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Autore: Lella73    30/08/2022    11 recensioni
Ho sempre sognato di poter offrire un'opportunità di vivere la propria felicità ai personaggi che ho sempre portato nel cuore. Vi propongo quindi la mia storia, che intrecciandosi alla trama nota che tutti amiamo, lascia tuttavia la porta aperta ad altri sviluppi...
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Victor Clemente Girodelle
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Capitolo 2 - Ronda di notte Alain era appena rientrato da una licenza di qualche giorno. I compagni l'avevano accolto in maniera festosa come sempre e lui aveva riservato una buona parola a ciascuno, anche all'amico "figlio d'un falegname"; "Hei! Sempre a pensare al tuo problema, eh André?!". Lui non gli aveva risposto, gli aveva voltato le spalle e si era coricato, così Alain era rimasto con gli altri: qualche risata, una partita a carte…. Poi si era fatta sera e si era messo a lucidare le fibbie della cintura e gli stivali. Voleva essere in forma e in ordine per l'indomani quando si fosse presentato davanti al suo comandante. Alain guardò André. Aveva gli occhi chiusi e sembrava assopito, ma lui avrebbe scommesso che stesse solo fingendo. La settimana precedente gli aveva servito Madamigella Oscar su un piatto d'argento dopo la serata dalla "Petite Alsacienne" e moriva dalla curiosità di sapere se l'amico fosse riuscito a cogliere l'occasione. In tanti anni non aveva mai conosciuto un uomo più innamorato di quello. Era certo che avrebbe dato la vita per quella donna. Il giorno in cui l'aveva conosciuto beveva solo in una taverna e Alain aveva pensato che fosse la persona più triste che avesse incontrato. Quando gli aveva chiesto di aiutarlo ad arruolarsi nei soldati della guardia, aveva letto tanta disperazione nei suoi occhi che non era stato capace di rifiutate, ma era comunque rimasto stupito: chi diavolo si sarebbe mai disperato per venire a fare quella vitaccia da soldati con un rancio schifoso e una paga misera? Il primo giorno in cui era arrivato in caserma Alain aveva pensato che non sarebbe durato più di due giorni; non esisteva nessuno più diverso di lui da tutti gli altri: André era colto, parlava bene, sapeva scrivere, aveva un portamento elegante e dei modi gentili… e si lavava. Poi l'aveva visto guardare il comandante dopo che l'intero reggimento aveva scoperto che si trattava di una donna e aveva capito tutto: solo per amore si poteva scegliere spontaneamente di sopportare quella vita. Anche lui tutto sommato si era arruolato per amore: per amore di sua madre e di sua sorella, che così poteva mantenere con un minimo di dignità. Dopo pochi giorni gli uomini, che avevano visto André parlare secondo loro un po' troppo col comandante, gli avevano teso un'imboscata e l'avevano pestato senza pietà. Alain pensava che l'avessero ammazzato, invece André aveva dimostrato una buona tempra: pur con qualche acciacco, era sopravvissuto; non si era lamentato, non aveva fatto la spia… ma aveva pianto: aveva pianto per la sua bella, che invece era rimasta immobile e muta a guardarlo. Lui inizialmente se n'era andato dicendole che credeva proprio che André l'amasse, ma poi quando si era reso conto che lei non lo avrebbe nemmeno aiutato a rimettersi in piedi, era andato lui a recuperare l'amico per portarlo in infermeria. Alain ricordò di essersi sentito quasi a disagio: che razza di donna poteva restare così impassibile dinnanzi a un uomo disposto a morire per amore? Ma poi aveva imparato a conoscere anche lei. Quando l'aveva vista la prima volta non gli era piaciuta per niente, ma poi avevano fatto breccia in lui quei capelli biondi… e quel sorriso convincente… Inoltre col passare dei giorni Alain aveva scoperto che il suo comandante non era affatto fredda e distaccata come sembrava; in realtà si prendeva a cuore le persone ed era il comandante più leale che lui avesse mai avuto o