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Terminato che ebbe di spiegare il
suo
piano a Ragnhild, Sthiggar le domandò speranzoso: "Riesci a
convogliare la
nostra energia sui dispositivi dei dokkalfar? Hanno polvere pirica
all'interno,
perciò sono infiammabili."
La giovane sbatté le
palpebre, perplessa
dal suo dire, prima di sorridere e ammettere con una certa
soddisfazione:
"E' come una redistribuzione dei pesi su più appoggi,
così da non sbilanciare
la struttura."
"Sbaglio, o parli di ciò
che stavi
studiando su Midghardr?" le domandò a quel punto Sthiggar,
piegandosi
sulle gambe per prepararsi a lasciarsi colpire dai dokkalfar, che
stavano
giungendo alla carica verso di loro.
Di Lafhey, per il momento, non
v'era
traccia. Che si fosse nascosto, quel vile? O era davvero
così stremato da aver
dovuto trovare un luogo in cui ritemprarsi? Era possibile, visto quanto
il
corpo degli jotun fosse inviso al mondo dei muspell, ma non poteva
fidarsi del
tutto di quello scaltro uomo di ghiaccio.
Ragnhild, nel frattempo,
assentì alla
domanda di Shiggar, mormorando: "Devo solo concentrarmi e..."
Non troppo, ragazza, o finirai con
il
penetrare all’interno di Sthiggar per creare una sinergia
totale, generando
l'assoluta connessione tra te e lui, la mise in guardia Sól,
sorprendendola.
"Oh... non andrebbe bene, giusto?"
domandò sorpresa, bloccando immediatamente ciò
che aveva iniziato a fare quasi
inconsapevolmente. Era mai possibile che i loro poteri, una volta
risvegliati, agognassero alla
formazione della Spada
Fiammeggiante?
La sinergia tra voi due vorrebbe
dire
unire Elsa e Lama, creando la vera Spada
Fiammeggiante, e non è davvero
il caso di farla emergere ora.
"Cioè... potremmo essere
più potenti di
così?" gracchiò Ragnhild, apertamente turbata.
Già utilizzare quei
poteri per lei del
tutto nuovi, la stava prosciugando di ogni energia… cosa
sarebbe successo, se
avessero aumentato ancora la loro interconnessione?
“Ma io non sto affatto usando tutta l’energia
messa a disposizione da Yggdrasil!”
sbottò dopo alcuni istanti la giovane, chiaramente in
difficoltà.
Non si tratta soltanto di energia
utilizzata, ma di come viene utilizzata. Se le vostre
menti
fossero in totale sincrono, la Spada Fiammeggiante diverrebbe
finalmente una
cosa sola, e questo scatenerebbe l’inizio del
Ragnarök. Voi distruggerete i
mondi, mia cara, perciò sì... dare il via a un
nuovo universo richiede
un'energia cosmica senza pari e, per distruggere i dokkalfar, non ve
n'è certo
bisogno.
"Ah... no di certo"
assentì
Ragnhild, cancellando a piè pari ciò che aveva
tentato di fare.
Rammenta
che questa è la tua prima battaglia, e i tuoi centri di
potere si stanno
abituando in modo traumatico al risveglio della tua fiamma,
perciò entro breve
dovrai fermarti e concedere al tuo corpo un po’ di requie.
Non forzare la mano
perché te lo dice il cuore. Devi dare tempo al
tempo… anche tu che sei Elsa.
“Ma
Sthiggar…” tentennò Ragnhild, subito
sfiorata da un dito dell’amato, che le stava carezzando il
corpo con fare
delicato.
“Dai retta alla nonna.
Quando non te la
sentirai più, lascia andare il legame. Sapremo batterli in
ogni caso, a questo
punto” la rassicurò lui con un sorriso.
Annuendo, Ragnhild si
concentrò unicamente
su loro nemici, aggrottò la fronte nel convogliare
l’energia doveva aveva
deciso di ridistribuirla, dopodiché disse: "Okay... posso
inquadrare i
punti in cui indirizzare la fiamma. Riesci a vederli anche tu?"
Annuendo, Sthiggar
allargò le gambe per
avere maggiore stabilità quindi, con un grido tale da far
tremare l'intera
città, scagliò le sue lingue di fuoco con
precisione chirurgica.
I tirapugni dokkalfar esplosero
addosso ai
rispettivi padroni, riducendo a brandelli l'intera armata e portando
Ragnhild a
coprirsi gli occhi per nascondere a se stessa l'orrore appena commesso.
Per quanto abituata alla violenza,
c’erano
cose che neppure lei riusciva a sopportare.
"Scusa..." mormorò
quindi
Sthiggar.
"Fa niente. Avrò incubi
per mesi, ma
conto che mi coccolerai" replicò lei, volgendosi a mezzo per
controllare
che i loro amici licantropi stessero bene.
A parte qualche graffio qua e
là, parvero
non avere altro perciò, nel tornare a guardarsi intorno con
espressione
turbata, domandò: "La barriera sul castello è
ancora attiva. Sarà il caso
di fare il culo a strisce anche a quelli lassù?"
Sthiggar, però, scosse
il capo e,
indicando Naglfar, asserì: "Riprendi fiato e osserva.
Naglfar non è solo
una bella nave... ha anche un sacco di giocattolini al suo interno."
"In che..." iniziò col
dire
Ranghild prima di sobbalzare quando vide lo scafo della nave aprirsi
sopra il
contingente di maghi liòsalfar e scaricare su di loro
un'autentica pioggia di
scintille colorate, simili a coriandoli di carta stagnola.
I maghi, sorpresi da quello strano
attacco, si bloccarono un istante per spolverarsi le tonache ma, quando
lo
fecero, grida terrificanti iniziarono a levarsi tra i presenti,
giungendo fino
a loro.
"Che succede, lassù?"
domandò
Hati, scrutando curioso Sthiggar dopo aver uggiolato per la sorpresa.
"Erba" disse criptico il gigante
di fuoco. "La nostra erba è tossica e, mescolata con la
pietra pomice dei
vulcani, crea una mistura aerobica velenosa al tatto."
"Alla faccia! Questa sì
che è guerra
sporca!" celiò Sköll. "Con rispetto parlando,
s'intende."
