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Autore: NPC_Stories    22/10/2022    1 recensioni
Writober 2022, non è stato dato un tema ma siccome siamo a ottobre e sento già profumo di Halloween, lo farò a tema non morti.
31 storie, una al giorno, stay tuned.
Genere: Dark, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Genere: Fantasy
Personaggi: Aesar
Note: a differenza degli altri personaggi di questa raccolta, Aesar non è un non morto, ma close enough, come sa chi ha già letto la sua storia in Collide, Open, Connect e Patch

22. Forest


1329 DR, Grande Foresta

La regione intorno alle rovine di Karse non era territorio elfico, ma il villaggio di Reitheillaethor non era poi molto lontano, quindi se succedeva qualcosa di strano nel territorio del lich Wulgreth, gli elfi dei boschi lo scoprivano quasi subito.
Di regola si cercava di non pestarsi i piedi a vicenda. A Wulgreth del Netheril non interessavano quei frivoli orecchi-a-punta, e gli elfi pur avendo orrore della creatura non morta erano abbastanza saggi da starne alla larga.
Tranne quando qualche dannato esperimento magico del lich finiva per disturbare la foresta.

Aesar Sarsantyr non aveva paura del lich e non sapeva perché.
Avrebbe dovuto, la sua mente razionale ne era consapevole, ma da quando era morto e tornato in vita le sue emozioni funzionavano in modo bizzarro. Prima era stato ossessionato da un amore illusorio per la strega drow che lo aveva resuscitato, poi aveva sviluppato una lealtà per la sua foresta che rasentava il fanatismo. Quando qualche altro elfo dei boschi parlava di ritirarsi a Evermeet, l’isola di soli elfi che era il loro porto sicuro nel mondo, Aesar lo guardava come se fosse un traditore della patria. Non si abbandona la nostra foresta, si diceva ogni giorno. Non importa se arriva una nuova ondata di mostri dal nord o se la natalità è sempre più bassa, o se il lich di Karse fa morire le piante, questa è la nostra foresta e dobbiamo prendercene cura.
E quei ‘nostra’, sempre più spesso, diventavano dei ‘mia’.
Aesar non pensava di possedere la foresta, è ovvio, ma sentiva piuttosto che era vero il contrario: lui apparteneva a quel bosco. Dalle rive del fiume Delimbyir a sud alla Brughiera Sterminata a nord, quello era il suo territorio, lui ne faceva parte, se lo sentiva addosso come una seconda pelle, era la sua casa e lui l’avrebbe protetta. Soprattutto gli alberi. Non sono forse gli alberi a rendere una landa una foresta?

L’elfo ranger non aveva paura del lich e non avrebbe esitato a sfidarlo e a imporgli di cessare le sue attività nefaste per la natura. Non sapeva cosa stesse seccando le piante in quell’area - sospettava fosse inquinamento magico dovuto a esperimenti di necromanzia - ma avrebbe preteso che il lich la finisse una volta per tutte.
Anche se avesse dovuto andarci da solo.
Anche se aveva dovuto andarci da solo.

Aesar si mise a campeggiare fra le rovine di Karse. Non sapeva dove fosse il lich, ma una cosa era nota a tutti: il non morto aveva un odio particolare per l’antico dio Karsus (o almeno, da quel che aveva capito Aesar, Karsus doveva essere un dio… forse un dio minore netherese). Lo odiava al punto da aver conquistato con l’inganno la città che portava il suo nome, solo allo scopo di distruggerla in sfregio al Culto di Karsus, e poi ci si era stabilito per essere sicuro che nessuno la reclamasse e la riportasse agli antichi fasti.
Quindi, se Aesar non voleva sprecare anni a cercare la tana del lich, c’era una cosa molto semplice che poteva fare.
“Oh, possente Karsus!” Urlò, sbattendo la spada contro lo scudo buckler e producendo un fastidioso rumore metallico. “Che onore essere nella città che reca il tuo nome! Gloria a Karsus l’Antico, il più potente fra… uhm… gli dei del Netheril. Ascolta la mia preghiera, magnificente Karsus…” e andò avanti così per dieci minuti buoni, sempre sbattendo la spada contro lo scudo mentre percorreva le vie della città in rovine.
Non dovette aspettare molto a lungo.

