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Autore: Mary P_Stark    31/08/2022    1 recensioni
Muspellheimr - Regno di Surtr
Il giovane Gigante di Fuoco Sthiggar, discendente della dea Sòl e figlio del Sommo Sacerdote Snorri, non conosce né paura né tanto meno vergogna e, a causa di ciò, finirà dapprima per essere punito dal re, e in seguito confinato sullo sperduto Regno di Manaheimr (Terra), nell'ancor più sperduto paesino di Lulea, in Svezia. Questo confino - agli occhi di Sthiggar più che ingiusto - porterà a sconvolgenti verità e alla scoperta di un destino a cui non sapeva di essere designato fin dalla sua nascita. L'aiuto della berserkr Ragnhild sarà vitale per comprendere meglio se stesso e il ruolo che gli compete nella complessa rete del Fato che si è stretta attorno a lui, ma saranno antiche divinità e nuovi nemici a mettere definitivamente alla prova il guerriero muspell. (per una totale comprensione, si devono leggere prima le altre storie legate a questa raccolta)
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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23

 

 

 

Pur se si trovavano nei sotterranei di Hindarall, ben protetti dai combattimenti, il frastuono terribile della battaglia che stava infuriando in superificie giungeva comunque alle loro orecchie.

Ragnhild lanciò un’occhiata preoccupata a Sthiggar ma, nel notare unicamente la sua determinazione, si sentì in parte rincuorata. Chi la preoccupò però fu la regina che, invece, recava evidenti sul viso piacente i segni dell’ansia e della tensione fin lì accumulate.

Il loro viaggio di ritorno verso Muspellheimr, almeno agli occhi della sovrana, dava l’idea di essere durato settimane pur se, nella realtà, era trascorso poco più di un giorno e mezzo.

Il pericolo di non ritrovare più i propri cari, o un Regno su cui governare, doveva essere stato così terribile da averle dato l’impressione di aver trascorso un tempo infinito, lontano dalla propria patria.

“Non temere per la regina. E’ più forte di quanto non pensi” mormorò Sthiggar, sorridendole non appena ne intercettò lo sguardo.

Lei assentì al suo dire, sapendo quanto l’altro conoscesse la donna e, sempre tenendosi salda al pelo corvino di Hati, domandò turbata: “Cosa dovrò aspettarmi, là fuori?”

“Credo che la cosa che ci si avvicini di più siano le battaglie dei vostri film fantasy. Non saprei in che altro modo spiegartelo” le disse spiacente Sthiggar, vedendola sgranare lentamente gli occhi in risposta.

“O-okay… quindi, navi volanti, nani ed elfi che sparano laser, oppure cavalieri in arme e spade un po’ ovunque?” tentennò lei, non sapendo fino a che punto avrebbe potuto sopportare quel nuovo genere di realtà.

Lei era cresciuta in un mondo mitologico e circondato da quello reale e fin troppo semplicistico degli umani, perciò era abituata a un buon numero di stranezze. Non era però certa fino a che punto potesse arrivare, con le assurdità e, finora, ne aveva viste decisamente molte.

Così tante, a ben vedere che, presto o tardi il suo cervello le avrebbe chiesto il conto.

“Metti tutto insieme e ci sei vicina” ammise Sthiggar nel frattempo, ammiccando spiacente al suo indirizzo.

“Non temere, ragazza. Se la vista di nostro zio non ti ha turbato, neppure il resto lo farà. O, per lo meno, non lo farà ora” intervenne Hati con tono rassicurante.

“Cioè, vuoi dire che avrò una crisi di nervi dopo aver fatto quel che ci si aspetta che io faccia” borbottò Ragnhild, annuendo recisamente. “Che sarebbe, poi?”

“Lo vedrai” tergiversò Sthiggar, inclinandosi leggermente al pari di Ragnhild quando Hati scartò velocemente a destra per imboccare un nuovo cunicolo.

L’interminabile rete di bioluminescenza intessuta nelle maglie stesse delle pareti illuminava i condotti l’uno dopo l’altro, rendendoli agibili e percorribili anche alla velocità sostenuta che stavano tenendo.

Di quella strabiliante magia, però, Ragnhild notò ben poco.

A rimanerle impresso fu il tentennare evidente di Sthiggar che, forse per la prima volta, evitò di dirle la verità.

Fu per questo che lo colpì allo stomaco col dorso della mano – pur facendosi un male del diavolo – e sbottò dicendo: “Perché cavolo non mi dici cosa succederà? Ho il diritto di sapere!”

Lui sbuffò per diretta conseguenza e, dopo essersi passato una mano tra le folte onde fulve come a voler trovare il coraggio di parlare, borbottò: “Sto solo cercando una spiegazione semplice alla tua domanda. Non è molto facile spiegarti cosa succederà dopo.”

“Beh, trova le parole alla svelta, perché vorrei prepararmi psicologicamente” brontolò a quel punto lei, fissandolo arcigna. “Io non sono abituata alle battaglie come te, anche se sono nata in un branco di guerrafondai e mi hanno addestrata a menar le mani, quando serve.”

“Diverrà un gigante di fuoco” intervenne a quel punto Hildur, parlando dalla groppa di Fenrir, che li sopravanzava tutti. “In tutti i sensi.”

Mentre Ragnhild sbottava con un ‘porca vacca’ piuttosto sentito, Sthiggar ringhiò un’imprecazione all’indirizzo della cugina, ma quest’ultima aggiunse serafica: “E’ inutile che ci giri intorno, Sthigg. Prima o poi ti vedrà anche in quella forma.”

“Sei così terribile a vedersi?” domandò a quel punto Ragnhild, sbattendo furiosamente le palpebre nell’osservarlo con aria sgomenta.

Lui allora poggiò un momento il capo contro la spalla della giovane, sospirò e ammise: “Diverrò alto come un palazzo di otto piani, per lo meno, almeno a giudicare dall’energia che mi sta vorticando dentro, e sarò completamente circonfuso di fiamme. Quanto al resto, beh… dovrai farlo tu.

“Io? In che senso?” sbottò Ragnhild, senza capire.

“Verdandi è stata chiara. Non posso semplicemente usare ciò che mi è stato concesso, e cioè l’energia vitale di Yggdrasil. Dovrò dosare ogni particella di quel potere, o scatenerò io stesso il Ragnarök, perciò entri in gioco tu e il tuo ruolo di Elsa. Dovrai aiutarmi a gestire il potere della Spada Fiammeggiante e, per farlo, sarai con me durante la battaglia” le spiegò Sthiggar, spiacente. “Non so in che altro modo affrontare la cosa e, visto che non ho ancora potuto addestrarmi in tal senso, dovremo andare a braccio, come abbiamo fatto finora, ma in modo più scrupoloso.”

