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Autore: Red Owl    07/10/2022    1 recensioni
Si dice che ci sia un tesoro inestimabile, sotto alle colline di Yevàn. Nessuno ne conosce la natura: c'è chi parla di un tesoro sepolto da più di mille anni, c'è chi parla dell'oro degli Elfi, c'è chi parla di sapienza, chi di potere. Nessuno l'ha mai visto, ma tutti lo cercano.
C'è una mappa che vale oro e c'è un ladro senza scrupoli, c'è un'ereditiera più furba di quel che sembra e un mercenario venuto dal mare. C'è, soprattutto, una voce nella notte che in pochi sentono e che chiede di viaggiare lontano, lontano, oltre le porte della città e oltre la campagna, su fino alla collina del tesoro e giù tra le radici degli alberi.
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Dovremmo scendere lì sotto."

Quella di Yanik non è una domanda e il fatto che il suo compagno stia costatando l'ovvio fa scorrere un brivido di irritazione lungo la schiena di Jens.

"Sì, non siamo venuti fino a qui per godere del panorama."

Qualche metro più indietro, Tek ridacchia e continua a pulirsi i denti con una pagliuzza. Disgustoso, pensa Jens, affrettandosi a volgergli nuovamente le spalle.

Se non fosse che Laròs ha garantito per loro, si sarebbe sbarazzato già da tempo dei suoi compagni di viaggio. Nei cinque giorni che hanno impiegato per raggiungere la Fossa del Gigante ha avuto modo di conoscerli bene e di giungere alla conclusione che non sono persone che avrebbe scelto come soci.

Yanik è un ragazzotto di vent'anni o poco più con i capelli rasati e due braccia enormi. Lo sovrasta di più di una testa - e Jens pensa di avere una statura del tutto ragguardevole - e ha gambe che sembrano tronchi d'albero. È forte come un toro e del toro ha anche l'intelligenza: il bandito spera di non trovarsi mai nella situazione in cui, per trarsi d'impiccio, gli serva il cervello di Yanik e non i suoi muscoli.

Tek è invece di tutt'altra pasta. È un vecchio bandito forgiato dai crimini e dal vento della sua terra natia, all'estremo nord del continente. Ha la pelle del colore del cuoio, ruvida come il cuoio, e sottili occhi neri che vedono tutto. Tek osserva molto, parla poco, e Jens non ha dubbi che non ci penserebbe due volte prima di piantargli un coltello nella schiena, se credesse che la cosa possa dargli un vantaggio. I soldi di Laròs lo tengono a bada, ma Jens è certo che l'uomo sia una donnola pronta a colpire.

Le donnole devono però stare attente a non finire scuoiate, pensa lanciando ancora un'occhiata al più anziano dei suoi compagni di viaggio.

"Chi va per primo?" chiede Yanik, distogliendolo da quei pensieri.

"Scendiamo tutti insieme" ribatte lui osservando la forra che si inabissa a pochi metri dai loro piedi. "Una volta raggiunto l'imbocco della grotta, ci legheremo l'uno all'altro e procederemo in fila, in modo da non perderci."

Yanik osserva il terreno scosceso e irto di rocce e la sua fronte si increspa in un'espressione preoccupata. Jens sbuffa. "Non dirmi che hai paura."

Il ragazzo serra la mascella. "Non ho paura, ma l'idea di infilarmi lì sotto mi piace poco. Nessuno di noi sa cosa troveremo in quella grotta."

Jens alza gli occhi al cielo. "Vermi e scarafaggi, probabilmente."

"Elfi?" ipotizza il ragazzo. Lo dice con tono di sfida, ma l'uomo capisce che la domanda è sincera.

"Nessun elfo" replica secco. "Nessuno vede più gli elfi da secoli, nessuno sa se esistano ancora e, a dirla tutta, nessuno sa nemmeno se siano mai veramente esistiti. L'unica cosa di cui dobbiamo preoccuparci è il labirinto di cunicoli che dovremo attraversare per raggiungere la chiave."

Mentre lui parla, Tek si è tolto lo zaino dalle spalle e sta ora esaminando il  grosso rocchetto di fil di ferro che ha portato con sé.

"Ma se pensi che gli elfi non esistano, allora a che tipo di tesoro porta la chiave che stiamo cercando?" chiede dopo qualche minuto Yanik.

"A un tesoro nascosto dai vecchi conti di Yevàl. Meno affascinante dell'oro fatato, forse, ma molto più tangibile."

Jens lo dice con una perfetta faccia di bronzo e non fa trapelare il suo vero pensiero. In realtà, lui non dubita che ci siano delle creature fatate, nascoste negli angoli più remoti del continente. L'esistenza stessa del suo informatore, se può chiamarlo così, ne è la riprova. E il fatto che quella creatura sia stata in grado di dirgli dove trovare la mappa, significa che essa è stata forgiata dalla magia, o che ha per lo meno un legame con essa. E dire che sembra un banalissimo foglio ingiallito dal tempo, pensa.

Yanik non pare del tutto convinto e Jens lo guarda sorridendo con aria di scherno. "Hai paura degli elfi, ragazzo?"

Il giovane abbassa lo sguardo con espressione corrucciata. Sembra il gesto di un bambino, ma all'uomo non sfugge il modo in cui serra i pugni enormi. "E anche se fosse?" ringhia dopo qualche istante. "Mica lo so, di cosa sono capaci quelli. Si raccontano certe storie..."

