Cap. 25
“Non
è possibile… non
è possibile…”
ringhiò esterrefatto Mikell, osservando disgustato la veloce
quanto inesorabile
ritirata delle armate jotun rimaste.
Come
se avessero ricevuto un ordine a lui sconosciuto, o un segnale di cui
non si
era avveduto, gli uomini di ghiaccio smisero di combattere quasi
all’unisono e,
come un sol uomo, iniziarono a riversarsi verso le porte di
Bifröst a grandi
ondate.
Questo
comportò nuovi
attacchi da parte di
Naglfar che, guidata sulle orde nemiche in ritirata dal piazzale e
dalle mura
del palazzo, riversò sul nemico autentici marosi di polvere
velenosa.
Non
potendo più contare su di loro, Mikell non poté
che rintanarsi nel suo studiolo
all’interno dell’abitazione ove risiedeva a
Hindarall, in cui si era nascosto
dopo l’inizio dell’assedio.
Assieme
al liòsalfar che Lafhey gli aveva affiancato
perché lo proteggesse, tentò quindi
di mettersi in contatto con il sovrano jotun, ma ogni tentativo fu vano.
A
nulla valsero le capacità magiche dell’elfo oscuro
e, quando quest’ultimo si
dichiarò infine sconfitto, Mikell iniziò a
imprecare, lanciandosi verso le
finestre dello studio per controllare la situazione a Hindarall.
Le
orde dokkalfar sembravano essere state sbaragliate dai figli di Loki,
incomprensibilmente
presenti su Muspellheimr e affiancati dall’unica arma che
mai, nella sua
esistenza, Mikell avrebbe pensato di vedere.
Le
parole di Trhydann erano state non solo imprecise, ma assolutamente
sottostimate
e lui, da autentico sciocco, si era lasciato accecare dalla
possibilità di
vendicarsi del cognato, dando credito a un ragazzino petulante e al suo
altisonante nome.
A
cagione di questo errore, aveva fatto confinare su Midghardr non
soltanto un
muspell in grado di detenere il potere della Fiamma Viva.
No,
tutt’altro.
Quel
giovane che gli era stato descritto unicamente come il nipote di
Sól e
l’indegno possessore di un potere più unico che
raro, era risultato essere,
invece, la potente e invincibile Spada Fiammeggiante. L’arma
ultima che Surtr
avrebbe utilizzato durante il Ragnarök, e lui aveva
contribuito a risvegliarla,
ordendo quel piano per vendicarsi del sovrano.
Crollando
ginocchia a terra, Mikell si passò le mani sul volto terreo,
le sue membra iniziarono
a tremare per la paura di ciò che avrebbe potuto accadere a
causa di quel
risveglio e, nello scrutare il liòsalfar, esalò
terrorizzato: “Nascondici.
Nascondici a lui.”
L’elfo
oscuro, avvicinandosi a sua volta alle finestre per osservare la
disfatta del
loro esercito congiunto, aggrottò la fronte e
replicò rassegnato: “La Spada
Fiammeggiante può vedere ovunque,
nobile muspell, e vedrà anche noi, se saprà cosa
cercare.”
Sbattendo
le palpebre con aria confusa, Mikell lo scrutò in cerca di
spiegazioni prima di
sobbalzare, piegare il capo verso la mano con cui aveva suggellato il
patto con
Lafhey e, inorridito, esalare: “Il
patto parlava di non… attaccare
alle
spalle.”
“Sì,
nobile muspell. E la magia lascia sempre una traccia, su coloro che
accettano di
sottostare a essa” gli rammentò l’elfo
oscuro, scrutando con occhi serafici il
veloce diradarsi delle orde jotun lungo tutta la linea del golfo, su
cui si
affacciava una Hindarall in fiamme. “Siete marchiato al pari
di re Lafhey, così
come di tutti coloro che hanno sottoscritto il patto di alleanza contro
re
Surtr.”
Ciò
detto, srotolò del sottile filo setoso color della notte e,
con un complesso
movimento di mani e braccia, avvolse un attonito Mikell prima di
aggiungere:
“Voi avete tradito il vostro sovrano e ora io, Kylass
Thorndayn, vi consegnerò
a lui per avere salva la vita.”
“Non
puoi!” sbraitò a quel punto Mikell, tentando
invano di muoversi.
Il
laccio sottile si strinse sempre più a ogni suo movimento e,
quando finalmente
il nobile muspell si rese conto di essere in trappola, sputò
a terra tutto il
suo livore prima di ringhiare: “Ti farò
condannare. Dirò ogni cosa a mio
cognato e così perderai la testa al pari mio. Non ti
salverai, maledetto!”
