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Autore: dragun95    21/09/2022    2 recensioni
Le Terre dimenticate, sono un luogo ostile e molto pericoloso. Tanto che anche la Chiesa se ne serve per esiliare
chi ritiene un eretico o le creature troppo pericoloso.
Ma in questo luogo vive anche una delle razze Ancestrali. Giran è un membro dei Brashak che da tempi antichi vivono
in quelle terre, per lui la vita è un semplice tiro di dadi. Ma quando la sua tranquilla routine viene interrotta, sarà costretto
a scendere a patti con i suoi rimpiatti e affrontare il suo passato.
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Thorn Cronicles'
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CAPITOLO 12
 
 
-Fammi capire se ho afferrato il tutto…- iniziò Pacifica dopo che la Fiers gli aveva spiegato tutto –Quella era Ambra nera, una delle sostanze più pericolose è allo stesso tempo ricercate al mondo?-
 
Aveva sentito parlare di quella sostanza. Se ingerita o assimilata in qualche modo, pochi grammi conferivano un incremento delle abilità fisiche. Ma era allo stesso tempo una sostanza tossica e letale, tanto che anche assumerne poche gocce poteva debilitare chi lo usava e portava ad una morte atroce a chi ne assumeva troppa.
 
-Tutto corretto- rispose Maya tranquillamente facendo bere il suo Geork. La rossa si voltò verso le radici il sole ormai stava quasi per sparire e il Brashak non era ancora lì dentro insieme al Budbrisk.
 
-Dici che sta bene? È lì dentro da ore-
 
-Ti preoccupi per me?- la rossa sussultò di colpo quando lui gli apparve alle spalle. Odiava seriamente quando lo faceva e non riusciva a capire come facesse a muoversi silenziosamente con il corpo massiccio che si ritrovava.
 
-Certo che no!- rispose secca lei leggermente rossa per la scenata che aveva fatto.
 
-Tutto fatto?- gli chiese Maya e lui annuì.
 
-Quindi viene qui ogni giorno a nutrire quella…cosa mostruosa?-
 
-Quando queste terre erano ancora il Grembo di Gaia. I miei antenati condividevano le radici con gli antichi draghi e i Budbrisk…- abbassò gli occhi, come se spiegare quelle cose ormai passate fosse doloroso. Forse perché era una ferita ancora aperta nello spirito dei Brashak come se pensare a quelle quel dolore si fosse trasmesso anche ai discendenti degli antichi membri del popolo della terra.
 
-Hai preso un po' di quell’ambra nera?- lui la trafisse con lo sguardo e lei si sentì come se due spade gemelle, le pugnalassero il petto.
 
-Io quella roba non la tocco nemmeno con la mia ombra…è troppo pericolosa. Che Gaia mi possa colpire a morte in questo istante, se mai dovessi farlo- il solo pensiero di sfiorare quella sostanza lo disgustava. La rossa deglutì annuendo.
 
-C’è una cosa che non capisco. Ho sentito che è possibile trovarla, sul mercato nero. Questo vuol dire che sono venuti qui a prenderla e sono usciti dalle Terre dimenticate?- Anche se non l’aveva mai vista dal vivo fino a quel momento, aveva sentito che alcune dosi anche piccole erano vendute a peso d’oro.
Il moro però scosse la testa poco convinto di quella teoria.
 
-Alcuni dicevano che le radici dell’albero si estendessero in tutto il mondo, fin sotto all’oceano e riaffiorassero in altre terre lontane. Dai racconti degli Esiliati che ho incontrato alcune di queste radici fossilizzate si troverebbero in altre parti del continente-
 
-Si confermo. Io stessa ne ho vista una nelle isole orientali. Per cui questa teoria è giusta- concordò la Fiers, per far capire dove potessero rimediare l’Ambra nera anche fuori dalle Terre Dimenticate.
 
-Ok ho capito…se abbiamo finito qui, noi torneremo alla Cittadella. È quasi ora di cena- disse la rossa salendo in sella al Geork con Maya.
 
-Non vieni?-
 
-No, starò sotto le stelle- rispose lui respirando l’aria fresca della sera a pieni polmoni.
 