conosciuto. Quando avevano arrestato Lasalle l'aveva mal giudicata: aveva pensato l'avesse venduto per un fucile, così si era recato come una furia nel suo ufficio intenzionato a sfidarla per umiliarla: l'aveva vista combattere con la spada, era indubbiamente notevole, ma era stato certo di poterla battere. Marciando verso il suo ufficio non aveva fatto che pensare alle parole più sprezzanti per insultarla. André l'aveva seguito cercando di fermarlo. "No!" aveva tentato di dirgli, "Oscar non è così! Non lo farebbe mai!", ma lui, accecato dalla rabbia, non aveva voluto… o potuto ascoltarlo. Quando aveva fatto irruzione nel suo ufficio, Madamigella Oscar era alla sua scrivania. L'aveva offesa mettendola dinnanzi all'indifferenza che sembrava dimostrare nei confronti di André usando parole dure, poi l'aveva affrontata con violenza, urlandole in faccia accuse infamanti, senza minimamente ascoltare le risposte che lei aveva cercato di dargli fin da subito. Allora, fra gli altri, aveva commesso uno di quegli errori da cui è impossibile scappare: preso dalla foga del momento l'aveva aggredita e le aveva mollato un ceffone. Nel preciso istante in cui l'aveva colpita, qualcosa aveva violentemente colpito lui e a quel punto era stato già troppo tardi per arrestare la furia che gli si era già abbattuta addosso. Quando aveva iniziato a difendersi André gli aveva già assestato almeno quattro pugni in faccia. Ne era seguita una rissa memorabile e nell'intento di dividerli il comandante era finito a terra, colpito certamente da uno di loro due. Le urla e gli schiamazzi avevano fatto accorrere il colonnello d'Agoult, che aveva chiamato soccorso e, con l'aiuto di tre uomini, era riuscito finalmente a dividerli. In piedi davanti al comandante e al colonnello, erano rimasti entrambi zitti e ansanti, col sangue che colava dal naso e le labbra spaccate. Alain aveva notato un labbro tumefatto anche sul bel viso di Oscar e al momento ne aveva tratto soddisfazione. Impassibile aveva ascoltato la punizione: tre giorni di consegna di rigore. Lo stesso per entrambi. André non aveva battuto ciglio. Il colonnello li aveva scortati entrambi in cella di isolamento. Nei tre giorni di solitudine Alain aveva avuto modo di pensare ed era giunto alla conclusione che ciascun uomo ha un limite oltre il quale non permette a nessuno di andare: il suo erano sua madre e sua sorella. Quello di André, evidentemente, era la sua donna. Comunque non se l'era presa con lui e al termine della consegna i due erano tornati ad essere amici come se nulla fosse accaduto fra loro. Al ritorno fra i compagni, poi, gli era corso incontro Lasalle raccontandogli come solo grazie all'intervento personale del comandante Oscar fosse stato graziato e allora si era sentito un vero idiota per essere giunto a conclusioni sbagliate in maniera superficiale. Era andato a scusarsi e a ringraziare e allora vedendo il labbro ancora pesto con un sottile taglio trasversale nel bel viso diafano, si era sentito veramente meschino per aver provato soddisfazione vedendo la stessa cosa tre giorni prima. Dopo l'iniziale diffidenza i compagni avevano accettato André. La sua gentilezza pian piano aveva fatto in modo che tutti finissero col volergli bene: aiutava gli uomini, quasi tutti analfabeti, a mantenere la corrispondenza con le famiglie lontane, si prendeva l'onere di occuparsi di documenti e di stendere inventari, accettava di buon grado gli inviti a bere in compagnia e sapeva offrire una bottiglia in più al momento giusto. Inoltre era diventato presto l'orgoglio di tutto il reggimento appena i compagni si erano resi conto di quanto piacesse alle donne. Non faceva nulla per avvicinarle o per farsi notare, ma più lui restava in disparte e si mostrava disinteressato e discreto, più loro lo corteggiavano. Alain aveva pensato che le donne fiutassero che il suo cuore appartenesse già a qualcun'altra e che proprio per questo facessero a gara per averlo. Al contrario