad entrambi buona fortuna» concluse prima di congedarsi.
 
Yrjö si allontanò scomparendo lungo il corridoio. Era stata una giornata difficile, avrebbe dovuto imparare ad accettare i propri limiti. Ma quella volta aveva salvato la vita di Matti Virtanen.
Il giovane medico provò pura gioia a quel pensiero, adesso aveva ben chiaro il motivo per cui si trovava al fronte.
 
***

Le truppe ebbero l’opportunità di riposarsi per qualche giorno nelle retrovie prima di essere richiamate in prima linea. Lauri sentiva ancora l’adrenalina scorrere nelle vene dopo l’ultimo scontro. Non aveva mai provato una sensazione simile prima di allora, era come essersi risvegliato da un lungo sonno. Era appena tornato da un campo di battaglia, aveva assistito ad orrori e atrocità, poteva dire di aver guardato la morte negli occhi, eppure non si era mai sentito così vivo.
Tutto aveva acquisito maggior intensità, dal calore del fuoco al sapore del cibo.
Nella piccola locanda i soldati ordinarono da bere e con ritrovato amore per la vita tornarono a ridere e scherzare tra loro.
Inevitabilmente però la conversazione finì per trattare il tema della guerra. Alcuni preferirono restare in silenzio, altri invece si rivelarono ansiosi di condividere le proprie sensazioni a riguardo di ciò che avevano appena vissuto.
Lauri espresse i suoi pensieri senza alcuna esitazione.
«Ho ucciso il mio primo nemico, poi il secondo e anche il terzo…dovrei provare sensi di colpa o vergogna, ma volete sapere la verità? Io non sento assolutamente nulla! Se non avessi sparato per primo adesso avrei una pallottola nel petto. È così che funziona la guerra»
«Non è così semplice» ribatté un suo compagno.
«Non sono orgoglioso di quello che ho fatto, ma…dannazione, sono stato addestrato per questo!» ribatté Lauri.
«Dunque è questo che siamo? Macchine addestrate per uccidere? Bersagli nel mirino di un fucile?»
«È per questo che siamo qui, per combattere»
«Questa non è una battaglia! È una follia, un inutile massacro!»
«Che cosa ti aspettavi dal fronte?»
Il soldato rimase in silenzio, ma continuò a reggere lo sguardo del suo commilitone. In lui sembrò non riconoscere altro che un’anima perduta, già corrotta dall’insensatezza della guerra.
«Un giorno, se sopravviveremo a questa guerra, ci renderemo conto dei nostri peccati, e allora proveremo soltanto disprezzo per noi stessi. Quel giorno ci vergogneremo di noi stessi e desidereremo soltanto essere morti al posto degli innocenti. Credetemi, voi pensate di combattere per un mondo migliore, ma la verità è che siamo già tutti all’inferno!»
Per un momento all’interno della stanza regnò un lungo silenzio, come se quelle parole così potenti avessero avuto a pieno il loro effetto. Ma fu solo un’illusione.
Ben presto qualcuno poggiò una mano sulla spalla sul soldato premonitore, invitandolo ad andarsene a riposare.
«Non date ascolto al buon Harjula, deve essere già ubriaco!»
Lauri esitò qualche istante, ma poi si unì anche lui alle risate dei suoi compagni. Si sentì uno stupido per essersi lasciato impressionare da quelle parole e continuò la serata ordinando un'altra birra.
Quella notte nessuno voleva ricordare quanto potesse essere miserabile il destino di un soldato.
 