-Fa come vuoi- concluse la rossa facendo partire l’uccello per tornare a casa. Giran rimase a guardarle sparire, prima di incamminarsi. Non aveva una meta specifica, anche se probabilmente avrebbe cercato una roccia su cui sdraiarsi e vedere le stelle nel cielo.
Gli tornò alla mente di quando era solito sdraiarsi insieme alle sue tre sorelle più piccole e giocare a chi individuava per primo più costellazioni degli altri. Anche se erano bei ricordi per lui avevano un sapore dolce-amaro.
 
Fu un ruggito a riscuoterlo dai suoi pensieri. Voltò la testa vedendo una sagoma sulla sabbia sentendo l’indistinto odore di sangue. Si avvicinò vedendo che era l’animale da compagnia di Azara, subito si piegò su di lui vedendo che era ferito da una freccia al fianco.
Il Seikh emise un verso debole, felice di vedere quella faccia che non gli era mai andata a genio.
 
-Che è successo?- il felino lasciò cadere qualcosa dalla bocca prima di emettere un ultimo verso e stramazzare al suolo. Lui deglutì prendendo ciò che aveva lasciato cadere: una collana con una zanna. Era quella che Azara teneva sempre al collo, se gliel’aveva portata non era un buon segno.
Riportò l’attenzione sul corpo del Seikh chiudendogli gli occhi che gli erano rimasti aperti, per poi caricarselo in spalla. Lo avrebbe riportato dalla sua padrona, qualunque cosa fosse successo.
 
Quando raggiunse l’accampamento lo spettacolo che gli si presentò davanti era atroce. I corpi dei Goblin ammassati in una pila di corpi e altri appesi a quelle croci gli fece mancare il respiro, mentre lasciava andare il corpo del felino cadendo in ginocchio.
 
-Che diavolo è successo qui?- mentre se lo chiedeva gli venne spontaneo chiedersi anche dove fosse lei. Alla fine la individuò appesa ad una croce.
 
-AZARA- subito la strappò dalla croce per vedere come stesse. Ma sentì il suo corpo ormai freddo e il paletto piantato nel cuore, ormai era troppo tardi per lei. Gli occhi del Brashak iniziarono a versare lacrime, loro gli avevano giurato lealtà e non era riuscito a ricambiarla, non li aveva protetti.
Guardò il volto della goblin che presentava un sorriso in volto, abbassò lo testa poggiando la fronte contro la sua finendo per bagnarle il volto con il suo pianto. Strinse i denti per il dolore alzando la testa e lanciando un forte urlo di rabbia e tristezza che risuonò lungo il deserto.
 
 
 
 
-Cos’è stato?- i Crociati si misero subito sull’attenti quando udirono il forte urlo brandendo le loro armi. Iniziarono a guardarsi freneticamente intorno, in cerca di cosa avesse causato quel suono.
 
-Calmatevi, probabilmente sarà qualche animale che ne ha mangiato un’altro- rispose Dario appoggiato comodamente contro il fianco del suo leone alato, come se fosse una poltrona.
 
-Si…ha ragione- ammise uno dei suoi sottoposti riprendendo a spostare il corpo di un fanatico. Quando avevano lasciato il villaggio distrutto si erano imbattuti in un accampamento di quelli che adoravano i draghi della sabbia, riservandogli lo stesso trattamento di quei mostriciattoli verdi.
Ma Zeus non era dello stesso avviso. I suoi occhi rimase a guardare l’orizzonte in cerca di qualunque forma di minaccia.
 
Il vampiro lo ignorò, credendo che fosse solo il suo istinto animale. Al gruppo mancava qualche cavaliere e la Pacificatrice, la quale era voluta rimanere indietro a pregare per ringraziare della morte di quelle piccole creature oscure. Anche se avrebbe preferito che fosse lì con lui a cercare quel fastidioso elfo arcano.
Il solo pensiero di non averlo ancora trovato lo faceva uscire di esso, doveva trovarlo e interrogarlo o anche solo trovare il suo cadavere così avrebbe salvato automaticamente la faccia e la reputazione.
 
Quando il suo stomaco reclamò del cibo, doveva rilassarsi e bere per ricaricare le sue forza. Prese la catena a cui era legata la Imp strattonandola con forza facendola cadere sulla sabbia.
 