dei compagni, che inventavano ogni genere di esagerazione anche solo per uno sguardo, André non si vantava mai né riportava dettagli scabrosi, ma era impossibile non notare le attenzioni che le donne gli riservavano. Quando la figlia dell'oste della Bonne Table aveva raccontato a tutti come gli avesse donato la sua virtù prima che al marito impostole dal padre, i compagni avevano offerto da bere ad André per almeno un mese. Alain ricordò l'espressione trionfante con cui la ragazza aveva gridato nella bettola affollata di essersi concessa ad André perché, aveva detto, "Non mi sono certo preservata per quel pezzo di contadino con la faccia da tubero"... in realtà il pezzo di contadino la faccia da tubero ce l'aveva davvero, ma era un bravo ragazzo e un gran lavoratore e ad Alain era dispiaciuto sinceramente per lui: tutti l'avevano visto piangere come un vitello. André aveva cercato pure di scusarsi, ma i compagni l'avevano portato via a braccia fra grandi risate. Da allora avevano smesso tutti di trovarsi a bere alla Bonne Table e si erano cercati un'altra osteria, ma la storia della promessa sposa deflorata era rimasta come patrimonio comune del reggimento. Alain guardò di nuovo André: era veramente sicuro che fingesse di dormire; fini di lucidare gli stivali e gli mollò una pedata. Come aveva immaginato, non dormiva affatto. "Hei! Che hai fatto di bello in questi giorni?". André sorrise e per un attimo parve essere altrove. "Niente." rispose. "Niente?" ribatté Alain inarcando un sopracciglio, "Per me invece hai la faccia di uno che ha scopato". André sbuffò e rispose: "E che faccia ha uno che ha scopato?". Lo disse con una tale aria di sufficienza che Alain pensò che il suo piano non avesse funzionato per niente, ma lo incalzò ugualmente. "La tua!" gli rispose. Gli uomini continuavano a giocare a carte. Jacques, zazzera rossa, smilzo, occhi troppo distanti e naso appuntito, mise le braccia incrociate dietro la nuca e iniziò a dondolarsi sulla sedia. Sbadigliò sonoramente e si lamentò di essere troppo stanco; "Non ho dormito per niente stanotte!" disse a voce alta, "Ho passato tutto il tempo ad ammazzarmi di seghe pensando al comandante….", rise, poi: "Cazzo! Darei la palla sinistra per sapere cosa c'è sotto quella divisa!". Scoppiò una risata fragorosa in tutto il dormitorio. André si era alzato; Alain pensava si stesse stirando, invece tirò un calcio alla sedia su cui si dondolava Jacques, facendolo rovinare a terra. Questi si alzò furioso e spintonò André, che però era più grosso di lui e lo scaraventò a terra, dando inizio a una rissa senza esclusione di colpi in cui si immischiò almeno una decina di compagni. Alain guardò André che pestava Jacques di santa ragione e non poté trattenere un sorriso: "Certo che hai scopato figlio di puttana!" pensò, "E so anche con chi hai scopato!". Sospirò fra il soddisfatto e il divertito e cercò di sedare gli animi; dopo una sedia spaccata su una schiena e qualche minaccia, la situazione sembrava tornata sotto controllo, ma gli schiamazzi avevano attirato l'attenzione del comandante, che ora si trovava sulla porta con cipiglio severo. Oscar gridò con disappunto: "Sapete che non tollero risse! Pensavo di essere stata chiara! Dovrò prendere dei provvedimenti!". Quando l'avevano vista, subito gli uomini si erano aggiustati alla bell'e meglio e si erano fermati, ascoltando muti. Alain intervenne tuttavia subito con fare bonario: "Ma no comandante! Quale rissa! Erano giochi fra amici! Ad ogni modo ho visto bene cosa è successo. Lasciate che sia io a prendere provvedimenti questa volta! Chi ha iniziato si becca tre notti di ronda e non ci pensiamo più!". "Va bene Alain" rispose Oscar. Alzò lo sguardo cercandone un altro in particolare, un'impercettibile espressione preoccupata sul bel viso, poi girò sui tacchi e se ne andò. Alain gridò: "Forza ragazzi! Mettiamo un po' di ordine! Jacques, finisci di sputare i denti! André, ti tocca la ronda con