23
Pur
se si trovavano nei sotterranei di Hindarall, ben protetti dai
combattimenti, il
frastuono terribile della battaglia che stava infuriando in superificie
giungeva comunque alle loro orecchie.
Ragnhild
lanciò un’occhiata preoccupata a Sthiggar ma, nel
notare unicamente la sua
determinazione, si sentì in parte rincuorata. Chi la
preoccupò però fu la
regina che, invece, recava evidenti sul viso piacente i segni
dell’ansia e
della tensione fin lì accumulate.
Il
loro viaggio di ritorno verso Muspellheimr, almeno agli occhi della
sovrana,
dava l’idea di essere durato settimane pur se, nella
realtà, era trascorso poco
più di un giorno e mezzo.
Il
pericolo di non ritrovare più i propri cari, o un Regno su
cui governare,
doveva essere stato così terribile da averle dato
l’impressione di aver
trascorso un tempo infinito, lontano dalla propria patria.
“Non
temere per la regina. E’ più forte di quanto non
pensi” mormorò Sthiggar,
sorridendole non appena ne intercettò lo sguardo.
Lei
assentì al suo dire, sapendo quanto l’altro
conoscesse la donna e, sempre
tenendosi salda al pelo corvino di Hati, domandò turbata:
“Cosa dovrò
aspettarmi, là fuori?”
“Credo
che la cosa che ci si avvicini di più siano le battaglie dei
vostri film
fantasy. Non saprei in che altro modo spiegartelo” le disse
spiacente Sthiggar,
vedendola sgranare lentamente gli occhi in risposta.
“O-okay…
quindi, navi volanti, nani ed elfi che sparano laser, oppure cavalieri
in arme
e spade un po’ ovunque?” tentennò lei,
non sapendo fino a che punto avrebbe
potuto sopportare quel nuovo genere di realtà.
Lei
era cresciuta in un mondo mitologico e circondato da quello reale e fin
troppo
semplicistico degli umani, perciò era abituata a un buon
numero di stranezze.
Non era però certa fino a che
punto potesse
arrivare, con le assurdità e, finora, ne aveva viste
decisamente molte.
Così
tante, a ben vedere che, presto o tardi il suo cervello le avrebbe
chiesto il
conto.
“Metti
tutto insieme e ci sei vicina” ammise Sthiggar nel frattempo,
ammiccando
spiacente al suo indirizzo.
“Non
temere, ragazza. Se la vista di nostro zio non ti ha turbato, neppure
il resto
lo farà. O, per lo meno, non lo farà ora”
intervenne Hati con tono rassicurante.
“Cioè,
vuoi dire che avrò una crisi di nervi
dopo aver fatto quel che ci si aspetta che io
faccia” borbottò Ragnhild,
annuendo recisamente. “Che sarebbe, poi?”
“Lo
vedrai” tergiversò Sthiggar, inclinandosi
leggermente al pari di Ragnhild
quando Hati scartò velocemente a destra per imboccare un
nuovo cunicolo.
L’interminabile
rete di bioluminescenza intessuta nelle maglie stesse delle pareti
illuminava i
condotti l’uno dopo l’altro, rendendoli agibili e
percorribili anche alla
velocità sostenuta che stavano tenendo.
Di
quella strabiliante magia, però, Ragnhild notò
ben poco.
A
rimanerle impresso fu il tentennare evidente di Sthiggar che, forse per
la
prima volta, evitò di dirle la verità.
Fu
per questo che lo colpì allo stomaco col dorso della mano
– pur facendosi un
male del diavolo – e sbottò dicendo:
“Perché cavolo
non mi dici cosa succederà? Ho il diritto di
sapere!”
Lui
sbuffò per diretta conseguenza e, dopo essersi passato una
mano tra le folte
onde fulve come a voler trovare il coraggio di parlare,
borbottò: “Sto solo cercando
una spiegazione semplice alla
tua domanda. Non è molto facile spiegarti cosa
succederà dopo.”
“Beh,
trova le parole alla svelta, perché vorrei prepararmi
psicologicamente”
brontolò a quel punto lei, fissandolo arcigna. “Io non sono abituata alle battaglie come
te, anche se sono nata in
un branco di guerrafondai e mi hanno addestrata a menar le mani, quando
serve.”
“Diverrà
un gigante di fuoco” intervenne a quel punto Hildur, parlando
dalla groppa di
Fenrir, che li sopravanzava tutti. “In tutti i
sensi.”
Mentre
Ragnhild sbottava con un ‘porca
vacca’
piuttosto sentito, Sthiggar ringhiò
un’imprecazione all’indirizzo della cugina,
ma quest’ultima aggiunse serafica: “E’
inutile che ci giri intorno, Sthigg.
Prima o poi ti vedrà anche
in quella
forma.”
“Sei
così terribile a vedersi?” domandò a
quel punto Ragnhild, sbattendo
furiosamente le palpebre nell’osservarlo con aria sgomenta.
Lui
allora poggiò un momento il capo contro la spalla della
giovane, sospirò e
ammise: “Diverrò alto come un palazzo di otto
piani, per lo meno, almeno a
giudicare dall’energia che mi sta vorticando dentro, e
sarò completamente
circonfuso di fiamme. Quanto al resto, beh… dovrai farlo tu.”
“Io?
In che senso?” sbottò Ragnhild, senza capire.
“Verdandi
è stata chiara. Non posso semplicemente
usare
ciò che mi è stato concesso, e cioè
l’energia vitale di Yggdrasil. Dovrò dosare
ogni particella di quel potere, o scatenerò io stesso il
Ragnarök, perciò entri
in gioco tu e il tuo ruolo di Elsa. Dovrai aiutarmi a gestire il potere
della
Spada Fiammeggiante e, per farlo, sarai con me durante la
battaglia” le spiegò
Sthiggar, spiacente. “Non so in che altro modo affrontare la
cosa e, visto che
non ho ancora potuto addestrarmi in tal senso, dovremo andare a braccio, come abbiamo fatto finora, ma
in modo più scrupoloso.”
Ragnhild
assentì lentamente, i denti bianchissimi a mordere il labbro
inferiore ormai
rosso e martoriato dal suo timore crescente e, nello stringere una mano
di
Sthiggar, mormorò: “Anch’io
diventerò così grande?”
“Non
serve. Siederai su una mia spalla e ti reggerai a me, aiutandomi a
compensare
le energie primigenie dell’Albero della Vita”
dichiarò a quel punto lui.
“Abbiamo già visto che ne sei in grado, solo che
stavolta l’energia sarà un tantino
più grande rispetto a quella di
Midghardr.”