L’elfo
oscuro, del tutto insensibile alle sue minacce, sogghignò
nel replicare: “Invece,
otterrò la libertà grazie ai
nomi dei
cospiratori che confiderò. Non tutti hanno siglato il patto,
poiché in molti hanno
partecipato alla congiura senza per questo stringere accordi con
Lafhey. Tutti
voi… eravate così sicuri di vincere da non aver
badato a coprirvi le spalle, così
certi che il re jotun sarebbe riuscito a ingabbiare la Fiamma Viva per
uccidere
il re muspell!”
Mikell
lo fissò a occhi sgranati, un leggero filo di bava a
scorrere lungo le labbra
livide, ma l’elfo oscuro non si lasciò ingannare
dalla sua aria sconfitta. Un
muspell poteva attaccare in qualsiasi momento, anche quando lo si
pensava
sconfitto.
Scoppiando
in un’aspra risata piena di soddisfazione, Kylass aggiunse un
istante dopo: “La
rabbia derivante dalla perdita di vostro figlio vi ha reso cieco e
sordo alla
cautela, nobile muspell, così vi siete fidato di un uomo
che, da sempre, vi è
nemico soltanto perché vi ha offerto ciò che
più volevate, ma non vi siete mai
fermato a chiedervi perché ve
l’avesse offerto.”
Mikell
si scosse ancora, e ancora il laccio che era gleipnir
si strinse attorno a lui, quasi strappandogli ogni stilla
di fiato dai polmoni. Fissando quindi arcigno l’elfo oscuro,
sibilò: “Credi
davvero che non avessi pensato alle mire di Lafhey? Pensi che non
sapessi che
voleva per sé il potere della Fiamma Viva per farne
ciò che voleva? Per
ottenere financo il trono di Muspellheimr?”
“Avete
ancora una visione troppo semplicistica dell’intera commedia
che è andata in
atto, nobile muspell” replicò a sorpresa il
liòsalfar, sorprendendolo. “Re Lafhey
non se ne farebbe nulla di una Fiamma
Viva, quando può contare sul potere del ghiaccio e delle
nebbie, che gli viene
dalla sua alleanza con Nifhleimr. Due pianeti contro uno, nobile
muspell. Una
semplice Fiamma Viva non avrebbe contato nulla, nelle sue
schiere…” ghignò
l’elfo oscuro, piegandosi su di lui fin quasi a sbavare il
proprio odio sul suo
volto aggrottato. “… ma, se avesse avuto tra le
mani la Chiave per la Spada
Fiammeggiante, cos’avrebbe potuto fare?”
Mikell
si bloccò di fronte a quella notizia e, sgomento,
esalò: “Snorri! Lui voleva…
Snorri!”
Annuendo
nel notare la sua espressione esterrefatta, Kylass asserì:
“Nessuno di noi
immaginava che la Chiave altro non fosse che il
padre della Spada Fiammeggiante, e non un oggetto inanimato
contenuto nel Tempio Maggiore di Sól, dove Snorri
è Sommo Sacerdote, e questo
ci ha condotti in errore. Un errore che, però, non
cadrà sulla testa di re
Lafhey, a quanto pare, ma solo sulla vostra.”
“Tuuu…
maledetto! Tu sapevi ogni
cosa!”
sbottò Mikell, riprendendo a dimenarsi e urlare come un
ossesso, causandosi
così un tale schiacciamento polmonare da rischiare la
sincope.
Kylass,
a quel punto, interruppe i suoi movimenti lanciando un semplice
incantesimo costrittivo
quindi, con un ultimo sogghigno, disse: “Certo che sapevo
ogni cosa…
altrimenti, re Lafhey non mi avrebbe mai messo al vostro
fianco.”
“Che…
che intendi dire? Perché
Lafhey ti
voleva con me? Dimmelo. DIMMELO!”
sbraitò allora Mickell.
L’elfo
oscuro sbuffò contrariato, passò una mano sul
volto di Mickell per indurre su
di lui il sonno dopodiché, dopo averlo visto crollare a
terra, aggiunse con un
sogghigno: “E’ semplice, mio sciocco amico.
Così da far ricadere su di voi ogni
colpa, qualora il piano fosse fallito.”
***
“Qualcosa
non quadra… perché gli jotun stanno fuggendo in
massa dal palazzo?” domandò
Hildur, osservando le orde degli uomini-ghiaccio mentre venivano
colpite dal
veleno che Naglfar stava scaricando su di loro.
