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Autore: Quebec    05/10/2022    1 recensioni
In una città invasa da un'epidemia di vampiri e sigillata dall'esercito, un uomo e un bambino tentano una fuga disperata.
Genere: Drammatico, Horror, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando il bambino guardava dalla finestra, loro erano sempre lì. Barcollavano, gemevano, gorgogliavano. La strada era gremita di vampiri. Alle prime avvisaglie dell'epidemia, il bambino aveva creduto fossero zombie. Poi la madre era stata presa e dissanguata fino all'ultima goccia. La pelle cadaverica, secca come cuoio, gli occhi vitrei e le labbra bluastre. Era l'ultimo ricordo della madre. Lei che gridava, si dimenava, i vampiri che si ammucchiavano sopra di lei fino a formare una piccola montagnola. Poi le urla atroci si affievolirono e il bambino rimase in un cassonetto per due giorni. Piangeva, si addormentava e ripiangeva.
La madre lo aveva sistemato lì, aveva ostruito il veicolo con la propria dodge caravan e si era fatta inseguire da un branco di vampiri. Si muovevano come iene affamate, le mani sull'asfalto, i denti affilati, le teste glabre puntellata da vene nere. La donna aveva percorso solo pochi passi, quando un vampiro le era balzato addosso, raggiunto dagli altri.
Il bambino non faceva che rivivere quella scena ancora e ancora.

Nei due giorni a seguire, un uomo entrò nel vicolo. Sulla quarantina, basso, tarchiato, spalle larghe e occhi verdi. Indossava indumenti sporchi e laceri. Stivali da lavoro, pantaloni neri, una maglione verde e un impermeabile nero.
Quando aprì il cassonetto, il bambino gli lanciò una buccia di banana in faccia e cercò di scappare. L'uomo lo acchiappò dalle spalle e gli tappò la bocca con una mano. Il bambino si dimenò, cercò di gridare, ma alla fine si arrese. La mano dell'uomo puzzava di whisky.
- Non voglio farti del male - disse l'uomo.
Il bambino lo fissò con gli occhi arrossati dal pianto.
L'uomo lo squadrò in cerca di morsi. Non ne trovò. - Sei da solo?
Il bambino annuì.
- Griderai, se ti tolgo la mano di bocca?
Il bambino scosse la testa.
L'altro allontanò la mano e lo guardò per un momento. Poi si tolse lo zaino dalle spalle, pescò una tavoletta di cioccolata e gliela allungò. - Tieni.
Il bambino spostò gli occhi dalla tavoletta all'uomo, e dall'uomo alla tavoletta con l'acquolina in bocca. La prese timidamente e la divorò in pochi morsi.
L'uomo abbozzò un sorriso e si guardò attorno. Prima di trovare il bambino, aveva spinto la dodge caravan per accedere al vicolo e ora guardava oltre la strada, verso il negozio di ferramenta. L'edificio era intatto. Nessun segno di presenza di sopravvissuti dall'esterno.
Il bambino lo fissava e ogni tanto posava lo sguardo sul suo zaino. L'uomo prese una bottiglietta d'acqua e gliela diede. Il bambino la tracannò velocemente, l'acqua che rivolava ai lati della bocca. Poi si portò una mano sulla pancia, il viso contratto dal dolore.
- Dovevi mangiare e bere lentamente - disse l'uomo. - Non mangi da giorni, non è vero?
Il bambino gli lanciò uno sguardo e vomitò.
L'uomo si fermò accanto al dodge caravan e guardò entrambi i lati della strada. Nessun vampiro. Gettò un'occhiata alle spalle. Il bambino lo stava raggiungendo.
- Da quanto sei da solo? - chiese l'uomo.
Il bambino alzò le spalle.
L'altro corrugò la fronte pensieroso. Voleva domandargli dove fossero i suoi genitori. Forse erano morti, oppure erano diventati vampiri o lo avevano abbandonato. Non era la prima volta che succedeva. Aveva già visto padri o madri gettare i figli tra le braccia dei vampiri per salvarsi la pelle e abbandonarli da qualche parte. Nei primi giorni dell'epidemia ognuno pensava a sopravvivere.
Una madre aveva abbandonato un neonato in un vicolo, perché attirava i vampiri. Poi, afflitta dai sensi di colpa, era ritornata indietro e aveva trovato solo il passeggino vuoto macchiato di sangue. Il corpicino dalle pelle raggrinzita giaceva su una scala antincendio lì vicino. Un vampiro l'aveva portato là per non condividerlo con gli altri e succhiargli lentamente il sangue.
L'uomo era stato tentato di spaccare la testa alla donna con il martello, ma non ne aveva avuto il coraggio. Come poteva una madre abbandonare il proprio figlio per paura di essere dissanguata? Non era come nei film, nei libri. La gente era disposta a tutto pur di sopravvivere. La pietà era solo una parola vuota.
L'uomo raggiunse la ferramenta, seguito dal bambino. Spiò all'interno dalla larga finestra. Tutto era in ordine, nessun segno di vampiri o sopravvissuti. La porta-finestra era chiusa a chiave. Si guardò attorno e tirò una gomitata. Una parte del vetro andò in frantumi. Calò la mano all'interno e girò la maniglia.
Una volta dentro, il bambino si guardò intorno con fare rapito. L'uomo cercò tra gli scaffali chiodi, sega, cacciavite, martello e accetta. Li trovò nel magazzino.
Quando entrò in una piccola stanza adiacente, si bloccò. Un uomo gli dava le spalle seduto su una sedia d'ufficio davanti alla scrivania. Quando lo raggiunse con il martello alzato, abbassò l'arma e tirò un sospiro di sollievo. L'uomo seduto era stato sgozzato, camicia e pantaloni sporchi di sangue rappreso.
C'era una pistola sulla scrivania. La afferrò e controllò il caricatore. Era vuoto. Qualcuno aveva rubato i proiettili o forse non c'erano mai stati. Magari l'uomo morto l'aveva usata solo per spaventare i malintenzionati. E forse era stato ucciso proprio da loro. Se fosse stato un vampiro, ci sarebbe stato poco sangue sui vestiti.
Rumori di passi.
L'uomo si voltò, il martello alzato pronto a colpire, ma l'abbassò subito. Il bambino fissava l'arma spaventato. - Pensavo... Non arrivarmi alle spalle senza avvisare, capito?

