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Autore: Lady PepperMint    20/09/2022    1 recensioni
Cosa sarebbe successo se Sophia fosse salita su quella carrozza? Se Gabriel non l'avesse rincorsa per dirle la verità sul legamento e sui suoi sentimenti?
Un finale alternativo al bellissimo romanzo di Virginia de Winter (l'ordine della penna, il 3° della serie), che approfondisce i sentimenti intensi e tormentati che legano Gabriel e Sophia.
Il loro amore dovrà affrontare la difficile prova della lontananza, delle insicurezze che rendono i giovani cuori innamorati fragili e spaventati.
Troverà lei la forza di affrontare i suoi errori e di ricomporre i pezzi del suo cuore per tornare alla vita che l'attende?
E lui avrà il coraggio di mettere finalmente da parte l'orgoglio per non perdere il suo amore?
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gabriel Stuart, Justin Sinclair, Sophia Blackmore
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo
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Gabriel
 

Il colore del mare di Altieres illuminato dai raggi del sole, ecco cosa gli richiamava alla mente quel vestito. Come un lampo che attraversa il cielo notturno, continuava a comparire e scomparire fra le schiere di soldati che lo circondavano. Che circondavano lei.
Così gli era apparsa Sophia quella sera, luminosa e irraggiungibile come una stella. Se lo aspettava, sapeva che l’avrebbe rivista ufficialmente quella sera, ma la consapevolezza non aveva quasi per nulla affievolito l’effetto che la sua presenza ebbe sul suo cuore. L’agitazione gli stava montando dentro come una marea, rischiando di infrangere i margini del suo autocontrollo. Mantenere la sua solita apparenza fredda e distaccata stava costando a Gabriel un enorme sforzo. I suoni che lo circondavano erano diventati un unico rumore confuso e le immagini nel suo campo visivo si muovevano al rallentatore, come slegate dal tempo. O forse era lui ad essere uscito dal flusso temporale.
Il tocco improvviso di una mano sul suo braccio lo riportò alla realtà, e tutti i suoni del mondo tornarono ad invadergli le orecchie. Si voltò per incontrare il volto di suo cugino Jerome, su cui trovò silenzio e comprensione.
«Sto bene» gli disse distogliendo il braccio, per rassicurarlo. Per rassicurare sé stesso.
«Mi sembra al sicuro, c’è praticamente metà caserma con lei. E anche il vampiro Blackmore e quell’odioso Vandenberg le fanno da scorta» aggiunse, pragmatico ed efficiente, aggrappandosi alla sua razionalità di soldato. Ma i suoi occhi si erano soffermati sul cugino Justin, accanto a Sophia, troppo vicino per i suoi gusti, come indicava la luce cupa che aveva indurito il suo sguardo.
«Si aspetteranno che tu le rivolga un saluto formale stasera. Evitarlo ancora potrebbe apparire come una grave mancanza di rispetto» disse Jerome fra i denti, per non farsi sentire dalle cugine, che li avevano accompagnati alla processione.
Gabriel sapeva che l’amico stava usando il suo senso pratico solo per evitargli di combinare qualche cavolata, ma non poté fare a meno di pensare che a volte sembrava più suo padre che un suo coetaneo. Gli rivolse uno sguardo scocciato prima di rispondere.
«Lo so. So ancora come ci si comporta nelle occasioni ufficiali» aggiunse, con la voce più cupa dei suoi occhi.
Lo sapeva, certo. Ma quanto gli sarebbe costato…
Salutarla formalmente, con distacco e reverenza, come se fosse una perfetta sconosciuta. Rivolgerle poche parole, al massimo un inchino, quando tutto ciò che desiderava era correrle incontro, abbracciarla forte e tenerla per sempre al sicuro fra le sue braccia.
Da quando era diventato così sdolcinato? Lo struggimento amoroso proprio non gli si addiceva. Cercò di scacciarlo, scuotendo la testa e stringendosi gli occhi con una mano, e, una volta ricomposto, si avviò verso di lei.