me per tre notti, bello!" André saliva di malavoglia le scale verso il muro di cinta. Pensava all'invadenza di Alain: "Hai la faccia di uno che ha scopato". Non aveva mai raccontato nulla a nessuno di donne di cui non gli era importato niente, figurarsi se poteva anche solo venirgli in mente ora di dire qualsiasi cosa di Oscar! … della sua Oscar… di Oscar che ora gli apparteneva… Salendo, un gradino dopo l'altro, ricordò l'imbarazzo per la storia della figlia dell'oste della Bonne Table; quando l'aveva conosciuta aveva pensato che fosse davvero una ragazza carina: sui sedici anni, brunetta, sveglia, simpatica… il padre l'aveva promessa a un ragazzo arrivato dalla campagna per fare il garzone per lui, un giovane con una grossa faccia tonda, il mento sporgente, gli occhi porcini e il naso schiacciato. La figlia dell'oste aveva iniziato a piangere fin dal giorno dell'annuncio: aveva commesso il peccato di aver sognato un futuro migliore e da allora il padre non aveva fatto che darle della sgualdrina e picchiarla. André l'aveva sorpresa un giorno a singhiozzare con una guancia gonfia dopo l'ennesimo schiaffo. Aveva cercato di consolarla con gentilezza e lei gli si era stretta addosso. L'aveva baciato e l'aveva pregato di portarla via, via per sempre. André aveva sentito per lei una pena infinita e aveva pensato che si sarebbe davvero meritata un uomo che la amasse e la portasse via per sempre. Avevano finito col fare l'amore frettolosamente, lei aggrappandosi a lui con disperazione, lui usandole tutta la dolcezza possibile, perché lei potesse almeno conservare un ricordo di tenerezza. Alla fine si erano ricomposti velocemente e quando lei era tornata nell'osteria il padre l'aveva picchiata di nuovo, trascinandola per un braccio. André l'aveva guardata con tristezza, pensando al destino infelice delle donne che, nobili o povere, venivano vendute dagli uomini delle loro famiglie ad altri uomini per pura convenienza. Aveva già raggiunto i compagni quando aveva sentito la ragazza urlare. L'aveva vista guardare il padre con aria di sfida dicendogli che non era più vergine, per poi rivolgersi trionfante agli avventori, quasi tutti soldati della guardia, per annunciare la stessa cosa con parole di disprezzo per il promesso sposo. Questi era rimasto immobile con un barile di birra in mano e aveva iniziato a piangere rumorosamente. André ricordò che avrebbe voluto fare qualcosa, ma i compagni, che l'avevano visto uscire dal retro con la ragazza, stavano ridendo e l'avevano subito trascinato fuori, tra pacche sulle spalle e apprezzamenti vari. L'ultima cosa che ricordava di aver visto mentre la porta dell'osteria si chiudeva, era l'oste che aveva ripreso a picchiare la figlia… In quel momento gli erano venute in mente le molte volte in cui aveva visto il generale Jarjayes picchiare Oscar, senza che lui avesse mai potuto fare niente per impedirlo. Ricordò Oscar aver sempre incassato ceffoni, scudisciate, spinte, umiliazioni verbali senza mai ribellarsi. Il generale nel corso degli anni aveva maltrattato la figlia con qualsiasi pretesto senza mai accettare che lei potesse avere delle intenzioni proprie o un'opinione sua personale. André aveva allora ripensato a un pomeriggio di molti anni prima, quando appena adolescenti lui aveva detto ad Oscar di non scegliere la divisa, ma di concedersi di essere donna. Col tempo aveva avuto modo di rendersi conto che il suo non era stato affatto un buon consiglio. La sua Oscar era stata più saggia… o forse più furba: contrariamente ai suoi consigli aveva scelto l'uniforme e con essa tutta la libertà di un uomo. Se avesse scelto di essere donna il padre avrebbe trovato in breve per lei un marito a cui si sarebbe dovuta sottomettere in nome di un matrimonio conveniente… e lui l'avrebbe persa per sempre. … invece ora era sua… e lo era perché lei lo aveva scelto, perché lei lo aveva voluto, perché lei lo amava. Il pensiero di essere corrisposto dalla sua Oscar