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Autore: EleAB98    18/09/2022    2 recensioni
Malcom Stone è un pretenzioso caporedattore, nonché affascinante quarantenne con una fissa smodata per le belle donne. Ma arriverà il giorno in cui tutto cambierà e l'incallito casanova sarà costretto a fare i conti con i propri demoni interiori, e non solo quelli... Riuscirà mai a guardare oltre l'orizzonte? Ma soprattutto, chi lo aiuterà nell'ardua impresa?
[...]
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[...]
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*Opera Registrata su Patamù*
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo VII – Nocturne No.2, Op. 9 No.2

 

Non riusciva proprio a smettere di baciarla. Nutrirsi di quelle labbra, stringerla a sé mescolando, nel contempo, il suo respiro affannato a quello soave di lei. «Farò tutto ciò che è in mio potere per continuare a renderti felice», le disse ancora, adagiandola sul letto morbido. La spogliò in gran fretta e continuò a baciarla ovunque, con una foga impressionante.
Marta gli faceva perdere la testa. Fare l'amore con lei gli sembrava un'esperienza ultraterrena, alle volte. Vedere quel corpo nudo e perfetto alla sua mercé, sperimentare come lei riuscisse a farlo sentire uomo e a stuzzicare in ogni occasione il suo desiderio, lo faceva diventare pazzo. Del tutto pazzo di lei.

E lui aveva soltanto l'imbarazzo della scelta. Prese a succhiarle il collo con avidità, quindi passò immediatamente al décollete, privandola di tutto il resto senza alcuna grazia. E quando le sue mutandine fecero crack, Marta lo fulminò con lo sguardo. Ma in quello sguardo c'era anche tanto altro, e Alex se ne nutrì come un disperato, continuando a palparla in ogni dove fintanto che lei, risentita, non arrestò la sua corsa.

«Ti piacerebbe che fossi io a strapparti i boxer con quella foga?»

«Sarebbe il mio sogno proibito», replicò lui tra un bacio e l'altro, senza scomporsi.

A quella parole, Marta si scrollò Alex di dosso e salì a cavalcioni su di lui. Lui continuò ad accarezzarle il seno e la schiena con bramosia, del tutto soggiogato da lei. «Cazzo, sei stupenda», si lasciò scappare, mentre lei non si risparmiò di riservargli un'occhiata eloquente. Con un gesto deciso gli cacciò i boxer neri e li gettò dall'altro lato della stanza. Sorrise sorniona e cominciò a regalargli infinito piacere. «Quello che vedo io non è meno stupendo, mio adulatore», gli disse, riferendosi esplicitamente all'effetto che quella situazione così piccante e romantica stava producendo in lui.

Alex tornò sulle sue labbra per soffocare un profondo mugolio di apprezzamento e la consorte, d'istinto, si mosse contro di lui. Fu così che due corpi divennero uno, gemiti forti e sospiri profondi riverberarono nell'aria scandendo l'ennesimo rapporto passionale e giocoso.

L'uomo intensificò le spinte e la velocità, stava perdendo il controllo e non riusciva a smettere di guardarla. Si sussurrarono qualche parola eccitante e il piacere sublime lo colse poco dopo, quando Marta aveva pronunciato il suo nome in preda all'estasi.

Stremata, si accucciò sopra di lui e Alex rimase in totale fusione con lei, ancora incapace di staccarsene.

«Lo vedi che ci riusciamo ad andare d'accordo?» le disse, mentre riprendeva fiato.

Lei ridacchiò. «Per te ogni pretesto è buono per litigare. Anche perché lo sai che poi torno sempre da te.»

«E io da te», rispose Alex. Le diede un bacio a fior di labbra e scrutò con la coda dell'occhio le mutandine strappate, che giacevano inermi accanto a loro. Anche stavolta c'era andato giù pesante. Sorrise divertito.

