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Autore: drisinil    28/09/2022    4 recensioni
[kurotsuki] [nospoiler] [canonverse] [long: 2 capitoli/settimana]
«Signor è-solo-un-club sei senza parole?» lo provoca Kuroo. «Vuoi che brindi io per te? Però poi bevi tu!»
«Okay, ma solo se il brindisi mi piace» risponde Kei con arroganza, spingendosi gli occhiali sul naso.
Kuroo storce le labbra e si riprende la bottiglia, strappandola a Kei. «E' una sfida?»
«Se vuoi...»
Kuroo distende lentamente il braccio verso Kei, con la bottiglia in mano. Si schiarisce la voce e tenta di scostarsi dalla fronte il ciuffo di capelli, che però ricade subito al suo posto. «Al muro perfetto, che ferma la palla, la devia, la smorza o la costringe. Obbliga le traiettorie, crea pressione e controlla il gioco.»
Kei sorride, gli strappa la bottiglia e beve d'impeto.
E' il vino più buono che abbia mai bevuto, forse il più buono che berrà mai.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kei Tsukishima, Tetsurou Kuroo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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17 - Al telefono


4 novembre 2012


«Pronto?»

«Tsukishima-kun! Sei tu?»

«Akaashi-senpai?»

«Tsukishima-kun! Ascolta! Ti devo assolutamente chiedere una cosa importantissima. Fondamentale. E se non lo faccio stasera...»

Il finale della frase è incomprensibile, come se non stesse parlando nel microfono.

«Akaashi-san? Cos'hai detto? Sei ancora lì?»

«Sì, sì, ci sono, ci sono. Dicevo, Tsukki... ti piacciono le ragazze?»

«Eh?»

«No, no, no, aspetta. Scusa, scusa. Non è mica questa la cosa che ti devo chiedere. Mi sono confuso di brutto. E' che ho un bruttissimo mal di testa, proprio qui...»

La voce è lenta, strascicata, le sillabe un po' impastate una con l'altra, come se la strada dal pensiero alla parola fosse molto lunga.

«Sei ubriaco, Akaashi-san?»

«MMnnnooo... solo un pochino. Ma non tanto, eh. Sono molto, molto, molto meno ubriaco di loro.»

«Meno male. Si può sapere chi sono loro?» 

In realtà, non è difficile da immaginare.

«Bokuto-san e Kuroo-san. Ahhh, però....sono ubriachi, loro. Parecchio.»

Un singhiozzo passa nel microfono. Kei dovrebbe chiudere questa conversazione, ma non ci riesce. Perché se Akaashi è quello messo meglio, chissà come sono conciati gli altri due. L'immagine degli occhi di Kuroo dietro la visiera del casco integrale si disegna nella mente di Kei con dolorosa precisione.

«Ascoltami, Akaashi-senpai. E' importante: Kuroo-san non deve guidare. Anche se ha preso la moto. Non farlo guidare. Per nessun motivo. Dove siete?»

E' una domanda del tutto inutile: ovunque siano, a Tokyo, non c'è nulla che Kei possa fare. Se lo ripete, e intanto riflette: in caso di emergenza, potrebbe sempre chiedere aiuto ad Akiteru.

«Perché dovrebbe prendere la moto per venire proprio a casa sua?» Akaashi ride. «Ma che domande fai, Tsukki? E' sera, no?»

«E quindi?»

«Kuroo-san non esce, di sera.»

Al sollievo subentra la curiosità. «In che senso non esce?»

«In che senso in che senso? Che deve fare le notti.»

«Quali notti?»

«Ma che, sei ubriaco pure tu, Tsukki? Sua nonna è malata. Kuroo-san resta a casa sempre, di sera, per aiutare il nonno.»

Affettuoso. Generoso. Devoto. E' troppo.

Kei è tentato di riattaccare e ubriacarsi anche lui. Il suo ultimo baluardo è una solida armatura di sarcasmo. «Sta a casa a fare le notti e poi si ubriaca? Molto responsabile.»

«Ma quanto sei stronzo, Tsukki. Tu non sai niente, dovresti tenere chiusa quella boccaccia. Sono stronzo pure io che ti racconto queste cose.»

Sono le prime parole scurrili che Kei abbia mai sentito uscire dalla bocca di Akaashi.

«Siamo un po' stronzi tutti e due, Akaashi-senpai, hai ragione. Raccontami come mai questo festino alcolico.»

Un altro singhiozzo, evidentemente riflessivo. «Stiamo festeggiando, no? Andiamo tutti ai nazionali! Anche tu ci vieni!»

Kei sospira. Ha passato metà del pomeriggio a costringersi a non cercare su internet i risultati delle partite delle qualifiche interliceali del girone di Tokyo.

