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Autore: Mary P_Stark    07/09/2022    1 recensioni
Muspellheimr - Regno di Surtr
Il giovane Gigante di Fuoco Sthiggar, discendente della dea Sòl e figlio del Sommo Sacerdote Snorri, non conosce né paura né tanto meno vergogna e, a causa di ciò, finirà dapprima per essere punito dal re, e in seguito confinato sullo sperduto Regno di Manaheimr (Terra), nell'ancor più sperduto paesino di Lulea, in Svezia. Questo confino - agli occhi di Sthiggar più che ingiusto - porterà a sconvolgenti verità e alla scoperta di un destino a cui non sapeva di essere designato fin dalla sua nascita. L'aiuto della berserkr Ragnhild sarà vitale per comprendere meglio se stesso e il ruolo che gli compete nella complessa rete del Fato che si è stretta attorno a lui, ma saranno antiche divinità e nuovi nemici a mettere definitivamente alla prova il guerriero muspell. (per una totale comprensione, si devono leggere prima le altre storie legate a questa raccolta)
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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 24

 

 

 

 

Terminato che ebbe di spiegare il suo piano a Ragnhild, Sthiggar le domandò speranzoso: "Riesci a convogliare la nostra energia sui dispositivi dei dokkalfar? Hanno polvere pirica all'interno, perciò sono infiammabili."

La giovane sbatté le palpebre, perplessa dal suo dire, prima di sorridere e ammettere con una certa soddisfazione: "E' come una redistribuzione dei pesi su più appoggi, così da non sbilanciare la struttura."

"Sbaglio, o parli di ciò che stavi studiando su Midghardr?" le domandò a quel punto Sthiggar, piegandosi sulle gambe per prepararsi a lasciarsi colpire dai dokkalfar, che stavano giungendo alla carica verso di loro.

Di Lafhey, per il momento, non v'era traccia. Che si fosse nascosto, quel vile? O era davvero così stremato da aver dovuto trovare un luogo in cui ritemprarsi? Era possibile, visto quanto il corpo degli jotun fosse inviso al mondo dei muspell, ma non poteva fidarsi del tutto di quello scaltro uomo di ghiaccio.

Ragnhild, nel frattempo, assentì alla domanda di Shiggar, mormorando: "Devo solo concentrarmi e..."

Non troppo, ragazza, o finirai con il penetrare all’interno di Sthiggar per creare una sinergia totale, generando l'assoluta connessione tra te e lui, la mise in guardia Sól, sorprendendola.

"Oh... non andrebbe bene, giusto?" domandò sorpresa, bloccando immediatamente ciò che aveva iniziato a fare quasi inconsapevolmente. Era mai possibile che i loro poteri, una volta risvegliati, agognassero alla formazione della Spada Fiammeggiante?

La sinergia tra voi due vorrebbe dire unire Elsa e Lama, creando la vera Spada Fiammeggiantee non è davvero il caso di farla emergere ora.

"Cioè... potremmo essere più potenti di così?" gracchiò Ragnhild, apertamente turbata.

Già utilizzare quei poteri per lei del tutto nuovi, la stava prosciugando di ogni energia… cosa sarebbe successo, se avessero aumentato ancora la loro interconnessione?

“Ma io non sto affatto usando tutta l’energia messa a disposizione da Yggdrasil!” sbottò dopo alcuni istanti la giovane, chiaramente in difficoltà.

Non si tratta soltanto di energia utilizzata, ma di come viene utilizzata. Se le vostre menti fossero in totale sincrono, la Spada Fiammeggiante diverrebbe finalmente una cosa sola, e questo scatenerebbe l’inizio del Ragnarök. Voi distruggerete i mondi, mia cara, perciò sì... dare il via a un nuovo universo richiede un'energia cosmica senza pari e, per distruggere i dokkalfar, non ve n'è certo bisogno.

"Ah... no di certo" assentì Ragnhild, cancellando a piè pari ciò che aveva tentato di fare.

Rammenta che questa è la tua prima battaglia, e i tuoi centri di potere si stanno abituando in modo traumatico al risveglio della tua fiamma, perciò entro breve dovrai fermarti e concedere al tuo corpo un po’ di requie. Non forzare la mano perché te lo dice il cuore. Devi dare tempo al tempo… anche tu che sei Elsa.

“Ma Sthiggar…” tentennò Ragnhild, subito sfiorata da un dito dell’amato, che le stava carezzando il corpo con fare delicato.

“Dai retta alla nonna. Quando non te la sentirai più, lascia andare il legame. Sapremo batterli in ogni caso, a questo punto” la rassicurò lui con un sorriso.

Annuendo, Ragnhild si concentrò unicamente su loro nemici, aggrottò la fronte nel convogliare l’energia doveva aveva deciso di ridistribuirla, dopodiché disse: "Okay... posso inquadrare i punti in cui indirizzare la fiamma. Riesci a vederli anche tu?"

Annuendo, Sthiggar allargò le gambe per avere maggiore stabilità quindi, con un grido tale da far tremare l'intera città, scagliò le sue lingue di fuoco con precisione chirurgica.

I tirapugni dokkalfar esplosero addosso ai rispettivi padroni, riducendo a brandelli l'intera armata e portando Ragnhild a coprirsi gli occhi per nascondere a se stessa l'orrore appena commesso.

Per quanto abituata alla violenza, c’erano cose che neppure lei riusciva a sopportare.

"Scusa..." mormorò quindi Sthiggar.

"Fa niente. Avrò incubi per mesi, ma conto che mi coccolerai" replicò lei, volgendosi a mezzo per controllare che i loro amici licantropi stessero bene.

A parte qualche graffio qua e là, parvero non avere altro perciò, nel tornare a guardarsi intorno con espressione turbata, domandò: "La barriera sul castello è ancora attiva. Sarà il caso di fare il culo a strisce anche a quelli lassù?"

Sthiggar, però, scosse il capo e, indicando Naglfar, asserì: "Riprendi fiato e osserva. Naglfar non è solo una bella nave... ha anche un sacco di giocattolini al suo interno."