Ragnhild assentì lentamente, i denti bianchissimi a mordere il labbro inferiore ormai rosso e martoriato dal suo timore crescente e, nello stringere una mano di Sthiggar, mormorò: “Anch’io diventerò così grande?”

“Non serve. Siederai su una mia spalla e ti reggerai a me, aiutandomi a compensare le energie primigenie dell’Albero della Vita” dichiarò a quel punto lui. “Abbiamo già visto che ne sei in grado, solo che stavolta l’energia sarà un tantino più grande rispetto a quella di Midghardr.”

Ragnhild sbuffò di fronte a quell’ovvia osservazione ma, riuscendo in qualche modo a raffazzonare un sorriso che fosse convincente, carezzò quel volto ormai a lei così tanto caro e mormorò: “Mi piace l’idea di non doverti aspettare inerme sulla nave… anche se ho una fifa blu al pensiero di quello che dovremo affrontare.”

“Credimi, non sei l’unica ad avere timore di quello che dovremo fare là fuori perché, in tutta onestà, è la mia prima volta, nelle vesti di Spada Fiammeggiante. Dopotutto, però, abbiamo già affrontato una tempesta assieme, no?” ammiccò Sthiggar, dandole un buffetto sul naso.

“E siamo stati bravi” assentì Ragnhild, sentendosi un tantino meno in ansia, al pensiero che anche Sthiggar non si sentisse così sicuro di sé.

Lui si limitò ad anuire e, nel darle un bacio, sussurrò subito dopo: “Domeremo assieme anche questa tempesta, e faremo vedere a tutti cosa vuol dire far incazzare una donna berserkr.”

“Una muspell” replicò lei, scrutandosi le mani prima di aggiungere: “Percepisco la differenza, in qualche modo e, anche se ti sembrerà strano, mi sento… giusta.

“Immagino sia perché, finalmente, l’Elsa è stata risvegliata e tu sei nel posto che ti competeva fin dall’inizio” convenne Sthiggar mentre l’andatura dei tre licantropi andava rallentando.

Ragnhild assentì pensierosa alle sue parole, sperando che ciò bastasse a renderla degna del compito che il Cosmo, o chi per esso, aveva posto sulle sue spalle.

Per dodici anni aveva vissuto nell’ombra del fratello, sentendosi solo una parte insignificante del Tutto che li circondava mentre ora, su quel mondo sconosciuto, sarebbe stata la protagonista della sua vita per la prima volta.

Sperò davvero che non fosse anche l’ultima.

Hildur indicò un portone brunito, nel frattempo e, torva, osservò il gruppo prima di dire: “Quella è l’entrata secondaria degli imbarcaderi. Preparatevi, perché potrebbe esserci di tutto, oltre quella porta.”

Sthiggar lanciò un’occhiata a Thrym e Flyka che, annuendo, dissero: “Alla regina e a tuo padre pensiamo noi.”

Lui assentì rapido e Hildur, nel recuperare diverse armi da una nicchia magica nascosta nel muro, le consegnò a ognuno di loro, aggiungendo lapidaria: “Nessuna pietà, neppure per i nostri. Non sappiamo di chi fidarci, a questo punto. Chiunque ci attaccherà dovrà essere considerato un nemico, anche se avrà un volto conosciuto.”

Il gruppo assentì in toto e Ragnhild, nel tenere la daga che Hildur le porse, borbottò: “Beh, se non altro il mio addestramento verrà buono a qualcosa.”

“Poco ma sicuro, ragazza” dichiarò Hildur, dandole una pacca sulla spalla prima di aprire il portone d’ingresso per poter controllare l’interno dell’imbarcadero.

Ciò che ne seguì fu caos allo stato puro.

Un contingente di dokkalfar li assaltò, sorpresi dalla loro presenza all’interno del pontile coperto e Hildur, nello snudare la spada, lanciò un grido di battaglia a cui si unì quello di Sthiggar, parimenti al ringhio corale dei tre licantropi.

Thrym e Flyka, nelle retrovie, si posero invece a difesa della regina e di Snorri, mantenendosi radenti al muro e procedendo lentamente verso la Sala dei Cimeli, dove avrebbero trovato Naglfar.

Forte del suo addestramento e piena di una rabbia fin lì mai veramente lasciata esplodere, Ragnhild non ebbe problemi a combattere il nemico e, memore di ciò che era accaduto a Sthiggar, si tenne ben lontana dalle armi dei dokkalfar.

Sfruttando le sue abilità evasive e l’agilità ferina che le derivava dall’essere stata addestrata dai più potenti berserkir del branco, la giovane schivò egregiamente i primi attacchi, puntando a rendere inermi i suoi nemici con controffensive mirate.

Colpendo chirurgicamente i talloni dei nani per renderli inermi, lasciò a Sthiggar il compito di finirli, non sentendosi ancora del tutto pronta a terminare una vita, foss’anche quella di un nemico.

Trovò comunque strano poter mettere finalmente in pratica il suo addestramento ma, quel che la sorprese di più, fu percepire la risposta del suo corpo al calore interno che avvertiva sempre più forte.

La sua fiamma si stava svegliando per la prima volta, e le stava dando una mano a combattere, a reggere la richiesta fisica di energia che, quel combattimento all’ultimo sangue, stava esigendo. Il solo pensiero la rese impavida e, senza alcuna paura, proseguì nel suo attacco al fianco di Sthiggar.

Quand’anche l’ultimo dokkalfar fu reso inerme, Ragnhild si concesse di lanciare un grido di furore e soddisfazione tale da far sorridere i presenti.

Hildur fu la prima a congratularsi con lei, dandole un forte quanto rapido abbraccio dopodiché, nel controllare che non avesse ferite, le sorrise complice e disse: “Certe tue mosse erano davvero degne di nota. Ricevete un addestramento niente male, nel vostro clan.”

“Mi spiace ammetterlo, ma su questo punto mio padre fu inflessibile” ammise suo malgrado Ragnhild prima di sorridere a un orgogliosissimo Sthiggar. “Ordinò che i miei cugini mi addestrassero al meglio, perché la figlia del capoclan non poteva essere seconda a nessuna, tra le donne berserkir, e questo è il risultato.”

“Non posso che compiacermi del lavoro fatto da quei ragazzoni, allora” chiosò lui, stringendola a sua volta in un rapido abbraccio. “Hai avvertito la fiamma risvegliarsi, vero?”