gli fece sentire come una sorta di languore tiepido in fondo al cuore. André aveva quasi raggiunto il muro di cinta. Inciampò sull'ultimo gradino e faticò a individuare dove si trovasse Alain. L'occhio destro gli dava sempre più noie e nel buio era decisamente sempre più in difficoltà. Sapeva che avrebbe dovuto parlarne a Oscar, ma… "Domani..." si diceva ogni volta, "domani gliene parlerò…". Alain lo chiamò finalmente a voce alta e allora gli fu più facile raggiungerlo. Si sedette accanto all'amico. Questi gli porse la sua fiaschetta e lo guardò; "Insomma non ti è successo niente di speciale in questi giorni…". André accettò la fiaschetta e sorrise. Non riusciva a fare a meno di sorridere. Bevvero in silenzio. Tornando verso la caserma dopo la loro prima notte, lui e Oscar avevano cavalcato assieme, stretti su César, facendosi seguire dal cavallo di André. Avevano lasciato i cavalli nelle scuderie e si erano congedati senza parlare, solo con un bacio. La giornata era stata poi lunga e pesante: prove di artiglieria per la mattinata e pattugliamento delle strade di Parigi per il pomeriggio. Non si erano nemmeno quasi guardati. La sera André si era rassettato chiedendosi se la notte precedente avesse vissuto un sogno o fosse stato l'inizio di una nuova vita. Aveva temuto che potesse non esserci alcun seguito, invece un compagno era venuto a chiamarlo: "Il comandante ti vuole. Nel suo ufficio. Dice che è urgente.". Aveva raggiunto Oscar facendo i gradini due alla volta. Non aveva bussato per entrare e l'aveva trovata seduta alla scrivania intenta a compilare documenti. Oscar aveva alzato lo sguardo su di lui e gli aveva sorriso con dolcezza. Si era alzata per raggiungerlo mentre lui richiudeva la porta; gli aveva preso una mano fra entrambe le sue e gli aveva detto: "Andiamo a casa. Vieni a casa con me André.". Avevano cavalcato senza fretta verso palazzo Jarjayes e quando erano arrivati era già tarda sera, la cena era già stata servita ma la nonna era stata così felice di averli a casa entrambi dopo tanto tempo, che aveva apparecchiato per loro nelle cucine, come quando erano ragazzi. Sulla tavola poche cose, ma gustose, abbondanti e genuine: formaggio, pane fatto in casa, buon vino e frutta sciroppata. Avevano mangiato in silenzio, guardandosi ogni tanto e ascoltando la nonna, che li aveva sgridati per qualsiasi cosa. Ad André per un attimo era sembrato di avere ancora quindici anni. Improvvisamente li aveva raggiunti madame Jarjayes. Aveva riservato a entrambi qualche parola di tenerezza e aveva dato una carezza alla figlia. Oscar aveva inclinato il viso per trattenere la mano della madre e per ricambiare silenziosamente il suo gesto. André aveva sempre avuto dell'affetto per madame Jarjayes. Era stata lei a chiedere al marito che lui potesse restare presso di loro, quando a soli sei anni era stato consegnato orfano a sua nonna. Sempre madame Jarjayes aveva proposto che lui venisse affiancato a Oscar come compagno di giochi prima e come attendente poi e senza chiedere permesso al marito aveva fatto in modo che lui potesse seguire assieme a Oscar le lezioni del precettore, regalandogli così una formazione culturale di alto livello. Dopo cena tutti si erano ritirati e Oscar aveva aspettato di essere nuovamente sola con André prima di tirarlo piano, aggrappandosi a una manica. "Resta con me…" gli aveva detto. André l'aveva guardata negli occhi e le aveva risposto semplicemente: "Sempre". Erano saliti furtivamente per raggiungere le stanze di Oscar avvolte nell'oscurità. Appena chiusa la porta André le aveva preso il viso fra le mani e l'aveva baciata con passione. Oscar si era lasciata stringere fra le sue braccia. Poi si erano spogliati l'un l'altra... André bevve ancora un sorso dalla fiaschetta di Alain e ripensò con un brivido alla sua Oscar che gli appoggiava l'orecchio sul petto per ascoltare il suo cuore, per poi girargli attorno lentamente carezzandolo sul collo, sulle