"In che..." iniziò col dire Ranghild prima di sobbalzare quando vide lo scafo della nave aprirsi sopra il contingente di maghi liòsalfar e scaricare su di loro un'autentica pioggia di scintille colorate, simili a coriandoli di carta stagnola.

I maghi, sorpresi da quello strano attacco, si bloccarono un istante per spolverarsi le tonache ma, quando lo fecero, grida terrificanti iniziarono a levarsi tra i presenti, giungendo fino a loro.

"Che succede, lassù?" domandò Hati, scrutando curioso Sthiggar dopo aver uggiolato per la sorpresa.

"Erba" disse criptico il gigante di fuoco. "La nostra erba è tossica e, mescolata con la pietra pomice dei vulcani, crea una mistura aerobica velenosa al tatto."

"Alla faccia! Questa sì che è guerra sporca!" celiò Sköll. "Con rispetto parlando, s'intende."

Sthiggar sorrise a mezzo, replicando: "A nessuno piace usarla ma, per salvare il re, non ci sarebbe un solo muspell che preferirebbe agire diversamente."

"A parte coloro che vi hanno tradito" sottolineò Ragnhild, accigliandosi.

Dopo essersi seduta sulla spalla di Sthiggar, gli occhi lesti e attenti che scandagliavano il circondario in fiamme alla ricerca di Lafhey, Ragnhild si concesse qualche minuto per rifiatare.

Maneggiare l’energia primigenia di Yggdrasil, l’aura e la fiamma contemporaneamente l’aveva stremata, ma sapeva che non era ancora giunto il tempo per cedere.

Per quanto si sentisse debole, e necessitasse del più grande carico di Aspirina del mondo per calmare il mal di testa sempre più forte che le stava massacrando le tempie, sapeva di non poter ancora fermarsi.

"Chiudi gli occhi e respira profondamente" le mormorò a quel punto Sthiggar, scrutando a sua volta la città al pari dei licantropi. “Devi lasciare che la fiamma si sprigioni perché curi il tuo dolore… non serve solo a creare potere, ma anche a dissipare le tossine prodotte durante il combattimento.”

“Fico…” mormorò a quel punto lei, lasciandosi andare contro il collo di Sthiggar, in posizione del tutto rilassata. “…così va bene?”

“Riesci a lisciare le linee di potere come fai con me? Io, purtroppo, non riesco a farlo, con te. E’ una cosa a senso unico” le disse lui, spiacente.

Ragnhild sorride nell’udire il suo tono contrito e, sempre a occhi chiusi, si passò le mani sul torace, sussurrando: “L’Elsa sono io,… per forza che non puoi farlo.”

“Dispettosa” ammiccò lui, accigliandosi attimo dopo attimo mentre, invano, tentava di scoprire il nascondiglio di Lafhey.

Cosa stava tramando, quel dannato? Dove diavolo si era cacciato?

Mentre Ragnhild tentava di lisciare le increspature prodottesi all’interno dei gangli di potere, così come avrebbe fatto con una ciocca di capelli piena di nodi, Sthiggar le domandò: "Ragnhild... tra le tue conoscenze, esiste per caso un sistema per polarizzare al contrario il nostro potere, così da percepire il freddo, invece del caldo?"

"Più che al caldo e al freddo, si potrebbe sfruttare il magnetismo di questo pianeta" replicò lei meditabonda, continuando nella sua opera di ripulitura.

Come aveva detto Sthiggar, la fiamma stava divorando le tossine fin lì accumulate, facendole passare il mal di testa, ma le risultava ancora così difficile, muoversi all’interno di se stessa!

"Voi muspell..."

"Noi" sottolineò lui con un sorriso.

Annuendo con un risolino, lei proseguì dicendo: "Giusto. Noi muspell abbiamo un magnetismo interno che è coerente con quello del pianeta, stando a quello che ho percepito finora ma, se tanto mi dà tanto, gli jotun lo hanno diverso e, quel gigante cattivone di prima lo avrà sicuramente più potente rispetto agli altri."

"Può funzionare" assentì Sthiggar prendendo un respiro per poi concentrarsi sulle energie del pianeta, lasciando che Ragnhild pensasse a curare se stessa.

Ora che era su Muspellheimr, tutto gli veniva naturale e avvertire il respiro del pianeta, così come quello dei suoi abitanti, fu come bere un bicchiere d'acqua. Fu così che, non solo comprese che il suo re era ancora vivo, ma scoprì anche dove si stesse nascondendo Lafhey.

L'attacco in grande stile contro di lui, evidentemente, lo aveva prosciugato più di quanto loro non si fossero aspettati e ora, stravolto dalla fatica, stava attendendo al riparo di una casa semidistrutta a poca distanza da loro.

Lanciata quindi un'occhiata a Fenrir, mormorò: "A meno di mezzo miglio da noi, in una casa diroccata. Dinanzi c'è una fontana. Lafhey si trova lì, ed è letteralmente sfinito."

"Mi sembrava strano che un Gigante di Giaccio potesse resistere così tanto in quelle forme, in un mondo come Muspellheimr" ghignò soddisfatto Fenrir, zampettando via per raggiungere il loro nemico.

Guardandosi intorno mentre il padre raggiungeva il nascondiglio di Lafhey, Sköll domandò: "Visto che i dokkalfar non sembrano voler contrattaccare, che ne dici se cominciamo a controllare se c'è qualcuno ancora vivo, tra le macerie?"

Annuendo, Sthiggar si guardò intorno prima di spiegare ai due lupi dove stesse percependo energia vitale dopodiché, lanciato uno sguardo torvo al palazzo, disse: "Ora, è il caso di liberarsi degli ultimi jotun che ancora si trovano all'interno del maniero."

"Aspetta, Sthiggar!" lo richiamò Fenrir, la zampa enorme premuta sul torace di Lafhey mentre le sue zanne, a un passo dalla testa dello jotun, scintillavano ferali alla luce delle fiamme. "Questo avanzo di ghiaccio vuole dirti qualcosa."

