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Autore: Amaranthine    31/08/2022    1 recensioni
Vi racconto la storia di Severus Snape, da bambino trascurato a potente Mangiamorte, passando dalle disavventure nell'epoca dei Malandrini e attraversando scene che non vedremo mai nella trama originale: l'amicizia con Lily, che diventa qualcosa di più.
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Mangiamorte, Severus Piton | Coppie: Lily/Severus
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Il sole stava tramontando dietro l'orizzonte della fabbrica, l'edificio che si imponeva nel quartiere per la sua decadente immensità. Dall'altra parte del fiume, Severus aveva imboccato la strada di casa. Col calar del sole, l'aria intorno a Spinner's End si era impregnata così tanto dell'odore dell'acqua putrida che il bambino faceva fatica a respirare a pieni polmoni.

Volgeva lo sguardo alle scarpe di tela nera, grandi abbastanza perché potessero continuare a calzargli bene almeno fino agli undici anni. Con la punta vuota della scarpa, il ragazzo diede un calcio a una lattina di birra accartocciata sul vialetto. Il rumore del metallo che rimbalzava sul cemento destò il meticcio di Rottweiler dei vicini. Legato in giardino attorno a una catena robusta, la bestia abbaiò e ringhiò contro il giovane passante, che dal canto suo accelerò il passo senza scomporsi né guardarsi indietro.

Allo stesso modo, superò con forzata indifferenza anche l'ostacolo del numero quindici, dove uno dei pestiferi fratelli era uscito per strada scalzo solo per divertirsi a chiamarlo a gran voce "freak". ["scherzo di natura, mostro" N.D.A.]

Severus non poteva ricambiarlo con uno dei suoi scherzetti, perché in giro c'era troppa gente dalla quale poteva essere visto e lui non voleva incorrere nel terribile rimprovero della mamma, nel caso fosse finita male. Gli sarebbe però piaciuto sfogare le proprie frustrazioni su qualcuno. Stava infatti pensando a Lily, ai mille modi diversi coi quali avrebbe voluto parlarle e a quanta paura aveva di aver commesso errori troppo fatali per continuare a sperare di rivederla ancora.

Prima ancora di imboccare il vialetto per casa sua, che aveva le sembianze di una grossa scatola di legno rettangolare cinta da una palizzata marrone, aveva già distinto le voci dei suoi genitori che litigavano. La finestra del salotto era aperta. Una tendina ingrigita ondeggiava sospinta dal vento, nascondendo a malapena chi vi era dietro, ma non certo le loro voci.

Il bambino si pietrificò. Era così assuefatto ai litigi dei suoi genitori, che gli parve di sentire l'odore della birra fuoriuscire dalle fauci del padre anche da quella distanza. Sbraitava rauco qualcosa a proposito dei soldi, mentre sua madre ribatteva esasperata che l'unico a sperperarli era proprio lui.

Fu tentato di scappare. Il fiume non sembrava più un nemico così ostile, in confronto al resto. Si ricordò però che se fosse rientrato troppo tardi avrebbe fornito al padre una buona scusa per buscargliele.

Strinse i denti e si fece avanti. Entrò in casa, che si apriva in quel salotto spoglio dov'erano soltanto un divano e un tavolino posti davanti alla TV. La poltroncina in pelle era sporca di sudore e residui di cibo, consumata su più parti, ed era di rigorosa proprietà del padre.

I suoi genitori si fronteggiavano al centro della stanza, che come previsto puzzava di malto e dell'odore di una misera cena a base di cavoli che proveniva dalla cucina.

Sua madre aveva il trucco sbavato. Tracce di matita e mascara colavano lungo le guance. Si voltò verso il figlio molto sorpresa. Non era una grande bellezza: molto magra, i suoi lineamenti erano spigolosi e aveva un grosso naso ricurvo. Tuttavia, nei suoi momenti di fragilità traspariva la parte più femminile di lei, di solito sepolta sotto spessi strati di alterigia e rifiuto emotivo.

