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Autore: Mary P_Stark    03/10/2022    1 recensioni
Muspellheimr - Regno di Surtr
Il giovane Gigante di Fuoco Sthiggar, discendente della dea Sòl e figlio del Sommo Sacerdote Snorri, non conosce né paura né tanto meno vergogna e, a causa di ciò, finirà dapprima per essere punito dal re, e in seguito confinato sullo sperduto Regno di Manaheimr (Terra), nell'ancor più sperduto paesino di Lulea, in Svezia. Questo confino - agli occhi di Sthiggar più che ingiusto - porterà a sconvolgenti verità e alla scoperta di un destino a cui non sapeva di essere designato fin dalla sua nascita. L'aiuto della berserkr Ragnhild sarà vitale per comprendere meglio se stesso e il ruolo che gli compete nella complessa rete del Fato che si è stretta attorno a lui, ma saranno antiche divinità e nuovi nemici a mettere definitivamente alla prova il guerriero muspell. (per una totale comprensione, si devono leggere prima le altre storie legate a questa raccolta)
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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 Cap. 27

 

 

Quarant’anni prima

 

Sthiggar non si era mai tirato indietro, di fronte a una scazzottata ma, da quando era entrato a far parte dell’esercito, i motivi per mettersi nei guai erano drammaticamente scemati.

Non tanto perché non sentisse più l’esigenza di fare a botte, o cacciarsi nei guai, quanto perché il comandante Yothan avrebbe tirato loro il collo, se avessero macchiato il buon nome delle Fiamme Purpuree, il reggimento a cui appartenevano.

Sthiggar, perciò, aveva sempre cercato di evitare di causare disagi al Corpo, visti soprattutto i motivi per cui era finito in quella Compagnia.

Rischiare di far infuriare il re in maniera definitiva non era auspicabile, né tantomeno dare quell’ennesimo dolore a suo padre. Era già abbastanza dura doverlo vedere una sola volta l’anno, e per poche settimane.

Combinare ulteriori casini avrebbe forse voluto dire finire in galera, e per un tempo a lui sconosciuto.

Vedere come Thrydann e compagni avevano messo all’angolo il giovane Rahdd, però, lo aveva mandato in bestia e, accecato dall’ira, non si era guardato indietro, calando come una mannaia sui bulli che avevano osato attaccare l’amico. Era andato a testa bassa contro il gruppo di commilitoni che lo stavano prendendo di mira e aveva usato le sue conoscenze in fatto di risse per menare duro.

Quel che ne era seguito, era stata un’autentica zuffa di proporzioni colossali e aveva finito con il coinvolgere ben più dei cinque elementi iniziali, da cui era partito tutto.

Alla fine, quando erano intervenuti i loro superiori per dividerli – malmenandoli con dei pungoli raggelanti – nel piazzale della caserma erano rimaste a terra non meno di trenta persone.

Uno a uno, i soldati erano stati chiamati al cospetto del comandante per vagliare le rispettive versioni dei fatti e, quando infine toccò a Sthiggar, il giovane entrò a testa alta, con un labbro spaccato e diverse contusioni a fargli compagnia.

Sulla schiena portava evidenti le ustioni da freddo dei pungoli usati dai suoi superiori e, quando Yothan finalmente lo squadrò, non poté che sogghignare per un istante, di fronte alla sua espressione di lesa maestà.

Fin da quando Yothan lo aveva visto la prima volta, irritato e spaesato come un cucciolo rifiutato da tutti ma ben deciso a non lasciarsi schiacciare dalle avversità, aveva ipotizzato che Sthiggar potesse provenire da una famiglia disastrata.

Leggere la sua scheda personale e scoprire che, non solo era figlio del Gran Sacerdote Snorri Glenrson, ma era anche uno dei pupilli del re, lo aveva non poco confuso e la curiosità era montata in lui come una piena. Per questo motivo, Yothan lo aveva tenuto d’occhio e si era scoperto a sorprendersi a ogni suo nuovo risultato, a ogni traguardo raggiunto con facilità.

Non certo una volta sola, si era chiesto il perché un giovane così promettente fosse stato punito dal re ma, ogni qualvolta la lingua era corsa per mettere a parole quella domanda, il suo cervello l’aveva bloccata.