Ragnhild
sbuffò di fronte a quell’ovvia osservazione ma,
riuscendo in qualche modo a
raffazzonare un sorriso che fosse convincente, carezzò quel
volto ormai a lei
così tanto caro e mormorò: “Mi piace
l’idea di non doverti aspettare inerme
sulla nave… anche se ho una fifa blu al pensiero di quello
che dovremo
affrontare.”
“Credimi,
non sei l’unica ad avere timore di quello che dovremo fare
là fuori perché, in
tutta onestà, è la mia prima
volta,
nelle vesti di Spada Fiammeggiante. Dopotutto, però, abbiamo
già affrontato una
tempesta assieme, no?” ammiccò Sthiggar, dandole
un buffetto sul naso.
“E
siamo stati bravi” assentì Ragnhild, sentendosi un
tantino meno in ansia, al
pensiero che anche Sthiggar non si sentisse così
sicuro di sé.
Lui
si limitò ad anuire e, nel darle un bacio,
sussurrò subito dopo: “Domeremo
assieme anche questa tempesta, e
faremo vedere a tutti cosa vuol dire far incazzare una donna
berserkr.”
“Una
muspell” replicò lei, scrutandosi le mani prima di
aggiungere: “Percepisco la
differenza, in qualche modo e, anche se ti sembrerà strano,
mi sento… giusta.”
“Immagino
sia perché, finalmente, l’Elsa è stata
risvegliata e tu sei nel posto che ti
competeva fin dall’inizio” convenne Sthiggar mentre
l’andatura dei tre
licantropi andava rallentando.
Ragnhild
assentì pensierosa alle sue parole, sperando che
ciò bastasse a renderla degna
del compito che il Cosmo, o chi per esso, aveva posto sulle sue spalle.
Per
dodici anni aveva vissuto nell’ombra del fratello, sentendosi
solo una parte
insignificante del Tutto che li circondava mentre ora, su quel mondo
sconosciuto, sarebbe stata la protagonista della sua vita per la prima
volta.
Sperò
davvero che non fosse anche l’ultima.
Hildur
indicò un portone brunito, nel frattempo e, torva,
osservò il gruppo prima di dire:
“Quella è l’entrata secondaria degli
imbarcaderi. Preparatevi, perché potrebbe
esserci di tutto, oltre quella porta.”
Sthiggar
lanciò un’occhiata a Thrym e Flyka che, annuendo,
dissero: “Alla regina e a tuo
padre pensiamo noi.”
Lui
assentì rapido e Hildur, nel recuperare diverse armi da una
nicchia magica
nascosta nel muro, le consegnò a ognuno di loro, aggiungendo
lapidaria:
“Nessuna pietà, neppure per i nostri. Non sappiamo
di chi fidarci, a questo
punto. Chiunque ci attaccherà dovrà essere
considerato un nemico, anche se avrà
un volto conosciuto.”
Il
gruppo assentì in toto e Ragnhild, nel tenere la daga che
Hildur le porse, borbottò:
“Beh, se non altro il mio addestramento verrà
buono a qualcosa.”
“Poco
ma sicuro, ragazza” dichiarò Hildur, dandole una
pacca sulla spalla prima di
aprire il portone d’ingresso per poter controllare
l’interno dell’imbarcadero.
Ciò
che ne seguì fu caos allo stato puro.
Un
contingente di dokkalfar li assaltò, sorpresi dalla loro
presenza all’interno
del pontile coperto e Hildur, nello snudare la spada, lanciò
un grido di battaglia
a cui si unì quello di Sthiggar, parimenti al ringhio corale
dei tre
licantropi.
Thrym
e Flyka, nelle retrovie, si posero invece a difesa della regina e di
Snorri,
mantenendosi radenti al muro e procedendo lentamente verso la Sala dei
Cimeli,
dove avrebbero trovato Naglfar.
Forte
del suo addestramento e piena di una rabbia fin lì mai
veramente lasciata
esplodere, Ragnhild non ebbe problemi a combattere il nemico e, memore
di ciò
che era accaduto a Sthiggar, si tenne ben lontana dalle armi dei
dokkalfar.
Sfruttando
le sue abilità evasive e l’agilità
ferina che le derivava dall’essere stata addestrata
dai più potenti berserkir del branco, la giovane
schivò egregiamente i primi
attacchi, puntando a rendere inermi i suoi nemici con controffensive
mirate.
Colpendo
chirurgicamente i talloni dei nani per renderli inermi,
lasciò a Sthiggar il
compito di finirli, non sentendosi ancora del tutto pronta a terminare
una
vita, foss’anche quella di un nemico.
Trovò
comunque strano poter mettere finalmente in pratica il suo
addestramento ma,
quel che la sorprese di più, fu percepire la risposta del
suo corpo al calore
interno che avvertiva sempre più forte.
La
sua fiamma si stava svegliando per la prima volta, e le stava dando una
mano a
combattere, a reggere la richiesta fisica di energia che, quel
combattimento
all’ultimo sangue, stava esigendo. Il solo pensiero la rese
impavida e, senza
alcuna paura, proseguì nel suo attacco al fianco di Sthiggar.
Quand’anche
l’ultimo dokkalfar fu reso inerme, Ragnhild si concesse di
lanciare un grido di
furore e soddisfazione tale da far sorridere i presenti.
Hildur
fu la prima a congratularsi con lei, dandole un forte quanto rapido
abbraccio
dopodiché, nel controllare che non avesse ferite, le sorrise
complice e disse:
“Certe tue mosse erano davvero degne di nota. Ricevete un
addestramento niente
male, nel vostro clan.”
“Mi
spiace ammetterlo, ma su questo punto mio padre fu
inflessibile” ammise suo
malgrado Ragnhild prima di sorridere a un orgogliosissimo Sthiggar.
“Ordinò che
i miei cugini mi addestrassero al meglio, perché la figlia
del capoclan non
poteva essere seconda a nessuna, tra le donne berserkir, e questo
è il
risultato.”
“Non
posso che compiacermi del lavoro fatto da quei ragazzoni,
allora” chiosò lui,
stringendola a sua volta in un rapido abbraccio. “Hai
avvertito la fiamma
risvegliarsi, vero?”
“Sì”
assentì lei, ancora sovraccarica di energie.
“E’ stato strano ma… bello.”
“Ti
abituerai, e sarà sempre meglio” le
spiegò lui, scostandosi per poi darle un
veloce bacio sulla fronte accaldata.
Quando
Hildur li vide separarsi, replicò il controllo anche sul
cugino che, ormai
abituato alle sue attenzioni, la lasciò fare senza lagnarsi.
Era da una vita
che la cugina si preoccupava per lui e, se non l’avesse fatto
anche in quel momento,
gli sarebbe parso davvero strano.
Soddisfatta
dal proprio esame, la donna sorrise quindi a Ragnhild e disse:
“Ho avuto paura per
la tua sorte per circa due secondi ma, già al terzo, ho
temuto per i nostri
nemici.”