“Sì” assentì lei, ancora sovraccarica di energie. “E’ stato strano ma… bello.

“Ti abituerai, e sarà sempre meglio” le spiegò lui, scostandosi per poi darle un veloce bacio sulla fronte accaldata.

Quando Hildur li vide separarsi, replicò il controllo anche sul cugino che, ormai abituato alle sue attenzioni, la lasciò fare senza lagnarsi. Era da una vita che la cugina si preoccupava per lui e, se non l’avesse fatto anche in quel momento, gli sarebbe parso davvero strano.

Soddisfatta dal proprio esame, la donna sorrise quindi a Ragnhild e disse: “Ho avuto paura per la tua sorte per circa due secondi ma, già al terzo, ho temuto per i nostri nemici.”

La giovane arrossì deliziata per quel complimento e Hildur, ridendo nel dare una pacca sulla spalla al cugino, chiosò: “Non potevi che trovarti una compagna di tal fatta, Sthigg.”

Nell’avvicinarsi nuovamente a Sthiggar, Ragnhild scrollò le spalle e ammise: “Avevo un po’ di rabbia repressa da smaltire.”

“Spero tu ne abbia ancora” ammiccò a quel punto Sthiggar, lanciando quindi un’occhiata al resto dei loro amici.

Fenrir si stava ripulendo una zampa dal sudiciume, mentre Hati era intento a leccare una lieve ferita che Sköll aveva rimediato a causa di un archibugio dei dokkalfar. Nel complesso, comunque, il gruppo poteva ancora vantare il pieno delle proprie forze.

Non restava che raggiungere Naglfar e, con essa, attaccare i loro nemici per poi dare man forte a Surtr e alle truppe alleate.

***

L'oceano senza tempo né spazio in cui viveva Jörmungandr era ancora placido e immoto, quando tornarono dai ghiacci di Jötunheimr e Mattias, nel lanciare uno sguardo alle proprie spalle, sospirò ansioso e disse: "Spero davvero che Raggie non abbia problemi, e non si senta troppo in colpa. Era giusto che accadesse, anche se è stato più doloroso di quanto pensassi."

"Sapevi fin dall'inizio che se ne sarebbe andata?" gli domandò Odino con tono comprensivo.

"Non del tutto. Sapevo soltanto che mia sorella era speciale in modi che nessuno poteva comprendere a parte me e che, a causa di questa sua unicità, non avremmo potuto vivere assieme, se non per un breve periodo. Per questo ho sempre tentato di far capire ai miei genitori che anche lei meritava le loro attenzioni, ma loro vedevano unicamente me e l'anima di Urd che risiede nel mio animo" sospirò il ragazzino, scrutando l'orizzonte e il tramonto eterno che tingeva il cielo con colori variopinti.

Quella calma apparente e quei paesaggi di dolente bellezza dovevano essere piacevoli, nel breve periodo, ma Mattias aveva il sospetto che, a lungo andare, potesse venire a noia anche la perfezione più abbagliante.

Nella sua breve esistenza aveva tentato di fare questo, per Ragnhild; rendere tutto più bello e più accettabile possibile, in vista di ciò che sarebbe avvenuto nel suo futuro, ma sapeva di non esserci riuscito.

Aveva potuto darle soltanto tutto il suo amore, essendo mancato pienamente quello dei genitori, ma non era certo che fosse bastato a renderla felice. Solo l’arrivo di Sthiggar aveva riempito le sue giornate, portandola a sorridere pienamente come lui aveva da sempre sperato che accadesse.

"Niente è mai veramente perfetto, vero?" domandò a quel punto il ragazzino, lanciando un'occhiata interrogativa al dio. “Anche se ce la mettiamo tutta perché sia così.”

"No, niente lo è. Anche se, come hai giustamente fatto notare, tentiamo di avvicinarci il più possibile alla perfezione. Donai il mio occhio per ottenere la conoscenza, ma neppure questa mi fece divenire la creatura perfetta che sognavo di essere. Ero pieno di boria, di supponenza e di malcelata superiorità nei confronti dei miei simili, e questo mi condusse in errore" gli spiegò il dio orbo con tono fiacco. "Feci del male ai figli di Loki unicamente perché non mi fidavo del mio congiunto, e questo diede il via al conto alla rovescia che ci avrebbe condotti al Ragnarök perciò, come vedi, non basta il potere per ottenere il sapere assoluto. Anche se ora abbiamo scongiurato quel finale, non lo eviteremo in ogni caso."

"Ma, indipendentemente da tutto, il Ragnarök avrebbe avuto il suo inizio" replicò Mattias con candore. "Niente dura in eterno e ogni cosa ha il suo cerchio esistenziale a cui fare riferimento. Ora come ora, le lancette del Ragnarök sono state scardinate a causa della tregua venutasi a creare tra te e Fenrir. Inoltre, essendo stata risvegliata la Spada Fiammeggiante di Surtr, nessuno sa cosa potrà avvenire. L’entropia è la Legge che domina ogni Universo, solo che ora le sue regole non sono più quelle che, fino a questo momento, abbiamo sempre conosciuto."

Odino levò un sopracciglio con aria ancora perplessa e, divertito, esalò: "Trovo ancora assurdo il pensiero che sia bastato che io e Fenrir parlassimo, per cambiare le carte in tavola."

"Non siete due semplici pedoni su una scacchiera. Le vostre parole hanno un peso specifico ben diverso dagli altri perciò sì, avete cambiato le regole del gioco, venendo a patti col vostro passato. Sól non avrebbe mai dovuto incontrare Sköll, se non alla fine dei tempi, e questo avrebbe permesso al figlio di Fenrir di compiere la sua opera di distruzione senza alcuna pietà. Essere venuto in contatto con lei, aver parlato con lei, ha cambiato le carte in tavola per l’ennesima volta. Allo stesso modo, la nascita di mia sorella ha dato il via a una serie di eventi che ci ha condotti fino a qui."

"E' nata in un momento particolare, per caso?" domandò dubbioso Odino.

"Il trentun dicembre 1999, alle 23.59 e 59 secondi" sottolineò Mattias con un sorrisino.

"E' nata con il nascente nuovo millennio…" mormorò sorpreso Odino. "… e Mercurio era in Capricorno1, in quel momento. Un carattere forte e determinato, oltre che diretto, quindi."