“CHI OSA?” La voce dall’oltretomba avrebbe fatto accapponare la pelle a chiunque. Un pochino, anche ad Aesar. “CHI OSA PROFANARE QUESTO LUOGO DI MORTE PRONUNCIANDO IL NOME DI QUEL CANE APPESTATO?”
Un teschio umano si alzò in volo spuntando da un qualche anfratto a poche decine di passi dall’elfo. Il demilich individuò facilmente l’unica persona vivente nella zona e si lanciò verso Aesar.
Aveva gemme al posto degli occhi, ma quelle riuscirono comunque a scintillare in modo malevolo, dandogli un’aria incollerita.
“CHI SIETE VOI, COSÌ FOLLE DA PREGARE KARSUS IL FOLLE? CON CHE SCOPO UN ELFO VIVO PREGA UN DIO MORTO? SE DESIDERATE SEGUIRE IL VOSTRO DIO NELLA TOMBA, SIETE NEL LUOGO GIUSTO.”
Aesar allontanò la spada dallo scudo, ma non la rinfoderò.
“No, in realtà non so nemmeno chi sia questo Karsus. Sono qui per pretendere la cessazione di qualunque nefando arcanismo stia causando la morte delle piante della foresta.”
“OH. PER PRETENDERE.”
“Mi avete inteso!”
“MA CERTO. CESSERÒ SUBITO DI RECARVI FASTIDIO. VUX LOREAT!
Le parole dell’incantesimo furono accompagnate da un contorto raggio nero che scaturì dal teschio e si avventò come un fulmine su Aesar.
L’elfo sentì la magia necromantica che faceva avvizzire la sua carne, ma sentì anche… qualcos’altro. Un’immensa forza dentro di sé, che lo invase come un’onda gentile e lo tenne in piedi. Una presenza antica come il mondo che lo animava come se fosse parte di lui, e ancora una volta ebbe la nettissima sensazione di essere un tutt’uno con la foresta.
Le sottili cicatrici che aveva sulle mani, sul petto e sotto le palme dei piedi, che erano tutto ciò che restava del rituale che l’aveva riportato in vita, cominciarono a pulsare e a trasmettergli un piacevole calore. La sua carne guarì immediatamente, respingendo con forza l’assalto dell’incantesimo necromantico.
Aesar si sentiva colmo di energia e invincibile come una montagna. Il demilich gli sembrava all’improvviso così piccolo! Poteva uccidere un elfo, certamente, poteva uccidere qualche albero, ma non poteva disseccare una foresta più grande di un regno. Gettò la testa indietro e rise, una risata vera e piena di gioia.
“Ho compassione di voi!” Gridò un momento dopo, agitando la spada verso il non morto. “Ve ne state qui, a giocare con i vostri vecchi rancori. Avete dimenticato del tutto cosa sia la vita, cosa sia la gioia. Ma la mia compassione non mi impedirà di fermarvi” promise, serio ma con un pizzico di folle entusiasmo negli occhi. Sollevò la spada. Ricominciò a batterla contro lo scudo. “Oh, ascoltami, grande Karsus, tu che sei il più magnifico…”
“BASTA!” ordinò il demilich. Venne ignorato.
“Questo parassita nella tua gloriosa città sta defecando sulla tua memoria. Grande Karsus, fai calare un fulmine e friggi questo non morto miscredente!”
“KARSUS È MORTO, FATELA FINITA! È INUTILE!”
“Non è inutile, vi sto dando fastidio” replicò l’elfo senza battere ciglio.
VUX LOREAT!
Ancora una volta l’incantesimo dito della morte fece presa solo parzialmente sull’elfo, ma questi sembrò guarire molto in fretta.
“Possente Karsus, questo pidocchio sulla tua sacra testa…”
“MA QUALE TESTA, STATE DELIRANDO?”
“Che è così arrogante da dare ordini nella città consacrata a un dio…” continuò, sbattendo la spada contro lo scudo ogni due parole.
“E VA BENE. OGGI NON HO INCANTESIMI ADEGUATI A SCROSTARE QUESTA IMMONDIZIA DALLA STRADA. CHE COSA VOLETE?” Si arrese il demilich.
Aesar sapeva - a livello istintivo - che il supporto dello spirito della foresta che lo teneva in vita si sarebbe spinto solo fino a proteggerlo dalla magia necromantica, ma non gli avrebbe dato il potere di attaccare il non morto. Quindi poteva solo giocare la carta della diplomazia. O esasperazione.
“Sono meravigliosamente bravo a perseguitare la gente, quando voglio” si vantò, perché conosceva il livello di ossessione di cui era capace. “Smettete di avvelenare la terra e il fiume con le vostre porcherie magiche, oppure mi avrete come abitante fisso di Karse.”
Il lich tentennò. Avrebbe potuto insistere e dare una prova di forza, ma la verità era che non stava riuscendo a capire che cosa fosse quel dannato elfo, e non gli piaceva avere davanti avversari che non sapeva valutare.
Alla fine accettò e diede la sua parola, contando sul fatto che prima o poi avrebbe ripreso con i suoi esperimenti, e per allora si sarebbe preparato meglio a uno scontro con quell’elfo. E poi, ad ogni modo, gli elfi sono longevi ma non eterni. Prima o poi quella fastidiosa pulce avrebbe lasciato questo mondo.
Quanto si sbagliava.

   
 
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