***

Jari attraversò le strade di quel piccolo villaggio sentendosi estraneo e fuori luogo, la pace e la tranquillità della vita civile parvero irreali dopo quel periodo trascorso nelle trincee.
Al contrario dei suoi commilitoni preferì fuggire dalla confusione, si allontanò dalla piazzetta e passeggiò per i vicoli deserti. In lontananza poteva ancora avvertire la musica e le grida dei suoi compagni, così decise di incamminarsi lungo un sentiero di campagna in cerca di silenzio e serenità.
Nella sua mente comparvero i paesaggi invernali della Carelia, cominciava a soffrire sempre di più la mancanza di casa.
Era ancora assorto in quei pensieri quando ad un tratto si accorse di non essere solo. Notò una figura di spalle, qualcuno si era poggiato ad una vecchia staccionata per consumare la sua sigaretta. Una nuvola di fumo si dissolse nell’aria, lo sguardo dell’uomo era rivolto al paesaggio notturno.
Avvicinandosi Jari scorse la divisa da ufficiale, quando egli si voltò riconobbe i lineamenti del tenente Winkler al chiaro di luna.
Bernhard gettò a terra il mozzicone, non parve affatto sorpreso dalla sua presenza.
«Dunque anche tu sei un’anima solitaria» commentò.
Il ragazzo esitò: «stavo solo facendo una passeggiata. Non sapevo che anche tu fossi qui, spero di non disturbarti»
Il tedesco scosse il capo: «la compagnia di un buon amico è sempre ben gradita»  
Jari si rassicurò dopo aver udito quelle parole, anche lui fu lieto per quell’incontro. Inconsciamente il suo istinto l’aveva guidato dal suo comandante.
Il tenente rivolse lo sguardo al sentiero.
«Come è la situazione al villaggio?»
«I ragazzi sembrano aver voglia di divertirsi, ma in realtà credo che siano tutti ansiosi per la prossima battaglia»
«Capisco, almeno sono consapevoli di quel che li attende»
«È per questo che siamo qui, per combattere e svolgere il nostro dovere»
«Purtroppo questa non sarà un’impresa semplice»
«Siamo comunque disposti ad accettare il nostro destino»
L’ufficiale riconobbe la sua sincerità, ma non parve pienamente soddisfatto da quella risposta.
«E tu Jari, che cosa provi in questo momento?»
Il ragazzo ebbe un lieve sussulto, ancora una volta la vicinanza del suo superiore riuscì a metterlo in soggezione.
«Io…non lo so. A dire il vero preferisco non pensare al domani»
«Tutti sono spaventati, è giusto così. A volte la paura è utile, l’importante è saperla gestire»
Jari rifletté su quelle parole.
«Qualunque cosa accada, voglio che tu sappia che sono orgoglioso di averti come comandante»
Winkler provò sincera soddisfazione, ciò dimostrava che era riuscito a conquistare la sua fiducia. Dentro di sé però quella rivelazione acquistò anche un più intimo significato.
I due si guardarono negli occhi, per un lungo momento restarono così, fermi l’uno di fronte all’altro.
Bernhard sfiorò il suo volto con una leggera carezza, egli non si ritrasse, trovando conforto in quel contatto umano.
In quel momento i rispettivi ruoli e gradi militari non avevano più importanza, per quella notte erano soltanto due giovani che non volevano restare soli ad affrontare dubbi e incertezze.
«C’è una cosa che sento di doverti dire…» azzardò Winkler.
Il ragazzo rimase in ascolto, allo stesso tempo ansioso e speranzoso.
«Non voglio avere alcun rimpianto»
Dopo aver pronunciato quelle parole il tenente attirò Jari a sé e lo baciò. Aveva atteso anche troppo a lungo, l’attrazione tra loro era innegabile, era ormai certo che il suo compagno provasse quel desiderio con la medesima intensità. Ne ebbe la prova quando sentì il suo corpo reagire e fremere a quel contatto.
Jari si abbandonò a quelle sensazioni, lentamente dischiuse le labbra, approfondendo sempre di più quel bacio.
Si distaccarono solo per riprendere fiato, rimanendo stretti in quell’abbraccio. Restarono immobili, avvertendo il battito accelerato dei loro cuori e il ritmo irregolare dei loro respiri. Jari poggiò la testa sulla spalla del suo superiore, nonostante tutto in quel momento si sentì al sicuro.
Poco dopo Bernhard si avventò nuovamente su di lui, baciandolo con ancor più impeto e passione.
 