"Mia sorella avrebbe potuto sverniciare le persone con le sole parole, se avesse veramente voluto” ironizzò suo malgrado Mattias, annuendo alle parole del dio. “I miei genitori avrebbero dovuto cogliere i segni, comprendere che un simile evento astrologico non era casuale, ma non si resero conto di cosa, quella data, volesse dire. Raggie avrebbe dovuto nascere due settimane dopo, stando a quanto detto dal medico, ma neppure di questo si preoccuparono.”

Ciò detto, Mattias scosse il capo per la frustrazione e, fiacco, ammise: “Quando nacqui io, ascoltarono solo ciò che disse la nostra Saggia, e cioè che dentro di me era rinata Urd. Nessuno si chiese perché fosse discesa dentro di me, pensarono solo agli onori che sarebbero spettati al nostro clan."

"Urd rinacque per essere al fianco di Ragnhild nel momento della Rivelazione, dunque" ipotizzò Odino, levando sorpreso le sopracciglia.

"Esattamente. Per parte mia, ho cercato di essere un buon fratello, anche se so che a volte la facevo ammattire" sorrise appena Mattias. "Mi mancherà da matti, ma so che doveva andare. Lei è nata su Midghardr solo perché non poteva trovarsi su Muspellheimr, quando Sthiggar si fosse risvegliato. Sthigg doveva giungere da solo alla coscienza di sé e della sua Fiamma Viva, altrimenti anche Ragnhild si sarebbe risvegliata al pari suo, e allora..."

"Dovevano avere un bagaglio emotivo di un certo tipo ma, soprattutto, diverso, per poter contenere i loro rispettivi poteri, scoprendo di essere interconnessi unicamente quando non potevano essere pericolosi per loro stessi e per i Nove Regni" disse per lui Odino, comprendendo finalmente ciò che era accaduto. 

A sorpresa, anche Jor intervenne in quella dissertazione, asserendo: "Su Midghardr avrebbero potuto imparare a interconnettersi senza, per questo, risvegliare la Spada Fiammeggiante, che ha bisogno del potere di Yggdrasil, per risorgere, vero?"

"Esattamente" mormorò Mattias, annuendo al suo dire. "Ogni cosa doveva avvenire secondo una tabella prestabilita solo che, nel frattempo, si sono innamorati."

"Beh, a volte capita" ammiccò Odino, scendendo dalla schiena di Jörmungandr quando quest'ultimo si fermò in prossimità della spiaggia da cui erano partiti poche ore prima. 

Aiutato Mattias a discendere, Occhiosolo scrutò pensieroso l'uomo che era tornato a essere Jor e, con un pesante sospiro, asserì: "Vorrei poter sbrogliare anche la tua matassa, ma credo non si possa fare nulla."

"Lo so perfettamente, Occhiosolo. Sono incommensurabilmente grande per qualsiasi mondo e, contrariamente a mio fratello Fenrir, non posso mantenere la mia forma umana se non qui in questa realtà, perciò capisco e accetto il mio esilio. Ora che ho potuto conoscere la mia famiglia, posso almeno credere che la mia solitudine sia valsa a qualcosa" scrollò una spalla Jor con aria beffarda pur se rasserenata.

"Vedrò se mi è possibile aprire altri varchi, così che sia più facile, per Brianna, giungere qui. Il sito megalitico di Long Meg, da cui è riuscita a giungere qui per la prima volta, è un po’ troppo affollato di turisti, perciò vedrò di capire come trovare altri passaggi più agevoli. Sono sicuro che lei ci tenga molto" dichiarò a quel punto Odino, abbozzando un sorriso.

Jor gli tributò un cenno grato del capo dopodichè, rivolgendosi a Mattias, aggiunse: "Tua sorella è stata gentile, con me, e di questo io non mi dimenticherò. Sappi che, semmai avrai bisogno di qualsiasi cosa, avrai il mio appoggio."

Mattias assentì con un sorriso e, proprio come aveva fatto Ragnhild, abbracciò Jörmungandr, lasciandosi a sua volta stringere tra le braccia di quel giovane immortale e dall’animo così dolente.

Il bacio che gli diede sulla guancia fu istintivo, così come istintivo fu salutarlo con un largo sorriso, sorriso che Jor replicò con un candore a lui insolito e che, nel cuore di Odino, risvegliò il desiderio di portare un po’ di pace al fratello di Fenrir.

Prima di dirigersi verso la scogliera che nascondeva i Baffi di Ymir perciò, Occhiosolo disse: “Fosse anche l’ultima delle mie azioni, ma non sarai più solo, Jörmungandr. Te lo prometto.”

Il figlio di Loki assentì recisamente e, nel volgersi verso l’oceano infinito dell’eternità, riprese forme animali e svanì alla loro vista.

Non appena il varco venne riaperto, la coppia attraversò a ritroso il percorso, lasciandosi sfiorare dalla pianura ricoperta dai Baffi di Ymir. Quando infine si trovarono dinanzi ai cancelli che li dividevano dalla spiaggia di Andenes, Odino sfiorò la runa per aprire il varco e mormorò: "Grazie per la tua intercessione, Madre."

In un bagliore rosato, i due furono nuovamente all'esterno ma, quando Mattias posò lo sguardo sul suo compagno di viaggio, trovò ad attenderlo il giovane Magnus e non più Occhiosolo.

"Meglio non farci vedere in giro con quel burbero di Odino" ammiccò lui, dandogli una pacca sulla spalla prima di afferrare il cellulare dalla tasca dei jeans. “Tra l’armatura e la spada, sarebbe stato un po’ anacronistico.”

Mattias annuì con un risolino e Magnus, dopo aver digitato un numero breve, disse: “Zio Bjorn, siamo usciti. Tu dove ti trovi?"

"Sono nel parcheggio antistante il faro di Andenes. Com'è andata?" replicò l’altro.

"Per il momento, tutto secondo i piani. Ora, spetta ai ragazzi su Muspellheimr, fare il loro dovere. Noi, a quanto pare, ne abbiamo un altro" disse Marcus, risalendo il sentiero per tornare sulla strada principale.

"E cioè?" domandò dubbioso Bjorn.

"Riformare il mondo dei berserkir. Il tempo dell'isolamento è ormai giunto al termine. Dobbiamo evolvere, per sopravvivere, e la mancanza di uniformità tra i vari clan deve finire. Non possiamo più essere divisi, o ci estingueremo."

"Vuoi portare avanti una Riforma? Adesso?" esalò suo zio, sorpreso.

"Non proprio. Al momento, dovrò muovere guerra per poter salvare le persone innocenti che Ragnhild e Mattias si sono lasciati alle spalle" sospirò Magnus, sorprendendo non poco lo zio.