-Finite di spostare questi corpi, io mi ritiro nella mia tenda. Vedete di non disturbatemi- i cavalieri annuirono continuando il loro lavoro. Sapevano che quello più che un ordine era una minaccia leggermente velata.
 
La tenda del Templare era di colore rosse e bianco finemente ricamata e quasi il triplo più grande di quelle dei suoi uomini. Trascinò dentro la prigioniera legandola ad un chiodo che sporgeva per non farla scappare e si tolse l’elmo. Si lisciò i capelli biondi sentendoli secchi a causa del clima, sospirò infastidito da ciò per poi prendere uno specchio e specchiarvisi dentro.
 
-Ciao splendore- si ammiro spostandosi con la mano una ciocca di capelli che gli era finita sugli occhi facendosi un occhiolino. Per poi liberarsi del mantello e la parte superiore della corazza mettendo in mostra il suo fisico scolpito e le quattro braccia in acciaio Damasco che si trovavano sulla sua schiena.
Si trattava di arti prostatici che venivano fusi col corpo del loro utilizzatore e che poteva comandarli tramite la sua volontà.
 
Quando il suo stomaco brontolò di nuovo, si voltò verso la Imp che lo guardava disgustata. Prese la catena attirandola lentamente a se e afferrandogli il collo, la costrinse a dargli la sua schiena.
 
-Credo sia ora di mangiare…almeno per me- le disse beandosi dell’odore di paura che la discendente delle tenebre emanava. Le tirò i capelli costringendola a spostare la testa di lato per poi affondare i canini nel suo collo. La Imp emise un verso di dolore provando a divincolarsi ma senza successo, iniziando a sentirsi debole quando cominciò a succhiargli il sangue.
 
Si staccò solo quando fu soddisfatto, sentendosi rinvigorito sia a livello di sete che di magia. Trovava gli Imp delle creature impure, ma il loro sangue ricco di magia era ottimo per ricaricarsi. Lasciò andare la prigioniera che cadde a terra debole, mentre lui prendeva un fazzoletto per pulirsi la bocca.
La discendente delle tenebre si strinse in posizione fetale piangendo per la vergogna e il dolore al collo, promettendosi ancora una volta che avrebbe ucciso quella sanguisuga con le sue stesse mani e poi sarebbe morta anche lei.
 
 
 
 
Il cielo stellato era una delle cose migliori che il Brashak aveva trovato in quella giornata di merda. Dopo aver seppellito i corpi di Azara e della sua gente aveva trovato tra i resti dei contenitori pieni di una bevanda alcolica prodotta con i cactus.
 
Porto il contenitore alle labbra tracannando tutto il contenuto e gettarlo sulla sabbia. Per poi emettere un singhiozzo.
 
-Questa roba è molto alcolica- il livello di alcool era così alto che dopo essersene scolati cinque di seguito, iniziava ad essere piuttosto brillo. Gli sembrava che le stelle in cielo si avvicinassero e allontanassero ad intermittenza, tanto che provò ad allungare la mano per prenderle.
Ansimò sentendosi accaldato, come se il suo corpo andasse a fuoco, subito si immerse nella sabbia fredda della sera per provare ad abbassare la sua temperatura corporea.
 
Restò a crogiolarsi nel fresco, quando si sentì un odore strano. Alzò lo sguardo trovando una piantina che spuntava dalla sabbia. Inclinò di lato la testa confuso, non avrebbe dovuto esserci dell’erba in quella zona. Questa crebbe fino a diventare un grosso bocciolo verde che si aprì diventando una figura umanoide.
 
-Oh…wow…- non ebbe parole mentre osservava la figura esile della creatura, era leggiadra come una ballerina con la carnagione verde e un volto delicato senza bocca, solo un paio di occhi verde scuro e una massa di capelli simili a radici di colore marrone, così come il vestito che indossava.
Si trattava di una Ninfa, una messaggera e portavoce degli dei. E a giudicare dal suo tipo intuiva benissimo chi l’avesse mandata.
 
-Quindi Gaia ha avuto pietà di me…eh?- gli chiese uscendo dalla sabbia per poi piegarsi in due vomitando a causa dell’alcool proprio davanti alla messaggera. La quale però rimase totalmente indifferente.
 