La
giovane arrossì deliziata per quel complimento e Hildur,
ridendo nel dare una
pacca sulla spalla al cugino, chiosò: “Non potevi
che trovarti una compagna di
tal fatta, Sthigg.”
Nell’avvicinarsi
nuovamente a Sthiggar, Ragnhild scrollò le spalle e ammise:
“Avevo un po’ di
rabbia repressa da smaltire.”
“Spero
tu ne abbia ancora” ammiccò a quel punto Sthiggar,
lanciando quindi un’occhiata
al resto dei loro amici.
Fenrir
si stava ripulendo una zampa dal sudiciume, mentre Hati era intento a
leccare
una lieve ferita che Sköll aveva rimediato a causa di un
archibugio dei
dokkalfar. Nel complesso, comunque, il gruppo poteva ancora vantare il
pieno
delle proprie forze.
Non
restava che raggiungere Naglfar e, con essa, attaccare i loro nemici
per poi
dare man forte a Surtr e alle truppe alleate.
***
L'oceano senza tempo né
spazio in cui viveva Jörmungandr
era ancora placido e immoto, quando tornarono dai ghiacci di
Jötunheimr e
Mattias, nel lanciare uno sguardo alle proprie spalle,
sospirò ansioso e disse:
"Spero davvero che Raggie non abbia problemi, e non si senta troppo in
colpa. Era giusto che accadesse,
anche se è stato più
doloroso di quanto pensassi."
"Sapevi fin dall'inizio che se ne
sarebbe
andata?" gli domandò Odino con tono comprensivo.
"Non del tutto. Sapevo soltanto che
mia sorella
era speciale in modi che nessuno poteva comprendere a parte me e che, a
causa
di questa sua unicità, non avremmo potuto vivere assieme, se
non per un breve
periodo. Per questo ho sempre
tentato di far capire ai miei
genitori che anche lei meritava le loro attenzioni, ma loro vedevano
unicamente
me e l'anima di Urd che risiede nel mio animo" sospirò il
ragazzino,
scrutando l'orizzonte e il tramonto eterno che tingeva il cielo con
colori
variopinti.
Quella calma apparente e quei
paesaggi di dolente
bellezza dovevano essere piacevoli, nel breve periodo, ma Mattias aveva
il
sospetto che, a lungo andare, potesse venire a noia anche la perfezione
più
abbagliante.
Nella sua breve esistenza aveva
tentato di fare questo,
per Ragnhild; rendere tutto più bello e più
accettabile possibile, in vista di
ciò che sarebbe avvenuto nel suo futuro, ma sapeva di non
esserci riuscito.
Aveva potuto darle soltanto tutto
il suo amore,
essendo mancato pienamente quello dei genitori, ma non era certo che
fosse
bastato a renderla felice. Solo l’arrivo di Sthiggar aveva
riempito le sue
giornate, portandola a sorridere pienamente come lui aveva da sempre
sperato
che accadesse.
"Niente è mai veramente perfetto,
vero?" domandò a quel punto il ragazzino, lanciando
un'occhiata
interrogativa al dio. “Anche se ce la mettiamo tutta
perché sia così.”
"No, niente lo è. Anche
se, come hai giustamente
fatto notare, tentiamo di avvicinarci il più possibile alla
perfezione. Donai
il mio occhio per ottenere la conoscenza, ma neppure questa mi fece
divenire la
creatura perfetta che sognavo di essere. Ero pieno di boria, di
supponenza e di
malcelata superiorità nei confronti dei miei simili, e
questo mi condusse in
errore" gli spiegò il dio orbo con tono fiacco. "Feci del
male ai
figli di Loki unicamente perché non mi fidavo del mio
congiunto, e questo diede
il via al conto alla rovescia che ci avrebbe condotti al
Ragnarök perciò, come
vedi, non basta il potere per ottenere il sapere assoluto. Anche se ora
abbiamo
scongiurato quel finale, non lo
eviteremo in ogni caso."
"Ma, indipendentemente da tutto, il
Ragnarök
avrebbe avuto il suo inizio" replicò Mattias con candore.
"Niente
dura in eterno e ogni cosa ha il suo cerchio esistenziale a cui fare
riferimento. Ora come ora, le lancette del Ragnarök sono state
scardinate a
causa della tregua venutasi a creare tra te e Fenrir. Inoltre, essendo
stata
risvegliata la Spada Fiammeggiante di Surtr, nessuno sa cosa
potrà avvenire.
L’entropia è la Legge che domina ogni Universo,
solo che ora le sue regole non
sono più quelle che, fino a questo momento, abbiamo sempre
conosciuto."
Odino levò un
sopracciglio con aria ancora perplessa
e, divertito, esalò: "Trovo ancora assurdo il pensiero che
sia bastato che
io e Fenrir parlassimo, per cambiare le carte in tavola."
"Non siete due semplici pedoni su
una scacchiera.
Le vostre parole hanno un peso specifico ben diverso dagli altri
perciò sì,
avete cambiato le regole del gioco, venendo a patti col vostro passato.
Sól non
avrebbe mai dovuto incontrare Sköll, se non alla fine dei
tempi, e questo
avrebbe permesso al figlio di Fenrir di compiere la sua opera di
distruzione
senza alcuna pietà. Essere venuto in contatto con lei, aver parlato con lei, ha cambiato le carte
in tavola per l’ennesima
volta. Allo stesso modo, la nascita di mia sorella ha dato il via a una
serie
di eventi che ci ha condotti fino a qui."
"E' nata in un momento particolare,
per
caso?" domandò dubbioso Odino.
"Il trentun dicembre 1999, alle
23.59 e 59
secondi" sottolineò Mattias con un sorrisino.
"E' nata con il nascente nuovo
millennio…"
mormorò sorpreso Odino. "… e Mercurio era in
Capricorno1, in
quel momento. Un carattere forte e determinato, oltre che diretto,
quindi."
"Mia sorella avrebbe potuto
sverniciare le
persone con le sole parole, se avesse veramente
voluto” ironizzò suo malgrado Mattias,
annuendo alle parole del dio. “I
miei genitori avrebbero dovuto cogliere i segni, comprendere che un
simile
evento astrologico non era casuale,
ma
non si resero conto di cosa, quella data, volesse dire. Raggie avrebbe
dovuto
nascere due settimane dopo, stando
a
quanto detto dal medico, ma neppure di questo si
preoccuparono.”
Ciò detto, Mattias
scosse il capo per la frustrazione
e, fiacco, ammise: “Quando nacqui io, ascoltarono solo
ciò che disse la nostra Saggia,
e cioè che dentro di me era rinata Urd. Nessuno si
chiese perché fosse
discesa dentro di me,
pensarono solo agli onori che sarebbero spettati al nostro clan."