"Creerai un bel casino. Questo è poco ma sicuro" dichiarò torvo Bjorn, facendo loro un cenno con la mano non appena li vide comparire sulla strada che conduceva al faro.

Chiusa la comunicazione, Magnus e Mattias lo raggiunsero e, con aria determinata, il portatore di Odino dichiarò: "Non sono venuto al mondo solo per essere un contenitore, zio. Né lo è Mattias. Siamo qui perché è tempo che i berserkir si evolvano. Il punto è che, per il momento, non ho dato prove di essere un buon portavoce, mi sono limitato a vivere di rendita grazie al nome del dio che alberga in me, ma non ho fatto nulla perché le cose cambiassero. E ora ne paghiamo lo scotto."

"Non vorrai certo farti carico di ciò che è avvenuto prima della tua nascita, o quando tu eri un infante, spero…” dichiarò allora Bjorn.

"Avrei dovuto chiarire i reali motivi per cui Odino si è reincarnato, e che non hanno unicamente a che fare con la rinascita di Fenrir” sottolineò Magnus. "Avrei dovuto inviare messaggeri nei clan, sancire che l’isolamento doveva essere progressivamente smantellato, a favore di una politica di apertura al mondo, ma non l’ho fatto. Ho procrastinato troppo a lungo e, a questo modo, persone come Ragnhild ne hanno sofferto. Ciò deve finire una volta per tutte e, poiché i berserkir conoscono solo la guerra e la violenza, dovrò agire a questo modo, per inculcare un po’ di buonsenso alle persone, almeno per il momento.”

“Vuoi scoperchiare il nord della Svezia?” tentennò Bjorn, turbato da quella svolta inaspettata degli eventi.

“Niente di così tragico. Ci recheremo a Luleå e chiederò di essere ascoltato ma, se non lo faranno, combatterò al primo sangue per la supremazia sul clan” dichiarò lapidario Magnus. “E’ tempo che anch’io mostri le zanne perché, per troppo tempo, sono rimasto acquattato nel mio angolo senza fare nulla.”

"Beh, dobbiamo metterci in pista, allora, perché la nostra meta non è esattamente a due passi, ti pare?" chiosò Bjorn, facendoli salire sull'auto.

Mattias balzò sul sedile posteriore e scrutò dubbioso il volto ombroso di Magnus, riflesso nello specchietto retrovisore dell’auto che, nel ripartire, tremò leggermente. Turbato, quindi, domandò: “Davvero combatterai contro mio padre?”

“Pensi mi ascolterà, diversamente?” replicò Magnus, scrutando meditabondo il contorno del mare all’orizzonte.

“Non cederà mai lo scettro, neppure in nome di Odino. Il potere gli ha ottenebrato la vista, e dubito ascolterà ciò che hai da dirgli” sospirò sconfortato Mattias.

“Allora, combatterò. E’ tempo che io faccia la mia parte” sentenziò Magnus, poggiando quindi il capo contro il vetro per poi chiudere gli occhi.

Sei sicuro di potercela fare, ragazzo? So benissimo che tu non ami menar le mani, si preoccupò immediatamente Odino.

“Non mi rimangono molte alternative. Ho sperato che il tuo ritorno bastasse a far comprendere alle nostre genti che il tempo del cambiamento era giunto e, come uno sciocco, sono rimasto a disposizione dei tuoi figli, ma senza mai ricevere richieste da parte loro. Nessuno voleva cambiare. La beserksgangr è un potere allettante perché offre dominio e dà libero sfogo alla sete di sangue insita negli uomini-orso, perciò cambiare avrebbe voluto dire asservirsi a regole che avrebbero reso meno potenti i berserkir.”

Perché tu desideri che essi vivano in armonia con gli altri, non separati da tutto e da tutti, sottolineò Odino.

“Non credo di essere l’unico. Tu stesso avevi al tuo diretto servizio delle invincibili guerriere, non solo baldi soldati in arme. Le Valchirie potevano rivaleggiare con i più potenti guerrieri dei Nove Regni, ma non mi pare tu ti sia mai sentito screditato dalla loro presenza” tenne a precisare Magnus.

Ora capisco… mi stai parlando della condizione di assoluta sudditanza femminile nei clan più ortodossi, mormorò Odino, spiacente.

“Ciò che è accaduto a Ragnhild ne è solo l’esempio ultimo, ma potremmo citarne a migliaia. Mia cugina Elsa non ha solo ricevuto l’addestramento come le altre donne del branco, ha anche potuto studiare all’estero, sposare un berserkr di un altro clan, lavorare in un contesto cittadino e fare esperienza al di fuori del mondo degli uomini-orso. A molte donne-orso tutto questo non viene concesso, ed è terribile” si lagnò irritato Magnus. “Troppe di loro vivono una condizione di perpetua sudditanza e, sempre a causa dell’estraneità con il mondo moderno, a tante di loro non vengono date possibilità di sbocco lavorativo se non all’interno del clan. Tutto questo deve finire.

E vuoi cominciare così lontano dal tuo clan di appartenenza?

“Comincerò dove devo. La legge dei berserkir mi consente di combattere per il predominio e, anche se la sola idea mi fa tremare di rabbia, la userò, se servirà a farmi udire da tutti.”

Sia come vuoi. Io sarò al tuo fianco. Sempre.

“Grazie, Allfǫðr.

***

Raggiunto che ebbero il salone dove si trovava Naglfar, Sthiggar ebbe solo un breve flash dell’istante in cui si era risvegliato in quel medesimo luogo, con la spada ricoperta di sangue e l'Occhio di Muspell ai suoi piedi.

Il ricordo delle due guardie morte a poca distanza da lui rinfocolò la sua determinazione e, quando si fermò a pochi passi dalla nave, sorrise determinato e dichiarò: "Provo una certa soddisfazione nel poter violare le regole con il benestare reale."

"Non abituartici, caro. E' solo un evento dettato dall'esigenza" sottolineò per contro Ilya, avvicinandosi a sua volta alla nave per sbloccarne i sigilli.

Dopo aver apposto la sua mano sulla chiglia di Naglfar, questa emise un bagliore che la percorse da prua a poppa, liberandosi dai blocchi magici che ne impedivano il furto.

Ciò fatto, lanciò un'occhiata a Sthiggar e dichiarò: "Cerca di non ridurla in frantumi. Sarebbe carino se raggiungesse la fine dei tempi intatta."

"Cercherò di fare del mio meglio" acconsentì lui, poggiando la mano nel punto in cui era possibile azionare i congegni magici della nave.