spalle… poi di nuovo sul petto. Il ricordo delle sue mani sulla sua pelle era un'emozione da serbare gelosamente. Le aveva preso entrambe le mani e ne aveva portata una alle labbra per baciarne il palmo e l'altra alla propria virilità per lasciarsi accarezzare. Alain richiamò la sua attenzione: "Niente di speciale, davvero?". André abbassò la testa e disse piano: "La mia vita inizia con lei. La mia vita finisce con lei. Lei è tutta la mia vita." Oscar nel suo ufficio stava terminando di compilare alcuni documenti. André era in ritardo. Non si erano accordati, ma dopo la prima sera in cui l'aveva fatto chiamare, lui l'aveva sempre raggiunta con qualche pretesto… Era stata una giornata lunga e difficile; una febbricola persistente le aveva reso ogni impegno più faticoso e la tosse non le aveva dato tregua. Non stava bene. Il dottore si era mostrato molto preoccupato riguardo alle sue condizioni. Avrebbe dovuto parlarne ad André, ma ogni volta si diceva: "Domani… gliene parlerò domani…". Il tempo che passavano insieme le riempiva il cuore e l'anima. Da quando aveva ammesso con se stessa di essere innamorata di lui era come se il suo cuore fosse diventato più leggero. Per la prima volta nella sua vita poteva essere se stessa: André la amava così com'era. Accettava che le piacesse essere un soldato e che tuttavia fosse ugualmente bisognosa di dare e ricevere amore. Accettava che lei fosse così rigorosa e integerrima, così come accettava la sua fragilità. Accoglieva la sua passione, così come la abbracciava per proteggerla dal mondo. "Domani…" pensò di nuovo, "domani…". Voleva ancora rubare un giorno di ingenuità per concedersi di avere ancora una notte senza ombre, senza paure… André stava davvero tardando. L'aveva visto quando era intervenuta per la rissa nella camerata. Stava bene… La rissa… Era stata molto chiara riguardo a risse e pestaggi. Aveva dimostrato di non tollerarli ricorrendo a provvedimenti particolarmente duri e severi. "Chissà per quale discussione saranno venuti alle mani questa volta...Carte? Donne?" pensò. Ammise di essersi sentita sollevata nel lasciare che Alain si occupasse di redarguire il colpevole. Era ancora stanca e febbricitante e le era mancata la voglia di indagare e discutere. Aver conquistato la fiducia di Alain le aveva assicurato il rispetto dei suoi soldati. Alain era un alleato prezioso: aveva una buona attitudine al comando e gli uomini tenevano in gran conto la sua opinione. Era allegro e di buon cuore e riusciva con il suo carattere solitamente gioviale a mantenere alto l'umore del reggimento anche nei momenti di tensione. Mal sopportava i regolamenti, ma era onesto e ci si poteva sempre fidare della sua parola. Aveva l'abitudine di dire sempre la verità (o almeno la propria verità) in ogni occasione, in maniera diretta e quasi brutale, cosa che rendeva il pregio della sincerità se non sgradevole talvolta almeno scomodo. Oscar apprezzava molto Alain ma non di meno lo temeva: era imprevedibile e affrontava ogni situazione in maniera passionale. Una volta l'aveva aggredita. In tutto il corso della sua carriera nessun sottoposto si era mai permesso neppure di contestarla, così quando Alain si era presentato nel suo ufficio coprendola di ingiurie per l'arresto del soldato Lasalle si era immediatamente sentita in allarme. Non avrebbe mai pensato che potesse metterle le mani addosso, così quando l'aveva afferrata per la giubba e le aveva sferrato un colpo forte in pieno volto, si era sinceramente spaventata. Alain era un uomo con una stazza importante, le sue mani erano grosse e il colpo era stato decisamente potente. Ricordò di aver sentito immediatamente il sapore metallico del sangue in bocca e di aver pensato che un occhio le stesse schizzando fuori dall'orbita… ma poi… poi era intervenuto André. Il suo André… Mentre stava assegnando sia a lui che ad Alain tre giorni di cella di rigore le erano tornate in mente le sue parole del primo giorno fra i