Sthiggar sorrise a mezzo,
replicando:
"A nessuno piace usarla ma, per salvare il re, non ci sarebbe un solo
muspell che preferirebbe agire diversamente."
"A parte coloro che vi hanno
tradito" sottolineò Ragnhild, accigliandosi.
Dopo essersi seduta sulla spalla di
Sthiggar, gli occhi lesti e attenti che scandagliavano il circondario
in fiamme
alla ricerca di Lafhey, Ragnhild si concesse qualche minuto per
rifiatare.
Maneggiare l’energia
primigenia di
Yggdrasil, l’aura e la fiamma contemporaneamente
l’aveva stremata, ma sapeva
che non era ancora giunto il tempo per cedere.
Per quanto si sentisse debole, e
necessitasse del più grande carico di Aspirina del mondo per
calmare il mal di
testa sempre più forte che le stava massacrando le tempie,
sapeva di non poter
ancora fermarsi.
"Chiudi gli occhi e respira
profondamente" le mormorò a quel punto Sthiggar, scrutando a
sua volta la
città al pari dei licantropi. “Devi lasciare che
la fiamma si sprigioni perché
curi il tuo dolore… non serve solo a creare potere, ma anche
a dissipare le
tossine prodotte durante il combattimento.”
“Fico…”
mormorò a quel punto lei, lasciandosi
andare contro il collo di Sthiggar, in posizione del tutto rilassata.
“…così va
bene?”
“Riesci a lisciare le
linee di potere come
fai con me? Io, purtroppo, non riesco a farlo, con te. E’ una
cosa a senso
unico” le disse lui, spiacente.
Ragnhild sorride
nell’udire il suo tono
contrito e, sempre a occhi chiusi, si passò le mani sul
torace, sussurrando:
“L’Elsa sono io,… per forza che non puoi
farlo.”
“Dispettosa”
ammiccò lui, accigliandosi
attimo dopo attimo mentre, invano, tentava di scoprire il nascondiglio
di
Lafhey.
Cosa stava tramando, quel dannato?
Dove
diavolo si era cacciato?
Mentre Ragnhild tentava di lisciare
le
increspature prodottesi all’interno dei gangli di potere,
così come avrebbe
fatto con una ciocca di capelli piena di nodi, Sthiggar le
domandò: "Ragnhild...
tra le tue conoscenze, esiste per caso un sistema per polarizzare al
contrario
il nostro potere, così da percepire il freddo, invece del
caldo?"
"Più che al caldo e al
freddo, si
potrebbe sfruttare il magnetismo di questo pianeta" replicò
lei
meditabonda, continuando nella sua opera di ripulitura.
Come aveva detto Sthiggar, la
fiamma stava
divorando le tossine fin lì accumulate, facendole passare il
mal di testa, ma
le risultava ancora così difficile, muoversi
all’interno di se stessa!
"Voi muspell..."
"Noi" sottolineò lui con
un
sorriso.
Annuendo con un risolino, lei
proseguì
dicendo: "Giusto. Noi muspell
abbiamo un magnetismo
interno che è coerente con quello del pianeta, stando a
quello che ho percepito
finora ma, se tanto mi dà tanto, gli jotun lo hanno diverso
e, quel gigante
cattivone di prima lo avrà sicuramente più
potente rispetto agli altri."
"Può funzionare"
assentì
Sthiggar prendendo un respiro per poi concentrarsi sulle energie del
pianeta,
lasciando che Ragnhild pensasse a curare se stessa.
Ora che era su Muspellheimr, tutto
gli
veniva naturale e avvertire il respiro del pianeta, così
come quello dei suoi
abitanti, fu come bere un bicchiere d'acqua. Fu così che,
non solo comprese che
il suo re era ancora vivo, ma scoprì anche dove si stesse
nascondendo Lafhey.
L'attacco in grande stile contro di
lui,
evidentemente, lo aveva prosciugato più di quanto loro non
si fossero aspettati
e ora, stravolto dalla fatica, stava attendendo al riparo di una casa
semidistrutta a poca distanza da loro.
Lanciata quindi un'occhiata a
Fenrir,
mormorò: "A meno di mezzo miglio da noi, in una casa
diroccata. Dinanzi
c'è una fontana. Lafhey si trova lì, ed
è letteralmente sfinito."
"Mi sembrava strano che un Gigante
di
Giaccio potesse resistere così tanto in quelle forme, in un
mondo come
Muspellheimr" ghignò soddisfatto Fenrir, zampettando via per
raggiungere
il loro nemico.
Guardandosi intorno mentre il padre
raggiungeva il nascondiglio di Lafhey, Sköll
domandò: "Visto che i
dokkalfar non sembrano voler contrattaccare, che ne dici se cominciamo
a
controllare se c'è qualcuno ancora vivo, tra le macerie?"
Annuendo, Sthiggar si
guardò intorno prima
di spiegare ai due lupi dove stesse percependo energia vitale
dopodiché,
lanciato uno sguardo torvo al palazzo, disse: "Ora, è il
caso di liberarsi
degli ultimi jotun che ancora si trovano all'interno del maniero."
"Aspetta, Sthiggar!" lo
richiamò
Fenrir, la zampa enorme premuta sul torace di Lafhey mentre le sue
zanne, a un
passo dalla testa dello jotun, scintillavano ferali alla luce delle
fiamme.
"Questo avanzo di ghiaccio vuole dirti qualcosa."
Sorpreso, Sthiggar lo raggiunse in
poche,
rapide falcate prima di tornare alla sua forma naturale e permettere a
Ragnhild
di mettere i piedi a terra.
La giovane ne approfittò
per appoggiarsi a
Hati che, premuroso, le si affiancò per sorreggerla e
proteggerla al tempo
stesso.
Ombroso, quindi, Sthiggar
fissò uno
stravolto Lafhey, ormai ridotto all'ombra di se stesso, e
ringhiò: "Come
mai desideri parlarmi, re di Jötunheimr, dopo aver millantato
il desiderio di
possedermi?"
"Risparmiami, e ti farò
i nomi dei
delatori" lo pregò lui, mellifluo.
"Perché dovrei crederti?