Al suo tocco, una scala discese dal ponte per poter permettere a tutti loro di salire, mentre due rostri laterali fuoriuscivano dal fondo della chiglia fino a formare imponenti ali di ferro brunito.

Fu solo a quel punto che Sthiggar rammentò un particolare non da poco e, nel volgersi verso la regina, aggrottò la fronte e disse: “L’Occhio di Muspell… come è possibile che…”

Accigliata a sua volta, la donna assentì torva e replicò: “Ho il dubbio che anche Surtr se lo sia chiesto per tutto questo tempo e, ora che me lo fai notare, non posso che chiedermelo a mia volta. Fin dove si è spinto il tradimento?”

Ciò detto, osservò Hildur che, però, scosse il capo e asserì: “Prima dell’attacco, non avevamo ancora i nomi dei delatori ma, come avete giustamente notato voi, chi mai avrebbe potuto sbloccare la teca dove si trova l’Occhio di Muspell, se non un membro della famiglia reale? Serve il vostro codice genetico, per aprire i blocchi magici.”

Seguendo il gruppo verso il ponte, Sthiggar si affrettò quindi a portarsi a poppa, dove si trovavano il timone e il prezioso Occhio di Muspell e, nello sfiorarlo, Sthiggar borbottò contrariato: “Dovremo pensarci per forza dopo. Ora, vediamo di muovere questa barchetta.”

All’assenso di tutti, Sthiggar poggiò una mano sull’Occhio, che iniziò a brillare di una fosca luce rossastra e, mentre Ragnhild lo affiancava, la giovane fissò l'intera struttura navale con occhi pietrificati.

Avvinghiandosi al braccio di Sthiggar quando la nave iniziò a muoversi, lei domandò turbata: "Sono io che ci vedo male o ci sono delle ossa, inserite nell'intelaiatura della nave?"

"E' così, infatti. Ma non turbarti troppo. Non sono ossa vere. Sono scolpite in modo magistrale, e hanno il solo scopo di incutere timore nel nemico" le sorrise lui, muovendo leggermente la mano sull'Occhio di Muspell, che si trovava nel mezzo del timone.

Accigliandosi, Sthiggar mormorò un'imprecazione tra i denti e, subito, Ragnhild lo imitò, mormorando contrariata: "E' dannatamente potente, vero?"

Immediatamente, coprì con la propria la mano di Sthiggar che poggiava sull’Occhio e, in pochi secondi, l’aura della pietra si fece più stabile e il potere maggiormente controllabile.

"Hai capito subito che ero in difficoltà..." le sorrise lui, dandole un colpetto con la spalla. "...perciò il legame c'è ancora."

"E' molto più forte, per la verità" dichiarò lei, lasciando andare la presa sull'Occhio quando fu certa che Sthiggar avesse il controllo su di esso. “Da quando ho bevuto quella specie di latte ultraterreno, sento le cose in modo diverso. Mi sento diversa.”

"Scopriremo insieme cos’altro puoi fare. Per il momento, portiamo fuori dal capannone questa bagnarola" dichiarò il giovane, scostando la mano dall'Occhio per porla sul timone.

Nel farlo, la rete di potere magico che percorreva la nave si illuminò a giorno, mettendo in evidenza ogni singola rifinitura del legno, ogni sartia, ogni velatura.

Il tutto durò alcuni istanti, ma fu sufficiente per avere un'idea chiara di quanta magia fosse stata inglobata in quella singola nave.

Nel mentre, gli enormi portoni del salone si aprirono, al sentore della magia di Naglfar che andava espandendosi e, quando finalmente ebbero libero accesso all'uscita, Sthiggar ordinò che le vele venissero spiegate.

Flyka e Trym obbedirono all'istante e, scosse da un vento che non c'era, le velature si gonfiarono, conducendo così l'enorme nave al di fuori del salone.

Leggermente turbata, Ragnhild domandò: "Ehm... cosa le fa muovere? E perché noi non stiamo raschiando il pavimento del salone?"

"La magia che hai visto prima è la cosa che la fa muovere... e levitare" le spiegò succintamente lui, indicandole di osservare la nave dal parabordo.

Lei si affrettò a farlo e, stupefatta, osservò il movimento sinuoso dei rostri che, come veri e propri timoni di un'ala d'aereo, permettevano a Sthiggar di controllare la nave.

Quando finalmente furono all'esterno del salone, la visione di Hindarall in fiamme, e battuta dagli eserciti congiunti di jotun e dokkalfar, tolse però il fiato ai presenti, raggelando qualsiasi tentativo di dire qualsiasi cosa.

Le vie erano un campo di battaglia uniforme e brulicante di uomini in armi, mentre i corpi di incolpevoli civili giacevano a terra privi di vita, falciati da armi straniere che mai avrebbero dovuto colpirli.

Ogni luogo, in Hindarall, era stato colpito, sventrato o dato alle fiamme e, quando Sthiggar vide che anche i colli della città presentavano i segni dell'assedio, temette per le persone che abitavano nella villa del padre.

Lykha, la loro fida governante, abitava con loro fin da prima della sua nascita, e non poteva pensare che i loro nemici l'avessero uccisa. Con lei, inoltre, vivevano anche i nipoti, che si occupavano del giardino della villa, oltre ad almeno un paio di animali domestici, che Snorri aveva allevato fin da quando erano cuccioli.

Questi pensieri lo spinsero a distogliere disgustato lo sguardo per puntarlo verso sud, dove si trovava il Palazzo Reale che, a quanto pareva, stava subendo un attacco magico da parte dei liòsalfar oscuri.

A giudicare dalla barriera magica eretta attorno al palazzo, però, gli elfi chiari dovevano aver pensato di dare una mano al sovrano di Muspellheimr. Per quanto ne poteva sapere di magia, Sthiggar dubitava che i loro Saggi fossero in grado - da soli - di contrastare le malie dei liòsalfar, perciò doveva esserci quasi di sicuro lo zampino degli abitanti di Elfheimr.

Cercando in Ilya una risposta ai suoi dubbi, lei assentì e disse: "A Palazzo erano presenti non pochi elfi chiari, oltre ai sovrani di Elfheimr, quindi è possibile che si siano schierati dalla parte di Surtr."

Hildur, nel frattempo, si avvicinò al cugino e, dopo aver lanciato un'occhiata a Ragnhild per sincerarsi che non avesse problemi, domandò: "Quando pensi di usare la Spada?"

"Avviciniamoci il più possibile al palazzo" dichiarò lui prima di guardare Fenrir e i suoi figli e domandare: "Potete occuparvi dei soldati in città?"