«Non c'è niente da ridere», soffiò lei, cercando di mantenere una compostezza che non le si addiceva – non dopo aver fatto l'amore con quell'intensità, almeno.

«La voglia di te ha preso il sopravvento», si giustificò Alex, senza smettere di sorridere. «Senza contare che non sopporto tutti quei bellimbusti che ti guardano. Durante la cena, quel Gregorio non ti ha staccato gli occhi di dosso.»

«Ma dai, è il mio ex compagno di liceo!»

«Appunto. Sai che gli ex compagni di classe sono i peggiori scippamogli della terra?»

Marta si abbandonò a una grassa risata. «Scippa cosa? E questa dove l'hai tirata fuori?»

«Con quel vestito addosso eri proprio illegale», continuò lui, guardandola di nuovo con desiderio. Marta non gli bastava mai.

«Chissà chi me lo ha regalato», replicò lei, fingendo noncuranza. «E chissà chi mi regalerà il prossimo... magari proprio uno di quegli scippamogli che ci hanno fatto compagnia stasera...»

Alex uscì di colpo da lei e le bloccò i polsi con le mani. «Non le conviene giocare con le mie paure, signorina Visconti. O potrebbe farsi molto male.»

Marta si liberò dalla presa e lo baciò con rinnovata passione. Alex rispose immediatamente, portando di nuovo le gambe di lei sulle sue spalle. «Se farsi del male con te significa abbandonarmi alle tue attenzioni», gli disse poi, «allora potrei sopportare questo dolore per sempre.»

Alex le accarezzò con dolcezza le guance. «Non mi sembra vero che siano già passati tre anni da quel giorno.»

«Si è forse pentito di avermi sposato, signor Valenza?»

«Direi piuttosto il contrario», replicò lui. «Anche perché adesso ho voglia di farlo di nuovo», ammise, stringendole la gamba destra. Le baciò il collo e si spalmò su di lei senza lasciarle scampo.

L'altra non riuscì a non ridere. «Cosa?! Vuoi sposarti di nuovo?»

«Sai bene cosa intendo», disse lui con la voce arrochita.

Lei rise ancora. «Sei davvero insaziabile, lo sai?»

Alex le mordicchiò il labbro inferiore con il solo scopo di zittirla. «Ero un uomo virtuoso prima di incontrare te, tesoro mio. Che cosa vuoi farci... nella vita si cambia, e le tentazioni, be'... sono all'ordine del giorno», biascicò.

Marta rispose con ardore ai suoi baci delicati e seducenti. «Vorresti dire che per te sono una tentazione?»

«La più grande di tutte», confermò lui, prendendola di nuovo tra le braccia e guidandola contro il suo bacino. «E un giorno spero tanto di avere un figlio con te», sparò all'improvviso, mentre le succhiava il lobo dell'orecchio.

Marta si arrestò di colpo e si irrigidì.

«Tesoro», disse lui poco dopo, notando che Marta aveva smesso di sospirare di piacere. «Che cosa c'è?»

Lei gli accarezzò le spalle. «Non credo di sentirmela ancora, Alex.»

L'uomo annuì, cercando di mascherare la propria delusione.

«Amore, non ti sto dicendo di no. Okay? Soltanto che ho bisogno di più tempo. Voglio godermi ancora qualche altro anno di matrimonio sola con te e trovare un lavoro stabile. Credi che sia possibile per te? Aspettarmi, intendo.»

Alex sorrise. «Sarei disposto ad aspettare tutta la vita per te. Però sai, a volte temo che l'orologio biologico possa essere più spietato del normale.»

«Ma tesoro, non abbiano nemmeno trent'anni! Abbiamo ancora tempo per maturare. Soprattutto io.»

«Ma tu sei già una donna matura», replicò Alex con serietà.

Marta spalancò la bocca, fingendosi infastidita. «Mi stai forse dando della vecchia?» ribatté, provocando in Alex una sonora risata che li fece ripiombare nella voglia disperata di appartenersi di nuovo.