Potresti
dirmi i nomi degli unici muspell che conosci e io finirei con
l'uccidere
persone innocenti" replicò Sthiggar, scuotendo il capo.
"C'è un vincolo magico,
tra di noi.
Se uno di noi avesse tentato di colpire l'altro alle spalle, sarebbe
morto sul
colpo" sottolineò Lafhey, sogghignando.
"Non è quello che stai
facendo tu
ora? Colpirli alle spalle, smascherandoli?" replicò
Sthiggar, scettico.
Lafhey gorgogliò una
risata, risata che
gli valse anche un'espulsione di sangue azzurro pallido dalla bocca
riarsa.
"Ho usato ogni straccio di energia
per bloccarti, ma non è servito e, se non tornerò
in fretta su Jötunheimr,
morirò. Per questo avresti
dovuto
essere messo in catene su Midghardr. Una Fiamma Viva mi avrebbe
condotto alla
vittoria, pur se non immaginavo che tu nascondessi la tanto agognata
Spada
Fiammeggiante” mormorò roco Lafhey, lanciando
un’occhiata incuriosita a
Ragnhild, che lo degnò di uno sguardo gelido.
“Pensi che sia nelle condizioni
di mentirti? Inoltre, se ci pensi bene, io non sto letteralmente pugnalando
alle spalle i miei alleati."
Ragnhild lo fissò
burbera, dopo aver udito
quelle parole sibilline, quindi borbottò: "Gli incantesimi
sono letterali,
vero?"
"Sì, giovane Elsa. I
liòsalfar non
amano i modi di dire, perché le parole hanno un peso
specifico unico,
all’interno delle malie... ma non ero tenuto a farlo sapere
anche agli
altri" scrollò a fatica le spalle Lafhey prima di guardare
ansioso
Sthiggar e aggiungere: "Ti prego... decidi in fretta."
Il guerriero sospirò
disgustato, indicò a
Fenrir di lasciarlo andare e infine disse: "Come qualcuno parecchio
più in
alto di noi mi ha fatto notare, il Ragnarök è
ancora ben lontano dallo
scatenarsi e tu sarai comunque partecipe di quella guerra, Lafhey,
indipendentemente
da come si svolgeranno i fatti. Non avrebbe quindi senso farti morire
ora e
scatenare forze che non conosciamo appieno. Dimmi come
riconoscerò i delatori,
e io ti lascerò vivere. La tua vita non mi interessa, al
momento."
Lafhey allora si levò a
sedere non appena
Fenrir scostò la zampa e, nel mostrare il palmo della mano
destra, disse:
"Cerca questa energia, Spada, e troverai chi ha voluto la morte di
Surtr."
Fu Ragnhild a sfiorare il palmo
proteso
dello jotun e, dopo alcuni secondi, se ne scostò con un
brivido, asserendo:
"Ho registrato la frequenza. Non dovrei avere problemi a capire chi si
cela dietro al complotto."
Fenrir, a quel punto,
ringhiò furioso
dinanzi a Lafhey, le zanne snudate e pericolose e quest'ultimo,
strillando
terrorizzato, si levò in piedi e corse via zoppicando con il
chiaro intento di
raggiungere le porte di Bifröst.
"Ci stava mettendo troppo, a
scappare" chiosò Fenrir, scrollando appena le spalle.
Sthiggar e Ragnhild sorrisero
divertiti,
lasciando che il fuggitivo Lafhey si allontanasse. Non era compito loro
annientarlo, né era il tempo giusto per farlo.
Purtroppo per loro, Lafhey aveva un
peso
troppo grande, all’interno del Grande Disegno Cosmico, per
eliminarlo prima del
tempo.
Ora come ora, dovevano pensare a
come
chiudere quella partita una volta per tutte.
Lasciata Ragnhild nelle mani di
Sthiggar,
Hati si unì quindi a Sköll nella ricerca dei
superstiti e il guerriero muspell,
nel tenerla stretta a sé, osservò Fenrir e disse:
“Cerchiamo i traditori e
andiamo a occuparci del re. Fenrir, aiuta i tuoi figli con le ricerche.
La
città dovrebbe essere più o meno sgombra di
nemici, a questo punto."
Il licantropo assentì e,
mentre il gruppo
tornava a dividersi, Sthiggar lanciò un’occhiata a
Naglfar e al suo atterraggio
dinanzi alle porte del palazzo.
Era il momento di rientrare a
palazzo, per
lui, ma stavolta lo avrebbe fatto con tutt’altro spirito.
***
Il ritorno in Svezia era stato
estenuante.
Raggiungere Luleå aveva
richiesto dieci
ore di viaggio quasi ininterrotto ma, ben sapendo quanto i cugini
stessero
rischiando, Mattias aveva preferito non fermarsi se non per pochi
minuti alla
volta.
Il timore che suo padre potesse
reagire
in modo sconsiderato di fronte al tradimento dei nipoti lo aveva
talmente
spaventato da convincere Magnus a dargli retta, spingendo Bjorn a usare
tutte
le sue abilità al volante.
Quando, perciò, giunsero
nella piccola
cittadina marittima, il trio era piuttosto stanco e provato, ma ben
determinato
a evitare che accadesse il peggio.
Dopo aver ricevuto da Mattias
indicazioni su dove recarsi, Bjorn si affrettò a imboccare
le piccole stradine
del centro abitato fino a inchiodare la Land Rover nei pressi
dell'abitazione
indicatagli.
All’esterno
dell’abitazione, il trio
trovò diversi berserkir intenti a chiacchierare tra loro con
apparente
tranquillità. Se una persona qualsiasi fosse passata di
lì per caso, avrebbe
pensato a una festa familiare e nulla più.
Soltanto gli occhi esperti dei
berserkir
all’interno della Land Rover, compresero cosa stesse
realmente accadendo.
Quella era una Guardia Solenne
preposta
al controllo dell’abitazione del loro capoclan e nessuno, se
non coloro che
erano stati invitati a entrare, avrebbe potuto avvicinarsi.
A quella vista, Mattias
sospirò affranto
e, nel notare l’unica coppia di persone in evidente stato di
nervosismo,
mormorò: "Quelli laggiù, nei pressi del gazebo,
sono gli zii. Ho idea che
i miei cugini siano già all'interno, forse in stato di
fermo, e a loro sia
stato vietato di vederli, così come di allontanarsi dalla
città."