Tornarono in strada. L'uomo con lo zaino pieno, il bambino con una sparachiodi. Proseguirono rasenti lungo gli edifici. Palazzi in fiamme, negozi saccheggiati. Una colonna di fumo nero oscurava il sole. Un furgone si era schiantato contro la porta di un pub. Due auto divorate dalle fiamme, i corpi carbonizzati nell'abitacolo. Una donna giaceva tra il marciapiede e l'asfalto, il retro della testa squarciata da una pallottola, i capelli biondi sporchi di sangue.
Passarono lungo un negozio di giocattoli. Il bambino si fermò con le lacrime agli occhi, posò le dita tra gli spazzi della saracinesca e guardò all'interno.
L'uomo lo raggiunse. - Dobbiamo andare. È pericoloso qua fuori.
- La mia... la mia mamma mi portava qui - rispose il bambino.
L'uomo gli posò una mano su una spalla affranto - Andiamo.
Il bambino non si mosse, le lacrime che gli rigavano il viso.
L'uomo lo prese per un braccio e lo trascinò via con la forza.
Il bambino si coprì il viso con le mani e scoppiò in un pianto sommesso, un'alzata di spalla, un singhiozzo. Piangeva in silenzio.

Quando arrivarono davanti alla stazione di benzina, il sole stava calando dietro i grattacieli che si ergevano tetri sulla città. Durante il giorno i vampiri rimanevano in uno stato di dormiveglia, ma bastava poco per svegliarli.
Tre giorni prima, mentre era alla ricerca di medicine, l'uomo era finito in un loro covo. Pensava che i succhiasangue si trovassero solo in cima agli edifici, al buio. Invece erano nel retro, sotto un sole che illuminava la loro pallida pelle puntellata da vene nere, come lucertole appostate sulle pareti nei caldi pomeriggi estivi.
Aveva fatto cadere una forbice per terra, quando si era ritrovato una dozzina di vampiri alle calcagna. Si era salvato per puro caso. Un uomo era entrato nella farmacia, aveva scorto l'altro e gli aveva sparato una fucilata. I proiettili si erano conficcati contro gli scaffali e addosso a due vampiri. Quelli avevano cambiato bersaglio e gli si erano lanciati contro, seguiti dagli altri. Lo avevano dissanguato e fatto a pezzi. L'uomo ne aveva approfittato per fuggire.
Adesso aveva imparato la lezione. Quei vampiri non erano come quelli dei film o dei libri. Che fosse giorno o notte, doveva fare molta attenzione. I succhiasangue erano sempre attivi. E alcuni amavano persino il sole e le fonti di calore.
Quando l'uomo raggiunse la porta secondaria della stazione di benzina, diede una veloce occhiata all'interno e proseguì verso lo stanzino. Aprì la botola, fece scendere il bambino, la richiuse e premette un bottone. Le luci si accesero e illuminarono un'ampia stanza con due letti a castello, un tavolo, quattro sedie, un frigo e un fornello. Una televisione a schermo piatto era sul muro e un laptop sulla poltrona. Cinque scaffali pieni di cibo e acqua si allungavano verso una spessa porta di ferro corrosa dalla ruggine. L'uomo non l'aveva mai aperta.
Il bambino sgranò gli occhi con fare sorpreso. Gli sembrava di essere nel bunker che aveva visto in un film di guerra.
L'uomo posò lo zaino sul tavolo, tirò fuori la roba che aveva preso e la sistemò su uno degli scaffali mezzi vuoti. Il bambino lo osservava curioso. Poi cenarono con una scatoletta di tonno e un tozzo di pane raffermo bagnato nell'acqua.

L'indomani mattina la stazione di benzina era circondata dai vampiri. Mentre i due dormivano, una donna era entrata nell'edificio per sfuggire ai succhiasangue e si era nascosta sotto un bancone. I vampiri erano entrati, annusato l'aria e contratto la testa in tic nervosi. Alcuni erano usciti in strada, ma tre erano rimasti all'interno. Non erano molto svegli, ma sapevano che lei era entrata qui. E uno di loro era affamato, non beveva da giorni.
Quando l'uomo aprì la botola, comprese che qualcosa non andava. La scatola di cartone, che prima di dormire aveva sistemato al centro nel corto corridoio come ogni sera, era stata spostata.
Qualcuno era entrato.
Richiuse piano la botola e scese giù.
Il bambino lo guardava turbato. Non aveva bisogno di parole per capire che qualcosa non andava. Glielo leggeva negli occhi. Sua madre aveva sempre lo stesso sguardo terrorizzato. Un terrore che la paralizzava per ore. Ma l'uomo non gli sembrava così. Aveva paura, ma non terrore.
L'uomo afferrò il martello in una mano e il fucile nell'altra. Lanciò uno sguardo al bambino, poi si legò il fucile intorno alla spalla e aprì lentamente la botola.
   
 
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