Ben presto, e non certo per un suo intervento personale, Yothan lo aveva osservato primeggiare in ogni corso svolto in Accademia, così come lo aveva visto brillare nelle esercitazioni pratiche e nei combattimenti a fil di spada.

La sua bravura era andata a cozzare sempre di più con l’immagine del teppistello da strada che il suo caro amico – e sovrano – Surtr gli aveva dipinto tramite una lettera privata allegata alla scheda personale del ragazzo, portandolo a tenere d’occhio il ragazzo con sempre maggiore attenzione.

Questo, ovviamente, gli aveva altresì permesso di notare come, nel corso degli anni, la bravura di Sthiggar fosse diventata la causa di maggiore astio tra lui e molti suoi commilitoni, in gran parte figli dei nobili del Concilio della Corona.

L’unico membro della Gilda dei Nobili a essergli sempre stato accanto, invero, era stato lo scapestrato Kyddhar, nipote del re e uno tra i migliori cavallerizzi dell’esercito.

Kyddhar era sempre stato al fianco di Sthiggar, durante la sua crescita all’interno del Corpo, ne aveva plaudito i risultati ed era sempre riuscito a chetarlo nei momenti di irrequietudine.

L’essere nipote della dea Sól aveva portato a Sthiggar più danni che soddisfazioni, allontanandolo da molti compagni di corso, gelosi della sua bravura e dalle indubbie caratteristiche genetiche derivanti da un simile avo.

La maggiore forza, agilità e abilità nel combattere erano apparse quasi subito lapalissiane, tanto che in molti avevano iniziato a rifiutare di allenarsi con lui. Soltanto pochissimi ragazzi, tra cui Kyddhar, Rhadd e Fyodr non si erano mai tirati indietro, rimanendo fedeli alleati di Sthiggar.

Yothan non si era perciò preoccupato di controllarlo a vista, dopo diversi anni passati a osservare quello strano quartetto farsi sempre più solido e compatto, non più timoroso che il giovane potesse essere vittima di atti di bullismo becero.

Ligio alle direttive del re, si era quindi preoccupato del duplice addestramento di Rhadd Kahn, altro elemento unico, all’interno del suo gruppo di future Fiamme Purpuree, tolto lo stesso Sthiggar.

Figlio mezzosangue di una muspell e un liósalfar oscuro – sfuggito alle maglie di Svartalfheimr per aver attaccato pubblicamente il re e le sue politiche oscurantiste – Rhadd era cresciuto nella campagna nei pressi di Hindarall senza conoscere nulla del passato di suo padre.

Assoldato dal re perché fosse il suo mago di corte, Keynan Kahn – padre di Rahdd – si era prodigato con tutto se stesso per ripagare la fiducia di Surtr e attorno al palazzo, come nei suoi sotterranei, aveva esteso una rete magica a protezione della famiglia reale.

Nei cunicoli segreti della magione reale aveva inserito bioluminescenze reattive e incantesimi di occultamento, utili per nascondere approvvigionamenti e armi. Non soddisfatto, quindi, aveva esteso tali accorgimenti a tutta la Hindarall sotterranea, così da poter dare un luogo sicuro alle genti che lo avevano accolto in seno.

Una volta divenuto il figlio adulto, Keynan aveva raccontato del proprio passato a Rhadd e, da quel momento, per il giovane virgulto di casa Kahn, servire Surtr era stato il primo dei pensieri.

Giunto all’età minima per arruolarsi, si era unito alle schiere di soldati del Comandante Yothan, incurante del nomignolo affibiato da molti all’illustre soldato; il Terribile.

In lui, Rhadd aveva trovato una guida sicura e niente affatto temibile come aveva paventato ma, proprio a causa della sua duplice natura, era ben presto diventato l’oggetto di scherno dei suoi compagni.

Il suo essere un mezzosangue era un segreto che era stato mantenuto per la sua stessa sicurezza ma, proprio a causa di questi silenzi, le sue diversità – come l’avvenenza efebica o il suo essere assai longilineo – lo avevano comunque cacciato spesso nei guai.