Anche
Ilya parve confusa da quello strano risvolto della situazione ma Thrym,
sbrigativo, esclamò: “A quanto pare, re Lafhey
deve essersi cacato sotto dalla
paura, dopo aver visto Sthiggar e Ragnhild combattere come Spada
Fiammeggiante!
E’ sparito da Hindarall già da qualche minuto e,
come minimo, se l’è data a
gambe levate da bravo ghiacciolino imparito quale
è!”
Nell’osservare
la città, ora stranamente calma nonostante gli incendi che
ancora la
devastavano, Hildur assentì torva e la regina,
nell’indicare dabbasso i tre
licantropi che stavano setacciando meticolosamente tra le macerie,
disse:
“Anche i figli di Loki hanno smesso di combattere.
Evidentemente, l’ultimo
colpo di genio di Sthiggar e della sua giovane compagna, ha dato i suoi
frutti.”
“Qualsiasi
cosa sia successa, non scenderemo da qui finché non saremo
sicuri che il
castello è in sicurezza” brontolò
Hildur mentre, sotto di loro, le figure di
Sthiggar e Ragnhild raggiungevano di corsa il piazzale del palazzo.
Nel
notare i gesti del cugino, Hildur fece comunque abbassare la nave quel
che
bastò per poter udire le sue parole.
Levando
un braccio per farle cenno di bloccare la discesa, a sua volta incerto
sul far
discendere coloro che Naglfar stava trasportando come prezioso carico,
Sthiggar
gridò: “I dokkalfar sono stati sgominati! Quanto
agli jotun, hanno dichiarato
la resa! Lafhey si sta ritirando!”
“Cosa
vuoi che facciamo?” gli urlò in risposta Hildur.
“Mantieni
al sicuro mio padre e la regina, finché non ci saremo
sincerati che non ci sia veramente
più nessuno di pericoloso a
palazzo. Solo dopo, potrai scendere.”
“Fai
attenzione” si raccomandò la cugina, riportando
quindi la nave a un’altezza
accettabile e più sicura.
Sthiggar
assentì rapido dopodiché, annuendo
all’indirizzo di Ragnhild, disse:
“Entriamo.”
Lei
annuì debolmente, riprendendo la corsa verso il palazzo
tenendolo saldamente
per mano. I suoi piedi non erano del tutto saldi, e la presenza di
Sthiggar era
quanto mai necessaria, così da impedirle di inciampare
clamorosamente e finire
riversa sul pavimento.
L’uso
smodato dei suoi nuovi poteri l’aveva prosciugata come il
sole avrebbe fatto su
una distesa di neve estiva, e ora si stentiva davvero al limite delle
forze, ma
il loro compito non era finito.
Avrebbe
dovuto resistere ancora un po’, prima di chiedere un letto,
un cuscino, e
dormire per un mese intero.
“Sbaglio,
o le maniglie del portone sono in oro?” domandò a
un certo punto Ragnhild,
avendo notato quel particolare non da poco in ogni battente fin
lì superato in
tutta fretta.
“Non
ti sbagli. E non sarà l’unica cosa luccicante che
vedrai, qui dentro” le
sorrise lui, accentuando la stretta sulla sua mano.
Levando
un sopracciglio con interesse, Ragnhild strinse maggiormente nella mano
destra sulla
sua spada ricurva quindi, indirizzando occhiate sorprese alle prime
meraviglie
che le si pararono innanzi, chiosò: “Beh, questo
palazzo fa un baffo all’Ermitage, poco
ma sicuro.”
Lui
rise, assentì divertito nel darle ragione
dopodiché la indirizzò verso una
piccola scala di servizio, asserendo: “La presenza
più massiccia di persone
proviene dai piani superiori. Utilizzando queste scale, raggiungeremo
prima i
luoghi che ci interessano.”
“Non
rischieremo un agguato, in un luogo così stretto e
angusto?” replicò lei,
accigliandosi un poco quando vide l’onnipresente
bioluminescenza ardere sulle
pareti del cunicolo ascendente che avevano appena imboccato.
“Ricorda
chi sei ora. Puoi avvertire chi si trova tutt’attorno a te.
Inoltre, avendo
dentro di te le onde di risonanza della traccia che ci ha dato Lafhey,
sapremo
se ci sono dei delatori nelle vicinanze” le spiegò
Sthiggar, salendo a due a
due i gradini.
Iniziando
ad avere il fiato corto, Ragnhild rallentò un poco, e
così Sthiggar, ma riuscì comunque
a dire: “Tutto verissimo, Sthigg… ma non hai
pensato che qualcuno dei nostri
nemici potrebbe non avere quella
traccia?”