Sorpreso, Sthiggar lo raggiunse in poche, rapide falcate prima di tornare alla sua forma naturale e permettere a Ragnhild di mettere i piedi a terra.

La giovane ne approfittò per appoggiarsi a Hati che, premuroso, le si affiancò per sorreggerla e proteggerla al tempo stesso.

Ombroso, quindi, Sthiggar fissò uno stravolto Lafhey, ormai ridotto all'ombra di se stesso, e ringhiò: "Come mai desideri parlarmi, re di Jötunheimr, dopo aver millantato il desiderio di possedermi?"

"Risparmiami, e ti farò i nomi dei delatori" lo pregò lui, mellifluo.

"Perché dovrei crederti? Potresti dirmi i nomi degli unici muspell che conosci e io finirei con l'uccidere persone innocenti" replicò Sthiggar, scuotendo il capo.

"C'è un vincolo magico, tra di noi. Se uno di noi avesse tentato di colpire l'altro alle spalle, sarebbe morto sul colpo" sottolineò Lafhey, sogghignando.

"Non è quello che stai facendo tu ora? Colpirli alle spalle, smascherandoli?" replicò Sthiggar, scettico.

Lafhey gorgogliò una risata, risata che gli valse anche un'espulsione di sangue azzurro pallido dalla bocca riarsa.

"Ho usato ogni straccio di energia per bloccarti, ma non è servito e, se non tornerò in fretta su Jötunheimr, morirò. Per questo avresti dovuto essere messo in catene su Midghardr. Una Fiamma Viva mi avrebbe condotto alla vittoria, pur se non immaginavo che tu nascondessi la tanto agognata Spada Fiammeggiante” mormorò roco Lafhey, lanciando un’occhiata incuriosita a Ragnhild, che lo degnò di uno sguardo gelido. “Pensi che sia nelle condizioni di mentirti? Inoltre, se ci pensi bene, io non sto letteralmente pugnalando alle spalle i miei alleati."

Ragnhild lo fissò burbera, dopo aver udito quelle parole sibilline, quindi borbottò: "Gli incantesimi sono letterali, vero?"

"Sì, giovane Elsa. I liòsalfar non amano i modi di dire, perché le parole hanno un peso specifico unico, all’interno delle malie... ma non ero tenuto a farlo sapere anche agli altri" scrollò a fatica le spalle Lafhey prima di guardare ansioso Sthiggar e aggiungere: "Ti prego... decidi in fretta."

Il guerriero sospirò disgustato, indicò a Fenrir di lasciarlo andare e infine disse: "Come qualcuno parecchio più in alto di noi mi ha fatto notare, il Ragnarök è ancora ben lontano dallo scatenarsi e tu sarai comunque partecipe di quella guerra, Lafhey, indipendentemente da come si svolgeranno i fatti. Non avrebbe quindi senso farti morire ora e scatenare forze che non conosciamo appieno. Dimmi come riconoscerò i delatori, e io ti lascerò vivere. La tua vita non mi interessa, al momento."

Lafhey allora si levò a sedere non appena Fenrir scostò la zampa e, nel mostrare il palmo della mano destra, disse: "Cerca questa energia, Spada, e troverai chi ha voluto la morte di Surtr."

Fu Ragnhild a sfiorare il palmo proteso dello jotun e, dopo alcuni secondi, se ne scostò con un brivido, asserendo: "Ho registrato la frequenza. Non dovrei avere problemi a capire chi si cela dietro al complotto."

Fenrir, a quel punto, ringhiò furioso dinanzi a Lafhey, le zanne snudate e pericolose e quest'ultimo, strillando terrorizzato, si levò in piedi e corse via zoppicando con il chiaro intento di raggiungere le porte di Bifröst.

"Ci stava mettendo troppo, a scappare" chiosò Fenrir, scrollando appena le spalle.

Sthiggar e Ragnhild sorrisero divertiti, lasciando che il fuggitivo Lafhey si allontanasse. Non era compito loro annientarlo, né era il tempo giusto per farlo.

Purtroppo per loro, Lafhey aveva un peso troppo grande, all’interno del Grande Disegno Cosmico, per eliminarlo prima del tempo.

Ora come ora, dovevano pensare a come chiudere quella partita una volta per tutte.

Lasciata Ragnhild nelle mani di Sthiggar, Hati si unì quindi a Sköll nella ricerca dei superstiti e il guerriero muspell, nel tenerla stretta a sé, osservò Fenrir e disse: “Cerchiamo i traditori e andiamo a occuparci del re. Fenrir, aiuta i tuoi figli con le ricerche. La città dovrebbe essere più o meno sgombra di nemici, a questo punto."

Il licantropo assentì e, mentre il gruppo tornava a dividersi, Sthiggar lanciò un’occhiata a Naglfar e al suo atterraggio dinanzi alle porte del palazzo.

Era il momento di rientrare a palazzo, per lui, ma stavolta lo avrebbe fatto con tutt’altro spirito.

***

Il ritorno in Svezia era stato estenuante.

Raggiungere Luleå aveva richiesto dieci ore di viaggio quasi ininterrotto ma, ben sapendo quanto i cugini stessero rischiando, Mattias aveva preferito non fermarsi se non per pochi minuti alla volta.

Il timore che suo padre potesse reagire in modo sconsiderato di fronte al tradimento dei nipoti lo aveva talmente spaventato da convincere Magnus a dargli retta, spingendo Bjorn a usare tutte le sue abilità al volante.

Quando, perciò, giunsero nella piccola cittadina marittima, il trio era piuttosto stanco e provato, ma ben determinato a evitare che accadesse il peggio.

Dopo aver ricevuto da Mattias indicazioni su dove recarsi, Bjorn si affrettò a imboccare le piccole stradine del centro abitato fino a inchiodare la Land Rover nei pressi dell'abitazione indicatagli.

All’esterno dell’abitazione, il trio trovò diversi berserkir intenti a chiacchierare tra loro con apparente tranquillità. Se una persona qualsiasi fosse passata di lì per caso, avrebbe pensato a una festa familiare e nulla più.