Grazie alle disposizioni del re, che aveva voluto per lui una duplice preparazione, sia militare che magica, le possibilità dei compagni di trovarlo solo, o a disposizione dei loro scherzi, erano state ridotte al lumicino… ma a volte non era bastato.

Nel corso degli anni, Rhadd si era impegnato a sopperire alla sua scarsa prestanza fisica – i muspell erano autentici giganti di muscoli, mentre lui aveva ereditato il fisico slanciato degli elfi – con l’agilità e la furbizia.

Fortunatamente per il giovane, la vicinanza di pochi ma fidati compagni aveva evitato il peggio. Nella maggior parte dei casi, per lo meno.

Yothan era perciò quasi certo che, dietro il motivo di quella rissa degenerata in caos puro, vi fossero Rhadd e Thrydann. Era sempre stato così, negli anni, e dubitava fortemente che quel giorno le cose fossero andate diversamente.

Quel che lo stupiva, però, era che stavolta fosse intervenuto attivamente anche Sthiggar.

Fino a quel momento, si era tenuto alla larga dai guai e, quando si erano scatenati battibecchi o villanie, era sempre intervenuto per pacificare, non per fomentare la rissa. Per anni aveva cercato con tutto se stesso di non finire nella sua agenda rossa dei riottosi e, contrariamente ai suoi precedenti poco lusinghieri, non era mai stato causa di problemi.

Perché, dunque, stavolta era intervenuto attivamente?

Nell’indicargli di sedersi, Yothan si levò dalla sua poltrona per oltrepassare la scrivania e, nell’osservare il suo sottoposto, intrecciò le mani dietro la schiena e domandò a bruciapelo: “Cosa ti ha spinto a cacciarti volontariamente in un potenziale viatico per una nota di demerito, soldato?”

Sthiggar non abbassò lo sguardo, sicuro dei propri mezzi così come delle proprie motivazioni e, roco, disse: “La cricca di Thrydann stava infastidendo più del lecito un mio amico, così non sono riuscito a trattenermi, signore.”

“Per cricca, intendi i figli dei nobili di Corte che fanno capo all’erede degli Handerson?” sottolineò Yothan, sfidandolo con lo sguardo.

Ancora, Sthiggar lo sostenne e, annuendo, replicò: “Posso farvi tutti i nomi, signore, ma sono quasi certo che voi sappiate a chi mi sto riferendo.”

Sbuffando, Yothan annuì e scosse una mano con fare infastidito, asserendo: “Non ho bisogno di udire quei nomi anche dentro il mio ufficio. Il motivo della rissa? E parla chiaro, stavolta. Non sono delicato d’orecchi.”

Stringendo i denti per l’ira a stento trattenuta, Sthiggar puntò i pugni sui braccioli della poltrona e, reclinando il capo a scrutare le ginocchia illividite dalla lotta – visibili attraverso i calzoni strappati – ringhiò: “Avevano messo in dubbio la virilità del mio amico.”

“Tutto qui?” sottolineò Yothan, accigliandosi.

Ancora un ringhio. La postura di Sthiggar si fece ancor più rigida, le spalle incurvate in avanti e il corpo pronto a dare nuovamente battaglia, ma Yothan lo bloccò poggiandogli una mano sulla spalla.

Quel che avvertì l’uomo fu un calore smisurato, molto più grande e anomalo rispetto a un comune muspell, e questo lo sorprese.

Non era soltanto l’aura, a sfrigolare, ma qualcosa di più profondo, di più viscerale, che però ancora non sembrava pronto a emergere.

“Hanno cercato di spogliarlo e di gettarlo nelle latrine, signore” sibilò quindi Sthiggar, tornando a sollevare gli occhi di lapislazzulo che, in quel momento, erano simili a due stelle cangianti.

La forza dell’aura di cui era padrone scorreva possente in lui, in quel momento e, se Yothan non lo avesse ritenuto impossibile, gli diede l’idea di poter spingere fino a limiti inimmaginabili quel potere già di per sé enorme.

Accentuando la stretta sulla spalla del giovane, lo vide progressivamente chetarsi fino a riprendere pieno possesso della propria aura, dopodiché Yothan disse conciliante: “Volevo solo essere certo che i miei subalterni avessero visto correttamente. Non temere che non venga fatta giustizia, soldato. Riferirò al re stesso quanto accaduto, e i diretti interessati riceveranno la punizione che meritano.”