A quell’accenno, Mattias
indicò il
berserkr che, con aria in apparenza noncurante, se ne stava a pochi
passi dal
gazebo con le mani in tasca, l’espressione serafica ma lo
sguardo fisso sulle
sue prede.
"Beh, questa condizione
perdurerà
ancora per poco" dichiarò livido Magnus scendendo dall'auto,
subito
seguito da Mattias e Bjorn. Quest’ultimo si mise al fianco
del nipote con fare
protettivo, pur se il giovane berserkr non ne aveva affatto bisogno.
Detenere l'anima di Odino al suo
interno
aveva fatto crescere più del normale il giovane Magnus che,
pur avendo solo quindici
anni, appariva già come un adulto pienamente formato.
Inoltre, proprio grazie al dio,
poteva
contare su una forza senza pari, ancora ineguagliata da nessuno dei
suoi
simili.
Non appena il capannello di persone
dinanzi a casa Thomasson notò la loro presenza, vi furono
diversi cori di
sollievo, alla vista di Mattias ma, prima ancora di poter esprimere in
qualche
modo i personali pensieri in merito, Magnus ringhiò feroce:
"E' dunque a
questo, ciò a cui si sono abbassati i miei fedeli servitori?"
L’istante successivo, il
potere di Odino
riverberò furente dal corpo di Magnus, avvolgendo l'intero
giardino e
schiacciando sotto la sua cappa qualsiasi tipo di replica o movimento.
I berserkir, semplicemente,
rimasero
paralizzati al solo tocco di quell’immane energia primigenia
e unicamente Sonja
e Olaf, gli zii di Mattias, poterono muoversi nonostante la bordata
energetica
emessa da Odino.
Vistisi liberi da qualsiasi genere
di
prigionia, i due si discostarono dal loro aguzzino per correre ad
abbracciare
Mattias, riversando in quell’abbraccio tutta la loro ansia,
unitamente al
sollievo di poterlo rivedere. Turbata, quindi, Sonja mormorò
in lacrime:
"Hanno fatto di tutto per proteggere la vostra fuga... come mai sei
tornato, Mattias?"
"Non preoccuparti, zia. Il mio
comportamento verrà presto spiegato" la rassicurò
lui, tornando ad
abbracciarla per un istante prima di guardare Magnus, che
assentì torvo.
"Andiamo dentro, ora. E' tempo che mio padre ceda il passo."
Magnus lanciò occhiate
ferali ai
presenti, ancora increduli per quanto accaduto e terrorizzati dal
potere devastante
che li aveva resi inermi come moscerini.
Sibilando tra i denti, il giovane
berserkr intimò quindi loro: "Andatevene, se non volete che
mi
arrabbi sul serio, e avvertite gli altri membri del
clan. Wotan è assai scontento di tutti
voi, e richiede un’Ordalia immediata con il capoclan."
Ciò detto, sorrise
benevolo a Mattias e
aggiunse, con tutt’altro genere di tono: "Procediamo pure."
Mattias assentì cupo al
giovane berserkr
così, accompagnato dagli zii, Magnus e Bjorn, si
affrettò a entrare in casa
mentre gli uomini-orso, poco alla volta, si allontanarono dalla
villetta dei
Thomasson con aria sconvolta e tremante.
Non appena il ragazzino
aprì la porta,
trovò ad attenderlo Ludvig, pienamente in armi e con il
volto adombrato dalla berserksgangr.
Apparentemente, gli ordini che gli
erano
stati comminati riguardavano solo e unicamente difendere
l’interno dell’abitato
o, quasi sicuramente, Ludvig si sarebbe precipitato fuori, al solo
avvertire
l’onda di energia lanciata da Magnus.
La berserkgangr
gli aveva però impedito qualsiasi scelta
indipendente, perciò il guerriero
si era limitato ad attendere sull’entrata, pronto a difendere
la casa del suo
capoclan a qualsiasi costo.
La vista di Mattias,
perciò, lo lasciò
interdetto, bloccando qualsiasi suo attacco e, confuso di trovarselo
dinanzi, si
chetò un poco e mormorò subito dopo: "Ah, ecco...
sei stato forse tu
a..."
Il possente guerriero non
terminò mai la
frase; se la vista di Sonja e Olaf lo mise subito sul chi va
là, scoprire la
presenza di due berserkir sconosciuti rinfocolò
immediatamente la berserkgangr.
Magnus, però, gli
impedì di compiere
qualsiasi genere di gesto inconsulto. Levata immediatamente una mano
per
schiacciarlo contro la parete, utilizzando il potere di Odino, disse
poi con
tono minaccioso: "Avverti i tuoi fratelli che si tengano pronti. Il
vostro
signore Wotan desidera parlarvi, e non è per
niente fiero di voi."
Ludvig tentò una debole
protesta, ma
bastò lo sguardo di Magnus per farlo desistere. Annuendo
quindi con fare cupo,
il berserkr ritirò la berserksgangr
e
lo squadrò impotente per qualche istante ancora, prima di
uscire
dall'abitazione non appena Magnus lasciò andare la presa su
di lui.
A quel punto, Magnus
sospirò dolente,
scuotendo il capo con aria combattuta e Bjorn, nel dargli una pacca
sulla
spalla, mormorò: “Sapevi che sarebbe potuto
succedere. Devi accettarne il peso
ora, o ritirarti in buon ordine.”
“Lo so… ma non mi piace”
borbottò contrariato Magnus prima di prendere un gran
respiro, tornare a scrutare Mattias e dire: "Conducimi dove si trova
tuo padre."
Annuendo grave e immaginando senza
difficoltà dove potesse trovarsi, Mattias chiese agli zii di
non seguirli - già
temendo cosa potesse essere successo - dopodiché
guidò Magnus e Bjorn verso una
porta che conduceva al seminterrato.
Lì, dopo aver aperto, si
volse a
scrutare dubbioso il suo ospite e domandò: "Cosa farai?"