Intanto Akaashi continua, spinto dall'entusiasmo «Oggi abbiamo perso, ma ieri la partita contro il Nekoma è stata beeeellissima. Abbiamo vinto due a zero. Capito? Due. A zero. Bokuto-san era...pfff... lui era... ahh... sì. Sai che certe volte, quando Bokuto-san salta sotto rete, io...io mi sento... io mi trovo a pensare che... Ci credi che, a un certo punto, quel diavolo di Kenma ha iniziato a chiudergli tutte le parallele. Tutte! E Anche Kuroo-san faceva dei muri che... e mi hanno messo Bokuto-san sotto pressione,  non si ricordava come si schiacciavano le diagonali e allora io ho dovuto... ba... pa...be...»

«Akaashi-senpai, ma quanto avete bevuto?»

«Mmmmnn chissà... fammici pensare. Dunque: per prima la birra, qualche bottiglia, ma non tante. Poi quel fantastico vino francese di Kuroo-san. Dopo... ah sì, la vodka di Haiba-kun. E alla fine anche sakè. Ma a quel punto Bokuto-san già vomitava e Kuroo non smetteva di piangere.»

«Piangeva? Kuroo-san? Perché hanno perso?»

«Quanto sei scemo, Tsukki. Piangeva perché era ubriaco marcio. E' ancora ubriaco marcio. E io penso che piangeva pure per quello che è successo a Sendai, anche se non ce lo vuole dire. Non lo dice neanche a Kenma.»

Ovviamente, se ne vergogna. E non potrebbe essere altrimenti.

«E come sta il tuo lunghiiiissimo, belliiiissimo dito?»

«Il mio cosa?»

«Dito. Il tuo. Kuro-san ci ripete fino alla nausea che mani belle hai, e che dita lunghe, e che...»

«Che idiota!»

«Sì, certe volte sì. Insomma, come sta il tuo dito?»

«Bene. Grazie. Devo portare il tutore ancora per due settimane.»

Akaashi tira su col naso e poi ridacchia «Stai a vedere che ti è andata meglio di Ushiwaka!»

«In che senso? Che gli è successo?»

«Non lo sai? La sua faccia si è scontrata contro il pugno di Kuroo-san» dice Akaashi, serafico.

«Cos'hai detto? Akaashi-san, ho capito bene? Kuroo ha picchiato Ushijima? Ushijima Wakatoshi, il capitano della Shiratorizawa? Akaashi-san, sei sicuro?»

Nella testa di Kei si compongono tutti gli scenari possibili. Nella maggioranza di questi, Kuroo viene espulso dal torneo, in numerosi altri anche da scuola. E si rovina la media. Si rovina la reputaizone. E addio università. Baka! Baka Tetsurou!

«Sì che sono sicuro, Tsukki. Quanti pensi che ce ne siano di robot come quello? Un solo Ushiwaka. Che pensa di essere molto meglio di Bokuto-san, e invece ha solo due braccione piene di muscoli. E poi, diciamocelo... Sendai? Pfiiiu. Sendai è dove Tokyo si pulisce le scarpe.»

Kei sta ancora pensando febbrilmente: Ushijima non vuole che si sappia in giro, evidentemente. Si sarà inventato qualche scusa e nessuno ci tiene a smentirlo, altrimenti nella chat della squadra avrebbero messo i manifesti, per una cosa del genere. Per fortuna, Kuroo lo ha colpito in faccia, che è il posto migliore per non impedirgli di giocare.

«Non mi rispondi Tsukki-kun? Ti sei offeso per Sendai? Dai, non ti offendere! Altrimenti va a finire che mi prendo un pugno pure io!»

«Che è successo dopo il pugno?»

«Niente. Penso. Dice Kuroo che Ushiwaka aveva gli occhi grandi come due ciotole da riso per lo stupore. E quindi non ha fatto proprio niente, a parte guardarlo male. Mi sa che, tonto com'è, non l'ha neanche capito, perché si è preso un pugno.»

«Neanch'io l'ho capito, se è per questo.»

«Come neanche tu? Ti ha fatto male, no? Ushiwaka ti ha rotto il dito.»

«Lussato.»

«E' uguale. Ushiwaka ti ha rotto il dito e nessuno può toccare Kei.  Ma penso che a Kuroo-san sia un po' sfuggita di mano la situazione. Era anche molto arrabbiato per le altre cose. Quelle che non ci vuole dire.»

«E' arrabbiato con me. Ha le sue ragioni.»

Akaashi schiocca le labbra ripetutamente «Con te? No! Figuriamoci! E' arrabbiato e basta. Se fosse arrabbiato con te non ci avrebbe costretto a guardare sei milioni di volte il video della tua partita. Kenma glielo voleva cancellare, per quanto non ne poteva più... »

Figuriamoci, l'amichevole Kozume, che sarà geloso fradicio.