“Ma non li caccerete” sottolineò stanco Sthiggar, avvertendo di colpo il dolore causato dalle bruciature da pungolo e dalle lesioni riportate durante lo scontro.

“Non mi è consentito. Per quanto mi spiaccia ammetterlo, il lungo braccio del Concilio giunge fino a qui perciò, oltre a una strigliata coi fiocchi e alle celle di rigore, non potrò fare altro… ma inculcherò loro una lezione che non dimenticheranno. Non toccheranno mai più Rhadd.”

“Non lo faranno, questo è certo, perché non terrò mai più la testa bassa come ho fatto finora. Non mi interessa se dovrete darmi delle note di biasimo, se mi metterete ai ceppi o se finirò in prigione” replicò lapidario Sthiggar, levandosi in piedi. “Quant’è vera Sól, io lo difenderò a costo della vita perché è mio amico, e non permetterò mai più alla mia paura di fermarmi.”

“Paura che il re possa biasimarti?”

Mio padre” precisò Sthiggar, accigliandosi. “Non vorrei mai dargli un dolore ma se, per farlo, a rimetterci fosse un mio amico, non potrei davvero sopportarlo, perciò ora seguirò il mio cuore e il mio istinto, non soltanto il desiderio di non cacciarmi nei guai.”

Yothan assentì e, dopo averlo congedato, lasciò che infine entrasse Rhadd, l’oggetto del contendere di quell’ennesima rissa.

Il giovane appariva demoralizzato e, tolte le medicazioni già ricevute, non sembrava aver subito ulteriori danni. Sul piano psicologico, però, Yothan non era altrettanto sicuro.

“A quanto pare, io e il re abbiamo sottovalutato l’idiozia di quei figli di papà dei tuoi compagni” esordì Yothan, indicandogli di sedersi dove, in precedenza, si era accomodato Sthiggar. “So già cosa è successo, perciò non ti chiederò nulla. Desidero, però, che tu faccia una cosa per me, soldato.”

“Ditemi, signore” assentì veloce Rahdd.

“Resta sempre insieme a Sthiggar e ai suoi amici. Non aggirarti mai più senza una scorta, anche se soltanto all’interno della caserma. Finché non avrai terminato i tuoi studi di magia, sarai un bersaglio facile, e io non voglio ricambiare la tua fiducia nel sistema con un coltello tra le scapole, è chiaro?”

Sospirando, il giovane replicò: “Questo vorrebbe dire diventare una palla al piede per tutti loro.”

“Non penso che uno solo dei tuoi amici ti consideri tale, o non si sarebbero lanciati in mezzo alla rissa per difenderti” replicò Yothan, accigliandosi. “In ogni caso, non farti scrupoli di sorta. Saprai sdebitarti a tempo debito, ne sono sicuro. In questo momento, però, desidero, anzi voglio che tu arrivi sano e salvo alla fine del Programma e se, per farlo, dovrai diventare la loro ombra, lo farai. Sthiggar e gli altri non avranno alcun problema, credimi.”

“Speravo di non averne bisogno.”

“Per questo, hai sempre tentato di fare le cose da solo? Beh, è stata una scemenza. Gli amici servono a questo, e quel pazzo di Sthiggar mi ha appena detto che manderà all’aria tutto, anche la sua vita, pur di proteggerti, perciò non rendere vani i suoi sforzi e stai con loro.”

Rhadd sgranò gli occhi, di fronte a quella verità sconcertante e, basito, esalò: “Ma… perché?”

Sospirando, Yothan sorrise divertito e replicò: “Perché è un bravo ragazzo, a dispetto di tutti i guai in cui si è cacciato in gioventù, e non sopporta i prepotenti e i bulli. Inoltre, a quanto pare, gli stai simpatico, perciò si è messo in testa di farti da guardia del corpo.”

Rhadd sorrise divertito e, nello scuotere il capo, mormorò: “E’ sempre stato una testa calda, ma non potrei mai avere un amico come lui in nessuno dei Nove Regni.”

“Non posso che trovarmi d’accordo” celiò Yothan. “Starai al loro fianco, allora?”