Senza più paure e turbamenti, fecero l'amore ancora una volta e si ridestarono all'alba, felici e appagati come non mai.

Alex si ridestò da quel ricordo. Stava sorridendo impercettibilmente, la penna a sfera tra le labbra.

«Caro, va tutto bene?» gli domandò Marta non appena rientrò nel suo studio con il caffè. «Ti vedo pensieroso.»

Alex la ringraziò con un cenno del capo. «Non è nulla, tranquilla.» Tornò con gli occhi fissi sul computer, ma poi riprese a parlare. «Ripensavo giusto ai vecchi tempi. Tutto qui.» Centellinò un sorso di caffè e cercò di concentrarsi di nuovo sul presente. E su quelle dannate scartoffie che si era portato dall'ufficio.

Marta aggrottò la fronte. «Ah sì? E a cosa pensavi?»

Alex rialzò il capo. Trovò sua moglie incredibilmente bella, con quell'espressione smarrita e quella folle curiosità che accendeva il suo sguardo. A quando abbiamo fatto l'amore quella volta, le avrebbe detto di getto, se solo non avesse temuto una sua reazione troppo accalorata. Sì, anche lei stava soffrendo molto per il responso ottenuto nell'ultimo periodo, però conosceva Marta abbastanza da sapere che lei avrebbe fatto qualsiasi cosa per donargli anche solo un pizzico di conforto. E lei stessa non riusciva a farlo meglio se non donandosi completamente al consorte, unendo le sue doti da perfetta ammaliatrice – con le parole era sempre stata brava – a quella di amante calorosa e devota, sempre pronta a soddisfare le sue voglie. D'altronde, godevano del pregio di essere una coppia animata da una passione travolgente, spesso incontrollata, ma non per questo esente da una profonda e raffinata abilità comunicativa, caratteristica che, più di qualsiasi altra, li rendeva semplicemente inossidabili. Irriducibili.

Marta, come nessun altro, sapeva ascoltarlo, sapeva anche come renderlo più sicuro di se stesso e dei propri mezzi. Sapeva captare i suoi desideri più reconditi anche solo da un semplice sguardo, come cogliere il momento perfetto per fare l'amore o per discutere animatamente e in modo costruttivo, spegnere qualsivoglia quisquilia facendo appello alla sua vulnerabilità di uomo. Sapeva plasmarlo e renderlo più docile senza, però, snaturarlo o farlo sentire inferiore a lei. Sapeva come far risaltare le sue qualità, come tirarlo su quando lo stress o l'ansia quotidiana lo affliggevano. Marta, in buona sostanza, lo aveva in parte cresciuto. Aveva sempre saputo come farlo sentire uomo, e non soltanto in camera da letto.
Lei aveva sempre capito tutto di lui. Da lei si sentiva amato e compreso in modi che non riusciva a spiegarsi. E solo ora Alex si rendeva conto di non poterla ripagare con la stessa moneta. Si sentiva del tutto incapace, a differenza sua, di reagire, di affrontare una verità che aveva sempre creduto impossibile. Questa volta, non poteva starle troppo vicino fisicamente perché non sarebbe riuscito a lasciarsi andare, a vivere l'intimità con lo stesso spirito audace di prima. Forse poteva parlarle, magari svelarle i suoi sentimenti più angoscianti, ma questo non poteva certo bastarle. Sicuramente, Marta avrebbe aspettato con viva pazienza che lui tornasse a manifestarle l'affetto che trascendeva da un semplice rapporto amichevole, ma Alex temeva comunque che lei ne sarebbe rimasta delusa, magari persino insoddisfatta.

«Pensavo a quella volta, quando... quando ti dissi che l'orologio biologico avrebbe fatto il suo corso e che sarebbe stato meglio non aspettare troppo per avere un bambino. Invece... al diavolo l'orologio biologico. Il risultato sarebbe stato esattamente lo stesso.»