Soltanto gli occhi esperti dei berserkir all’interno della Land Rover, compresero cosa stesse realmente accadendo.

Quella era una Guardia Solenne preposta al controllo dell’abitazione del loro capoclan e nessuno, se non coloro che erano stati invitati a entrare, avrebbe potuto avvicinarsi.

A quella vista, Mattias sospirò affranto e, nel notare l’unica coppia di persone in evidente stato di nervosismo, mormorò: "Quelli laggiù, nei pressi del gazebo, sono gli zii. Ho idea che i miei cugini siano già all'interno, forse in stato di fermo, e a loro sia stato vietato di vederli, così come di allontanarsi dalla città."

A quell’accenno, Mattias indicò il berserkr che, con aria in apparenza noncurante, se ne stava a pochi passi dal gazebo con le mani in tasca, l’espressione serafica ma lo sguardo fisso sulle sue prede.

"Beh, questa condizione perdurerà ancora per poco" dichiarò livido Magnus scendendo dall'auto, subito seguito da Mattias e Bjorn. Quest’ultimo si mise al fianco del nipote con fare protettivo, pur se il giovane berserkr non ne aveva affatto bisogno.

Detenere l'anima di Odino al suo interno aveva fatto crescere più del normale il giovane Magnus che, pur avendo solo quindici anni, appariva già come un adulto pienamente formato.

Inoltre, proprio grazie al dio, poteva contare su una forza senza pari, ancora ineguagliata da nessuno dei suoi simili.

Non appena il capannello di persone dinanzi a casa Thomasson notò la loro presenza, vi furono diversi cori di sollievo, alla vista di Mattias ma, prima ancora di poter esprimere in qualche modo i personali pensieri in merito, Magnus ringhiò feroce: "E' dunque a questo, ciò a cui si sono abbassati i miei fedeli servitori?"

L’istante successivo, il potere di Odino riverberò furente dal corpo di Magnus, avvolgendo l'intero giardino e schiacciando sotto la sua cappa qualsiasi tipo di replica o movimento.

I berserkir, semplicemente, rimasero paralizzati al solo tocco di quell’immane energia primigenia e unicamente Sonja e Olaf, gli zii di Mattias, poterono muoversi nonostante la bordata energetica emessa da Odino.

Vistisi liberi da qualsiasi genere di prigionia, i due si discostarono dal loro aguzzino per correre ad abbracciare Mattias, riversando in quell’abbraccio tutta la loro ansia, unitamente al sollievo di poterlo rivedere. Turbata, quindi, Sonja mormorò in lacrime: "Hanno fatto di tutto per proteggere la vostra fuga... come mai sei tornato, Mattias?"

"Non preoccuparti, zia. Il mio comportamento verrà presto spiegato" la rassicurò lui, tornando ad abbracciarla per un istante prima di guardare Magnus, che assentì torvo. "Andiamo dentro, ora. E' tempo che mio padre ceda il passo."

Magnus lanciò occhiate ferali ai presenti, ancora increduli per quanto accaduto e terrorizzati dal potere devastante che li aveva resi inermi come moscerini. 

Sibilando tra i denti, il giovane berserkr intimò quindi loro: "Andatevene, se non volete che mi arrabbi sul serio, e avvertite gli altri membri del clan. Wotan è assai scontento di tutti voi, e richiede un’Ordalia immediata con il capoclan."

Ciò detto, sorrise benevolo a Mattias e aggiunse, con tutt’altro genere di tono: "Procediamo pure."

Mattias assentì cupo al giovane berserkr così, accompagnato dagli zii, Magnus e Bjorn, si affrettò a entrare in casa mentre gli uomini-orso, poco alla volta, si allontanarono dalla villetta dei Thomasson con aria sconvolta e tremante.

Non appena il ragazzino aprì la porta, trovò ad attenderlo Ludvig, pienamente in armi e con il volto adombrato dalla berserksgangr.

Apparentemente, gli ordini che gli erano stati comminati riguardavano solo e unicamente difendere l’interno dell’abitato o, quasi sicuramente, Ludvig si sarebbe precipitato fuori, al solo avvertire l’onda di energia lanciata da Magnus.

La berserkgangr gli aveva però impedito qualsiasi scelta indipendente, perciò il guerriero si era limitato ad attendere sull’entrata, pronto a difendere la casa del suo capoclan a qualsiasi costo.

La vista di Mattias, perciò, lo lasciò interdetto, bloccando qualsiasi suo attacco e, confuso di trovarselo dinanzi, si chetò un poco e mormorò subito dopo: "Ah, ecco... sei stato forse tu a..."

Il possente guerriero non terminò mai la frase; se la vista di Sonja e Olaf lo mise subito sul chi va là, scoprire la presenza di due berserkir sconosciuti rinfocolò immediatamente la berserkgangr.

Magnus, però, gli impedì di compiere qualsiasi genere di gesto inconsulto. Levata immediatamente una mano per schiacciarlo contro la parete, utilizzando il potere di Odino, disse poi con tono minaccioso: "Avverti i tuoi fratelli che si tengano pronti. Il vostro signore Wotan desidera parlarvi, e non è per niente fiero di voi."

Ludvig tentò una debole protesta, ma bastò lo sguardo di Magnus per farlo desistere. Annuendo quindi con fare cupo, il berserkr ritirò la berserksgangr e lo squadrò impotente per qualche istante ancora, prima di uscire dall'abitazione non appena Magnus lasciò andare la presa su di lui.

A quel punto, Magnus sospirò dolente, scuotendo il capo con aria combattuta e Bjorn, nel dargli una pacca sulla spalla, mormorò: “Sapevi che sarebbe potuto succedere. Devi accettarne il peso ora, o ritirarti in buon ordine.”

“Lo so… ma non mi piace” borbottò contrariato Magnus prima di prendere un gran respiro, tornare a scrutare Mattias e dire: "Conducimi dove si trova tuo padre."