Il
muspell si bloccò a metà di un passo, quasi
costringendo Ragnhild a urtarlo dopodiché,
fissandola sgomento, esalò: “Merda…
è vero. Dubito che Lafhey abbia stretto
mani a ogni singolo traditore.”
“Appunto.
Perciò, forse, dovremmo
agire con un
tantino più di prudenza, non ti pare?”
ammiccò lei, ironica.
Lui
storse appena la bocca, annuì suo malgrado e
borbottò: “Questa faccenda della
Spada Fiammeggiante mi sta un po’ sfuggendo di mano. Hai
ragione. Ora che siamo
in questa forma, siamo vulnerabili al pari di qualsiasi altro muspell,
e
dobbiamo prestare molta più attenzione a ciò che
facciamo. Oddio, non che prima
non dovessimo, però… insomma, è meglio
procedere meno speditamente, forse.”
“Bene…
sapevo che saresti giunto a più miti consigli”
motteggiò lei, utilizzando
comunque la tecnica suggeritale da Sthiggar per comprendere se vi fosse
qualcuno nelle vicinanze.
Grazie
al potere dei muspell – pur se lei lo era divenuta da poche
ore – si poteva
esser quasi certi della presenza di una creatura vivente fino a un
raggio di
una decina di metri, se l’aura era attiva. Avendo
già sfruttato in precedenza
quell’abilità, estese quindi il proprio potere di
Elsa per comprendere se vi
fosse qualcuno nei paraggi.
Il
fiato le venne a mancare in pochissimi secondi, però, segno
che ormai la sua
forza era agli sgoccioli ma, nonostante tutto, proseguì
nell’esame al pari di
Sthiggar.
Sthiggar
che, nonostante le scale strette e la situazione non certo allettante,
la
costrinse a salire sulle sue spalle perché non dovesse
affaticarsi
ulteriormente, quindi procedette nel proseguire la loro ascesa.
L’utilizzo
della sua aura per mappare il castello, però,
mandò nella confusione più totale
la mente di Ragnhild e Sthiggar, nell’avvedersi della sua
indecisione, mormorò
bonario: “Utilizzando il dono a questo modo, ascolterai ogni singola creatura di Muspellheimr,
vicina e lontana, perché
stai utilizzando il potere di Yggdrasil e non la
tua aura, mentre bisogna fare un po’ di cernita, per avere le
idee più chiare.”
“E’
per questo che il raggio d’azione diminuisce?”
domandò allora lei, leggermente
sorpresa.
Annuendo,
Sthiggar avanzò più lentamente assieme a lei
lungo le scale e aggiunse: “Esatto.
Convogliare l’energia in un un’unica direzione la
rende più precisa, ma il suo
arco d’azione cala drasticamente. Un po’ come
abbiamo fatto prima con i
dokkalfar.”
“Vuoi
dire che si sarebbero disintegrati, se l’energia fosse stata
la stessa che, per
esempio, abbiamo usato contro Lafhey?”
“Esatto.
Così, invece, sono soltanto
andati in
pezzi” assentì lui prima di azzittirsi e
aggrottare la fronte, in ascolto.
L’istante
seguente, Sthiggar si aprì in un sorriso più
tranquillo e, nel dirigersi verso
una porticina seminascosta dietro un mobile, mormorò:
“Possiamo uscire anche
qui. Ci sono i nostri.”
“Ne
sei sicuro?” borbottò Ragnhild, dando comunque una
spinta al battente per
aprire e lasciarli quindi uscire dal cunicolo.
“A
loro affiderei la mia vita, così come l’ho
affidata a te” assentì lui, lasciandola
scendere nel momento stesso in cui si ritrovarono in un ampio corridoio
adornato da stupendi tappeti e drappi di seta rossa a circondare
stupendi
arazzi di chiara medievale.
Medievale
terrestre.
Pur
se sconcertata da quella vista – che re Surtr fosse un
appassionato
collezionista di arte terrestre? – Ragnhild tornò
a concentrarsi su coloro che
stavano avvicinandosi a grandi passi, armati fino ai denti e ricoperti
di
sangue in gran quantità.
Lei
sperò non fosse il loro.
Le
Fiamme Purpuree che si avvicinarono di tutta fretta non impiegarono
molto a
riconoscere Sthiggar e, nel vederlo, l’intera compagnia si
aprì un corale
sorriso di bentornato.