Jari ebbe bisogno di qualche istante per realizzare quel che era appena accaduto. Quando finalmente tornò in sé fu colto dal panico.
Winkler notò la sua agitazione, tentò di calmarlo prendendo la sua mano, ma Jari si ritrasse immediatamente.
«Non avremmo dovuto, mi dispiace…» farfugliò con voce tremante.
«Non preoccuparti. Nessuno saprà mai niente, rimarrà il nostro segreto»
Il giovane finlandese non riuscì a liberarsi così facilmente dai sensi di colpa.
«È solo successo l’inevitabile. Era quello che tutti e due desideravamo, non è così?»
Jari non poté mentire, quella era la verità.
Bernhard si inumidì le labbra e aggiunse con tono lascivo: «ad essere sincero non mi sembra affatto che questo ti sia dispiaciuto»
Il ragazzo non poté ribattere.
«Non pretendo nulla da te, spero solo che tu possa capire»
Jari prese un profondo respiro, poteva comprendere perfettamente le ragioni per cui avevano trovato conforto in quel legame. Avrebbe voluto trovare le parole giuste per esprimere quel che provava, ma non fu necessario. Non c’era altro da aggiungere, quel bacio aveva già espresso ogni cosa.
Winkler si allontanò in silenzio, incamminandosi lungo il sentiero. Jari scelse di non seguirlo, preferì restare ancora solo per qualche istante.
Avrebbe potuto giustificare a sé stesso quel che era accaduto ricorrendo alle estreme circostanze della guerra, ma non era stata solo la disperazione a spingerlo tra le braccia del suo superiore.
Jari sospirò, forse Bernhard aveva ragione, non c’era tempo per i rimorsi.
In ogni caso il giorno seguente tutto sarebbe stato diverso. Doveva riuscire a separare i sentimenti dal proprio dovere sul campo di battaglia.
 
***

Il ritorno in prima linea riportò Jari e i suoi compagni nel mezzo del conflitto, ad affrontare la dura realtà della guerra. Le truppe finlandesi avevano raggiunto la loro postazione dopo lunghi giorni di marcia, da un po’ di tempo i soldati erano bloccati in quell’avamposto, in attesa del grande attacco.
L’atmosfera era carica di ansia e tensione, i volontari restavano in trincea, muti e silenziosi. Nonostante la stanchezza nessuno pensava a riposare, i tormenti che li affliggevano da svegli si trasformavano in incubi durante il sonno. Le illusioni erano ormai svanite, i giovani erano consapevoli di non potersi permettere speranze per il futuro, ma tentavano in ogni modo di non pensare al peggio.
Jari voltò lo sguardo al tramonto, come i suoi compagni fu invaso da una profonda malinconia. Era trascorso ormai più di un anno da quando aveva abbandonato la sua Patria e la sua famiglia.
Era sempre più difficile sopportare quella lontananza, eppure continuava a ritenere di star combattendo per la giusta causa, non rimpiangeva in alcun caso le sue scelte.
Jari rientrò nel rifugio per rannicchiarsi accanto ai suoi commilitoni. Erano tutti distesi a terra, avvolti nelle pesanti coperte, stretti l’uno all’altro. Cercavano di farsi forza a vicenda, lasciandosi confortare dalla semplice presenza dei connazionali.
Jari osservò le gavette vuote avvertendo i crampi allo stomaco. Aveva fame, tutti avevano fame, ma laggiù i rifornimenti faticavano ad arrivare. Bisognava accontentarsi, in quelle condizioni potevano considerarsi fortunati ad avere qualcosa da mettere sotto ai denti, seppur poco era sufficiente a sopravvivere.
Il giovane si rannicchiò nel suo giaciglio, rimase a lungo ad ascoltare i rumori che giungevano dalla superficie. In lontananza poteva avvertire l’eco delle esplosioni. La battaglia ormai era sempre più vicina. Nonostante i mille pensieri e le costanti preoccupazioni alla fine anch’egli fu costretto a cedere alla stanchezza, addormentandosi a fianco dei suoi compagni.
 
Jari si risvegliò avvertendo il forte botto di un’esplosione. La luce tremolante di una candela illuminava il rifugio. Davanti a lui riconobbe le ombre dei suoi commilitoni. Uno di loro tentò di rassicurarlo.
«Questa non era per noi, è meglio tornare a dormire, domani sarà sicuramente una giornata impegnativa»
Il giovane non diede troppa importanza a quelle parole, si riaddormentò sognando i laghi ghiacciati e colline innevate della Finlandia.  
Si risvegliò nuovamente nel mezzo della notte, tutto appariva tranquillo. Tutto sembrava ricordare la quiete prima della tempesta.
Nel buio Jari avvertì una strana sensazione, ormai aveva la certezza che l’attacco avrebbe avuto inizio all’alba.
 