"Giustizia. Non ucciderò
nessuno,
Mattias, ma farò quanto devo, anche se mi costerà
non poco. Non amo impormi, ma
la corda che ho lasciato scorrere tra le mani per dare
libertà al mio popolo è
diventata troppo lunga, e l’errore è stato solo
mio. Ora, devo rimediare in
qualche modo e, visto che so come ragionano i berserkir,
dovrò usare le maniere
forti" si limitò a dire Magnus, scendendo le scale assieme a
Bjorn.
Dopo un istante, anche Mattias si
accodò
a loro, non sapendo bene cosa aspettarsi da Magnus.
Lo aveva visto; era combattuto,
all’idea
di usare il suo potere, così come il suo titolo di Portatore
di Wotan.
Ugualmente, sapeva di dover portare giustizia e giudizio,
perché era ormai
chiaro che, almeno per quel che riguardava il loro clan, si era giunti
a un’anarchia
a senso unico che non avrebbe portato a nulla di buono.
Non odiava i suoi genitori, ma
sapeva
bene che avevano commesso molti errori, negli ultimi anni, e aveva il
timore
che ora si fossero macchiati di crimini per cui non vi fosse redenzione
possibile.
D'altro canto non poteva accettare
che,
solo per il fatto che erano i suoi genitori, non fossero degnamente
condannati
per quello che, eventualmente, avevano fatto di sbagliato.
In un modo o nell'altro, avrebbe
sofferto a causa delle decisioni prese da Magnus, ma non poteva evitare
che il
giovane berserkir le prendesse. Era nel suo pieno diritto fin da quando
era
nato come detentore dell’anima di Odino, e questo era ben
noto a ogni clan, a
ogni capobranco.
Solo la sua enorme gentilezza, e il
suo
desiderio di non comportarsi da leader, aveva permesso a ogni branco di
comportarsi come meglio credeva, ma questo aveva portato ad aberrazioni
come
quelle in cui era nata e cresciuta sua sorella.
Era chiaro che, ormai, la pazienza
di
Magnus – e la speranza che il suo popolo capisse da solo come essere migliore –
era giunta al termine. Restava solo
da capire come avrebbe portato
avanti
il suo personale cambiamento all’interno dei clan.
Quando infine raggiunsero il piano
inferiore, Mattias dovette tapparsi le orecchie, sgomento e
terrorizzato,
quando udì i lamenti terribili di Wulff provenire dal fondo
del corridoio.
Ciò che aveva temuto, si
era infine
realizzato, dunque.
Suo padre aveva davvero passato il
segno, compiendo l’unico atto per cui non avrebbe mai potuto
essere perdonato.
Colpire un membro della sua famiglia, e per motivi del tutto insensati.
Accigliandosi immediatamente,
Magnus
indicò a Bjorn di affrettarsi a controllare le
stanze alla sua destra, da
dove provenivano le grida agghiaccianti appena udite.
Assieme a Mattias – e
sperando
concretamente di non ritrovarsi davanti a un cadavere –
Magnus aprì la porta dinanzi
a lui, trovando al suo interno un giovane legato mani e piedi con
pesanti
catene.
Accanto al giovane inerme, armato
di un
gatto a nove code e con occhi che sprizzavano furore a ogni battito di
ciglio,
un berserkr levò lesto il capo a scrutarli sorpreso, non
appena udì il battente
aprirsi.
Quando i suoi occhi animaleschi si
posarono su Mattias, lo sgomento salì alle stelle,
soppiantando la berserksgangr che
lo aveva animato fino
a quel momento.
Ignorando del tutto il torturatore
– che
mai avrebbe creduto essere in grado di compiere un simile scempio
– Mattias gridò
il nome del cugino Adam, dopodiché scansò il
giovane berserkr reo del pestaggio
che, turbato dalla sua prsenza, borbottò contrariato:
“Non dovresti essere qui,
Matt. Queste scene non sono per i tuoi occhi.”
Ciò detto, si rivolse al
nuovo venuto
con un gelido monito ad andarsene ma, quando poggiò lo
sguardo sul viso
trasfigurato dell’alto e giovane berserkr, tremò.
Il suo corpo venne
avvolto dall’aura devastante di Magnus che,
livido d’ira in volto, avanzò di un passo prima di
sibilare gelido: “Il tuo
compito qui è finito.”
Non appena ebbe proferito queste
parole,
l’aura di Magnus divenne devastante, tanto da costringere il
giovane berserkr
in ginocchio, deprivato della possibilità di compiere
qualsiasi gesto.
Ora tremante, il torturatore
lanciò
prima uno sguardo disperato all’indirizzo di Mattias
– che però non rispose
alla sua richiesta di aiuto – quindi si rivolse al nuovo
venuto, esalando: “Chi
sei, tu, per avere il potere di una divinità tra le tue
mani?!”
“Sono il
tuo dio! La vostra guida!
E voi avete offeso la nostra persona, il nostro Credo, comportandovi
peggio
delle bestie di cui detenete la forza!” esclamò a
quel punto Magnus con voce
ormai distorta dall’ira.
Per quanto gli costasse una fatica
terribile, non voleva ancora far emergere Odino dalle sue carni
perché, gli
piacesse o meno, quello era un problema tra
berserkir e non tra divinità. Ma era
così difficile non lasciare a lui il
comando, a lui il fardello di compiere atti a lui così
invisi.
Falciando l’aria con un
braccio, lo
scaraventò a terra con la semplice imposizione del suo
potere devastante
dopodiché, raggiunto Mattias accanto al corpo sanguinante
del giovane che il
ragazzo aveva chiamato Adam, domandò ansioso:
“E’ ancora vivo?”
Mattias assentì in
lacrime, tenendo tra
le braccia il capo del cugino. Presumibilmente svenuto a causa delle
percosse
ricevute – il suo corpo recava i segni inequivocabili delle
violenze a cui era
stato sottoposto – Adam si riscosse a malapena, nell'udire il
lamento di
Mattias.
Attraverso l'unico occhio salvatosi
dal
pestaggio, scrutò quindi il cugino attraverso un velo di
lacrime e gorgogliò
dolente il suo nome.
"P-perché s-sei qui?"
mormorò quindi
sgomento Adam mentre una singola lacrima scivolava sulla sua gota
tumefatta.