Fenrir assentì senza problemi, dichiarando: "Avremo maggiore fortuna combattendo a terra, che sul ponte di questa nave. Faremo piazza pulita, non temere."

Sthiggar annuì al suo dire e, mentre i tre licantropi si lanciavano senza alcun problema verso l'esercito nemico, lui diresse la nave verso il Palazzo Reale per poi dire a Hildur: "Quando muterò, dovrai pensare tu al governo della nave e alla protezione di papà e della regina. Trym e Flyka ti aiuteranno, ma saranno impegnati con il sartiame, perciò la parte della spadaccina indomita spetterà a te."

"Sapremo badare a noi stessi. Tu, piuttosto, sei pronto a scatenarla?" domandò turbata Hildur, stringendo una mano sulla sua spalla.

"Non ho altra scelta. Se voglio chiudere la partita prima che altra gente muoia, devo calare il pezzo da novanta, per così dire" ghignò lui, cercando istintivamente la mano di Ragnhild.

Lei la afferrò con sicurezza e Hildur, a quel punto, disse: "Tornate interi. Devo conoscere meglio la mia futura cugina."

Sia Sthiggar che Ragnhild assentirono con vigore, così a Hildur non restò altro che prendere il timone tra le mani e gridare: "Per il re!"

Con una virata potente, spinse quindi la nave contro l'esercito nemico, asserragliato sul piazzale antistante il Palazzo Reale e Sthiggar, non potendo attendere oltre, si lanciò con Ragnhild dal parabordo per poter dare il via al mutamento.

Stretta a Sthiggar, Ragnhild socchiuse gli occhi quando la fiamma li avvolse, accecandola per alcuni attimi. In pochi istanti, lui infine mutò, il suo corpo divenne fuoco vivente e la sua statura magnificente crebbe, e crebbe, divenendo ciò che aveva predetto solo una mezz’ora addietro.

Sollevata di peso e con facilità estrema, Ragnhild si posizionò quindi sulla spalla di Sthiggar come già pianificato ma, quando ciò avvenne, la giovane avvertì dentro di sé il respiro dei Nove Regni e di Yggdrail tutta.

Ogni singola vita, ogni singolo atomo del cosmo la attraversò, dandole l'esatta dimensione del potere che avrebbe avuto Sthiggar, o meglio, avrebbero avuto alla Fine di Ogni Cosa.

Non faceva specie che la Spada Fiammeggiante fosse l'arma con cui Surtr avrebbe distrutto i mondi. Come avrebbe potuto essere il contrario, con una tale energia a disposizione?

Questo spiegava anche perché essa fosse stata spezzata in due. Un simile potere, nelle mani di una persona sola, avrebbe potuto essere distruttivo in mille altri modi diversi dal Ragnarök. Due persone, per lo meno, potevano garantire un certo grado di equità di pensiero.

Ciò che ora le spettava era convogliare solo parte di quell'energia nel corpo di Sthiggar, permettendo al resto di essa di tornare al suo luogo d'origine, così che i Mondi non venissero a collassare per la troppa richiesta di potere.

Così, agiva la Spada. Depredava ogni singolo atomo di energia per poi lasciare senza vita ciò che la circondava. Per questo, nel Mito si parlava della Spada come dell’arma che avrebbe spazzato via i Mondi… li avrebbe letteralmente risucchiati dentro di Lei!

Per evitare che ciò accadesse molto prima del previsto, e Ragnhild sperò mai, avrebbe dovuto gestire quelle energie per donare a Sthiggar solo quanto necessario per vincere.

Non un solo atomo in più avrebbe dovuto giungere nelle mani dell’amato.

"Andiamo pure, Sthigg. Ci sono" dichiarò quindi Ragnhild, levandosi in piedi sulla sua spalla e trattenendo se stessa al corpo imponente del muspell tramite l’energia che stava permettendo venisse convogliata in lui.

Sthiggar assentì con un ruggito e, nonostante la mole, si scagliò contro il nemico con impressionante velocità.

Sbaragliò le schiere jotun con la sola imposizione di una mano e, quando i liòsalfar si volsero contro di lui per attaccarlo con la magia, lui semplicemente la divorò, divenendo ancora più forte.

Ragnhild, però, non permise a Sthiggar di sfruttare un simile potere, ritenendolo eccessivo e controproducente, così convogliò altrove quell'energia, così che non portasse il suo amato oltre il limite di pericolo.

Non fu esattamente la cosa più semplice da fare ma, proprio come aveva iniziato a fare sulla Terra, accarezzò i centri di potere di Sthiggar perché non si sovraccaricassero, disperdendo quindi l’energia in eccesso.

Questo la portò a stringere i denti per l’affaticamento ma, non di meno, proseguì nella sua opera, tenendosi ben stretta a Sthiggar mentre lui combatteva.

Era dannatamente difficile non farsi prendere la mano, e il sentore del potere primigenio che le solleticava le papille era così delizioso da attirarla verso il baratro, ma ugualmente si contenne.

Sinergicamente, quindi, si mossero per sbaragliare ogni ostacolo si pose dinanzi a loro e, quando finalmente ebbero fatto piazza pulita, puntarono lo sguardo in direzione di Hindarall.

Nel frattempo, forti della loro velocità, possanza e abilità, i tre licantropi stavano facilmente avendo la meglio sui nemici ma, quando Sthiggar vide un nuovo contingente di dokkalfar puntare contro di loro, urlò d'ira e frustrazione.

Le loro armi avevano ucciso Kyddhar, e ora stavano mietendo vittime in tutta Hindarall, perciò andavano fermati a qualsiasi costo.

L'intervento a sorpresa di Lafhey, però, interruppe la sua corsa e Sthiggar, nell'osservare il Gigante di Ghiaccio che gli si parò innanzi, urlò: "Cedi il passo, re di Jötunheimr. Non sei tu la mia preda!"

"Ma tu sarai la mia, Spada!" ringhiò il re, gettandoglisi addosso con tutta la sua forza.

Sthiggar contrastò abilmente il contraccolpo ma, per sicurezza, domandò rapido alla sua compagna: "Tutto bene, lassù?"

"Sono legata a te a livello subatomico! Non potrei cadere neppure volendo!" lo tranquillizzò lei, fissando iraconda il volto del loro nemico.

Ancora, avvertì il piacevole sapore del potere sulla punta della lingua e, nuovamente, Ragnhild venne invogliata a usarlo per rigonfiare i centri di energia di Sthiggar. Sapendo che dare voce a quelle sirene ammaliatrici sarebbe stato pericolo, Ragnhild rifiutò per l’ennesima volta quel gradevole dono ma, dentro di sé, percepì senza sforzo quanto, quei continui rifiuti, la stessero indebolendo.