Primo
tra tutti, Rahdd Khan si avvicinò con la mano levata e,
stringendo quella del
vecchio amico, esalò: “Ehi, Sthigg! Che ci fai
qui? Il re è riuscito a darti la
grazia mentre noi venivamo attaccati dai ghiaccioli?”
Sthiggar
strinse con gioia la mano dell’amico mentre anche Fyodr, un
altro dei
commilitoni a lui più cari, si avvicinava per conoscere la
situazione.
“E’
andata un po’ diversamente, ma avremo tempo di
spiegarvi” dichiarò Sthigg prima
di far avanzare Ragnhild, visibilmente dubbiosa, e aggiungere:
“Vorrei
presentarvi Ragnhild. Lei è…
beh…”
Mordendosi
dubbiosa il labbro inferiore, la giovane squadrò per un
momento Sthiggar prima
di allungare a sua volta la mano e domandare: “La sua
ragazza? Lo dite anche
qui?”
Sia
Rhadd che Fyodr la fissarono al colmo della confusione, al pari delle
altre
Fiamme Purpuree presenti nel corridoio. Quando però i
secondi si protrassero
silenziosi e imbarazzati, fu il più anziano tra tutti loro a
sbloccare quella
situazione di stallo.
Battendo
una mano sulla spalla di Rhadd per sbriciolare la sua aria raggelata e
confusa,
Nyath Ranaldsson squadrò per un istante Ragnhild prima di
osservare Sthiggar e chiedergli:
“Puoi spiegarci perché gli jotun se la sono data a
gambe giusto qualche minuto
fa? E perché tu sei rientrato da Midghardr con una fidanzata
fresca di connio?”
“Vi
spiegherò ogni cosa mentre raggiungiamo il re. Sapete dove
si trova? Con tutte
le reti di protezione che ci sono a palazzo, ho i sensi un
po’ confusi” disse
sbrigativo Sthiggar, ammiccando poi a Ragnhild, che scrollò
le spalle con
divertimento.
Annuendo,
Nyad indicò il corridoio con un cenno del capo
dopodiché, assieme all’intera
compagnia, si avviò verso le scale che conducevano ai piani
superiori, subito
seguito da Sthiggar e Ragnhild. “Vi accompagnamo noi, non
temere.”
Solo
a quel punto sogghignò all’indirizzo
dell’amico e celiò: “Allora? Non ci dici
proprio nulla? Era una prigioniera come te?”
“Vacci
piano con gli insulti” brontolò per contro
Ragnhild, tenendosi allacciata alla
maglia di Sthiggar mentre risalivano in fretta le scale.
“Sono… beh, ero
una libera cittadina midghardiana,
fino a prova contraria, e una figlia dei berserkir, se sai cosa
sono.”
Lo
sconcerto di Nyad crebbe di pari misura a quello del resto dei
commilitoni ma
Sthiggar, nel levare una mano, disse perentorio: “Dopo. Ne
parleremo dopo. Ora, devo conferire
con il re.”
“Solo
tu potevi incasinarti tanto la vita, finendo in una galera midghardiana
e
portandoti a casa questo schianto di ragazza”
celiò Nyad, scoppiando in una
grassa risata mentre Ragnhild sospirava con aria accigliata.
Sthiggar
preferì non commentare. Le battute tra commilitoni erano
spesso goliardiche e sboccate,
ma sapeva bene che Ragnhild aveva la pelle dura e non si sarebbe
lasciata
intimidire dalla curiosità dei suoi amici.
Avrebbe
avuto tutto il tempo in seguito per redarguirli.
Ora,
dovevano pensare alla missione.
Lasciando
per un secondo momento anche il dolore e la rabbia che crebbero in lui,
alla
vista dei corpi inermi che la battaglia aveva lasciato sul campo,
Sthiggar pensò
unicamente a ciò che doveva dire a Surtr, e a come
dirlo.
I
traditori andavano trovati al più presto ma, come aveva
fatto giustamente
notare Ragnhild, avrebbero dovuto anche escogitare un modo per scoprire
chi
altri si fosse celato dietro le macchinazioni che li avevano portati a
questo.
Quando,
perciò, raggiunsero il salone delle feste dove ancora si
trovavano il re e le
sue Fiamme Nere, Sthiggar, pur se lieto di vedere in vita il suo
sovrano, si
avvicinò torvo alla figura di Surtr e, dopo un inchino
formale, dichiarò: “Ho
notizie dei delatori, mio sire.”
Sia
tra le Fiamme Nere che sul volto di Yothan comparvero espressioni
esterrefatte,
così come commenti tra i più disparati e sgomenti
si elevarono nell’aria satura
dell’odore acre del sangue, di fronte alla ricomparsa a
sorpresa di Sthiggar.