Marta assunse un'espressione afflitta. «Tesoro, non tormentarti così. Devi cercare di andare avanti.»

«Non posso riuscirci da solo», disse lui. «Vorrei tanto essere io quello forte, ma temo che ancora una volta spetterà a te cercare di... di tenerci uniti, nonostante tutto.»

Lei gli si avvicinò, preoccupata. Lo cinse tra le braccia con tenerezza. «Se sono quella che sono, lo devo anche a te. Abbiamo sempre affrontato tutto insieme. E lo faremo anche stavolta, te l'ho detto. Però devi permettermi di aiutarti, in tutti i modi possibili.»

Lui si girò verso Marta e lei colse l'occasione per baciarlo. Fu un bacio molto dolce e pieno di speranza. Alex si lasciò guidare da quell'impeto per qualche istante, poi si ritrasse. Sospirò. «Marta, io...» Si scostò per guardarla meglio e lei si sedette per un momento sulle sue gambe. Come poteva dirglielo?

«Che cosa c'è?»

«So che siamo sempre stati una coppia molto fisica, però... ora come ora non sono così in vena di troppi slanci», tentò, in un maldestro tentativo di giustificare il suo poco trasporto. «Sono molto abbattuto.»

«Ti capisco, tesoro. Lo sono anch'io, anche se magari cerco di nasconderlo. Tu però hai sempre avuto il brutto vizio di chiuderti a riccio quando c'erano in ballo grossi problemi. Ma non per questo ti lascerò andare. Non voglio ergere un muro tra me e te. Ti amo troppo e ho bisogno di te. Questo non cambierà mai.»

«Nonostante tutto?»

Lei gli sorrise. «Sì. Nonostante tutto. Non mi pare che io sia mai scappata di fronte alle difficoltà, e nemmeno tu. Non dobbiamo farlo ora.»

«Allora abbi pazienza, tesoro. Questa è l'unica cosa che ti chiedo.»

«Pazienza è il mio secondo nome, Alex.» Si scostò da lui e gli augurò buon lavoro.

Alex le sorrise, grato, e il suo sguardo cadde su una vecchia fotografia di lui e Marta in una delle tante gite fuori porta che avevano organizzato durante gli anni di matrimonio. Per un istante, ripensò ai coniugi Martinelli e una fitta di gelosia gli tranciò il petto. Molto presto, quei due sarebbero stati una famiglia. E avrebbero riempito in quantità industriali album fotografici della primogenita.

Scostò lo sguardo dalla fotografia ed estrasse un sigaro svizzero dal cassetto della scrivania. Lo accese e ne aspirò più di un'avida boccata, mentre si guardava intorno. Pile di libri e tomi universitari sistemati in lungo e in largo nei cassetti e nella biblioteca personale che gli si ergeva dinanzi, due poltrone in stile barocco separate da un tavolino che ospitava un antico servizio da té. Quello studio, per certi versi, era una reggia; la sua reggia. La sua personalità tanto pignola quanto elegante era racchiusa in quelle quattro mura ricoperte da una sontuosa carta da parati, che aveva scelto appositamente il suo vecchio. Con aria sconsolata, tornò al suo documento formato Word e sperò di riempirlo con qualche altra riga. Vi rinunciò poco dopo. Troppi pensieri gli affollavano la mente. Come avrebbe potuto zittirla?