Mattias lo abbracciò con
delicatezza
mentre Margnus spezzava una a una le catene con il suo potere divino e,
quando
finalmente Adam fu libero, il cugino lo fece scivolare dolcemente a
terra,
carezzandogli poi il viso con fare contrito.
"Mi dispiace... mi dispiace... mi
dispiace…" piagnucolò Mattias, addolorato,
fissando Adam con la morte nel
cuore.
Come aveva osato,
suo padre, comportarsi in modo così dissennato?!
"Se Raggie è salva, va
bene
così" biascicò Adam prima di lasciarsi andare a
una sospirata perdita di
sensi.
Mattias si preoccupò
immediatamente ma
Bjorn, tornato sui suoi passi per non lasciare solo Magnus,
scrutò arcigno il
berserkr steso a terra e tramortito dal potere del suo signore,
dopodiché si
avvicinò al ferito per controllarlo.
Dopo alcuni istanti di attento e
scrupoloso esame, in cui Mattias lo osservò pieno di
speranza, decretò:
"Starà bene. Ora è solo la stanchezza a parlare."
"Nelle altre stanze?" si
informò subito Magnus, fissando livido il berserkr che aveva
torturato Adam.
"In quella accanto, è
presente un
altro berserkr ed è messo più o meno come
lui…” dichiarò Bjorn indicando Adam.
“… ma, del suo torturatore, non
c’è traccia. Al momento, il ragazzo è
cosciente
e sta aspettando il nostro arrivo. Quanto ai rumori che abbiamo
avvertito
prima, provengono dall’ultima stanza in fondo del corridoio,
ma ho immaginato
che volessi occupartene di persona."
"Hai ragione. Procediamo pure"
assentì Magnus per poi lanciare un lungo sguardo a Mattias.
"Se vuoi
rimanere qui con i tuoi cugini, puoi farlo. Mi occuperò io
del resto."
Lanciata poi un’ultima
occhiata al
torturatore di Adam, afferrò le catene, le avvolse rabbioso
attorno al suo
corpo dopodiché, fondendo gli anelli per creare una chiusura
indissolubile,
ringhiò: “Non farmi pentire di non averti
ucciso.”
Il giovane non disse niente,
immobilizzato dal terrore di fronte ai poteri devastanti di colui che
lo aveva
atterrato con il semplice utilizzo dell’aura, così
a Magnus non restò altro che
uscire.
A quel punto, Mattias scosse il
capo e,
dopo un'ultima carezza ad Adam, si levò in piedi e
dichiarò: "Sono i miei
genitori, perciò cercherò di portarli a
più miti consigli ma, se non si
atterranno alle tue parole, ti lascerò carta bianca."
Magnus assentì grave,
comprendendo senza
alcun problema cosa volesse dire, per lui, dover affrontare
una simile prova.
Magnus sapeva bene che, molti anni
addietro, i suoi stessi zii si erano trovati nella scomoda situazione
di essere
stati ingannati da chi avevano creduto essere un alleato, e questo
aveva
causato la morte di molti di loro.
Credere che Loki fosse Tyr aveva
quasi
portato alla guerra contro i licantropi e, solo grazie al coraggio di
Brianna e
dei suoi lupi, si era evitato il peggio, ma lo scorno di essere stati
ingannati
non era passato sotto silenzio.
Molti di loro avevano accettato
l'errore
soltanto dopo molti anni di contrizione e, quando lui stesso era stato
abbastanza grande da comprendere ciò che era successo, aveva
dedicato la sua
adolescenza alla conoscenza e al sapere, anche grazie a Odino.
Con Fenrir era quindi sceso a
patti,
stringendo un'alleanza più che ferrea, ma ancora non era
bastato per chetare il
suo desiderio di portare pace. Agire solo nell'ombra, con piccoli gesti
e
deboli consigli, non era servito a evitare che interi clan si
isolassero sempre
di più fino a creare piccoli reami del terrore, incuranti
del ritorno del loro
dio.
Si era detto che imporre il proprio
pensiero sarebbe stato troppo, ma neppure fare nulla, era risultato
vantaggioso.
Avrebbe dovuto diventare una guida,
non
soltanto una creatura da idolatrare. Fino a quel momento,
però, si era
accontentato di far conoscere la propria esistenza al mondo dei
berserkir,
pensando che il solo sentire nominare il nome di Wotan, potesse bastare
per
dare il via a una nuova epifania.
Le regole erano invece state
esasperate,
distorcendole fino a cambiarle e lui, ancora, era rimasto in silenzio
per non
apparire un despota, dando quindi l’impressione di approvare
simili
cambiamenti.
Contrariamente ai lupi, che
svolgevano annualmente
delle riunioni tra clan proprio per dirimere dispute, discutere di
nuove regole
o favorire l'apertura a nuove idee, per i berserkir non era mai stato
così.
Da sempre chiusi e ben lungi dal
creare coalizioni,
gli uomini-orso avevano finito, in molti casi, con lo scomparire per la
totale
mancanza di ricombinazione genetica. In altri casi, si erano
addirittura
autodistrutti poiché totalmente idiosincratici nei confronti
di un mondo sempre
più avanzato e alieno ai loro sguardi.
Tutto ciò aveva creato
delle autentiche isole
indipendenti tra loro che sì, avevano accettato di buon
grado l'avvento della
loro divinità sovrana, ma non lo avevano visto come un segno
di cambiamento.
Tutt'altro.
Era giunto il momento, per Magnus,
di chiarire le cose
una volta per tutte e impedire che i guerrieri che, in tempi immemori,
avevano
servito fedelmente Wotan, sprofondassero nell'autodistruzione.
Aperta quindi l'ultima porta del
lungo corridoio dove
si trovavano quelle celle di detenzione di stampo medievale, Magnus
fissò
inorridito un uomo affondare un ferro arroventato nella spalla del
giovane
legato dinanzi a sé.
Quel che più lo
sgomentò, però, fu trovare una donna
in sedia a rotelle che, gelida in volto, osservava l'intera scena senza
colpo
ferire, come se desiderasse ella stessa colpire e dilaniare, ma che per
ovvi
motivi non ne fosse in grado.
Il loro arrivo a sorpresa non solo
stupì i presenti,
ma interruppe temporaneamente anche la tortura.