Tutti
sapevano del suo esilio su Midghardr, perciò la sua presenza
a palazzo era
quanto mai fuori luogo ma, di fronte alla sua sicurezza e, soprattutto,
alle
sue parole, nessuno riuscì ad aprire bocca.
Surtr,
per contro, non diede a vedere di essere meravigliato –
dopotutto, aveva un
buon nome da difendere – perciò, mentre batteva
una mano sulla spalla del
giovane, ghignò e disse: “A quanto pare, neppure i
divieti ti tengono lontano
da questo palazzo, ragazzo. Come diavolo hai fatto a tornare?”
“Ve
lo spiegherò più tardi…”
mormorò lui prima di lanciare un sorriso sollevato
all’indirizzo
di Yothan che, pur se ferito a un braccio, appariva in buono stato.
“… ma
adesso dobbiamo approntare un sistema di vigilanza per bloccare coloro
i quali
hanno attentato alla vostra vita. Sono tuttora qui, e sono ben lungi
dall’essere unicamente stranieri.”
Accigliandosi,
Surtr rinfoderò la propria spada dopodiché
lanciò un’occhiata a Yothan, che
sbraitò ordini a destra e a manca per sigillare la sala del
trono.
Mentre
il suo comandante in campo si occupava della sicurezza, redistribuendo
anche le
Fiamme Purpuree giunte con Sthiggar, Surtr scrutò
incuriosito Ragnhild ed
esalò: “Beh… che mi venga un colpo! E
tu da dove salti fuori, giovincella?”
“Lei
fa parte delle cose che devo spiegarvi, sire” si
affrettò a dire Sthiggar
mentre Ragnhild, a occhi sgranati, osservava Surtr come se fosse stata
un
cerbiatto abbagliato dai fari.
“Ho
qualcosa che non va sulla faccia?” domandò a quel
punto Surtr, tastandosi
dubbioso il viso.
Scoppiando
a ridere, Sthiggar scosse il capo, replicando: “No. Credo
soltanto che la mia
amica si aspettasse tutt’altro, da voi.”
“Spero,
non di meglio” gracchiò Surtr prima di richiamare
accanto a sé Yothan per ordinare:
“Presidiate il salone in qualsiasi
caso.
Tolta mia moglie, Snorri e Hildur, non voglio che nessun altro entri
qui
dentro. Non dovrebbero più esserci attacchi, ma è
meglio non abbassare la
guardia.”
Ciò
detto, si rivolse a Sthiggar e aggiunse: “Quanto a te,
ragazzo, andiamo nel mio
studio, così che tu possa spiegami che diavolo è
successo là fuori. Ho
percepito un’energia pazzesca, ma non ne ho compreso
l’origine.”
Sthiggar
e Ragnhild si osservarono ammiccanti, a quel punto ma Surtr, preferendo
non
parlare di fronte a troppe orecchie, lasciò per un secondo
momento le domande.
Era
stanco, affamato e irritato. Due giorni di lotte gli erano bastati per
un
millennio e più, inoltre detestava dover combattere senza
sapere chi fosse
davvero il suo nemico.
***
Raggiunto
che ebbero lo studio del re, Sthiggar non si sorprese più di
tanto nel trovarlo
ancora intatto. Quelle porte erano spesse più di mezzo
metro, e solo su ordine
del sovrano potevano essere aperte.
La
magia liòsalfar non era di solo appannaggio di re Lafhey e,
a suo tempo, lo
stesso Surtr aveva fatto in modo che intere ali del palazzo fossero
protette
dalle arti magiche elfiche.
Dopo
essersi appoggiato alla scrivania di palissandro, ingombra come sempre
di
ciarpame di ogni tipo, Surtr lanciò un’occhiata a
Yothan, entrato assieme a
loro, quindi ordinò: “Corri a cercare Oberon e
Titania. Ora che lo scontro è
cessato, è necessario che ascoltino a loro volta
ciò che il giovane ha da dire.
Se lo sono guadagnato sul campo, questo privilegio.”
Il
comandante assentì e, dopo un rapido sguardo orgoglioso a
Sthiggar, uscì di
gran carriera dall’ufficio, lasciando così soli il
re e i due giovani.
A
quel punto, tornando a osservare Ragnhild, Surtr disse: “Non
sei nata qui,
fanciulla, eppure sei una muspell. Che strano inghippo è
questo?”