D'improvviso, i suoi occhi videro lo stereo che usava in gioventù gettato come un ferro vecchio in un angolino della stanza. Sulle prime pensò di prenderlo, ma poi ci ripensò. Aprì Google Chrome dal computer e digitò Chopin sulla stringa di ricerca. Aveva sempre adorato la musica classica e, come poche altre passioni, era sempre riuscita a calmarlo e a conciliare la concentrazione che tanto anelava. Prima che potesse cliccare su un video che raccoglieva le più celebri composizioni del musicista, però, percepì un suono distinto provenire dal soggiorno. Spalancò gli occhi e non resistette alla tentazione di recarvisi, il sigaro giaceva inerme sul portacenere della stanza. L'incantevole melodia si diffuse nell'aria a poco a poco, fregiandosi della soave bellezza di cui indubbiamente disponeva. Aprì piano la porta del salone e prese ad ascoltare, rapito, sua moglie Marta, che muoveva con grazia e decisione le sue dita affusolate sulla tastiera del pianoforte. Era sempre stata un'ottima pianista e l'uomo aveva spesso assistito volentieri alle sue esecuzioni. Rimase in ascolto. 

Nocturne No.1, Op.9 No.1. Alex conosceva molto bene quel brano e lo riconobbe all'istante. Rimase vivamente impressionato dal suo modo di suonare. Mai come questa volta, la melodia si faceva portavoce di un dolore intenso, ma al tempo stesso di quel sentimento di mera speranza che lui aveva ormai abbandonato. Gli sfuggì una lacrima. 

Ancora una volta, Marta era venuta in suo soccorso senza saperlo, come se gli avesse letto nel pensiero. Siamo davvero una cosa sola, pensò, rinfrancato e non meno sorpreso. Come ipnotizzato, si avvicinò alla consorte quel tanto che bastava a scrutarne i lineamenti delicati. Era completamente assorta nell'atto di riempire il silenzio di quella casa con una cascata di suoni melodiosi e non meno malinconici. Una melodia sublime e sognante, proprio come lei.

Alex sfiorò la superficie del piano con il palmo della mano, senza però cliccarne i tasti.

Marta si arrestò di colpo e si voltò verso di lui.

Alex si sedette vicino a lei. «Scusami tanto, non volevo interromperti. Sei davvero bravissima. Come sempre, del resto.»

Lei abbassò lo sguardo. «Sai, non ero sicura di farti cosa gradita. L'ultima volta che ho suonato Chopin è stato al funerale di tuo padre, e ti ho visto così afflitto che mi ero ripromessa di—»

«Shh... Non scusarti. Ti ho chiesto io di suonarlo in quell'occasione. Sai quanto adori Chopin. Anche se molte sue composizioni non sono legate a momenti particolarmente felici della mia esistenza, resto sempre ammaliato quando ti esibisci con lui.»

«Speravo tanto che me lo dicessi. Sai, mi era mancato suonare i suoi brani.»

«E a me ascoltarli. Posso?» le chiese, posando l'indice sulla tastiera.

Lei inarcò le sopracciglia, dubbiosa. «Il brano che ti ho insegnato io?»

L'uomo annuì, emozionato. «Proprio quello.»

Marta sorrise e attaccò, Alex al seguito. In quel momento, si sentì rinascere. Forse, in fin dei conti, non sarebbe cambiato niente tra loro. L'uomo sperò in sordina che fosse così, seppur non ne fosse poi così convinto. Guardò Marta per un istante: sorridente, appassionata. Tutti i suoi turbamenti scomparvero, inghiottiti dal flusso delle note e dalle mani di entrambi, che all'unisono riproducevano una delle melodie più famose del pianista polacco: il Nocturne No.2, Op.9 No.2.

Perfettamente sincronizzati diventarono, a tutti gli effetti, un corpo solo e un'anima sola. E Alex si rese conto proprio in quel momento che ci si poteva appartenere in moltissimi modi e che non fosse, di base, il rapporto fisico a stabilire primariamente e in via esclusiva la validità e la salute di una coppia. Una relazione poteva entrare in crisi per i più disparati motivi, ma finché il sentimento e la stima restavano, la coppia stessa la poteva salvare e preservare.

L'importante, come tra l'altro aveva detto anche Marta, era lo stare insieme, il condividere tutto. Anche il dolore.

   
 
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