Guardandosi in fretta attorno,
Magnus comprese subito
perché la coppia di carcerieri non si fosse accorta
dell'onda di energia che
aveva riversato sulla casa e, poco dopo, sul carceriere di Adam.
Accigliandosi, il giovane berserkr
borbottò:
"Piombare tutte le stanze per impedire interventi magici dall'esterno,
mi
sembra un sistema davvero paranoico di agire. Torturare un vostro
consanguineo,
poi, ha dell'inaccettabile e viola qualsiasi regola fin qui esistita
nei
branchi."
Elias lanciò un'occhiata
sconcertata ai nuovi arrivati
prima di notare la presenza del figlio. Fu però Ingrid a
muoversi per
raggiungerlo.
Mattias si affrettò a
scostarsi, nascondendosi alle
spalle dell'imponente figura di Bjorn quindi, scuotendo il capo,
mormorò roco:
"No, mamma. E' inutile che ti avvicini. Ora che non c'è
più Ragnhild, non
devo fingere di non sapere chi siete veramente."
La donna si bloccò a
metà di una spinta, accigliandosi
e, con movimenti secchi e sgarbati dell’unica mano scampata
all’ictus, replicò
all'accusa del figlio, fissandolo malamente.
Mattias, ancora, sospirò
affranto e asserì: "E'
inutile che cerchi di mascherare l'ovvio. Raggie non ha mai avuto colpe
di
nulla, ma ora è dove deve stare, tra persone che sapranno
capirla meglio di
quanto non abbiate mai fatto voi."
Al suo dire, Elias si
oscurò in viso, replicando
piccato: "Ragnhild avrebbe dovuto seguire le mie
regole, non scappare come una codarda e rapire te. Ma, visto
che sei tornato a casa, posso anche smettere di interrogare i tuoi
cugini."
Ciò detto,
gettò il ferro arroventato in un vicino
secchio ricolmo d'acqua che, a contatto con il metallo livido,
sfrigolò con
violenza, gettando fuori dal bordo una lieve nuvola di droplet
e vapor acqueo.
"Devo ringraziarvi per aver salvato
mio figlio ma,
come gestisco le cose nel mio clan, non vi compete" aggiunse a quel
punto
Elias, barricandosi dietro una gelida cortesia.
Bjorn rise sprezzante di fronte al
suo dire e Magnus,
nello scuotere il capo, asserì contrariato: "E' chiaro come
il sole quanto
io mi sia fidato troppo delle tribù dei berserkir. Davo per
scontato che,
essendo venuti a sapere della rinascita di Wotan, avreste visto in
questo
evento uno sprone a cambiare, a migliorarvi, ma avete percorso la via
inversa.
Questo scempio è... è
inaccettabile!"
L'aura di Magnus
sfrigolò quindi con violenza e
Mattias, turbato, aggiunse: "Papà, mamma... lui Magnus
Rønningen,
detentore dell'anima di Wotan, e ha aiutato Ragnhild a far emergere il
suo
lascito divino."
Pur se sorpreso da quella notizia,
Elias replicò
confuso: "Ragnhild non è affatto come
te! Cosa vai
dicendo, ragazzo?!"
"No, non è come il
vostro giovane e dolce
figliolo" intervenne furibondo Magnus. "E' una creatura unica,
di cui non esistono eguali in
nessuno dei Nove Regni. Lei è l'Elsa della Spada
Fiammeggiante di Surtr, e
l'uomo che avete scacciato da qui in malo modo, credendolo solo un
estraneo
senza valore, è la Lama, l'arma che il re muspell
sguainerà alla fine di ogni
mondo e di ogni tempo."
I coniugi rimasero
comprensibilmente storditi nell’apprendere
quella verità, ma Mattias non lasciò loro il
tempo di riprendersi perché
rincarò la dose, esclamando: "Prima di tutto,
però, prima di qualsiasi
titolo altisonante, Ragnhild era pur sempre vostra figlia! E voi non
l'avete considerata
tale neppure una volta nel corso della sua vita! Era solo uno strumento
per
mantenere la supremazia sul branco! Mai una sola volta le avete parlato
con
affetto!"
Scoppiando quindi a piangere,
Mattias si addossò al
protettivo Bjorn e, assieme a lui, si accostò a Wulff, per
sincerarsi delle sue
condizioni.
Pieno di rabbia cieca, mentre le
mani si muovevano
insicure sulle catene che ancora tenevano prigioniero il cugino,
Mattias infine
aggiunse: "Ho sempre cercato di farvi capire che avere Urd dentro di me
non costituiva una scusa per fare delle differenze tra noi, ma voi non
mi avete
mai ascoltato così, adesso, vostra figlia non
tornerà mai più, né io
rimarrò
oltre in questi luoghi, quando mi sarà concesso di
andarmene, e sarà solo colpa vostra!"
Elias si adombrò in
volto, di fronte a quelle parole
così cariche d’ira e di rimpianto, ma su Ingrid
ebbero un effetto ancor più
dirompente.
La donna sospinse la sedia a
rotelle verso il figlio
con rabbia malcelata nello sguardo, lo afferrò a un polso
per strattonarlo con
violenza e allontanarlo da Wulff. Ciò fatto,
tracciò dei segni veloci e
ferocemente ruvidi con l’unica mano sana, mettendo in quei
gesti tutta la sua
frustrazione e il suo rifiuto di accettare una simile condanna.
Il ragazzino, però, la
fissò pieno di rammarico e
distacco assieme e, nel guardare con occhi spenti la donna che lo aveva
messo
al mondo, mormorò: "E' inutile che ti arrabbi. Non avete
allevato Ragnhild
perché diventasse forte. L'avete deprivata di qualsiasi
affetto, addestrandola
fin da piccolissima perché divenisse la migliore tra le
donne berserkir solo per poterla
vendere meglio al più
forte del branco. Quando, però, sono nato io,
l’avete deprivata di una qualsiasi
guida, di quell’ultimo straccio di interesse che provavate
per lei, e solo
perché eravate troppo concentrati su di me, così
lei è diventata forte da
sola. Quando più aveva bisogno di voi,
quando è iniziato il suo
addestramento ufficiale e si è dovuta allontanare da
Luleå per dimostrare
quanto fosse superiore alle altre, voi non avete avuto occhi che per
me. Le
avete fatto affrontare prove durissime senza
alcun aiuto!"