“Ne sarei felice, signore” acconsentì Rahdd. “Quando sarà il momento, saprò come sdebitarmi.”

“Lo credo anch’io.”

***

Oggi

 

Quando Rhadd mise piede nello studio del re, Sthiggar lo squadrò con aria palesemente confusa e l’amico, nel sorridergli, scrollò le spalle e ammise: “Beh, adesso sai tutto, di me.”

“Perché non me lo dicesti mai?” replicò Sthiggar, completamente frastornato.

Fu Surtr a parlare per Rhadd e, nel dare una pacca sulla spalla al giovane mezzosangue, asserì: “Le abilità di Rhadd dovevano rimanere segrete il più a lungo possibile, perché non finisse nuovamente sotto la lente d’ingrandimento dei suoi persecutori. Per questo, le sue arti magiche non sono mai state rese note… e ammettiamolo, ragazzo; tu non sei molto bravo a mantenere i segreti, visto che sei incapace di raccontare bugie.”

Arrossendo suo malgrado, Sthiggar reclinò contrito il capo, ammettendo: “Non posso che dichiararmi colpevole, sire.”

Ragnhild sorrise di fronte a tanta contrizione e, nel dargli di gomito, chiosò: “La tua fama ti precede ovunque, a quanto pare.”

“Già” assentì lui, prima di rivolgersi a Rhadd e domandare: “Sei in grado di ripetere l’incantesimo che ci è stato fornito?”

Lui annuì senza problemi e, dopo un breve sguardo al liòsalfar morto, si portò all’altezza della scrivania e lesse la malia per comprenderne la portata. Accigliandosi più e più volte nel rendersi conto di cosa avrebbe voluto dire, per i portatori di un simile sigillo, dover subire gli effetti dell’incantesimo, storse il naso ma non si ritrasse.

Questo era il suo compito, ed era giunto il momento di mettere in pratica il suo addestramento.

“Non dovremmo avere grossi problemi a trovarli. Quando attiverò l’incantesimo, i diretti interessati stramazzeranno a terra per il dolore e, sulla pelle, verrà incisa a fuoco l’onta del tradimento” disse infine Rahdd, lanciando un’occhiata torva all’indirizzo del re.

Surtr non ebbe alcun problema a dire: “Fai quel che devi. Sono stanco di aggirarmi per il mio stesso palazzo come se non ne fossi più il padrone.”

A quelle parole, Rhadd poggiò un dito sullo scritto del liòsalfar e, sotto gli occhi sorpresi dei presenti – ma non del re o di Yothan – attrasse letteralmente in sé ogni svolazzo e ogni lettera vergata.

Dal foglio ormai intonso scaturì un baluginio dorato che si estese alle dita di Rhadd che, con occhi invasi dalla fiamma della propria aura, lasciò vagare ogni dove l’incantesimo costrittivo, condannando con quel gesto i cospiratori a venire allo scoperto.

Nel breve decorrere di alcuni istanti, le grida si espansero per il palazzo come il riverbero di un tamburo percosso dai magli della colpa e Surtr, scrutando Elsa e Lama, ghignò soddisfatto prima di dichiarare: “Andiamo a caccia, figlioli.”

Non vi fu bisogno di dire altro.

***

Legato mani e piedi alla testiera del letto, impossibilitato a usare la propria aura per liberarsi a causa dei lacci di gleipnir che lo bloccavano totalmente, Thrydann non poté che sopportare inerme ciò che le Fiamme Purpuree fecero alla sua famiglia.

Dopo aver raggiunto i loro alloggi regali, gli ormai ex alleati avevano gettato al vento ogni prudenza e, con una crudeltà dettata dal panico e dalla certezza di avere poco tempo a disposizione, avevano soggiogato gli Handerson.

Reso inerme il capo famiglia con un colpo ben assestato alla nuca, le due Fiamme Purpuree avevano quindi legato il nobile Handerson al pari del figlio, dopodiché si erano occupati di moglie e figlia.

Spogliate dei propri averi e della propria dignità, erano state violentate dinanzi allo sguardo inorridito degli uomini di famiglia, impossibilitati ad aiutarle in alcun modo.