***
 
La situazione al sorgere del sole si era rivelata ben più preoccupante del previsto per i finlandesi. Durante la notte i razzi avevano continuato ad illuminare la terra di nessuno, per tutto il tempo gli spari avevano echeggiato nella vallata.
«Dov’è il nemico?» si chiedevano i soldati scambiandosi sguardi attoniti.
Nessuno poteva saperlo con certezza. L’ultimo messaggio riferiva che i russi avevano conquistato terreno avanzando rapidamente. Poi la postazione d’osservazione era stata distrutta e da allora non era più giunta nessuna notizia.
Avevano notato del movimento oltre ai reticolati, ciò significava che la battaglia era iniziata.
Jari e i suoi compagni però non avevano ricevuto alcun ordine, se non quello di difendere la loro posizione.
Dopo aver atteso a lungo nell’incertezza il giovane si decise a uscire dal suo rifugio per controllare di persona la situazione. In trincea ognuno era impegnato a compiere al meglio il proprio dovere. Le sentinelle erano sveglie e in allerta mentre gli artiglieri erano pronti ai nidi delle mitragliatrici.
Nonostante ciò Jari poté avvertire un insolito nervosismo.
«Che succede?» domandò notando le espressioni preoccupate dei suoi commilitoni.
«La squadra del tenente Winkler non è rientrata. Abbiamo perso ogni contatto con gli esploratori»
Jari avvertì un nodo stringersi in gola, fu sopraffatto dall’angoscia e non riuscì a trattenere la sua reazione più istintiva. 
«Non possiamo abbandonare i nostri compagni, dobbiamo organizzare una missione di soccorso!»
Il sottotenente Rosberg scosse la testa: «il fuoco è troppo intenso. Presto sarà nostro dovere respingere l’attacco, avremo bisogno del sostegno di ogni singolo uomo. Nessuno abbandonerà la postazione sotto il mio comando!»
Jari non poté far altro che obbedire agli ordini del suo superiore. Seppur con rammarico si riunì ai suoi commilitoni e prese posizione accanto alla mitragliatrice.
Il suolo continuava a tremare, le esplosioni erano sempre più intense e ravvicinate. Il nemico aveva intenzione di sfondare per riconquistare il terreno precedentemente perduto.
Jari osservò la terra di nessuno avvolta dal fumo e dalla polvere, sperava ancora di scorgere le sagome di Winkler e i suoi compagni, ma nessun essere umano riemerse dalla nebbia.
 
Erano trascorse ore interminabili, la situazione restava drammatica, peggiorando sempre di più. Il nemico avanzava, il fuoco aumentava, ma non si sapeva nulla più di questo. I soldati erano in attesa di nuovi ordini, ma a causa dell’incessante bombardamento nessuna staffetta avrebbe potuto raggiungere quell’avamposto. Un proiettile aveva colpito i cavi del telefono, dunque erano isolati dal resto della compagnia. Non avevano modo di mettersi in contatto con il centro di comando, non avevano idea di come stesse progredendo la battaglia e di come si fossero organizzate le forze alleate. Dove era la postazione d’artiglieria più vicina? Forse dovevano avanzare nella terra di nessuno per riunirsi ai loro compagni, oppure avrebbero dovuto ritirarsi per rafforzare le difese nella grande trincea?
Per il momento non avevano alcuna risposta alle loro domande.
Il sottotenente Rosberg impugnava saldamente il suo fucile e a denti stretti ripeteva costantemente le stesse parole, probabilmente più per convincere sé stesso che i suoi sottoposti.
«Coraggio, dobbiamo resistere!»
Jari riconobbe il medesimo sconforto nello sguardo spento dei suoi compagni. Erano consapevoli che i rinforzi non sarebbero arrivati, ma allo stesso tempo sapevano di dover portare a termine il loro dovere.
Il bagliore accecante di un’esplosione squarciò il cielo, il giovane restò incantato da quella visione tanto terrificante quanto affascinante. Era pronto ad affrontare il suo destino.
 