Mentre i soldati aprivano il loro schieramento per far passare lui e gli altri ragazzi di Altieres, che come lui volevano salutare la principessa, Sophia si voltò e lo guardò. Il tempo sembrò rallentare fino a fermarsi in un momento sospeso fra i loro occhi. Il suo vestito sembrava un mare calmo, ma gli occhi che lo stavano guardando assomigliavano più alle onde di un mare in tempesta. Percepì agitazione e turbamento, lei non aveva ancora imparato a controllarli quelli. Ma durarono solo un momento, poi Sophia abbassò gli occhi lucidi sulla sua divisa, come per fargli un leggero inchino.
Lei si stava inchinando?! Sembrava presa alla sprovvista e allo stesso tempo composta, aggraziata, come una perfetta principessa della corona. Da così vicino poteva osservare i dettagli dei cambiamenti che aveva percepito da lontano. Era così magra che ora sul suo viso sporgevano gli spigoli delle ossa, rendendola più affilata, più fragile, ma anche regale. Il suo portamento si era fatto più rigido e più composto, elegante, più simile a quello degli adulti: assomigliava più che mai a una regina, una regina a cui lui avrebbe volentieri giurato fedeltà per seguirla fino all’inferno. Emanava un nuovo fascino, ammaliante e conturbante, e lui non riusciva a smettere di fissarla. A distoglierlo fu un movimento al margine dei suoi occhi: la mano di Sophia si era tesa verso quella di Justin, con un gesto familiare, intimo, e ora la stava stringendo come per aggrapparsi. Come se Justin adesso fosse la sua ancora di salvezza. Quell’immagine sbloccò il tempo e gli mandò tutto il sangue al cervello, rendendolo furioso e dolorosamente consapevole del presente. Sophia non aveva proferito parola, non lo aveva salutato e non lo aveva nemmeno più guardato. Sembrava sulle spine, in attesa della sua reazione. Dio quanto avrebbe pagato per poter riavvolgere il tempo e tornare a un anno prima, per riavere quello sguardo di sfida che lei gli aveva lanciato addosso proprio in quella stessa occasione, incurante delle circostanze ufficiali. Nei suoi occhi c’erano ribellione e odio, ma facevano meno male degli occhi che ora non lo guardavano più.
Studiò il suo volto ancora per un momento, alla disperata ricerca di una speranza a cui aggrapparsi. Poi, non sopportando più quegli occhi abbassati, le rivolse un inchino profondo, per darle modo di rialzarsi.
«Principessa… bentornata» bisbigliò con voce bassa e tono formale.
«Capitano Stuart». Il titolo ufficiale con cui lui le aveva chiesto di chiamarlo in quell’ultimo terribile incontro. Ora gli suonava come vetri rotti nelle orecchie.
Ma poi lei proseguì…
«Spero stiate bene».
Lo disse con voce delicata, calorosa, con un tono malinconico che fece scorrere nel suo sangue tante piccole scosse elettriche e riaccese una scintilla di speranza. Si raddrizzò e tornò a guardare nei suoi occhi, in cerca di conferme. Erano liquidi e profondi, e a lui sembrò di affogarvi dentro. Gli macò il fiato, gli mancarono le parole, quindi si limitò a guardarla intensamente e ad annuire.
Dopodiché Fayette e Caroline si misero in mezzo con le loro chiacchiere rumorose, togliendoli dall’imbarazzo del congedo.
«Sophia sei bellissima con questo vestito! Che colore stupendo, dove hai preso la stoffa? La voglio anche io. Ti fa sembrare proprio una principessa». Fay aveva già attaccato con i suoi fiumi di parole e il suo entusiasmo aveva riportato il sorriso sul viso di Sophia.
Gabriel esitò ancora un momento davanti a quella scena, perché Dio solo sapeva quanto aveva atteso di rivedere quel sorriso. Sentì su di sé lo sguardo compassionevole di Dartmont, che ormai aveva iniziato a intuire qualcosa e, proprio per non sentirsi troppo esposto, fece un veloce inchino generale, rivolto a tutti e a nessuno, e si voltò per andarsene, con Jerome al seguito.
Aveva fatto il suo dovere, aveva affrontato quel momento, ora desiderava solo far andare le mani, o la spada, scontrarsi, azzuffarsi, immergersi nel combattimento, per dimenticare ciò che quelle mani avrebbero veramente voluto stringere.
   
 
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