Ancora indaffarato a dipanare parte del rocchetto di filo, Tek fa schioccare la lingua. Yanik si volta stizzosamente verso di lui. "Hai qualcosa da dire?"

Il criminale più anziano inarca le sopracciglia con aria sprezzante. "Io non ho paura di quelli."

Il tono in cui lo dice cattura l'attenzione di Jens. "Ma non mi dire. Devo supporre che tu ne abbia già incontrati, di elfi?"

Tek sostiene il suo sguardo e non c'è traccia di ironia nei suoi occhi scuri. "No, ma conosco il Popolo Fatato. Conosco le donne che vivono nel mare, su dalle mie parti. Quelle con la coda da pesce e quelle con la pelle di foca."

"Sirene e selkie?" chiede Jens, incuriosito nonostante tutto.

Tek annuisce. "Le prime le devi cacciare via con gli arpioni. Ammazzarle, se ti riesce, prima che loro ammazzino te e ti spolpino con i loro denti da pescecane. Ma le seconde sono morbide e rotonde e sono buone da farci l'amore. Gli piacciono gli uomini terrestri, alle selkie. A volte se li sposano anche, e sono ottime mogli."

Jens non può fare a meno di ridacchiare. "Ti sei scopato una foca?"

L'altro uomo sembra quasi offeso. "Sì, ma non era una foca, quando me la sono scopata."

Yanik ha un'aria vagamente ammirata e Jens decide che ne ha avuto abbastanza di quel discorso.  "Va bene" esclama battendosi le mani sulle cosce. "Abbiamo perso fin troppo tempo. Scendiamo lì sotto."

I suoi due compagni si fanno subito seri e attenti e Jens deve riconoscere che, se non altro, almeno sembrano ascoltarlo. 

"Dunque vado prima io?" chiede Tek.

Jens fa un cenno di assenso. "Sì. Sei quello che ha più esperienza in questo genere di esplorazione. Io ti seguo con la mappa e Yanik sarà l'ultimo. Hai capito quello che devi fare, ragazzo?"

Lui annuisce. "Devo assicurarmi che il filo sia ben saldo prima di lasciare il punto di ancoraggio e seguirvi."

"È fondamentale" sibila Tek. "Dimenticati di farlo e siamo fottuti: ci perderemo e creperemo sottoterra."

È vero, pensa Jens. Non per la prima volta, si ritrova a desiderare di avere con sé il suo informatore. Ma la cosa non è fattibile, e il gioiello che porta incastonato nel bracciale che gli cinge il polso destro è solo un misero sostituto del potere e della sapienza dell'essere che l'ha messo sulla strada del tesoro sepolto sotto le colline di Yevàn. Quella perla lucente lo avvertirà del pericolo rappresentato da creature non umane, ma non gli indicherà la via per uscire dalle viscere della terra, una volta che essa sarà persa. 

"Bene" dice, allontanando quei pensieri. "Se è tutto chiaro, avviamoci. Intendo raggiungere la chiave e tornare all'aperto prima che faccia notte."

"Sottoterra non c'è differenza tra notte e giorno" gli fa notare Tek.

"No, ma fuori sì", ribatte lui, "e voglio vedere bene quello che c'è attorno a me, quando avrò finalmente la chiave in mano."

Senza aggiungere altro, i tre iniziano a scendere lungo la parte più esterna della Fossa dei Gigante. Il fondo è ghiaioso e Jens rischia più volte di perdere l'equilibrio e di scivolare. Grandi massi calcarei dominano i fianchi dell'ampia depressione circolare che, secondo la leggenda, si è formata all'alba del mondo, quando la testa del gigante Krivy, decapitato dal fratello Vronyn, è caduta a terra . Tra la roccia grigia sbucano numerose macchie rosse: cespugli di rododendro di fuoco per il viaggiatore critico, macchie del sangue sgorgato dal collo di Krivy per chi invece crede alle leggende.

Quando finalmente giungono sul fondo della forra, il sole della mattina inizia appena a scavalcare la cresta delle montagne a est. Senza dire una parola, Tek porge loro gli imbraghi rudimentali nei quali si dovranno infilare.

Jens e Yanik li indossano con attenzione, ma il brigante più anziano controlla comunque che li abbiano chiusi correttamente e li assicura lui stesso al filo di ferro che ha iniziato a dipanare. Jens non ha dimenticato l'antipatia e la poca fiducia che nutre nei confronti del suo compare, ma sa che Tek ha ogni interesse ad assicurarsi che Jens sia al sicuro, almeno per ora: se vogliono scendere nel ventre della terra, devono farlo insieme, ed è solo insieme che potranno uscirne.

Sarà solo dopo, quando vedranno di nuovo il cielo, che dovrà tornare a guardarsi le spalle.

L'ingresso della grotta che si apre sul fondo della Fossa del Gigante è quasi invisibile, celato com'è dai rododendri, ma la mappa è precisa. Jens scosta i rami contorti ed eccolo lì: un buco nero che scende, graduale ma inesorabile, verso le profondità della terra.

Il brigante prende l'acciarino e dà fuoco alla torcia che ha portato con sé. Poi rivolge un cenno a Tek.

"Andiamo,"

L'altro uomo accende a sua volta una torcia e con essa si incammina attraverso le tenebre.

   
 
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