Il soldato Halme rientrò nella buca dopo aver completato il suo giro di perlustrazione. Il giovane aveva il volto pallido e si reggeva a stento sulle gambe traballanti. Riferì il suo resoconto con voce tremante.
«Signor sottotenente, l’intera zona è deserta. Ci sono solo cadaveri…»
Rosberg deglutì a vuoto, nonostante cercasse di mantenere un dignitoso autocontrollo dal suo sguardo trapelò puro terrore.
Jari si occupò del soldato Halme offrendogli un sorso d’acqua dalla sua borraccia.
«È stato tremendo, erano tutti morti…quei corpi dilaniati dalle esplosioni erano irriconoscibili. Spero almeno che i sopravvissuti siano riusciti a mettersi in salvo»
«Sono certo che sia così» disse il giovane per rassicurarlo.
«Se non ci decideremo a fare qualcosa anche noi saremo destinati a condividere il loro stesso destino!» replicò il compagno ormai in preda al panico.
«Il sottotenente Rosberg sta rispettando gli ordini, dobbiamo mantenere e difendere la postazione, anche se la nostra resta l’ultima resistenza»
Halme sembrò comprendere la situazione, lentamente tornò in sé. L’agitazione e il nervosismo però restarono evidenti.
«Credi che il tenente Winkler e i suoi uomini siano ancora vivi?» domandò Jari con apprensione.
Il suo compagno mantenne lo sguardo fisso a terra: «purtroppo temo che non abbiano molte speranze»
Jari avvertì una profonda sensazione di ansia e preoccupazione, ma non poteva permettere a questioni personali di distrarlo dal proprio compito.
 
Le prime raffiche si abbatterono sulla loro postazione. I proiettili volarono sopra alle teste dei finlandesi sfiorando gli elmetti.
Jari strinse il fucile, poco dopo i suoi compagni azionarono la mitragliatrice per rispondere al fuoco. Il sottotenente Rosberg era determinato a difendere quel pezzo di terra ad ogni costo.
Jari seguì l’esempio dei suoi commilitoni, si appostò sul bordo della trincea, puntò il fucile e premette il grilletto. Oltre al reticolato poteva scorgere le divise russe. Il giovane riprese a sparare un colpo dopo l’altro.
I finlandesi continuarono a difendere la postazione con tutte le loro forze finché all’improvviso una bomba non colpì in pieno la trincea. Anche i soldati che non furono coinvolti direttamente nell’esplosione furono raggiunti da una pioggia di terra e schegge metalliche. Jari fu scaraventato contro la parete, riprese conoscenza ritrovandosi disteso al suolo. Aveva la vista annebbiata, la testa pulsava dal dolore. Tentò di muoversi, soltanto in quel momento si accorse del sangue che stava fuoriuscendo dal fianco sinistro. Il liquido vermiglio aveva impregnato la divisa squarciata.
Intorno a lui riconobbe i corpi inermi dei suoi compagni rimaste vittime della detonazione. Il giovane provò l’istinto di gridare, ma dalla sua gola uscì soltanto un lamento strozzato.
Fortunatamente un suo commilitone sull’orlo del cratere si accorse che egli era ancora vivo e rapidamente si preoccupò di soccorrerlo. Il soldato fasciò la ferita con una medicazione piuttosto rudimentale, in quelle condizioni non poté fare altro.
In quella drammatica situazione il clamore della battaglia proseguiva inesorabilmente.
I russi attaccarono nuovamente, altri proiettili esplosero nella terra di nessuno.
Il sottotenente Rosberg incitò i suoi sottoposti, provando orgoglio e commozione nel costatare che essi non si erano perso d’animo.  L’ennesimo proiettile scoppiò nelle vicinanze sollevando un’intensa nube di fumo e polvere.
Jari era ormai privo di forze, il sangue riprese a scorrere copiosamente dalla ferita aperta.
Il ragazzo si accasciò al suolo, prima di perdere i sensi i suoi ultimi pensieri furono rivolti ai suoi compagni d’armi dispersi in quella battaglia. La consapevolezza di aver compiuto il suo dovere fu il suo unico conforto. In lontananza poté avvertire ancora le grida dei suoi commilitoni, poi tutto fu avvolto dall’oscurità.
 