Non
potendo più procrastinare oltre, Sthiggar spiegò
al suo sovrano ciò che la
prigionia midghardiana aveva messo in luce e, con un mezzo sorriso,
ammise con
Surtr non solo il suo affetto profondo per Ragnhild, ma anche la sua
reale
identità.
Questo
sconvolse non poco il re, ora non più in grado di contenere
la sorpresa e, nel
passarsi una mano sul volto, poggiò l’altra sulla
scrivania per sorreggersi e,
basito, esalò: “Niente meno che Elsa e Lama! E tu
mi dici che là fuori vi sono
anche i figli di Loki.”
Annuendo
a più riprese, Sthiggar asserì: “Ho
trovato validi alleati, su Midghardr, unanimemente
convinti che fosse imperativo bloccare sul nascere questo tentativo di
sovvertire le leggi del Cosmo.”
“Non
sono state già sovvertite, unendo le vostre due
entità?” domandò a quel punto
Surtr, assai turbato.
“Stando
a ciò che Urd ci ha detto, la riappacificazione di Odino e
Fenrir ha procrastinato
l’evento e cambiato le regole d’ingaggio. La nostra
unione, invece, non ha a
che fare direttamente con
Ragnarök.
Per lo meno, non finché saremo in grado di mantenere
separate Elsa e Lama” gli
spiegò succintamente Sthiggar, scrollando le spalle.
Il
re si passò stancamente una mano tra i capelli irruviditi da
sudore e sangue
ma, sapendo bene di non potersi riposare un attimo di più,
disse: “Avremo tempo
di parlare di tutto ciò, ma…”
Nel
veder rientrare Yothan, stavolta accompagnato dalla reale coppia di
Elfheimr,
il sovrano muspell aggiunse torvo: “… ma ora,
sarà il caso di aggiornare i
nostri validi alleati.”
Oberon
e Titania, con evidenti segni di lotta sui loro abiti sgualciti,
osservarono
dubbiosi la coppia di giovani finché il sovrano elfico,
storcendo il naso,
domandò a sorpresa: “Perché diamine
Fenrir si trova nel cortile del palazzo? Da
dove è saltato fuori quel cagnaccio?!”
Surtr
sobbalzò leggermente di fronte a quell’insulto
bello e buono e, dubbioso,
replicò: “Hai qualche contesa che non conosco con
il figlio di Loki?”
Oberon
si limitò a un mpfh non
ben definito
mentre Titania sorrideva divertita e sì, vagamente
soddisfatta perciò Surtr,
preferendo evitare di sorbirsi una filippica dall’elfo
– che sapeva essere
esasperante, quando voleva – si limitò a dire:
“Il mio sottoposto, qui presente,
ha ottenuto il suo sostegno in battaglia, per questo si trova qui
assieme ai
figli.”
“Beh,
stavolta non ti farà fare la figura del fesso,
caro” celiò a quel punto
Titania, ritrovandosi addosso lo sguardo livido del marito che,
però, ancora
non replicò.
Surtr
si guardò bene, ancora una volta, dall’indagare
– sapeva fin troppo bene quanto
quei due potessero diventare litigiosi, quando volevano –
quindi, rivolgendosi
a Sthiggar, domandò ansioso: “Mia moglie
è sana e salva, vero?”
“E’
al sicuro insieme a mia cugina, mio padre e alla coppia di muspell che
si
trovavano a Luleå con me… su Naglfar”
assentì Sthiggar, ammiccando comicamente.
“Alla
fine, l’hai rubata sul serio quella dannata nave,
eh?” borbottò il sovrano, pur
ghignando divertito. “Mi toccherà dare la grazia a
quei due disgraziati, a
questo punto.”
“Credo
di sì” annuì il giovane, accennando un
sorrisino. “Sono stati dei validi
compagni di lotte.”
Sbuffando,
Surtr allora disse: “Va bene, una cosa alla volta. Voi
ragguagliate i nostri
nobili ospiti, mentre io cerco di rallentare un po’ il
cervello. Tutte queste
novità mi hanno fatto un poco uscire dalle grazie degli
dèi.”
Sthiggar
non fece fatica a comprendere quanto assurdo fosse stato il loro
racconto – lui
per primo non vi avrebbe creduto, ascoltandolo –
perciò non si sorprese di
fronte a quella richiesta di tregua.
Di
buon grado, quindi, fece un riassunto edulcorato anche a favore dei due
liòsalfar,
aiutato in più punti da Ragnhild, che argomentò
soprattutto ciò che riguardava
gli eventi avvenuti su Midghardr.