Annuendo grave e immaginando senza difficoltà dove potesse trovarsi, Mattias chiese agli zii di non seguirli - già temendo cosa potesse essere successo - dopodiché guidò Magnus e Bjorn verso una porta che conduceva al seminterrato.

Lì, dopo aver aperto, si volse a scrutare dubbioso il suo ospite e domandò: "Cosa farai?"

"Giustizia. Non ucciderò nessuno, Mattias, ma farò quanto devo, anche se mi costerà non poco. Non amo impormi, ma la corda che ho lasciato scorrere tra le mani per dare libertà al mio popolo è diventata troppo lunga, e l’errore è stato solo mio. Ora, devo rimediare in qualche modo e, visto che so come ragionano i berserkir, dovrò usare le maniere forti" si limitò a dire Magnus, scendendo le scale assieme a Bjorn. 

Dopo un istante, anche Mattias si accodò a loro, non sapendo bene cosa aspettarsi da Magnus.

Lo aveva visto; era combattuto, all’idea di usare il suo potere, così come il suo titolo di Portatore di Wotan. Ugualmente, sapeva di dover portare giustizia e giudizio, perché era ormai chiaro che, almeno per quel che riguardava il loro clan, si era giunti a un’anarchia a senso unico che non avrebbe portato a nulla di buono.

Non odiava i suoi genitori, ma sapeva bene che avevano commesso molti errori, negli ultimi anni, e aveva il timore che ora si fossero macchiati di crimini per cui non vi fosse redenzione possibile.

D'altro canto non poteva accettare che, solo per il fatto che erano i suoi genitori, non fossero degnamente condannati per quello che, eventualmente, avevano fatto di sbagliato.

In un modo o nell'altro, avrebbe sofferto a causa delle decisioni prese da Magnus, ma non poteva evitare che il giovane berserkir le prendesse. Era nel suo pieno diritto fin da quando era nato come detentore dell’anima di Odino, e questo era ben noto a ogni clan, a ogni capobranco.

Solo la sua enorme gentilezza, e il suo desiderio di non comportarsi da leader, aveva permesso a ogni branco di comportarsi come meglio credeva, ma questo aveva portato ad aberrazioni come quelle in cui era nata e cresciuta sua sorella.

Era chiaro che, ormai, la pazienza di Magnus – e la speranza che il suo popolo capisse da solo come essere migliore – era giunta al termine. Restava solo da capire come avrebbe portato avanti il suo personale cambiamento all’interno dei clan.

Quando infine raggiunsero il piano inferiore, Mattias dovette tapparsi le orecchie, sgomento e terrorizzato, quando udì i lamenti terribili di Wulff provenire dal fondo del corridoio.

Ciò che aveva temuto, si era infine realizzato, dunque.

Suo padre aveva davvero passato il segno, compiendo l’unico atto per cui non avrebbe mai potuto essere perdonato. Colpire un membro della sua famiglia, e per motivi del tutto insensati.

Accigliandosi immediatamente, Magnus indicò a Bjorn di affrettarsi  a controllare le stanze alla sua destra, da dove provenivano le grida agghiaccianti appena udite.

Assieme a Mattias – e sperando concretamente di non ritrovarsi davanti a un cadavere – Magnus aprì la porta dinanzi a lui, trovando al suo interno un giovane legato mani e piedi con pesanti catene.

Accanto al giovane inerme, armato di un gatto a nove code e con occhi che sprizzavano furore a ogni battito di ciglio, un berserkr levò lesto il capo a scrutarli sorpreso, non appena udì il battente aprirsi.

Quando i suoi occhi animaleschi si posarono su Mattias, lo sgomento salì alle stelle, soppiantando la berserksgangr che lo aveva animato fino a quel momento.

Ignorando del tutto il torturatore – che mai avrebbe creduto essere in grado di compiere un simile scempio – Mattias gridò il nome del cugino Adam, dopodiché scansò il giovane berserkr reo del pestaggio che, turbato dalla sua prsenza, borbottò contrariato: “Non dovresti essere qui, Matt. Queste scene non sono per i tuoi occhi.”

Ciò detto, si rivolse al nuovo venuto con un gelido monito ad andarsene ma, quando poggiò lo sguardo sul viso trasfigurato dell’alto e giovane berserkr, tremò.

Il suo corpo venne  avvolto dall’aura devastante di Magnus che, livido d’ira in volto, avanzò di un passo prima di sibilare gelido: “Il tuo compito qui è finito.”

Non appena ebbe proferito queste parole, l’aura di Magnus divenne devastante, tanto da costringere il giovane berserkr in ginocchio, deprivato della possibilità di compiere qualsiasi gesto.

Ora tremante, il torturatore lanciò prima uno sguardo disperato all’indirizzo di Mattias – che però non rispose alla sua richiesta di aiuto – quindi si rivolse al nuovo venuto, esalando: “Chi sei, tu, per avere il potere di una divinità tra le tue mani?!”

“Sono il tuo dio! La vostra guida! E voi avete offeso la nostra persona, il nostro Credo, comportandovi peggio delle bestie di cui detenete la forza!” esclamò a quel punto Magnus con voce ormai distorta dall’ira.

Per quanto gli costasse una fatica terribile, non voleva ancora far emergere Odino dalle sue carni perché, gli piacesse o meno, quello era un problema tra berserkir e non tra divinità. Ma era così difficile non lasciare a lui il comando, a lui il fardello di compiere atti a lui così invisi.

Falciando l’aria con un braccio, lo scaraventò a terra con la semplice imposizione del suo potere devastante dopodiché, raggiunto Mattias accanto al corpo sanguinante del giovane che il ragazzo aveva chiamato Adam, domandò ansioso: “E’ ancora vivo?”

Mattias assentì in lacrime, tenendo tra le braccia il capo del cugino. Presumibilmente svenuto a causa delle percosse ricevute – il suo corpo recava i segni inequivocabili delle violenze a cui era stato sottoposto – Adam si riscosse a malapena, nell'udire il lamento di Mattias.