«Che poi della partita non si capisce nulla, perché ci sei solo tu nel video. Però si vedono molto bene i muri. Sei migliorato tanto! Lo dice anche Bokuto-san. E poi, beh, c'è quello, che è stato grandioso!»

«Il punto su Ushijima?»

«Ah, che bel momento! Soprattutto la faccia che fa Ushiwaka!» Akaashi ride. «Bokuto-san vuole stampare il fotogramma per incorniciarlo e mandarglielo. Ma la parte che ci piace di più non è quella. E' dopo. Dopo, quando hai esultato in quel modo. Era... aspetta, come ha detto Bokuto-san? Ecco, sì liberatorio, ha detto. Lui trova sempre la parola migliore, se non ci pensa troppo. Ha dentro tutte le parole giuste, lui. Sai, era liberatorio veramente, Tsukki. Quella parte la guardiamo sempre.»

Servirebbe una risposta tagliente, ma Kei non ha la forza di cercarla. Tutto quello che vorrebbe, adesso, è ritrovarsi al culmine di quel bacio, con le mani affondate nei capelli assurdi di Kuroo, i pensieri sconvolti, il cuore in fiamme. Un attimo prima che diventi tutto sbagliato.

«Tsukki-kun, lo sai che ci manchi? E' stato bello, al ritiro.»

«Anche per me.»

Rimangono zitti per un po', ognuno aggrappato alla sua versione privata degli stessi ricordi.

«Akaashi-senpai, perché non controlli come stanno Bokuto-san e Kuroo-san? Sono messi molto peggio di te? Magari potresti chiamare qualcuno...»

«Loro sono... molto ubriachi. E moooolto rumorosi: fanno un casino che... però no, aspetta. Ora non li sento più. Forse sono morti.»

Kei prende un respiro. «Non è il caso di andare a vedere?»

«Sì, bravo, bravo Tsukki, buona idea, ora andiamo a vedere come sta Bokuto-san.»

Passi felpati, fruscii, un urto, un'imprecazione trattenuta.

«Shhht, Tsukkii» sibila Akaashi direttamente nel microfono. «Si sono addormentati.»

 «Accendi la telecamera, Akaashi-senpai, fammi vedere.»

Questo è giocare sporco. L'opposto di tagliare i ponti, di dimenticarsi, di lasciar perdere. Ma Kei non ce la fa più: vuole vederlo. Anche solo per tre secondi.

«Sei un guardone, Tsukki-kun?»

Akaashi ride del proprio umorismo (discutibile, ma molto acuto), e intanto armeggia con la telecamera. In primo piano è inquadrato il suo viso, arrossato, con i capelli scombinati, gli occhi lucidi. Ci mette un po' a capire che tasto schiacciare per invertire la direzione dell'obiettivo, ma poi compare una stanza.

Akaashi si muove a scatti e la telecamera fugge fra i dettagli. E' un ambiente grande: una scrivania ingombra in una nicchia, con la parete coperta di fogli attaccati; scaffali lungo tutto il muro, una finestra alta, in un angolo qualcosa che sembra un tavolino basso su una stuoia, un armadio con le ante dipinte, e finalmente un divanetto su cui è riversa una figura umana: la versione inanimata di Bokuto. Giusto di fronte, steso di fianco su un puff rosso, e altrettanto inanimato, Kuroo.

Lo stomaco di Kei si stringe, il battito del cuore accelera. Kuroo è distrutto: pallido, sudato, con i capelli a ciuffi scomposti in tutte le direzioni e il muco che esce dal naso. Sembra che respiri, se non altro. Come ci si possa ridurre così, è incomprensibile per Kei. E' altrettanto incomprensibile come possa provare qualcosa per lui, dopo averlo visto ridotto così.

La videocamera si sposta di nuovo su Bokuto, anche lui messo molto male. La mano di Akaashi entra nell'obiettivo e gli sposta i capelli dalla fronte.

Akaashi sussurra, come se quei due fossero in grado di svegliarsi : «Guarda Bokuto-san. Lo vedi? Sorride mentre dorme. Quanta gente conosci, Tsukki-kun che sorride anche mentre dorme? Capisci? Ha vomitato l'anima fino a cinque minuti fa. Ha consolato Kuroo per tre ore. E però ora sorride. Lo sai perché?»

Adesso Kei si sente un guardone. Di sentimenti, più che di immagini. «Akaash-san, dovresti stare zitto. Domani potresti pentirti di... »

«Lo sai perché?» ripete Akaashi, interrompendolo senza riguardi.

«No, non lo so.»