"Se lei è ciò
che dite, lo deve a noi"
sottolineò cocciuto Elias.
"Non vi prenderete meriti che
spettano solo a
lei" intervenne a quel punto Magnus, lanciando un'occhiata spiacente al
giovane amico che, sospirando, annuì. "In base
all’antica legge, io ti
sfido a singolar tenzone per detenere il potere di questo branco e,
prima che
tu dica qualcosa, non userò i doni che mi sono stati dati
dalla mia illustre
anima. Saremo solo io e te, come le regole berserkir prevedono."
Elias fece tanto d’occhi
di fronte a quell’aperta
sfida e, con tono fermo ma rabbioso, replicò: “Con
tutto il rispetto, ma tu non
hai l’autorità di presentarti qui e pretendere di
darmi degli ordini, anche
se…”
"Non ne avrei
l'autorità?! Da chi
pensi arrivi, il vostro potere? Da chi pensi nasca, la berserksgangr di cui andate tanto fieri? DA
ODINO! Lui ci donò quel potere
perché fossimo i più grandi guerrieri
mai visti su Midghardr, non perché diventassimo dei bulli
invasati e pieni di
autocompiacimento!" sbraitò Magnus, facendosi nero in viso.
Cercando di contenersi per non far
crollare sulle loro
teste l'intera costruzione, il giovane berserkr prese un gran respiro
e, con
tono più quieto - ma non meno lapidario -,
dichiarò: “Parlerai con Lui,
così ti saranno più chiari i nostri
intenti. Ma la sfida non svanirà per magia. E’
stata lanciata, e si svolgerà.”
Ciò detto, Magnus
permise a Odino di emergere in un
bagliore dorato e fu così che, dinanzi agli occhi sgomenti
dei coniugi
Thomasson, il dio monocolo fece la sua comparsa.
Pur se accigliato e irritato, la
divinità si astenne
dal fare commenti aspri in merito al comportamento dei due berserkir,
limitandosi a dire: "Peccai di vanità, in epoche immemori, e
uccisi un
innocente per il gusto di poterlo fare.
Questo diede inizio al
Ragnarök, e di questa colpa io porterò per sempre
il peso. Voi siete pronti a
fare lo stesso, con le vostre colpe, o ancora pensate di essere
superiori a
qualsiasi errore?"
Elias strinse i denti, piccato
all'idea di essere
stato ripreso a quel modo, ma disse ugualmente: "La mia famiglia
detiene
il potere da almeno venti generazioni, su questo clan. Per quanto io
possa
rispettare la vostra autorità, non posso accettare che voi
permettiate al
vostro involucro di sfidarmi a duello."
"Parlare di involucro
mi sembra quanto meno riduttivo, per non dire insultante,
specialmente
parlando di Magnus che, se fosse stato per me, vi avrebbe
già strappato la
testa dal collo, per ciò che avete fatto ai vostri
nipoti” sottolineò aspro il
dio. “A quanto vedo, è tempo di cambiamenti se non
siete in grado di capire che
la carica di capoclan non è solo un onore, ma
è soprattutto un
onere. Avete perso di vista il vero ruolo di un capobranco, e questo vi
ha
portati a credere di poter disporre della vita e della morte dei vostri
sottoposti come meglio credete. Questo va contro a tutto ciò
che io vi ho
insegnato, e non lo accetterò un attimo di più."
Lanciata quindi un'occhiata a
Wulff, che era sostenuto
da Mattias e controllato a livello medico da Bjorn, aggiunse: "Non
meriti
di possedere la berserksgangr, perché
hai abusato di essa
così come del tuo sangue."
Elias fece tanto d'occhi, a quelle
parole e,
infuriandosi, strinse i pugni e protestò vibratamente,
esclamando: "Voi
non avete la minima idea di quale cruccio sia stato, per noi, allevare
quell'ingrata di Ragnhild. Non era mai disposta a seguire le regole, e
ha
istigato il nostro figliolo contro di noi! Solo così posso
spiegarmi il
tradimento del nostro Mattias!"
Odino, allora, sorrise malevolo,
avanzò di un passo e
borbottò minaccioso: "Pensi davvero che potrei farmi
ingannare da un
ragazzino di dodici anni? O dai begli occhioni di una giovane? Io, che
ho
bevuto alla fonte di Mimir, ottenendo la Saggezza più
profonda?"
"Non... non intendevo dire che..."
tentennò
Elias, finalmente rendendosi conto dell'errore appena commesso.
Ingrid tentò di mettersi
in mezzo, di protestare a sua
volta contro quella decisione, ma Odino la squadrò con
sufficienza, asserendo:
"Ancora non hai compreso il perché della punizione che ti fu
comminata?"
La donna sbarrò gli
occhi, sgomenta, e Mattias assentì
grave, mormorando con la voce di Urd: "Non fu né colpa dello
scoppio d'ira
che avesti con Ragnhild, né delle tue sigarette. Mia sorella
Verdandi agì in
nome di Yggdrasil e ti punì per ciò che stavi
facendo alla sua Elsa. Più di
tutto, ti colpì perché avevi tradito ogni regola
del ruolo di madre, con tua
figlia, e questo era divenuto inaccettabile.”
Ancora, Ingrid gesticolò
indignata, ma Mattias non le
diede soddisfazione, lasciando che a parlare fosse ancora Urd.
“Non si trattò
mai di capire chi fosse Ragnhild.
Si trattò sempre e solo di amarla come
una madre avrebbe dovuto fare con la propria figlia. Deprivarla di ogni
affetto, di ogni libertà, l’ha resa sì
più forte, ma anche più sola, e solo
l’amore
di Mattias e adesso, di Sthiggar, le hanno impedito di
crollare.”
A quel punto, Odino aggiunse
lapidario: “Se l’Elsa si
fosse spezzata, si sarebbe creata una frattura nel continuum
spazio-tempo, tale da produrre un collasso sistemico in
tutto l’Universo. Questo
avete
rischiato di produrre. Spero ne siate fieri.”
Per la prima volta in tutta la sua
vita, Ingrid non
ebbe nulla da dire. Nulla da replicare.