"Urd rinacque per essere al fianco
di Ragnhild
nel momento della Rivelazione, dunque" ipotizzò Odino,
levando sorpreso le
sopracciglia.
"Esattamente. Per parte mia, ho
cercato di essere
un buon fratello, anche se so che a volte la facevo ammattire" sorrise
appena Mattias. "Mi mancherà da matti, ma so che doveva
andare.
Lei è nata su Midghardr solo perché non poteva
trovarsi su Muspellheimr, quando
Sthiggar si fosse risvegliato. Sthigg doveva giungere da solo alla
coscienza di
sé e della sua Fiamma Viva, altrimenti anche Ragnhild si
sarebbe risvegliata al
pari suo, e allora..."
"Dovevano avere un bagaglio emotivo
di un certo
tipo ma, soprattutto, diverso, per
poter contenere i loro rispettivi poteri, scoprendo di essere
interconnessi
unicamente quando non potevano essere pericolosi per loro stessi e per
i Nove
Regni" disse per lui Odino, comprendendo finalmente ciò che
era accaduto.
A sorpresa, anche Jor intervenne in
quella
dissertazione, asserendo: "Su Midghardr avrebbero potuto imparare a
interconnettersi senza, per questo, risvegliare la Spada Fiammeggiante,
che ha
bisogno del potere di Yggdrasil, per risorgere, vero?"
"Esattamente" mormorò
Mattias, annuendo al
suo dire. "Ogni cosa doveva avvenire secondo una tabella prestabilita
solo
che, nel frattempo, si sono innamorati."
"Beh, a volte capita"
ammiccò Odino,
scendendo dalla schiena di Jörmungandr quando quest'ultimo si
fermò in
prossimità della spiaggia da cui erano partiti poche ore
prima.
Aiutato Mattias a discendere,
Occhiosolo scrutò
pensieroso l'uomo che era tornato a essere Jor e, con un pesante
sospiro,
asserì: "Vorrei poter sbrogliare anche la tua matassa, ma
credo non si
possa fare nulla."
"Lo so perfettamente, Occhiosolo.
Sono
incommensurabilmente grande per qualsiasi mondo e, contrariamente a mio
fratello Fenrir, non posso mantenere la mia forma umana se non qui in
questa
realtà, perciò capisco e accetto il mio esilio.
Ora che ho potuto conoscere la
mia famiglia, posso almeno credere che la mia solitudine sia valsa a
qualcosa" scrollò una spalla Jor con aria beffarda pur se
rasserenata.
"Vedrò se mi
è possibile aprire altri varchi,
così che sia più facile, per Brianna, giungere
qui. Il sito megalitico di Long
Meg, da cui è riuscita a giungere qui per la prima volta,
è un po’ troppo
affollato di turisti, perciò vedrò di capire come
trovare altri passaggi più
agevoli. Sono sicuro che lei ci tenga molto" dichiarò a quel
punto Odino,
abbozzando un sorriso.
Jor gli tributò un cenno
grato del capo dopodichè,
rivolgendosi a Mattias, aggiunse: "Tua sorella è stata
gentile, con me, e
di questo io non mi dimenticherò. Sappi che, semmai avrai
bisogno di qualsiasi
cosa, avrai il mio appoggio."
Mattias assentì con un
sorriso e, proprio come aveva
fatto Ragnhild, abbracciò Jörmungandr, lasciandosi
a sua volta stringere tra le
braccia di quel giovane immortale e dall’animo
così dolente.
Il bacio che gli diede sulla
guancia fu istintivo,
così come istintivo fu salutarlo con un largo sorriso,
sorriso che Jor replicò
con un candore a lui insolito e che, nel cuore di Odino,
risvegliò il desiderio
di portare un po’ di pace al fratello di Fenrir.
Prima di dirigersi verso la
scogliera che nascondeva i
Baffi di Ymir perciò, Occhiosolo disse: “Fosse
anche l’ultima delle mie azioni,
ma non sarai più solo, Jörmungandr. Te lo
prometto.”
Il figlio di Loki
assentì recisamente e, nel volgersi
verso l’oceano infinito dell’eternità,
riprese forme animali e svanì alla loro
vista.
Non appena il varco venne riaperto,
la coppia
attraversò a ritroso il percorso, lasciandosi sfiorare dalla
pianura ricoperta
dai Baffi di Ymir. Quando infine si trovarono dinanzi ai cancelli che
li
dividevano dalla spiaggia di Andenes, Odino sfiorò la runa
per aprire il varco
e mormorò: "Grazie per la tua intercessione, Madre."
In un bagliore rosato, i due furono
nuovamente
all'esterno ma, quando Mattias posò lo sguardo sul suo
compagno di viaggio,
trovò ad attenderlo il giovane Magnus e non più
Occhiosolo.
"Meglio non farci vedere in giro
con quel burbero
di Odino" ammiccò lui, dandogli una pacca sulla spalla prima
di afferrare
il cellulare dalla tasca dei jeans. “Tra
l’armatura e la spada, sarebbe
stato un po’ anacronistico.”
Mattias annuì con un
risolino e Magnus, dopo aver
digitato un numero breve, disse: “Zio Bjorn, siamo usciti. Tu
dove ti
trovi?"
"Sono nel parcheggio antistante il
faro di
Andenes. Com'è andata?" replicò l’altro.
"Per il momento, tutto secondo i
piani. Ora,
spetta ai ragazzi su Muspellheimr, fare il loro dovere. Noi, a quanto
pare, ne
abbiamo un altro" disse Marcus, risalendo il sentiero per tornare sulla
strada principale.
"E cioè?"
domandò dubbioso Bjorn.
"Riformare il mondo dei berserkir.
Il tempo
dell'isolamento è ormai giunto al termine. Dobbiamo
evolvere, per sopravvivere,
e la mancanza di uniformità tra i vari clan deve finire. Non
possiamo più
essere divisi, o ci estingueremo."
"Vuoi portare avanti una Riforma?
Adesso?"
esalò suo zio, sorpreso.
"Non proprio. Al momento,
dovrò muovere guerra
per poter salvare le persone innocenti che Ragnhild e Mattias si sono
lasciati
alle spalle" sospirò Magnus, sorprendendo non poco lo zio.
"Creerai un bel casino. Questo
è poco ma
sicuro" dichiarò torvo Bjorn, facendo loro un cenno con la
mano non appena
li vide comparire sulla strada che conduceva al faro.
Chiusa la comunicazione, Magnus e
Mattias lo
raggiunsero e, con aria determinata, il portatore di Odino
dichiarò: "Non
sono venuto al mondo solo per essere un contenitore, zio. Né
lo è Mattias.
Siamo qui perché è tempo che i berserkir si
evolvano. Il punto è che, per il
momento, non ho dato prove di essere un buon portavoce, mi sono
limitato a
vivere di rendita grazie al nome del dio che alberga in me, ma non ho
fatto nulla perché le
cose cambiassero. E ora
ne paghiamo lo scotto."