-Scusa…sono lievemen…- non finì la frase che un pugno lo colpì in pieno volto sbattendolo a terra. Sgranò gli occhi scuotendo la testa, non sapeva che le ninfe fossero così forti da sbalzare via una della sua mole.
 
-Che cazzo combini Giran?!- alzò la testa di scatto riconoscendo quella voce. Davanti a lui Hireza, la sua Matriarca e Maestra lo stava osservando con il pugno in avanti. Rimase con gli occhi sgranati e la bocca aperta, osservando la donna, non riuscendo a crederci.
Non l’aveva vista morire, ma aveva seppellito il suo braccio destro. L’unica parte che aveva ritrovato quando si era risvegliato dopo la battaglia e invece la persona che aveva davanti aveva ancora entrambe le braccia.
 
-È passato più di un secolo dall’ultima volta che ti ho visto e ti ritrovo ubriaco. Spero tu abbia una spiegazione?- lo riprese incrociando le braccia sotto al seno, si vedeva dal suo sguardo che si stava incazzando a morte. Lui si rimise in piedi traballante, notando che la sua figura era in parte trasparente.
 
-Credo di avere un’allucinazione da sbronza- subito dopo averlo detto Hireza gli assestò due pugni al volto e un calcio allo stomaco facendolo finire di nuovo a terra. Dietro di loro la Ninfa restava in disparte ad osservare senza emettere alcun fiato o movimento.
 
-Sono abbastanza reale adesso?- si rimise velocemente in piedi ancora più stupito. Il suo comportamento e la forza dei suoi colpi, tutto gli diceva che si trattava della vera Hireza e non di un’allucinazione. Deglutì abbassando lo sguardo per non guardarla in faccia, non sapeva cosa dirgli o come comportarsi. L’unica cosa che gli veniva in mente erano i ricordi del giorno in cui aveva perso tutto, i quali lo colpirono come un martello.
 
-Allora dimmi cosa vuoi fare a proposito della morte dei tuoi amici?- gli domandò per riscuoterlo dai suoi pensieri, ma lui continuava a tenere lo sguardo basso –Non riesco a credere che tu ti sia ridotto così!-
 
-Matriarca…io…mi dispiace- gli disse con voce tremante alzando lo sguardo solo per prendersi un calcio in pieno viso che lo fece indietreggiare, ma riuscì a non cadere a terra.
 
-Non mi interessano la l’unghia di un drago del tuo dispiacere per quel fatto Giran! Voglio sapere cosa farai riguardo a chi ha ucciso i Goblin che ti hanno giurato lealtà!- gli occhi del moro si tinsero nuovamente di lacrime che iniziarono a rigargli gli occhi.
 
-Dovrebbe invece. Il clan è morto a causa di un mio errore- la Matriarca sciolse le braccia incrociate al petto avvicinandosi al suo pupillo e poggiandogli le mani sulle spalle. Lui alzò la testa per guardarla negli occhi, solo per ricevere una testata che lo sbatté violentemente sulla sabbia.
 
-Inizio a credere che di aver fatto un errore a credere in te! Provo pena per i tuoi genitori e le tue sorelle, hanno sbagliato a riporre in te la loro fiducia!- sentendole nominare, gli occhi del Brashak si tinsero di pura rabbia. Anche se rispettava la sua Matriarca, non doveva permettersi di insultare le sue adorate sorelle minori.
 
 
 
 
 
Note dell’autore
 
Ben trovati al nuovo capitolo. Qui abbiamo tante notivà, scopriamo che l’amba nera prodotta dai resti di Yggdrasil è tossica e che neanche Giran osa toccarla.
Poi vediamo di come Dario sia ance un narcisista. Di certo la Imp ha giurato sulla sua stessa vita di ucciderlo, ma come non comprenderla visto cosa deve subire.
 
Infine ecco un Giran ubriaco che incontra una Ninfa, una messaggera degli dei e il ritorno di Hireza. O almeno del suo spirito, che subito inizia a riprendere il suo allievo per come si è ridotto, non esitando a colpirlo.
Di certo nel prossimo si prevede uno scontro imminente, ma dovrete aspettare per vederlo. Per ora ringrazio anche solo chi segue o legge la storia e vi saluto.
  
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