soldati della guardia: "Che tu lo voglia o no, Oscar, io sono l'unico in grado di proteggerti.". L'episodio dell'aggressione da parte di Alain l'aveva colpita più di quanto avesse voluto ammettere inizialmente. A parte i segni sul viso che avevano tardato a scomparire, impedendole così di tornare a palazzo Jarjayes per giorni, per evitare domande soprattutto da parte della sua governante, l'aveva ferita la sicurezza che Alain aveva dimostrato nelle sue accuse, benché palesemente false e prive di fondamento: lei non avesse infatti mai dimostrato slealtà nei confronti dei propri soldati. Eppure Alain era stato certo che lei avesse venduto uno di loro; ne era stato certo solo perché lei era una nobile. Mentre le urlava addosso con disprezzo, aveva letto nei suoi occhi una rabbia cieca dovuta all'odio di classe: lo stesso odio che esprimeva suo padre, il generale Jarjayes, quando si riferiva con lo stesso disprezzo a chiunque non fosse nobile. Resosi conto di aver sbagliato, Alain era poi tornato sui propri passi venendo addirittura a a scusarsi e il suo atteggiamento da allora era decisamente cambiato. Oscar aveva tuttavia comunque continuato a sentire una sottile sensazione di disagio in sua presenza e benché si fidasse sinceramente di lui, aveva cercato sempre di mantenere una certa distanza da lui, pur senza riuscirci troppo, visto che Alain aveva l'abitudine di avvicinarsi spesso a lei in maniera quasi importuna, per rivolgerle a bruciapelo domande anche troppo personali alle quali si sentiva sempre, non sapeva perché, in obbligo di rispondere. André pensava a Oscar che lo aspettava come ogni sera nel suo ufficio. Sarebbe stata delusa di non vederlo. Si sarebbe preoccupata. Restituì la fiaschetta ad Alain e questi bevendo a sua volta gli disse: "Hei amico, ti sei accorto che il comandante non sta bene? È sempre più pallida… e sempre più magra.". André lo guardò sgomento. Certo che se n'era accorto. Non aveva bisogno di vedere bene per capire che Oscar era sempre più magra… fra le sue braccia sembrava ogni giorno più leggera… Perché non le aveva ancora chiesto niente? Alain lo incalzò: "Perché non le chiedi come sta?". André non rispose. "Sai cosa credo?", continuò Alain "Credo che tu non le chieda niente perché hai paura che se lo facessi lei poi ti verrebbe a chiedere del tuo occhio…". Era vero. André ebbe un moto di stizza con il quale cercò di mascherare il dolore per la verità appena ascoltata. "Pensa ai fatti tuoi Alain!" sibilò con rabbia. Alain sorrise scuotendo la testa. "Siete due amanti," disse, un lieve tono di scherno nella voce, "ma siete anche due stupidi!". André si risentì: "Non ti ho mai detto che siamo amanti" rispose, piccato. "È vero," gli rispose l'amico, "non l'hai detto. Lo dico io". Oscar sospirò. Perché André non stava arrivando? Pensò di fare un giro fino al muro di cinta per vedere a chi erano toccati i tre giorni di ronda di notte con Alain, poi si sarebbe fatta venire in mente un pretesto per cercare André nelle camerate. Stava salendo gli ultimi gradini e si era slacciata qualche bottone della giacca per cercare nella frescura della notte un poco di sollievo dalla febbre. Arrivata agli ultimi gradini ascoltò non vista la conversazione fra i due amici. C'era André in punizione a fare la ronda di notte! André? Perché André? … e Alain sapeva di loro… non ne era sorpresa. Era stato lui a ordire il piano per gettarla finalmente fra le braccia di André… Si accorse tuttavia che non le importava che lui sapesse di loro. A dire il vero non le importava più che chiunque lo sapesse. L'avrebbe gridato al mondo, che amava André. Non avrebbe mai più rinunciato a lui. Ma il resto della conversazione l'aveva allarmata: era così evidente che non stava bene? E perché André aveva paura che lei gli chiedesse del suo occhio? "Domani…" pensò un'altra volta, "Domani… voglio ancora una notte…". Si sentì mancare l'aria e si premette una mano sul petto. La tosse la piegò, rivelando