"Non vorrai certo farti carico di
ciò che è
avvenuto prima della tua nascita, o quando tu eri un infante,
spero…” dichiarò
allora Bjorn.
"Avrei dovuto chiarire i reali
motivi per cui
Odino si è reincarnato, e che non hanno unicamente
a che fare con la rinascita di Fenrir”
sottolineò Magnus. "Avrei
dovuto inviare messaggeri nei clan, sancire che l’isolamento
doveva essere
progressivamente smantellato, a favore di una politica di apertura al
mondo, ma
non l’ho fatto. Ho procrastinato troppo a lungo e, a questo
modo, persone come
Ragnhild ne hanno sofferto. Ciò deve finire una volta per
tutte e, poiché i
berserkir conoscono solo la guerra e la violenza, dovrò
agire a questo modo,
per inculcare un po’ di buonsenso alle persone, almeno per il
momento.”
“Vuoi scoperchiare il
nord della Svezia?” tentennò
Bjorn, turbato da quella svolta inaspettata degli eventi.
“Niente di
così tragico. Ci recheremo a Luleå e
chiederò di essere ascoltato ma, se non lo faranno,
combatterò al primo sangue
per la supremazia sul clan” dichiarò lapidario
Magnus. “E’ tempo che anch’io
mostri le zanne perché, per troppo tempo, sono rimasto
acquattato nel mio
angolo senza fare nulla.”
"Beh, dobbiamo metterci in pista,
allora, perché
la nostra meta non è esattamente a due passi, ti pare?"
chiosò Bjorn,
facendoli salire sull'auto.
Mattias balzò sul sedile
posteriore e scrutò dubbioso
il volto ombroso di Magnus, riflesso nello specchietto retrovisore
dell’auto
che, nel ripartire, tremò leggermente. Turbato, quindi,
domandò: “Davvero
combatterai contro mio padre?”
“Pensi mi
ascolterà, diversamente?” replicò
Magnus,
scrutando meditabondo il contorno del mare all’orizzonte.
“Non cederà
mai lo scettro, neppure in nome di Odino.
Il potere gli ha ottenebrato la vista, e dubito ascolterà
ciò che hai da
dirgli” sospirò sconfortato Mattias.
“Allora,
combatterò. E’ tempo che io faccia la mia
parte” sentenziò Magnus, poggiando quindi il capo
contro il vetro per poi
chiudere gli occhi.
Sei
sicuro di
potercela fare, ragazzo? So benissimo che tu non ami menar le mani, si preoccupò
immediatamente Odino.
“Non
mi
rimangono molte alternative. Ho sperato che il tuo ritorno bastasse a
far
comprendere alle nostre genti che il tempo del cambiamento era giunto
e, come
uno sciocco, sono rimasto a disposizione dei tuoi figli, ma senza mai
ricevere
richieste da parte loro. Nessuno
voleva cambiare. La beserksgangr
è un potere allettante perché offre dominio
e dà libero sfogo alla sete di sangue insita negli
uomini-orso, perciò cambiare
avrebbe voluto dire asservirsi a regole che avrebbero reso meno potenti
i
berserkir.”
Perché
tu
desideri che essi vivano in armonia con gli altri, non separati da
tutto e da tutti, sottolineò Odino.
“Non
credo di
essere l’unico. Tu stesso avevi al tuo diretto servizio delle
invincibili
guerriere, non solo baldi soldati in arme. Le Valchirie potevano
rivaleggiare
con i più potenti guerrieri dei Nove Regni, ma non mi pare
tu ti sia mai
sentito screditato dalla loro presenza” tenne
a precisare Magnus.
Ora
capisco…
mi stai parlando della condizione di assoluta sudditanza femminile nei
clan più
ortodossi, mormorò
Odino, spiacente.
“Ciò
che è
accaduto a Ragnhild ne è solo l’esempio ultimo, ma
potremmo citarne a migliaia.
Mia cugina Elsa non ha solo ricevuto l’addestramento come le
altre donne del
branco, ha anche potuto studiare all’estero, sposare un
berserkr di un altro
clan, lavorare in un contesto cittadino e fare esperienza al di fuori
del mondo
degli uomini-orso. A molte donne-orso tutto questo non viene concesso,
ed è
terribile” si lagnò irritato
Magnus. “Troppe di loro vivono una
condizione di
perpetua sudditanza e, sempre a causa
dell’estraneità con il mondo moderno, a
tante di loro non vengono date possibilità di sbocco
lavorativo se non
all’interno del clan. Tutto questo deve finire.”
E vuoi
cominciare così lontano dal tuo clan di appartenenza?
“Comincerò
dove devo. La legge dei berserkir mi consente di combattere per il
predominio
e, anche se la sola idea mi fa tremare di rabbia, la userò,
se servirà a farmi
udire da tutti.”
Sia
come
vuoi. Io sarò al tuo fianco. Sempre.
“Grazie,
Allfǫðr.”
***
Raggiunto che ebbero il salone dove
si trovava
Naglfar, Sthiggar ebbe solo un breve flash dell’istante in
cui si era
risvegliato in quel medesimo luogo, con la spada ricoperta di sangue e
l'Occhio
di Muspell ai suoi piedi.
Il ricordo delle due guardie morte
a poca distanza da
lui rinfocolò la sua determinazione e, quando si
fermò a pochi passi dalla
nave, sorrise determinato e dichiarò: "Provo una certa
soddisfazione nel
poter violare le regole con il benestare reale."
"Non abituartici, caro. E' solo un
evento dettato
dall'esigenza" sottolineò per contro Ilya, avvicinandosi a
sua volta alla
nave per sbloccarne i sigilli.
Dopo aver apposto la sua mano sulla
chiglia di
Naglfar, questa emise un bagliore che la percorse da prua a poppa,
liberandosi
dai blocchi magici che ne impedivano il furto.
Ciò fatto,
lanciò un'occhiata a Sthiggar e dichiarò:
"Cerca di non ridurla in frantumi. Sarebbe carino se raggiungesse la
fine
dei tempi intatta."
"Cercherò di fare del
mio meglio" acconsentì
lui, poggiando la mano nel punto in cui era possibile azionare i
congegni
magici della nave.
Al suo tocco, una scala discese dal
ponte per poter
permettere a tutti loro di salire, mentre due rostri laterali
fuoriuscivano dal
fondo della chiglia fino a formare imponenti ali di ferro brunito.
