Anime & Manga > Lady Oscar
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Autore: Ardesis    24/10/2022    8 recensioni
E se una piccola deviazione di percorso avesse compromesso l’intera vicenda?
Genere: Erotico, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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-Ho sempre pensato che i diari fossero degli oggetti mostruosi, abominevoli, nient’altro che una raccolta di frivolezze partorite da menti drammatiche e invece mi sono dovuto ricredere.- apparentemente neanche una punta di sarcasmo nelle parole di Saint Just -Mai avrei immaginato di trovare tanto interessante leggere i momenti e i pensieri più salienti di quindici anni di vita di una persona qualunque come sei tu, Grandier... Non penso che il tuo caro fratello, qui presente, possa affermare di conoscerti tanto profondamente come ti conosco io ora. Ho sfogliato la tua anima.-

Le labbra di André si strinsero e le mani ebbero un fremito e Saint Just, astuto, non si risparmiò di fargli notare, con un movimento eloquente degli occhi, di essersene accorto.

-Avrei potuto fare di tutte queste carte un bel fuoco per scaldarmi,- continuò aguzzo, spostando l’attenzione sui fatidici fogli che avevano attirato André fino a lui -ma se devo essere onesto, sopporto più facilmente il freddo che la noia. E in questo periodo sono molto annoiato.- Un punta di boria sporcò la sua voce sull’ultima frase, le sopracciglia si incurvarono sulle palpebre socchiuse, la bocca si arricciò appena. -Tu puoi riprenderti questi documenti, ridarli al tuo amato Colonnello o farne ciò che più ti aggrada. Ma io, io mi tengo il tuo diario. Così, se quei documenti venissero destinati al fine per cui sono stati raccolti, se insomma dovessero procurarmi dei fastidi, anche solo un accenno di solletico…-

André chiuse gli occhi e sentì che la tagliola  che fino a quel momento gli aveva morso lo stomaco si era aperta. Ora capiva, ma non per questo si sentiva sollevato. Pensò al fratello che stava assistendo da quieto spettatore a quel caotico melodramma, ma non si voltò verso di lui, non avrebbe staccato gli occhi da Saint Just per nessun motivo. Si chiese se effettivamente Bernard fosse ancora lì alle sue spalle. Sì, ne avvertiva la presenza, ne avvertiva la confusione e il desiderio di comprendere. Cosa stava pensando? Fino a che punto aveva capito? Senza dubbio si stava mordendo le guance a sangue da parecchi minuti pur di tenersi prudentemente fuori dalla conversazione. “Ti devo tante spiegazioni, fratello, ma a tempo debito.”

-Non sei convinto, Grandier?-

Le carte che Saint Just gli stava tendendo ondeggiarono nella sua mano muovendo l’aria e le braci mandarono un timido bagliore arancione.

-Mi fido di Bernard.- riprese Saint Just come se il soggetto della frase non gli fosse letteralmente di fronte -Ma sono sicuro che non esiterebbe a tradirmi se tu glielo chiedessi. Questa consapevolezza mi conduce, con dispiacere, a mettere anche lui sul piatto della bilancia.-

-Di che diavolo parli, Louis?-

La voce di Bernard, rauca perché a lungo trattenuta in gola, prese la scena come la voce di un attore che inizia a recitare il suo pezzo da dietro le quinte prima di presentarsi sul palco.

-Ascoltate. E se- mentre parlava Saint Just guardava il vuoto -Oscar François de Jarjayes non avesse ucciso per davvero il Cavaliere nero? Se fosse stata tutta una messa in scena?- il suo tono si accese, divenne teatrale, ironico e allusivo, finse con più veemenza di ragionare tra sé e sé -Gli avrebbe risparmiato la forca per poi aiutarlo a scomparire nell’anonimato! Ma perché mai? Forse perché il castiga-nobili mascherato altri non era che il fratellastro del suo attendente, nonché amante! Oh, sarebbe una storia strabiliante, da mozzare il fiato, uno scandalo piccante quasi quanto quello della Valois.-

Nonostante il tepore del braciere, André si sentì attraversato da un brivido freddo. Non era stato necessario che Saint Just formulasse in modo esplicito la sua minaccia perché essa era comunque nitidissima. Chiuse gli occhi per preparare il proprio orgoglio alla resa. 

In fondo, la scelta era amaramente semplice. La vita e la reputazione di Oscar, come quelle di Bernard e di Rosalie, non avevano prezzo. Doveva accettare il patto. Il proprio diario per dei fogli senza più valore. Nessun vincitore, nessun perdente.