Inutili erano state le grida di Thrydann, unico fautore di quella disfatta e di quell’orribile condanna che, tramite lui, era caduta sulle amate madre e sorella.

Inutile era anche stato rammentare ai suoi antichi compagni quanto, in quella disputa, la sua famiglia non c’entrasse nulla e solo lui avrebbe dovuto essere punito per ciò che non era riuscito a portare a termine.

Inutile, infine, era stato pregarli di avere pietà di due donne inermi e indifese e di risparmiare almeno loro l’orrore di essere stuprate dinanzi alla famiglia.

La rabbia feroce, così come il sapore della vendetta perpetrata con il massimo del livore, erano state droghe sufficienti a rendere le due Fiamme Purpuree delle bestie dissennate e senza cuore.

A violenza ultimata, i volti ricoperti da un velo di furia non ancora dissipata, avevano infine lasciato andare le due donne, denudate di qualsiasi volontà e, non ancora soddisfatti, si erano riversati nelle stanze adiacenti per rubare ciò che di valore era ivi presente.

Un dolore cociente e mai provato prima, però, aveva paralizzato le loro membra, così come aveva tolto fiato e forza a Thrydann, costretto a urlare con tutto il fiato che aveva in gola per dare voce all’arsura che ne stava dilaniando le carni.

La pelle aveva iniziato a bruciare, ad ardere di un fuoco riparatore e sulle sue carni, evidente quanto il sangue che macchiava i corpi di sua madre e sua sorella, era comparso il segno del tradimento.

Fu a quel punto che le porte si erano spalancate, lasciando entrare non solo il re, fumante d’ira, ma anche un redivivo Sthiggar e diverse Fiamme Purpuree al suo seguito.

Ora, livido in viso per l’ira e contorto dal dolore della colpa – incisa a fuoco vivo sulla sua carne – Thrydann osservava l’intera scena senza sapere bene dove scagliare la propria furia.

Una donna a lui sconosciuta corse lesta a soccorrere sua madre e sua sorella, ma Thrydann la degnò solo di uno sguardo fuggevole, gli occhi illividiti dal dolore puntati unicamente su Sthiggar e Rhadd.

I due amici, l’uno al fianco dell’altro, lo fissavano parimenti disgustati e lui, con un sorriso ghigno e iracondo, sibilò: “Quanta soddisfazione vi da, vedermi finalmente piegato? Non avete sempre sognato questo?!”

“Sarebbe stato meglio che tu non avessi cercato di essere ciò che non avresti mai potuto diventare” sottolineò stanco Rhadd, scuotando il capo.

“E chi? Un mezzosangue che si è sempre nascosto sotto le gonne del suo cagnolino?” ironizzò Thrydann, sputando sangue e sentenze dalla sua bocca litigiosa.

Rhadd lasciò alla sorpresa solo un istante per farsi largo sul suo volto – come aveva saputo la verità, Thrydann? – dopodiché tornò a mascherarsi dietro il disgusto per l’ex commilitone, lasciando che a parlare fosse l’amico.

“Se è così che vedi la nostra amicizia, allora c’è ben poco che noi possiamo dirti” si limitò a sospirare Sthiggar, avvicinandosi al padre di Thrydann per liberarlo dai lacci di gleipnir.

Mentre le Fiamme Purpuree erano intente a legare i traditori nella stanza adiacente, e Ragnhild si occupava delle donne ferite nei bagni privati dell’appartamento degli Handerson, Surtr si avvicinò a Thrydann quindi, occhi negli occhi, sibilò: “Spero sarai soddisfatto di aver portato un simile disonore sulla tua famiglia.”

Il giovane distolse in fretta lo sguardo dal re per puntarlo con odio contro Sthiggar, che sorreggeva il nobile Handerson – palesemente sconvolto e inorridito dagli impliciti significati insiti nelle parole del re – e, livido, ringhiò: “Non avresti mai dovuto essere tu, la Fiamma Viva. Non sei degno del sangue di una dea… tuo nonno era solo un comune muspell, senza una sola goccia di sangue nobile nelle vene!”