Fu solo a quel punto che Sthiggar
rammentò un
particolare non da poco e, nel volgersi verso la regina,
aggrottò la fronte e
disse: “L’Occhio di Muspell… come
è possibile che…”
Accigliata a sua volta, la donna
assentì torva e
replicò: “Ho il dubbio che anche Surtr se lo sia
chiesto per tutto questo tempo
e, ora che me lo fai notare, non posso che chiedermelo a mia volta. Fin
dove si
è spinto il tradimento?”
Ciò detto,
osservò Hildur che, però, scosse il capo e
asserì: “Prima dell’attacco, non avevamo
ancora i nomi dei delatori ma, come
avete giustamente notato voi, chi mai avrebbe potuto sbloccare la teca
dove si
trova l’Occhio di Muspell, se non un membro della famiglia
reale? Serve il
vostro codice genetico, per aprire i blocchi magici.”
Seguendo il gruppo verso il ponte,
Sthiggar si
affrettò quindi a portarsi a poppa, dove si trovavano il
timone e il prezioso
Occhio di Muspell e, nello sfiorarlo, Sthiggar borbottò
contrariato: “Dovremo
pensarci per forza dopo. Ora, vediamo di muovere questa
barchetta.”
All’assenso di tutti,
Sthiggar poggiò una mano
sull’Occhio, che iniziò a brillare di una fosca
luce rossastra e, mentre Ragnhild
lo affiancava, la giovane fissò l'intera struttura navale
con occhi
pietrificati.
Avvinghiandosi al braccio di
Sthiggar quando la nave
iniziò a muoversi, lei domandò turbata: "Sono io
che ci vedo male o ci
sono delle ossa, inserite
nell'intelaiatura della nave?"
"E' così, infatti. Ma
non turbarti troppo. Non
sono ossa vere. Sono scolpite in modo
magistrale, e hanno il solo
scopo di incutere timore nel nemico" le sorrise lui, muovendo
leggermente
la mano sull'Occhio di Muspell, che si trovava nel mezzo del timone.
Accigliandosi, Sthiggar
mormorò un'imprecazione tra i
denti e, subito, Ragnhild lo imitò, mormorando contrariata:
"E'
dannatamente potente, vero?"
Immediatamente, coprì
con la propria la mano di
Sthiggar che poggiava sull’Occhio e, in pochi secondi,
l’aura della pietra si
fece più stabile e il potere maggiormente controllabile.
"Hai capito subito che ero in
difficoltà..."
le sorrise lui, dandole un colpetto con la spalla.
"...perciò il legame
c'è ancora."
"E' molto più forte, per
la verità" dichiarò
lei, lasciando andare la presa sull'Occhio quando fu certa che Sthiggar
avesse
il controllo su di esso. “Da quando ho bevuto quella specie
di latte
ultraterreno, sento le cose in modo diverso. Mi sento
diversa.”
"Scopriremo insieme
cos’altro puoi fare. Per il
momento, portiamo fuori dal capannone questa bagnarola"
dichiarò il
giovane, scostando la mano dall'Occhio per porla sul timone.
Nel farlo, la rete di potere magico
che percorreva la
nave si illuminò a giorno, mettendo in evidenza ogni singola
rifinitura del
legno, ogni sartia, ogni velatura.
Il tutto durò alcuni
istanti, ma fu sufficiente per
avere un'idea chiara di quanta magia fosse stata inglobata in quella
singola
nave.
Nel mentre, gli enormi portoni del
salone si aprirono,
al sentore della magia di Naglfar che andava espandendosi e, quando
finalmente
ebbero libero accesso all'uscita, Sthiggar ordinò che le
vele venissero
spiegate.
Flyka e Trym obbedirono all'istante
e, scosse da un
vento che non c'era, le velature si
gonfiarono, conducendo così
l'enorme nave al di fuori del salone.
Leggermente turbata, Ragnhild
domandò: "Ehm...
cosa le fa muovere? E perché noi non stiamo raschiando il
pavimento del
salone?"
"La magia che hai visto prima
è la cosa che la fa
muovere... e levitare" le
spiegò succintamente lui, indicandole
di osservare la nave dal parabordo.
Lei si affrettò a farlo
e, stupefatta, osservò il
movimento sinuoso dei rostri che, come veri e propri timoni di un'ala
d'aereo,
permettevano a Sthiggar di controllare la nave.
Quando finalmente furono
all'esterno del salone, la
visione di Hindarall in fiamme, e battuta dagli eserciti congiunti di
jotun e
dokkalfar, tolse però il fiato ai presenti, raggelando
qualsiasi tentativo di dire
qualsiasi cosa.
Le vie erano un campo di battaglia
uniforme e
brulicante di uomini in armi, mentre i corpi di incolpevoli civili
giacevano a
terra privi di vita, falciati da armi straniere che mai avrebbero
dovuto
colpirli.
Ogni luogo, in Hindarall, era stato
colpito, sventrato
o dato alle fiamme e, quando Sthiggar vide che anche i colli della
città
presentavano i segni dell'assedio, temette per le persone che abitavano
nella
villa del padre.
Lykha, la loro fida governante,
abitava con loro fin
da prima della sua nascita, e non poteva pensare che i loro nemici
l'avessero
uccisa. Con lei, inoltre, vivevano anche i nipoti, che si occupavano
del
giardino della villa, oltre ad almeno un paio di animali domestici, che
Snorri
aveva allevato fin da quando erano cuccioli.
Questi pensieri lo spinsero a
distogliere disgustato lo
sguardo per puntarlo verso sud, dove si trovava il Palazzo Reale che, a
quanto
pareva, stava subendo un attacco magico da parte dei
liòsalfar oscuri.
A giudicare dalla barriera magica
eretta attorno al
palazzo, però, gli elfi chiari dovevano aver pensato di dare
una mano al
sovrano di Muspellheimr. Per quanto ne poteva sapere di magia, Sthiggar
dubitava che i loro Saggi fossero in grado - da soli - di contrastare
le malie
dei liòsalfar, perciò doveva esserci quasi di
sicuro lo zampino degli abitanti
di Elfheimr.
Cercando in Ilya una risposta ai
suoi dubbi, lei
assentì e disse: "A Palazzo erano presenti non pochi elfi
chiari, oltre ai
sovrani di Elfheimr, quindi è possibile che si siano
schierati dalla parte di
Surtr."
Hildur, nel frattempo, si
avvicinò al cugino e, dopo
aver lanciato un'occhiata a Ragnhild per sincerarsi che non avesse
problemi,
domandò: "Quando pensi di usare la Spada?"
"Avviciniamoci il più
possibile al palazzo"
dichiarò lui prima di guardare Fenrir e i suoi figli e
domandare: "Potete
occuparvi dei soldati in città?"
Fenrir assentì senza
problemi, dichiarando:
"Avremo maggiore fortuna combattendo a terra, che sul ponte di questa
nave. Faremo piazza pulita, non temere."