Attraverso l'unico occhio salvatosi dal pestaggio, scrutò quindi il cugino attraverso un velo di lacrime e gorgogliò dolente il suo nome.

"P-perché s-sei qui?" mormorò quindi sgomento Adam mentre una singola lacrima scivolava sulla sua gota tumefatta.

Mattias lo abbracciò con delicatezza mentre Margnus spezzava una a una le catene con il suo potere divino e, quando finalmente Adam fu libero, il cugino lo fece scivolare dolcemente a terra, carezzandogli poi il viso con fare contrito.

"Mi dispiace... mi dispiace... mi dispiace…" piagnucolò Mattias, addolorato, fissando Adam con la morte nel cuore.

Come aveva osato, suo padre, comportarsi in modo così dissennato?!

"Se Raggie è salva, va bene così" biascicò Adam prima di lasciarsi andare a una sospirata perdita di sensi.

Mattias si preoccupò immediatamente ma Bjorn, tornato sui suoi passi per non lasciare solo Magnus, scrutò arcigno il berserkr steso a terra e tramortito dal potere del suo signore, dopodiché si avvicinò al ferito per controllarlo.

Dopo alcuni istanti di attento e scrupoloso esame, in cui Mattias lo osservò pieno di speranza, decretò: "Starà bene. Ora è solo la stanchezza a parlare."

"Nelle altre stanze?" si informò subito Magnus, fissando livido il berserkr che aveva torturato Adam.

"In quella accanto, è presente un altro berserkr ed è messo più o meno come lui…” dichiarò Bjorn indicando Adam. “… ma, del suo torturatore, non c’è traccia. Al momento, il ragazzo è cosciente e sta aspettando il nostro arrivo. Quanto ai rumori che abbiamo avvertito prima, provengono dall’ultima stanza in fondo del corridoio, ma ho immaginato che volessi occupartene di persona."

"Hai ragione. Procediamo pure" assentì Magnus per poi lanciare un lungo sguardo a Mattias. "Se vuoi rimanere qui con i tuoi cugini, puoi farlo. Mi occuperò io del resto."

Lanciata poi un’ultima occhiata al torturatore di Adam, afferrò le catene, le avvolse rabbioso attorno al suo corpo dopodiché, fondendo gli anelli per creare una chiusura indissolubile, ringhiò: “Non farmi pentire di non averti ucciso.”

Il giovane non disse niente, immobilizzato dal terrore di fronte ai poteri devastanti di colui che lo aveva atterrato con il semplice utilizzo dell’aura, così a Magnus non restò altro che uscire.

A quel punto, Mattias scosse il capo e, dopo un'ultima carezza ad Adam, si levò in piedi e dichiarò: "Sono i miei genitori, perciò cercherò di portarli a più miti consigli ma, se non si atterranno alle tue parole, ti lascerò carta bianca."

Magnus assentì grave, comprendendo senza alcun problema cosa volesse dire, per lui, dover affrontare una simile prova.

Magnus sapeva bene che, molti anni addietro, i suoi stessi zii si erano trovati nella scomoda situazione di essere stati ingannati da chi avevano creduto essere un alleato, e questo aveva causato la morte di molti di loro.

Credere che Loki fosse Tyr aveva quasi portato alla guerra contro i licantropi e, solo grazie al coraggio di Brianna e dei suoi lupi, si era evitato il peggio, ma lo scorno di essere stati ingannati non era passato sotto silenzio.

Molti di loro avevano accettato l'errore soltanto dopo molti anni di contrizione e, quando lui stesso era stato abbastanza grande da comprendere ciò che era successo, aveva dedicato la sua adolescenza alla conoscenza e al sapere, anche grazie a Odino.

Con Fenrir era quindi sceso a patti, stringendo un'alleanza più che ferrea, ma ancora non era bastato per chetare il suo desiderio di portare pace. Agire solo nell'ombra, con piccoli gesti e deboli consigli, non era servito a evitare che interi clan si isolassero sempre di più fino a creare piccoli reami del terrore, incuranti del ritorno del loro dio.

Si era detto che imporre il proprio pensiero sarebbe stato troppo, ma neppure fare nulla, era risultato vantaggioso.

Avrebbe dovuto diventare una guida, non soltanto una creatura da idolatrare. Fino a quel momento, però, si era accontentato di far conoscere la propria esistenza al mondo dei berserkir, pensando che il solo sentire nominare il nome di Wotan, potesse bastare per dare il via a una nuova epifania.

Le regole erano invece state esasperate, distorcendole fino a cambiarle e lui, ancora, era rimasto in silenzio per non apparire un despota, dando quindi l’impressione di approvare simili cambiamenti.

Contrariamente ai lupi, che svolgevano annualmente delle riunioni tra clan proprio per dirimere dispute, discutere di nuove regole o favorire l'apertura a nuove idee, per i berserkir non era mai stato così.

Da sempre chiusi e ben lungi dal creare coalizioni, gli uomini-orso avevano finito, in molti casi, con lo scomparire per la totale mancanza di ricombinazione genetica. In altri casi, si erano addirittura autodistrutti poiché totalmente idiosincratici nei confronti di un mondo sempre più avanzato e alieno ai loro sguardi.

Tutto ciò aveva creato delle autentiche isole indipendenti tra loro che sì, avevano accettato di buon grado l'avvento della loro divinità sovrana, ma non lo avevano visto come un segno di cambiamento. Tutt'altro.

Era giunto il momento, per Magnus, di chiarire le cose una volta per tutte e impedire che i guerrieri che, in tempi immemori, avevano servito fedelmente Wotan, sprofondassero nell'autodistruzione.

Aperta quindi l'ultima porta del lungo corridoio dove si trovavano quelle celle di detenzione di stampo medievale, Magnus fissò inorridito un uomo affondare un ferro arroventato nella spalla del giovane legato dinanzi a sé.

Quel che più lo sgomentò, però, fu trovare una donna in sedia a rotelle che, gelida in volto, osservava l'intera scena senza colpo ferire, come se desiderasse ella stessa colpire e dilaniare, ma che per ovvi motivi non ne fosse in grado.