Sthiggar non diede adito di essersela presa e replicò beffardo: “In fondo dovrei ringraziarti, sai? Grazie alla mia deportazione su Midghardr, mi è stato concesso di trovare l’amore della mia vita, e questo mi ha anche permesso di diventare l’arma perfetta nelle mani del sovrano.”

Thrydann lo fissò senza capire, a questo punto ma, quando Ragnhild riapparve dai bagni con aria torva prima di affiancare Sthiggar, il giovane nobile decaduto ringhiò irriverente all’indirizzo della ragazza e sibilò: “Ti sei accompagnato a una misera midghardiana che, per qualche strano motivo, può respirare su Muspellheimr. Sei davvero un insulto per tutti i Giganti di Fuoco. Nella tua famiglia, a quanto pare, siete abituati a unirvi al vile popolino.”

Bloccandosi a metà di un passo, già pronta a schiaffeggiarlo, Ragnhild fissò per un istante Sthiggar, che scrollò le spalle con aria ironica, lasciandole implicitamente ampia libertà decisionale.

Con un mezzo sorriso, perciò, la giovane si posizionò dinanzi al giovane nobile e bofonchiò velenosa: “Spero ti interesserà sapere che le donne che ho soccorso non moriranno a causa degli abusi subiti per causa tua. Quanto alla tua affermazione, ti converrà tenere la bocca chiusa finché ti permetteranno di avere ancora una testa in cui farla muovere, perché ho una mezza idea di usare il mio nuovo titolo per fartela pagare carissima.”

Surtr ghignò all’indirizzo di Sthiggar, celiando: “La ragazza mi piace! Ma sei sicuro di riuscire a gestirla? Ci vuole un sacco di energia, anche se è più che degna di entrambi i suoi nomi.”

Sthiggar utilizzò l’imbeccata del sovrano per dare il colpo di grazia a Thrydann – che stava ancora osservando Ragnhild tra l’accigliato e il disgustato – quindi, serafico, replicò: “Beh, come Lama della Spada Fiammeggiante, devo per forza imparare a gestire la mia Elsa.”

Quelle parole portarono il giovane Handerson a sgranare inorridito gli occhi scarlatti e, nell’osservare il suo avversario da sempre inarrivabile – e che lo aveva spinto a compiere quella follia per eliminarlo dalla sua vita una volta per tutte – scosse violentemente il capo e sbraitò: “No! Non ci credo! Non è possibile!”

Ragnhild, allora, prese la mano di Sthiggar con sicurezza e, accigliandosi ulteriormente, fissò furente Thrydann prima di dire: “Esibisciti pure. Ti conterrò io… quel che basta per farlo cacare sotto, ovviamente.”

Mentre Surtr scoppiava vigorosamente a ridere, Sthiggar fece come richiestogli e, mentre le Fiamme Purpuree conducevano fuori dagli appartamenti un urlante e ormai folle Thrydann, Ellri1 Handerson fissò sgomento sia Sthiggar che Ragnhild.

Deprivato di qualsiasi forza, quindi, esalò: “La Spada è stata dunque risvegliata?”

“Sì, Ellri. Ma abbiamo avuto rassicurazioni in merito e, almeno per molto, moltissimo tempo, Ragnarök non toccherà queste lande” mormorò Sthiggar con tono più tranquillo, facendo rientrare il potere primigenio che aveva sprigionato per impressionare Thridann.

Era chiaro quanto il nobile Handerson fosse all’oscuro delle macchinazioni del figlio, perciò era inutile prendersela con lui, anche se i nobili non erano mai stati molto gentili nei confronti della sua famiglia.

L’uomo, però, osservò la porta della stanza dei bagni da cui era uscita Ragnhild e, sospirando, replicò roco: “Per me, giovane guerriero, il Crepuscolo è già giunto.”

Rivolgendosi poi a Ragnhild, che aveva sospirato spiacente a quelle parole, reclinò il capo a mò di ringraziamento e aggiunse con il tono più umile che, in tanti millenni, aveva mai usato: “Ti ringrazio per la solidarietà dimostrata verso mia moglie e mia figlia. Non avevo idea di cosa stesse tramando mio figlio, e il fatto che la sua follia sia ricaduta su di loro sarà il peso che porterò fino alla fine dei miei giorni. Spero che nel tuo cuore esista un briciolo di spazio per credere alle mie parole quando ti dico che non tutti, nella mia famiglia, abbiamo in odio il tuo giovane compagno.”