«Perché tutta quella luce deve uscire, da qualche parte. Sono le reazioni termonucleari, Tsukki. La catena protone-protone e il decadimento beta. Cose che succedono dentro le stelle...»

Kei non sa cosa proprio cosa dire. Lo consola il fatto che domani potranno fingere entrambi che la telefonata non sia mai avvenuta.

Per qualche istante la telecamera si sposta di nuovo su Kuroo, che si è voltato supino. Ha addosso una maglietta tutta macchiata, con la scritta "Shoot for the Moon", Punta alla Luna.  Kei sente un fiotto traditore di tenerezza entrargli in circolo nel sangue.

E' una sensazione di calore dolce e infida, che però dura pochissimo, finché la messa a fuoco automatica si regola su una foto incorniciata, appoggiata a una mensola: Kuroo abbracciato a una ragazza alta e bellissima. Un'occidentale: capelli biondi, occhi verdi. A Kei sfugge una specie di gemito di frustrazione, basso e breve.

La telecamera piomba verso il basso e Akaashi la volta verso di sé. «Che rumore era quello? Fatti vedere anche tu, Tsukki-kun.»

Kei vorrebbe negarsi, ma è un momento strano e si trova proiettato sullo schermo quasi senza accorgersene.

«Sembri dimagrito. E triste. Lo sai, Tsukki-kun? Io sono tanto stanco. Stanchissimo. Prima hai detto che me ne pentirò... »

«Akaashi-senpai, ti assicuro che questa conversazione resterà riservata, quello che volevo dire è che...»

«Lo so cosa volevi dire. Quello che voglio dire io è che me ne pento tutti i giorni. E non chiedermi di cosa.»

Kei tace. Si guardano attraverso lo schermo e si riconoscono, vedono tutt'a un tratto le loro somiglianze. Non lo sanno, ma è il momento esatto dell'inizio di un'amicizia solida e duratura.

«Lo sai cosa mi pesa più di tutto?»

«Cosa?»

«No. Non te lo dico. Non dico cosa mi pesa più di tutto. Ti dico la seconda cosa, che mi pesa tanto e secondo me tu la capisci. E' sbagliare agli esami. Come se fossi un cretino qualunque...»

«Akaashi-senpai, ma tu hai una borsa di studio completa, giusto? Devi andare bene a scuola per mantenerla. Non puoi sbagliare così tanto...»

Akaashi sospira «Non hai capito. Io sbaglio apposta.»

Non ha il minimo senso logico, del resto è ubriaco. Anzi, sta bevendo ancora, dalla bottiglia di vodka, davanti allo schermo. 

«Che vuoi dire, Akaashi-kun? Come ti sei classificato al primo semestre?»

«Quarantesimo.»

«In tutta la scuola? Beh, sì, puoi fare di meglio ma... »

«Nel gruppo Fukurodani.»

«Quindi su quattro scuole? Allora è una posizione ottima! Cioè, non so da voi, ma qui in squadra c'è gente praticamente analfabeta. Come fai a dire che stai sbagliando

«Ancora non hai capito: io potrei arrivare primo. Sarebbe... beh, facile

Non suona come un vanto. Sembra, anzi, una strana specie di rammarico. «Potrei entrare alla Todai, Tsukki-kun. L'università imperiale. Cazzo, me la sogno da quando ero piccolo. Ma invece non ci vado. Non ci vado neanche morto. Può sognarselo, il figlio alla Todai. Può sognarsi tutti i suoi fottutissimi progetti fatti con la pelle degli altri. Anzi, con il culo degli altri. Col mio culo.»

Akaashi ride. E' una risata strana, sguaiata, non si capisce se sia più o meno ubriaca di prima. «Ma io ti volevo sempre chiedere quella cosa, Tsukki-kun. E ora, eh beh, va a finire che me la sono ricordata...»

«Dimmela.»

«Hai un carattere di merda.»

«Non è una domanda.»

Una risatina «No, ma è vero. Solo che quando parlo con te, mi sembra sempre che tu capisca più degli altri. La domanda è questa: non è che anche tuo padre è un cane dell'esercito? Un tiranno. Un rompicazzo. Un rovinavita.»

C'è un lungo silenzio. Kei mette delle crocette immaginarie. Rompicazzo: sì. Rovinavita: senz'altro. Due su quattro, non c'è male.

«Mio padre è morto.» Da quando è successo, sono pochissime le volte che Kei lo ha detto così, chiaramente, semplicemente.

«Beato te.»

La videocamera ora inquadra il pavimento e si sente piangere. Un pianto discreto e sommesso, intervallato dallo sciabordio del liquido nella bottiglia. Dopo qualche minuto, solo silenzio.

«Buonanotte Akaashi-senpai» sussurra Kei, prima di chiudere la chiamata. 

Ma nessuno gli risponde.

 

   
 
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