la sua presenza. André la raggiunse e in un attimo la stava già stringendo fra le braccia. Che sollievo restare lì, stretta al suo petto… Poco dopo Alain fu a pochi passi da loro; le mani in tasca, un sorriso beffardo, li guardava senza dire niente. André la lasciò andare e Alain guardò il proprio comandante: la giubba slacciata, gli occhi luminosi… da quando quel collo era così lungo e sinuoso? E da quando gli interessava che quel collo fosse così lungo e sinuoso? Se fosse stata sua, lui gliel'avrebbe chiesto come mai non stava bene… scacciò immediatamente quel pensiero dalla mente e disse, con fare canzonatorio: "Tranquilla comandante! Non ve lo porto via tutta la notte André! Basto io qua. Non credo proprio che i parigini correranno ad assaltare la caserma proprio adesso!". Oscar gli sorrise. Lasciò che André le cingesse le spalle e scese con lui. Era molto tardi. Non sarebbero rientrati a palazzo Jarjayes. Si diressero verso il piccolo e spartano alloggio da ufficiale di Oscar. Chiusero piano la porta e lei si sedette in fondo al letto stretto e ordinato, finendo di aprire i bottoni della giacca: aveva bisogno di aria e l'uniforme le stava pesando enormemente addosso. André le carezzò il viso. Lei lo guardò. "Perché c'eri tu con Alain in corvée? Ti hanno aggredito?" gli chiese, seria e assolutamente certa che lui non potesse avere colpa per la rissa nelle camerate. "No" le rispose lui, sorridendo beffardo. "Cos'è successo?". "Niente". André non le permise di continuare a fare domande: non aveva nessuna voglia di raccontare perché avesse aggredito un compagno... In ginocchio davanti alla sua Oscar, la stava spogliando con gesti gentili, prendendosi cura di lei con tenerezza. Le si sedette accanto, poi la sollevò per adagiarsela in grembo. Mentre le lunghe gambe gli cingevano i fianchi, lui la sentì aprirsi, umida e languida, per accoglierlo dentro di sè. Oscar si lasciò prendere con gratitudine, abbandonandosi completamente al suo uomo, lasciandosi amare, lasciandosi toccare, lasciandosi accarezzare, felice di non dover essere né apparire diversa da come era e da come si sentiva. Si amarono in silenzio, per poi rimanere immobili in un abbraccio in cui non servivano parole, la testa appoggiata sulla spalla dell'altro, lei le mani aggrappate alla schiena di lui, lui intrecciate attorno alla vita di lei. Seduto contro il muretto, ad Alain continuava a tornare in mente l'immagine del suo comandante fra le braccia di André. Era felice per lei e per il suo amico… in fondo era stato lui a riuscire a fare in modo che finalmente potessero amarsi… Non riusciva tuttavia a fingere di non sentire qualcosa di pungente nel più profondo di sè; ripensò agli apprezzamenti scurrili di Jacques. Forse anche lui l'avrebbe voluto malmenare se fosse stato in André… "darei la palla sinistra per sapere cosa c'è sotto quella divisa!". Alain rise, ma ripensò al comandante con la giubba appena slacciata sul collo… in realtà avrebbe dato un occhio per vederla interamente slacciata… poi pensò ad André: lui gli occhi glieli aveva dati tutti e due… Alain sbuffò. Gli costò caro, ma fu costretto ad ammettere che madamigella Oscar non gli era per niente indifferente e che forse gli sarebbe piaciuto tenerla fra le sue, di braccia. Bevve fino all'ultimo goccio dalla sua fiaschetta e si grattò la fronte con il pollice, poi disse a se stesso, a voce alta: "Hei bestione! Sei davvero uno stupido!". Oscar e André giacevano in silenzio, stretti nel lettino dell'alloggio da comandante. Il sonno non voleva arrivare per concedere loro riposo e conforto. Oscar pensava che avrebbe dovuto chiedere ad André del suo occhio, ma… "Domani," pensò "voglio tenermi ancora quest'ultima notte…". André avrebbe voluto chiedere alla sua Oscar perché era diventata così sottile e perché la sua pelle era sempre troppo calda, ma poi… "Domani," pensò "glielo chiederò domani".
   
 
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