Sthiggar annuì al suo
dire e, mentre i tre licantropi
si lanciavano senza alcun problema verso l'esercito nemico, lui diresse
la nave
verso il Palazzo Reale per poi dire a Hildur: "Quando
muterò, dovrai
pensare tu al governo della nave e alla protezione di papà e
della regina. Trym
e Flyka ti aiuteranno, ma saranno impegnati con il sartiame,
perciò la parte
della spadaccina indomita spetterà a te."
"Sapremo badare a noi stessi. Tu,
piuttosto, sei
pronto a scatenarla?"
domandò
turbata Hildur, stringendo una mano sulla sua spalla.
"Non ho altra scelta. Se voglio
chiudere la
partita prima che altra gente muoia, devo calare il pezzo da novanta,
per così
dire" ghignò lui, cercando istintivamente la mano di
Ragnhild.
Lei la afferrò con
sicurezza e Hildur, a quel punto,
disse: "Tornate interi. Devo conoscere meglio la mia futura cugina."
Sia Sthiggar che Ragnhild
assentirono con vigore, così
a Hildur non restò altro che prendere il timone tra le mani
e gridare:
"Per il re!"
Con una virata potente, spinse
quindi la nave contro
l'esercito nemico, asserragliato sul piazzale antistante il Palazzo
Reale e
Sthiggar, non potendo attendere oltre, si lanciò con
Ragnhild dal parabordo per
poter dare il via al mutamento.
Stretta a Sthiggar, Ragnhild
socchiuse gli occhi
quando la fiamma li avvolse, accecandola per alcuni attimi. In pochi
istanti,
lui infine mutò, il suo corpo divenne fuoco vivente e la sua
statura
magnificente crebbe, e crebbe, divenendo ciò che aveva
predetto solo una
mezz’ora addietro.
Sollevata di peso e con
facilità estrema, Ragnhild si
posizionò quindi sulla spalla di Sthiggar come
già pianificato ma, quando ciò
avvenne, la giovane avvertì dentro di sé il
respiro dei Nove Regni e di
Yggdrail tutta.
Ogni singola vita, ogni singolo
atomo del cosmo la
attraversò, dandole l'esatta dimensione del potere che
avrebbe avuto Sthiggar,
o meglio, avrebbero avuto alla
Fine
di Ogni Cosa.
Non faceva specie che la Spada
Fiammeggiante fosse
l'arma con cui Surtr avrebbe distrutto i mondi. Come avrebbe potuto
essere il contrario, con una tale energia
a disposizione?
Questo spiegava anche
perché essa fosse stata spezzata
in due. Un simile potere, nelle mani di una persona sola, avrebbe
potuto essere
distruttivo in mille altri modi diversi dal Ragnarök. Due
persone, per lo meno,
potevano garantire un certo grado di equità di pensiero.
Ciò che ora le spettava
era convogliare solo parte di
quell'energia nel corpo di Sthiggar, permettendo al resto di essa di
tornare al
suo luogo d'origine, così che i Mondi non venissero a
collassare per la troppa
richiesta di potere.
Così, agiva
la Spada. Depredava ogni singolo atomo di energia per poi lasciare
senza vita
ciò che la circondava. Per questo,
nel Mito si parlava della Spada come dell’arma che avrebbe
spazzato via i
Mondi… li avrebbe letteralmente risucchiati dentro di Lei!
Per evitare che ciò
accadesse molto prima del previsto,
e Ragnhild sperò mai,
avrebbe dovuto
gestire quelle energie per donare a Sthiggar solo quanto necessario per
vincere.
Non un solo atomo in più
avrebbe dovuto giungere nelle
mani dell’amato.
"Andiamo pure, Sthigg. Ci sono"
dichiarò
quindi Ragnhild, levandosi in piedi sulla sua spalla e trattenendo se
stessa al
corpo imponente del muspell tramite l’energia che stava
permettendo venisse
convogliata in lui.
Sthiggar assentì con un
ruggito e, nonostante la mole,
si scagliò contro il nemico con impressionante
velocità.
Sbaragliò le schiere
jotun con la sola imposizione di
una mano e, quando i liòsalfar si volsero contro di lui per
attaccarlo con la
magia, lui semplicemente la divorò,
divenendo ancora più forte.
Ragnhild, però, non
permise a Sthiggar di sfruttare un
simile potere, ritenendolo eccessivo e controproducente,
così convogliò altrove
quell'energia, così che non portasse il suo amato oltre il
limite di pericolo.
Non fu esattamente la cosa
più semplice da fare ma,
proprio come aveva iniziato a fare sulla Terra, accarezzò i
centri di potere di
Sthiggar perché non si sovraccaricassero, disperdendo quindi
l’energia in
eccesso.
Questo la portò a
stringere i denti per
l’affaticamento ma, non di meno, proseguì nella
sua opera, tenendosi ben
stretta a Sthiggar mentre lui combatteva.
Era dannatamente difficile non
farsi prendere la mano,
e il sentore del potere primigenio che le solleticava le papille era
così
delizioso da attirarla verso il baratro, ma ugualmente si contenne.
Sinergicamente, quindi, si mossero
per sbaragliare
ogni ostacolo si pose dinanzi a loro e, quando finalmente ebbero fatto
piazza
pulita, puntarono lo sguardo in direzione di Hindarall.
Nel frattempo, forti della loro
velocità, possanza e
abilità, i tre licantropi stavano facilmente avendo la
meglio sui nemici ma,
quando Sthiggar vide un nuovo contingente di dokkalfar puntare contro
di loro,
urlò d'ira e frustrazione.
Le loro armi avevano ucciso
Kyddhar, e
ora stavano mietendo vittime in tutta Hindarall, perciò
andavano fermati a qualsiasi
costo.
L'intervento a sorpresa di Lafhey,
però,
interruppe la sua corsa e Sthiggar, nell'osservare il Gigante di
Ghiaccio che
gli si parò innanzi, urlò: "Cedi il passo, re di
Jötunheimr. Non sei tu la
mia preda!"
"Ma tu sarai la mia, Spada!"
ringhiò il re, gettandoglisi addosso con tutta la sua forza.
Sthiggar contrastò
abilmente il
contraccolpo ma, per sicurezza, domandò rapido alla sua
compagna: "Tutto
bene, lassù?"
"Sono legata a te a livello
subatomico! Non potrei cadere neppure volendo!" lo
tranquillizzò lei,
fissando iraconda il volto del loro nemico.
Ancora, avvertì il
piacevole sapore del
potere sulla punta della lingua e, nuovamente, Ragnhild venne
invogliata a
usarlo per rigonfiare i centri di energia di Sthiggar. Sapendo che dare
voce a
quelle sirene ammaliatrici sarebbe stato pericolo, Ragnhild
rifiutò per
l’ennesima volta quel gradevole dono ma, dentro di
sé, percepì senza sforzo
quanto, quei continui rifiuti, la stessero indebolendo.