"Ah, sei già qui?" Sbottò la donna, imitando il tono prepotente che il marito aveva appena rivolto a lei. "Vai a mangiare e poi fila a letto. Cosa diamine farai tutti i pomeriggi in giro... non voglio nemmeno saperlo!"

Elaine stava ancora strillando quando Severus sgusciò in cucina. Lì l'odore del cavolo era pungente, ma vicino ai piatti vuoti dei suoi genitori c'è n'era uno sul tavolo ancora pieno di verdure tiepide, accompagnate da bocconcini di carne.

"Tienilo d'occhio. Non devi permettergli di fare quelle cose o la faccio pagare anche a te, hai capito?" Riprese a urlare il padre, dall'altra stanza. "È un mostro. Siete tutti e due dei mostri! Quanto avrei voluto non avere mai a che fare con voi."

Doveva essersi gettato in poltrona, che infatti cigolò. Il ragazzo si affrettò a consumare il pasto, prima che la madre venisse a cercarlo per fare pagare a lui gli insulti appena ricevuti dal marito.

Tobias accese la televisione e seguì un quiz a premi a tutto volume. Severus, che dava le spalle alla porta, non si accorse dell'arrivo della madre fino a quando non la vide mettersi seduta vicino a lui.

Il bambino masticò e deglutì così velocemente che pensò seriamente di strozzarsi.

"Noi non siamo mostri." Sussurrò la donna con austerità, controllando ripetutamente la porta. Severus non poteva smettere di fissare quel trucco sbavato, che portava all'estremo il senso di infelicità e trascuratezza che già normalmente emanava la madre. "Siamo maghi e, come anche tu puoi ben vedere, valiamo molto più dei Babbani. Ricordatelo sempre."

Si rialzò, scattante come una spia che avesse appena consegnato un messaggio, e iniziò a riassettare la cucina come se nulla fosse.

Più tardi, Tobias russava in poltrona, circondato da lattine di birra scadente, che gli rotolavano sugli addominali già gonfi. Severus si preparò per andare a letto. Infilato il pigiama verde, troppo corto su polsi e caviglie, si rilassò tra le lenzuola lerce di sudore.

La sua stanza era così piccola che una sola lampadina sul comodino bastava a illuminarne ogni angolo. La lasciò accesa. Non aveva voglia di precipitare nel buio. Ne aveva già abbastanza dentro di sé.

"Perché non stai ancora dormendo? Spegni quell'affare! Pensi forse che siamo ricchi?" Lo sgridò Elaine, spalancandogli la porta senza alcun riguardo.

Severus si era accucciato sotto il lenzuolo. Guardò la testa della madre sbucare dalla porta senza dire nulla. Si era struccata e ora sembrava più vecchia di quanto non fosse.

Data la mancanza di reazione, Elaine sbuffò e corse a spegnere la lampada sul comodino al posto suo.

"Perché hai sposato un Babbano, se sono inferiori a noi?" Domandò Severus all'improvviso, incoraggiato dall'arrivo del buio.

Non riusciva a intravedere che l'ombra della madre, ma sapeva che si fosse immobilizzata dandogli le spalle.

"All'epoca non lo sapevo." Rispose, in un sussurro spezzato.

Esitò, come se volesse continuare a parlare. Invece si dileguò in gran fretta fuori dalla porta, senza nemmeno avere l'accortezza di dare la buona notte al figlio.

Abituato all'abbandono, Severus ne soffrì solo un secondo, prima che il suo istinto di sopravvivenza lo portasse a spostare attenzione sul suo unico pensiero felice. Lily, che per fortuna non era una Babbana, ma una Mudblood.

Il che, ricordò, non era poi qualcosa di buono. Essere una Mudblood era molto peggio che essere un Mezzosangue, come lo era lui, che almeno aveva dei parenti magici, sebbene non li avesse mai conosciuti.

"Lei mi piace lo stesso..." Mormorò in risposta ai propri pensieri, poco prima di scivolare nel sonno.

Sognò di diventare amico di Lily, di andare a Hogwarts con lei e di essere finalmente un bambino felice.
 

***

 

   
 
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