Il loro arrivo a sorpresa non solo stupì i presenti, ma interruppe temporaneamente anche la tortura.

Guardandosi in fretta attorno, Magnus comprese subito perché la coppia di carcerieri non si fosse accorta dell'onda di energia che aveva riversato sulla casa e, poco dopo, sul carceriere di Adam.

Accigliandosi, il giovane berserkr borbottò: "Piombare tutte le stanze per impedire interventi magici dall'esterno, mi sembra un sistema davvero paranoico di agire. Torturare un vostro consanguineo, poi, ha dell'inaccettabile e viola qualsiasi regola fin qui esistita nei branchi."

Elias lanciò un'occhiata sconcertata ai nuovi arrivati prima di notare la presenza del figlio. Fu però Ingrid a muoversi per raggiungerlo.

Mattias si affrettò a scostarsi, nascondendosi alle spalle dell'imponente figura di Bjorn quindi, scuotendo il capo, mormorò roco: "No, mamma. E' inutile che ti avvicini. Ora che non c'è più Ragnhild, non devo fingere di non sapere chi siete veramente."

La donna si bloccò a metà di una spinta, accigliandosi e, con movimenti secchi e sgarbati dell’unica mano scampata all’ictus, replicò all'accusa del figlio, fissandolo malamente.

Mattias, ancora, sospirò affranto e asserì: "E' inutile che cerchi di mascherare l'ovvio. Raggie non ha mai avuto colpe di nulla, ma ora è dove deve stare, tra persone che sapranno capirla meglio di quanto non abbiate mai fatto voi."

Al suo dire, Elias si oscurò in viso, replicando piccato: "Ragnhild avrebbe dovuto seguire le mie regole, non scappare come una codarda e rapire te. Ma, visto che sei tornato a casa, posso anche smettere di interrogare i tuoi cugini."

Ciò detto, gettò il ferro arroventato in un vicino secchio ricolmo d'acqua che, a contatto con il metallo livido, sfrigolò con violenza, gettando fuori dal bordo una lieve nuvola di droplet e vapor acqueo.

"Devo ringraziarvi per aver salvato mio figlio ma, come gestisco le cose nel mio clan, non vi compete" aggiunse a quel punto Elias, barricandosi dietro una gelida cortesia.

Bjorn rise sprezzante di fronte al suo dire e Magnus, nello scuotere il capo, asserì contrariato: "E' chiaro come il sole quanto io mi sia fidato troppo delle tribù dei berserkir. Davo per scontato che, essendo venuti a sapere della rinascita di Wotan, avreste visto in questo evento uno sprone a cambiare, a migliorarvi, ma avete percorso la via inversa. Questo scempio è... è inaccettabile!"

L'aura di Magnus sfrigolò quindi con violenza e Mattias, turbato, aggiunse: "Papà, mamma... lui Magnus Rønningen, detentore dell'anima di Wotan, e ha aiutato Ragnhild a far emergere il suo lascito divino."

Pur se sorpreso da quella notizia, Elias replicò confuso: "Ragnhild non è affatto come te! Cosa vai dicendo, ragazzo?!"

"No, non è come il vostro giovane e dolce figliolo" intervenne furibondo Magnus. "E' una creatura unica, di cui non esistono eguali in nessuno dei Nove Regni. Lei è l'Elsa della Spada Fiammeggiante di Surtr, e l'uomo che avete scacciato da qui in malo modo, credendolo solo un estraneo senza valore, è la Lama, l'arma che il re muspell sguainerà alla fine di ogni mondo e di ogni tempo."

I coniugi rimasero comprensibilmente storditi nell’apprendere quella verità, ma Mattias non lasciò loro il tempo di riprendersi perché rincarò la dose, esclamando: "Prima di tutto, però, prima di qualsiasi titolo altisonante, Ragnhild era pur sempre vostra figlia! E voi non l'avete considerata tale neppure una volta nel corso della sua vita! Era solo uno strumento per mantenere la supremazia sul branco! Mai una sola volta le avete parlato con affetto!"

Scoppiando quindi a piangere, Mattias si addossò al protettivo Bjorn e, assieme a lui, si accostò a Wulff, per sincerarsi delle sue condizioni.

Pieno di rabbia cieca, mentre le mani si muovevano insicure sulle catene che ancora tenevano prigioniero il cugino, Mattias infine aggiunse: "Ho sempre cercato di farvi capire che avere Urd dentro di me non costituiva una scusa per fare delle differenze tra noi, ma voi non mi avete mai ascoltato così, adesso, vostra figlia non tornerà mai più, né io rimarrò oltre in questi luoghi, quando mi sarà concesso di andarmene, e sarà solo colpa vostra!"

Elias si adombrò in volto, di fronte a quelle parole così cariche d’ira e di rimpianto, ma su Ingrid ebbero un effetto ancor più dirompente.

La donna sospinse la sedia a rotelle verso il figlio con rabbia malcelata nello sguardo, lo afferrò a un polso per strattonarlo con violenza e allontanarlo da Wulff. Ciò fatto, tracciò dei segni veloci e ferocemente ruvidi con l’unica mano sana, mettendo in quei gesti tutta la sua frustrazione e il suo rifiuto di accettare una simile condanna.

Il ragazzino, però, la fissò pieno di rammarico e distacco assieme e, nel guardare con occhi spenti la donna che lo aveva messo al mondo, mormorò: "E' inutile che ti arrabbi. Non avete allevato Ragnhild perché diventasse forte. L'avete deprivata di qualsiasi affetto, addestrandola fin da piccolissima perché divenisse la migliore tra le donne berserkir solo per poterla vendere meglio al più forte del branco. Quando, però, sono nato io, l’avete deprivata di una qualsiasi guida, di quell’ultimo straccio di interesse che provavate per lei, e solo perché eravate troppo concentrati su di me, così lei è diventata forte da sola. Quando più aveva bisogno di voi, quando è iniziato il suo addestramento ufficiale e si è dovuta allontanare da Luleå per dimostrare quanto fosse superiore alle altre, voi non avete avuto occhi che per me. Le avete fatto affrontare prove durissime senza alcun aiuto!"