La ragazza assentì recisamente, asserendo atona: “Non giudico una famiglia dai gesti di una singola persona. Ma sappiate questo; ora come ora, vostra moglie e vostra figlia avranno bisogno di tutto il supporto possibile, per sopravvivere a ciò che è accaduto loro.”

Surtr precedette Ellri Handerson e, nel battere una mano sulla spalla della giovane, dichiarò con sicurezza: “Avranno tutto l’aiuto necessario, non temere, giovane Elsa.”

Handerson ringraziò con un cenno del capo il suo sovrano, dopodiché mormorò stancamente: “Se le urla che ho udito poco tempo addietro appartengono agli altri traditori, allora Vostra Maestà dovrà rivedere in toto il Concilio della Corona. Ho riconosciuto le voci di diversi miei confratelli, perciò temo che…”

Surtr scosse torvo il capo e, lapidario, replicò all’indirizzo del nobile titolato: “Il Concilio verrà smantellato. E’ tempo che Muspellheimr torni a essere guidato da un re, e soltanto da un re. La democrazia non fa per noi, a quanto pare.”

“Temo di no, sire” assentì Ellri Handerson, spiacente.

Non avendo null’altro da dire, Surtr invitò Sthiggar e Ragnhild a uscire dagli appartamenti e, una volta trovatisi nel corridoio di quell’ala di palazzo, la giovane domandò: “Cosa accadrà al figlio di quell’uomo?”

“Quello che tu hai millantato, giovane Elsa” le spiegò Surtr, vedendola sgranare gli occhi in risposta. “Verrà deprivato della testa, così che il messaggio giunga forte e chiaro in ogni angolo del pianeta. Chiunque voglia attentare alla mia vita, al mio regno e al mio popolo, dovrà pagare con la vita.

Sthiggar strinse maggiormente la mano di Ragnhild, a quelle parole scevre di delicatezza ma lei gli sorrise per tranquillizzarlo, scrollò una spalla e chiosò: “Non temere per me. Dopotutto, ero una berserkr. So cosa significano il sangue e la guerra.”

“Avrei preferito mostrarti Muspellheimr in un altro modo, e in un altro tempo, così che tu potessi apprezzarne solo la bellezza” sottolineò per contro Sthiggar, spiacente.

“Se il tuo mondo fosse rimasto in pace, tu non saresti mai giunto su Midghard, la Spada Fiammeggiante non si sarebbe mai attivata e noi non saremmo qui, ora” replicò lei con un sorrisino. “Qualcuno, o qualcosa, ci vuole qui insieme, nei millenni a venire. Io, perciò, non mi porrei altri dilemmi, né mi farei degli scrupoli di coscienza.”

“Come desideri” acconsentì Sthiggar prima di lanciare uno sguardo verso la fine del corridoio, da cui stava giungendo Rhadd di corsa, e borbottò: “Ho idea che servirà tutta la giornata, se non di più.”

“Temo di sì. Ho la testa che mi sta scoppiando, con tutti gli input che la stanno riempiendo, ma cercherò di reggere più che posso” si lagnò Ragnhild, storcendo la bocca.

“Ti prometto una vacanza nei nostri luoghi più belli, giovane Elsa ma, per il momento, ho ancora bisogno di te” le propose allora Surtr.

Lei lo fissò curiosa, accennò un sorriso divertito e domandò: “Mi chiamerete sempre Elsa, maestà?”

“Sto solo gongolando al pensiero di avere la Spada Fiammeggiante, tutto qui. Concedimi un po’ di vanagloria, ragazza. Prima o poi passerà” ghignò il sovrano, portandola a ridere divertita.

 

 

 

1 Ellri: più vecchio (norreno). Indica il suo stato di anziano – o senior – all’interno della famiglia.

 

 

N.d.A.: Le prime teste cominciano a rotolare (per ora, solo metaforicamente) e alcuni segreti vengono alla luce, sorprendendo lo stesso Sthiggar. Poco alla volta, Muspellheimr sta tornando alla normalità, anche se nessuno ne uscirà senza cicatrici.

  
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