Pizzicandosi un braccio per scacciare quei pensieri col dolore, Ragnhild tornò con lo sguardo al loro nemico più diretto, il Gigante di Ghiaccio Lafhey e, stringendo maggiormente i propri atomi a quelli di Sthiggar, gridò: “Abbattilo!”

Sthiggar assentì alle sue parole, colpendo quindi Lafhey con un possente diretto che lo mandò a terra, direttamente contro la parete rocciosa della montagna dove sorgeva il Palazzo Reale.

Quella caduta produsse un'onda tellurica che fece tremare l'intero maniero perciò Sthiggar, per evitare ulteriori scosse - e potenziali crolli - si allontanò da esso, trascinandosi dietro un rabbioso Lafhey.

Con tutta la forza che Ragnhild gli permise di usare, lo scagliò quindi fuori città, dopodiché lo raggiunse con possenti balzi a mezz'aria fino ad atterrare a pochi metri da lui.

Lì, sempre più furioso ma ben conscio di non potersi lasciare andare all’ira più cieca, Sthiggar ringhiò al suo indirizzo: "Vattene finché sei in tempo, re di Jötunheimr. Non è il tempo di guerreggiare, e tu lo sai! Non potrai mantenere a lungo quelle forme, su un pianeta come Muspellheimr, perciò perché continuare a rischiare la morte?!”

"Il fatto stesso che tu sia sorto, Spada Fiammeggiante, dice il contrario. Ma sarò io a brandirti, non certo Surtr!" replicò Lafhey, scagliandosi nuovamente contro di lui. “Per questo vale la pena battersi.”

"Tienilo lontano da te, Sthiggar! Ha qualcosa in mano!" gridò immediatamente Ragnhild, terrorizzata.

Grazie a quell’intervento dell’ultimo secondo, Sthiggar evitò di un soffio l’attacco diretto del suo nemico, si scostò a distanza di sicurezza e domandò trafelato: "Cos'hai visto?!"

"La sua mano destra... c'è qualcosa che pende tra le sue dita" disse subito Ragnhild, acuendo lo sguardo mentre il suo respiro si faceva affannoso, irregolare.

Era dannatamente difficile rimanere vigile, gestire quel flusso di energia continuo e non farsi sopraffare dal desiderio di attingere a piene mani a ciò che l’Universo stesso le stava offrendo. Combattere per impedire che l’entropia prendesse il sopravvento non era esattamente la cosa più semplice da fare, e il suo fisico stava cominciando a cedere, a chiedere più di quanto fosse in grado di dare.

Ragnhild non era certa che, di quel passo, sarebbe riuscita a reggere ma, almeno finché avesse avuto fiato nei polmoni, non avrebbe lasciato il fianco di Sthiggar.

Grazie al loro legame, nel frattempo, Sthigg comprese subito cosa avesse notato la giovane e, digrignando i denti, sibilò: "Gleipnir? Davvero pensavi di legarmi con il Laccio di Fenrir?"

"Lo userò su tutti voi, così non solo avrò alla mia mercé la potente spada di Surtr, ma anche i figli di Loki e la sua progenie" sghignazzò follemente Lafhey.

"Può farlo?" mormorò Ragnhild, turbata.

"Se ci prende? Eccome. Non potremmo liberarci e, con la complicità dei liòsalfar, ci soggiogherebbe, perché il Laccio di Fenrir è in grado di inibire l’aura degli esseri viventi… qualsiasi aura di qualsiasi essere vivente" ringhiò Sthiggar, accigliandosi non poco.

"Se ti fossi lasciato catturare su Midghardr, non avresti dovuto essere testimone della sconfitta del tuo regno ma, visto che hai preferito venire, te lo farò godere fino all'ultimo muspell ucciso" lo minacciò a quel punto Lafhey con tono vagamente ansimante, pur se ancora tronfio.

Ciò detto, si volse per tornare verso Hindarall col chiaro intento di attaccare i licantropi ma Sthiggar, forte del suo nuovo potere, lo precedette con un balzo, atterrando sulla sua schiena e mandandolo lungo riverso sul suolo.

Questo provocò la caduta di diversi edifici già in fiamme e, suo malgrado, anche di uno dei templi di Sól.

Procedi e non pensare a quelle pietre. Le case si ricostruiscono... le vite no! E voi dovete salvarne il più possibile!

Sthiggar perse un battito, quando la voce di sua nonna gli rimbombò nella mente, chiara e forte come se fosse stata al suo fianco.

Confuso, il guerriero si bloccò a metà di un passo per guardarsi intorno ma Ragnhild, che gestiva attivamente le energie che stava incanalando in Sthiggar, gridò: "La percepiamo grazie alla nostra connessione con Yggdrasil! Ricorda che Lei è ovunque! Per questo, Sól può parlarci attraverso l'Albero!"

Annuendo in fretta, Sthiggar riprese la sua corsa per raggiungere Lafhey che, nel frattempo, aveva ridotto le sue dimensioni per non disperdere ulteriore energia.

Contrariamente a loro, che erano su territorio ameno, Lafhey poteva mantenere le sue forme di Gigante di Ghiaccio per pochissimo tempo, in un luogo inospitale come era Muspellheimr per lui.

Lanciata subito un'occhiata a Naglfar per sincerarsi che non avesse subito danni, Sthiggar raggiunse in fretta i tre licantropi e, a gran voce, esclamò: "Raccoglietevi dietro di me! Ho intenzione di provare una cosa!"

"Ti pare il momento di fare esperimenti?!" esclamò contrariato Sköll, fissandolo bieco.

Sthiggar ghignò in risposta, sfiorò con un dito Ragnhild e, in un mormorio, le spiegò cosa avesse intenzione di fare. Da lì al metterlo in pratica, dipendeva tutto da lei, a quel punto.

 

 

N.d.A.: direi che si è capito cos'è un Gigante di Fuoco, ormai, così come un Gigante di Ghiaccio, anche se ovviamente Lafhey è svantaggiato, su Muspellheimr, e lui lo sa benissimo. Ora, resta da vedere se il resto dei nemici di Surtr si spaventerà a sufficienza di fronte al potere di Sthiggar e Ragnhild, o se penseranno comunque di riuscire nel colpo di Stato. 

 

(1) Mercurio in Capricorno= mi riferisco al calcolo delle Effemeridi, in abito Astrologico. Danno un'idea di massima del carattere e delle tendenze comportamentali di una persona.

  
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