"Se lei è ciò che dite, lo deve a noi" sottolineò cocciuto Elias.

"Non vi prenderete meriti che spettano solo a lei" intervenne a quel punto Magnus, lanciando un'occhiata spiacente al giovane amico che, sospirando, annuì. "In base all’antica legge, io ti sfido a singolar tenzone per detenere il potere di questo branco e, prima che tu dica qualcosa, non userò i doni che mi sono stati dati dalla mia illustre anima. Saremo solo io e te, come le regole berserkir prevedono."

Elias fece tanto d’occhi di fronte a quell’aperta sfida e, con tono fermo ma rabbioso, replicò: “Con tutto il rispetto, ma tu non hai l’autorità di presentarti qui e pretendere di darmi degli ordini, anche se…”

"Non ne avrei l'autorità?! Da chi pensi arrivi, il vostro potere? Da chi pensi nasca, la berserksgangr di cui andate tanto fieriDA ODINO! Lui ci donò quel potere perché fossimo i più grandi guerrieri mai visti su Midghardr, non perché diventassimo dei bulli invasati e pieni di autocompiacimento!" sbraitò Magnus, facendosi nero in viso.

Cercando di contenersi per non far crollare sulle loro teste l'intera costruzione, il giovane berserkr prese un gran respiro e, con tono più quieto - ma non meno lapidario -, dichiarò: “Parlerai con Lui, così ti saranno più chiari i nostri intenti. Ma la sfida non svanirà per magia. E’ stata lanciata, e si svolgerà.”

Ciò detto, Magnus permise a Odino di emergere in un bagliore dorato e fu così che, dinanzi agli occhi sgomenti dei coniugi Thomasson, il dio monocolo fece la sua comparsa.

Pur se accigliato e irritato, la divinità si astenne dal fare commenti aspri in merito al comportamento dei due berserkir, limitandosi a dire: "Peccai di vanità, in epoche immemori, e uccisi un innocente per il gusto di poterlo fare. Questo diede inizio al Ragnarök, e di questa colpa io porterò per sempre il peso. Voi siete pronti a fare lo stesso, con le vostre colpe, o ancora pensate di essere superiori a qualsiasi errore?"

Elias strinse i denti, piccato all'idea di essere stato ripreso a quel modo, ma disse ugualmente: "La mia famiglia detiene il potere da almeno venti generazioni, su questo clan. Per quanto io possa rispettare la vostra autorità, non posso accettare che voi permettiate al vostro involucro di sfidarmi a duello."

"Parlare di involucro mi sembra quanto meno riduttivo, per non dire insultante, specialmente parlando di Magnus che, se fosse stato per me, vi avrebbe già strappato la testa dal collo, per ciò che avete fatto ai vostri nipoti” sottolineò aspro il dio. “A quanto vedo, è tempo di cambiamenti se non siete in grado di capire che la carica di capoclan non è solo un onore, ma è soprattutto un onere. Avete perso di vista il vero ruolo di un capobranco, e questo vi ha portati a credere di poter disporre della vita e della morte dei vostri sottoposti come meglio credete. Questo va contro a tutto ciò che io vi ho insegnato, e non lo accetterò un attimo di più."

Lanciata quindi un'occhiata a Wulff, che era sostenuto da Mattias e controllato a livello medico da Bjorn, aggiunse: "Non meriti di possedere la berserksgangr, perché hai abusato di essa così come del tuo sangue."

Elias fece tanto d'occhi, a quelle parole e, infuriandosi, strinse i pugni e protestò vibratamente, esclamando: "Voi non avete la minima idea di quale cruccio sia stato, per noi, allevare quell'ingrata di Ragnhild. Non era mai disposta a seguire le regole, e ha istigato il nostro figliolo contro di noi! Solo così posso spiegarmi il tradimento del nostro Mattias!"

Odino, allora, sorrise malevolo, avanzò di un passo e borbottò minaccioso: "Pensi davvero che potrei farmi ingannare da un ragazzino di dodici anni? O dai begli occhioni di una giovane? Io, che ho bevuto alla fonte di Mimir, ottenendo la Saggezza più profonda?"

"Non... non intendevo dire che..." tentennò Elias, finalmente rendendosi conto dell'errore appena commesso.

Ingrid tentò di mettersi in mezzo, di protestare a sua volta contro quella decisione, ma Odino la squadrò con sufficienza, asserendo: "Ancora non hai compreso il perché della punizione che ti fu comminata?"

La donna sbarrò gli occhi, sgomenta, e Mattias assentì grave, mormorando con la voce di Urd: "Non fu né colpa dello scoppio d'ira che avesti con Ragnhild, né delle tue sigarette. Mia sorella Verdandi agì in nome di Yggdrasil e ti punì per ciò che stavi facendo alla sua Elsa. Più di tutto, ti colpì perché avevi tradito ogni regola del ruolo di madre, con tua figlia, e questo era divenuto inaccettabile.”

Ancora, Ingrid gesticolò indignata, ma Mattias non le diede soddisfazione, lasciando che a parlare fosse ancora Urd.

“Non si trattò mai di capire chi fosse Ragnhild. Si trattò sempre e solo di amarla come una madre avrebbe dovuto fare con la propria figlia. Deprivarla di ogni affetto, di ogni libertà, l’ha resa sì più forte, ma anche più sola, e solo l’amore di Mattias e adesso, di Sthiggar, le hanno impedito di crollare.”

A quel punto, Odino aggiunse lapidario: “Se l’Elsa si fosse spezzata, si sarebbe creata una frattura nel continuum spazio-tempo, tale da produrre un collasso sistemico in tutto l’Universo. Questo avete rischiato di produrre. Spero ne siate fieri.”

Per la prima volta in tutta la sua vita, Ingrid non ebbe nulla da dire. Nulla da replicare.

 

 

  
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