Yothan
ascoltò in totale silenzio mentre Oberon e Titania,
interrompendo più volte il
racconto, vollero ulteriori notizie in merito a Jörmungandr e
a Yggdrasil,
rimanendo strabiliati a ogni nuova informazione ottenuta.
Al
termine della loro dissertazione, Oberon apparve assai accigliato, ma
annuì
ugualmente e disse: “Quando ebbi modo di incontrare Odino e
Fenrir assieme, non
pensai subito ai risvolti diretti di quell’alleanza ma,
effettivamente, tutto
ciò avrebbe senso. Se i fautori del Ragnarök
primordiale hanno trovato il
sistema per non odiarsi più, quel conto alla rovescia
è come venuto a svanire,
soppiantato da altro.”
Annuendo,
Sthiggar asserì: “Esattamente, maestà.
Non ci è dato sapere quale altra
scadenza avrà il nostro universo conosciuto,
poiché ogni energia cosmica si sta
riequilibrando, in particolar modo dopo gli eventi di oggi, quando Elsa
e Lama
hanno combattuto assieme per la prima volta. Non dubito,
però, che l’alleanza
dei nostri popoli, e la certezza da parte di re Lafhey di non poter
avere per
sé l’arma del mio sovrano, possa scongiurare il
Crepuscolo degli dèi per molti
millenni ancora.”
Titania
assentì con un sorriso soddisfatto e, ammiccando maliziosa
all’indirizzo di
Sthiggar, mormorò: “Beh, se avessi saputo che la
fantomatica spada di Surtr eri tu,
ci avrei fatto un pensierino anch’io,
a dir la verità.”
Sorridendo
imbarazzato, Sthiggar si passò nervosamente una mano dietro
la nuca e,
reclinando compito il capo, esalò: “Ah…
mi onorate, maestà.”
Lappandosi
le labbra con espressione famelica e scrutando il marito con aria di
lesa
maestà, Titania aggiunse serafica: “Ho anni e anni
di sano tradimento da
recuperare, mio caro muspell perciò, casomai volessi farti
un viaggetto ad
Avalon, sarò lieta di ospitarti. Con la tua cara compagna,
s’intende. Sono
molto aperta di vedute, quanto a… festeggiamenti.
E una vittoria simile andrà festeggiata negli anni
a venire per molto, moltissimo tempo.”
Oberon
fece finta di non aver sentito e Ragnhild, non del tutto certa di aver
capito
che ruolo avrebbe avuto lei in
quei
fantomatici festeggiamenti, si limitò al silenzio
più totale mentre Surtr,
tossicchiando, riportava i presenti al nocciolo della questione.
Sthiggar,
da parte sua, si limitò a diventare una statua, preferendo
non esprimersi in
nessun senso. Non era mai finito preda di mariti cornificati, e non
aveva di
certo intenzione di iniziare in quel momento, e per un evento che non
si era ancora verificato.
“Ah,
bene… tornando alle questioni pratiche, e cioè
trovare i traditori che mi hanno
voluto colpire alle spalle…” iniziò col
dire Surtr, lanciando quindi
un’occhiata alla coppia di giovani muspell.
“… potremmo cominciare dai nomi che
voi potete cogliere attraverso il legame stretto con Lafhey,
giusto?”
I
due assentirono rapidi perciò Surtr, invitando Sthiggar ad
accomodarsi sul suo
scranno – mentre porgeva una sedia a Ragnhild
perché gli sedesse a fianco –
lasciò loro campo libero perché usassero i loro
nuovi poteri.
Sthigg,
a quel punto, prese la mano di Ragnhild, chiuse gli occhi e
mormorò: “Concentra
i tuoi sensi sull’onda di risonanza del segnale di Lafhey.
Riesci a farlo?”
“E’
come regolare una radio…” sussurrò
pensierosa Ragnhild, aggrottando la fronte
nel concentrarsi. “…perciò, non appena
sentirò che… oh, eccone uno. E’ anche
vicino, direi.”
I
presenti sobbalzarono per la sorpresa ma Sthiggar, non appena comprese
di chi si trattasse,
aggrottò pericolosamente
la fronte, scrisse un nome sul foglio dinanzi a lui con la sua fluente
grafia
e, stringendo i denti per l’ira, ringhiò:
“Mikell Throndheim.”
Bastò
quel nome, perché Surtr divenisse il demone furioso, feroce
e terribile che le
storie midghardiane raccontavano. E non fu per niente piacevole, come
spettacolo.
N.d.A.:
Che dite… Surtr mangerà vivo il cognato, o
aspetterà di sentirlo almeno
parlare?