Pizzicandosi un braccio per
scacciare
quei pensieri col dolore, Ragnhild tornò con lo sguardo al
loro nemico più
diretto, il Gigante di Ghiaccio Lafhey e, stringendo maggiormente i
propri
atomi a quelli di Sthiggar, gridò:
“Abbattilo!”
Sthiggar assentì alle
sue parole,
colpendo quindi Lafhey con un possente diretto che lo mandò
a terra,
direttamente contro la parete rocciosa della montagna dove sorgeva il
Palazzo
Reale.
Quella caduta produsse un'onda
tellurica
che fece tremare l'intero maniero perciò Sthiggar, per
evitare ulteriori scosse
- e potenziali crolli - si allontanò da esso, trascinandosi
dietro un rabbioso
Lafhey.
Con tutta la forza che Ragnhild gli
permise di usare, lo scagliò quindi fuori città,
dopodiché lo raggiunse con
possenti balzi a mezz'aria fino ad atterrare a pochi metri da lui.
Lì, sempre
più furioso ma ben conscio di
non potersi lasciare andare all’ira più cieca,
Sthiggar ringhiò al suo
indirizzo: "Vattene finché sei in tempo, re di
Jötunheimr. Non è il tempo
di guerreggiare, e tu lo sai! Non potrai mantenere a lungo quelle
forme, su un
pianeta come Muspellheimr, perciò perché
continuare a rischiare la morte?!”
"Il fatto stesso che tu sia sorto,
Spada Fiammeggiante, dice il contrario. Ma sarò io a
brandirti, non certo
Surtr!" replicò Lafhey, scagliandosi nuovamente contro di
lui. “Per questo vale la
pena battersi.”
"Tienilo lontano da te, Sthiggar!
Ha qualcosa in mano!" gridò immediatamente Ragnhild,
terrorizzata.
Grazie a quell’intervento
dell’ultimo
secondo, Sthiggar evitò di un soffio l’attacco
diretto del suo nemico, si
scostò a distanza di sicurezza e domandò
trafelato: "Cos'hai visto?!"
"La sua mano destra...
c'è qualcosa
che pende tra le sue dita" disse subito Ragnhild, acuendo lo sguardo
mentre il suo respiro si faceva affannoso, irregolare.
Era dannatamente difficile rimanere
vigile, gestire quel flusso di energia continuo e non farsi sopraffare
dal
desiderio di attingere a piene mani a ciò che
l’Universo stesso le stava
offrendo. Combattere per impedire che l’entropia prendesse il
sopravvento non
era esattamente la cosa più semplice da fare, e il suo
fisico stava cominciando
a cedere, a chiedere più di quanto fosse in grado di dare.
Ragnhild non era certa che, di quel
passo, sarebbe riuscita a reggere ma, almeno finché avesse
avuto fiato nei
polmoni, non avrebbe lasciato il fianco di Sthiggar.
Grazie al loro legame, nel
frattempo, Sthigg
comprese subito cosa avesse notato la giovane e, digrignando i denti,
sibilò:
"Gleipnir? Davvero pensavi di legarmi con
il Laccio di
Fenrir?"
"Lo userò su tutti voi,
così non
solo avrò alla mia mercé la potente spada di
Surtr, ma anche i figli di Loki e
la sua progenie" sghignazzò follemente Lafhey.
"Può farlo?"
mormorò Ragnhild,
turbata.
"Se ci prende? Eccome. Non potremmo
liberarci e, con la complicità dei liòsalfar, ci
soggiogherebbe, perché il
Laccio di Fenrir è in grado di inibire l’aura
degli esseri viventi… qualsiasi
aura di qualsiasi essere
vivente" ringhiò Sthiggar, accigliandosi non poco.
"Se ti fossi lasciato catturare su
Midghardr, non avresti dovuto essere testimone della sconfitta del tuo
regno
ma, visto che hai preferito venire, te lo farò godere fino
all'ultimo muspell
ucciso" lo minacciò a quel punto Lafhey con tono vagamente
ansimante, pur
se ancora tronfio.
Ciò detto, si volse per
tornare verso
Hindarall col chiaro intento di attaccare i licantropi ma Sthiggar,
forte del
suo nuovo potere, lo precedette con un balzo, atterrando sulla sua
schiena e
mandandolo lungo riverso sul suolo.
Questo provocò la caduta
di diversi
edifici già in fiamme e, suo malgrado, anche di uno dei
templi di Sól.
Procedi e non pensare a quelle
pietre.
Le case si ricostruiscono... le vite no! E voi dovete salvarne il
più
possibile!
Sthiggar perse un battito, quando
la voce
di sua nonna gli rimbombò nella mente, chiara e forte come
se fosse stata al
suo fianco.
Confuso, il guerriero si
bloccò a metà di
un passo per guardarsi intorno ma Ragnhild, che gestiva attivamente le
energie
che stava incanalando in Sthiggar, gridò: "La percepiamo
grazie alla
nostra connessione con Yggdrasil! Ricorda che Lei è ovunque!
Per questo, Sól può
parlarci attraverso l'Albero!"
Annuendo in fretta, Sthiggar
riprese la
sua corsa per raggiungere Lafhey che, nel frattempo, aveva ridotto le
sue
dimensioni per non disperdere ulteriore energia.
Contrariamente a loro, che erano su
territorio ameno, Lafhey poteva mantenere le sue forme di Gigante di
Ghiaccio
per pochissimo tempo, in un luogo inospitale come era Muspellheimr per
lui.
Lanciata subito un'occhiata a
Naglfar per
sincerarsi che non avesse subito danni, Sthiggar raggiunse in fretta i
tre licantropi
e, a gran voce, esclamò: "Raccoglietevi dietro di me! Ho
intenzione di
provare una cosa!"
"Ti pare il momento di fare
esperimenti?!" esclamò contrariato Sköll,
fissandolo bieco.
Sthiggar ghignò in risposta, sfiorò con un dito Ragnhild e, in un mormorio, le spiegò cosa avesse intenzione di fare. Da lì al metterlo in pratica, dipendeva tutto da lei, a quel punto.
N.d.A.: direi che si
è capito cos'è un Gigante di Fuoco, ormai,
così come un Gigante di Ghiaccio, anche se ovviamente Lafhey
è svantaggiato, su Muspellheimr, e lui lo sa benissimo. Ora,
resta da vedere se il resto dei nemici di Surtr si
spaventerà a sufficienza di fronte al potere di Sthiggar e
Ragnhild, o se penseranno comunque di riuscire nel colpo di Stato.
(1) Mercurio in Capricorno= mi riferisco al calcolo delle Effemeridi, in abito Astrologico. Danno un'idea di massima del carattere e delle tendenze comportamentali di una persona.