***

Yrjö aveva appena terminato di assistere il dottor Lange in una lunga e delicata operazione, era stanco e affaticato, avrebbe soltanto desiderato sdraiarsi sulla sua branda e riposare almeno per il tempo necessario a recuperare le energie. Purtroppo le notizie dal fronte non erano affatto rassicuranti, la battaglia proseguiva ininterrottamente da quella mattina. L’eco delle esplosioni giungeva fino alla parte opposta della vallata, di certo non avrebbe avuto occasione di chiudere gli occhi ancora per molto tempo.
Yrjö prese un profondo respiro, in ogni caso non avrebbe potuto dormire in una situazione del genere, era pronto a tornare al lavoro. Quando vide Hermann entrare nella stanza con un’espressione preoccupata intuì che fosse accaduto qualcosa di grave.
Il tedesco parve esitare davanti al suo collega.
«Coraggio, dimmi…che cosa è successo?» lo incitò il giovane.
«È appena arrivata un’altra ambulanza dalla prima linea, tra i feriti ho riconosciuto uno dei tuoi compagni…immagino che tu voglia vederlo»
Yrjö non esitò nemmeno per un istante, immediatamente chiese all’infermiere di accompagnarlo da lui. Purtroppo Hermann non era riuscito a fornirgli molte informazioni, tutto ciò che sapeva era che il giovane si trovava in gravi condizioni.
Yrjö percorse quel breve tragitto quasi di corsa, il cuore iniziò a battere all’impazzata nel suo petto, ancora non voleva credere che quell’incubo fosse realtà.   
Hermann gli indicò una branda in fondo al corridoio, per rispetto decise di rimanere in disparte. Il giovane assistente si precipitò al capezzale del suo compagno, immediatamente riconobbe Jari disteso tra le coperte insanguinate. Tentò di fare del suo meglio per svolgere il suo compito senza lasciarsi sopraffare dalla più umana preoccupazione, ma non poté evitare di farsi coinvolgere emotivamente.
Yrjö controllò i parametri vitali e sistemò la fasciatura all’addome, il medico che aveva estratto la scheggia all’ospedale da campo aveva sicuramente tentato di fare del suo meglio con quel che aveva a disposizione.
Il giovane si rassegnò, non c’era altro che potesse fare. Jari giaceva inerme nel suo giaciglio, il suo volto era pallido e respirava a fatica. Era incosciente, il suo corpo era scosso da intensi brividi a causa della febbre alta. Doveva aver perso molto sangue, di certo il proiettile doveva aver causato delle lesioni, ma la ferita non si era infettata. Restava ancora qualche speranza.
Yrjö avvertì gli occhi umidi, con grande sforzo riuscì a mantenere abbastanza autocontrollo per non scoppiare in lacrime accanto all’amico ferito. Era talmente sconvolto da non essersi accorto di un’altra presenza alle sue spalle. Ad un tratto uno sconosciuto si avvicinò a lui, doveva trattarsi di uno dei barellieri che si era occupato di trasportare il ferito nelle retrovie.
«Il soldato Koskinen è un suo amico?» domandò notando la sua apprensione.
Yrjö annuì.
«Allora consegno a lei questa busta, era nel taschino della sua giubba»
Dopo avergli affidato la lettera il soccorritore si allontanò per tornare al suo lavoro.  
Yrjö esitò qualche istante, per l’agitazione la missiva scivolò dalle sue mani tremanti. Poiché la busta era aperta il contenuto cadde per terra. Il giovane si affrettò a raccogliere quei fogli di carta, con sua sorpresa trovò anche una fotografia. Incuriosito si soffermò su quell’immagine. Lo scatto ritraeva una ragazza dai lineamenti delicati e i lunghi capelli castani. Sul retro erano scritte poche righe.
 
Al mio amato fratello.
Torna presto a casa, io e papà sentiamo la tua mancanza.
Con affetto,
la tua sorellina Kaija.

 
Yrjö osservò con attenzione il ritratto, ammirando quel viso così dolce e innocente. Pensò che quella ragazza fosse davvero bellissima. Per la prima volta da quando si era ritrovato in quell’inferno provò qualcosa di diverso dall’angoscia e dalla paura.
Avrebbe dovuto provvedere il prima possibile a scrivere alla famiglia di Jari per informare i suoi cari sulle sue condizioni, sentiva che questa fosse una sua responsabilità in quanto amico e commilitone.
Non ebbe tempo di pensare ad altro, dal fondo del corridoio sentì qualcuno invocare il suo aiuto. Rapidamente il giovane infilò le carte e la fotografia nel taschino della giacca e senza più esitare corse a svolgere il suo dovere.
   
 
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