“Il giorno in cui quest’uomo pagherà per le sue azioni è solo rimandato” promise a se stesso.

Riaprì gli occhi e finalmente prese le carte tiepide sia per il calore del fuoco sia per il loro contenuto. Non appena le ebbe in mano cominciò ad indietreggiare per impedirsi di cedere alla tentazione di dare un calcio al braciere.

-Fermo un po’, Grandier! Dal momento in cui spero che questo sia il nostro ultimo incontro, non posso lasciarti andare senza che tu abbia soddisfatto la mia curiosità.- lo richiamò Saint Just accarezzando il diario sulle proprie ginocchia -L’ho letto quasi tutto mentre ti aspettavo. Per mia fortuna possiedi il dono della sintesi.-

-Per l’amor del Cielo, Saint Just, cosa vuoi sapere?-

-Hai scritto che una sera d’inverno una vecchia gitana ha avuto compassione della tua disperazione e ti ha voluto donare questo elisir per curare il tuo mal d’amore.-

-È così.- 

-Perché non lo usasti?-

-Perché lo avevo già conosciuto in passato e mi spaventava. Ma tu questo lo sai, devi averlo letto.-

-È vero. Mi sorprende quanto immenso sia stato il viaggio compiuto da quella disgraziata miscela per tornare a tormentarti. Ah, l’inesplicabile gioco della fatalità.-

André rimase in silenzio e si voltò. Gli mancava l’aria, doveva andarsene. Con un braccio del fratello intorno alle spalle si mosse svelto verso la porta. La voce di Saint Just lo accompagnò:

-Pace, pace, Grandier, e addio! Che ognuno di noi vada per la propria strada. E tu riversa su quella vecchia strega del passato il tuo rancore, non su di me!-

Esclamò battendo un piede a terra e cominciando a ridere così forte che André e Bernard, andando via, furono perseguitati dall’eco di quel suono fin oltre la porta della locanda.

 

 

 

 

 

 

 

Alain scrutò il cielo. Le nuvole si diradavano, ma la notte pareva più scura, l’aria più ferma, e lui si trovò a realizzare che finalmente il mattino -e con esso, la fine del suo turno di guardia- non fosse poi così lontano. A scanso di imprevisti, l’alba l’avrebbe trovato già assopito nella sua branda. Quel pensiero lo tirò su di morale.

Era solo e si sentiva stanco. Non era riuscito a trovare la forza di accompagnare i commilitoni all’Ospedale della Carità dove avrebbero condotto il cadavere della poveretta annegata, perché in fondo era consapevole che pendere le distanze da quella faccenda fosse il modo migliore per non dare problemi a nessuno, compreso se stesso. Così aveva deciso di continuare il turno di ronda da solo e, senza ricevere rimostranze da parte degli altri, si era addentrato nelle vie della città, borbottando nervoso.

-Quei due mendicanti si sarebbero dovuti fare i fattacci loro e limitarsi a restituire il corpo alle braccia della corrente, senza coinvolgere noialtri. Quella sventurata si era scelta una tomba dignitosa, tutto sommato. Ora le toccherà una miserabile fossa comune.-

Continuò a camminare senza guardarsi troppo attorno. Non si era prefisso un posto da raggiungere, sapeva solo da cosa voleva allontanarsi. Eppure, nonostante col suo passo veloce in poco tempo avesse già raggiunto un punto da cui si potevano scorgere nitidamente le torri di Notre Dame, continuava ad avere l’impressione di essere ancora troppo vicino al punto di partenza. Gli sembrava di sentire incombere dietro di sé la marcia funebre dei suoi compagni con il loro triste fardello e allora un nodo gli stringeva la gola e le gambe si facevano più solerti. Soltanto quando oltrepassò la zona circostante a Saint-Germain-des-Prés si rese conto che buona parte di tutta quell’inquietudine gli veniva trasmessa dal ritmico tintinno che il sacchetto legato alla sua bandoliera produceva collidendo, ad ogni passo, contro il suo fianco.

Deciso a trovare al più presto il modo per liberarsi di quel denaro disgraziato, si guardò intorno in cerca di idee. Ridarlo al fiume? Non se ne parlava di tornare indietro. Andò avanti. Il quartiere sembrava deserto, ma giunto ad un incrocio Alain vide una figura gobba, seduta sul ciglio, con una ciotola scura ai propri piedi, che mormorava, forse cantando, una famosa ballata popolare. Camminò deciso in quella direzione. Aveva fatto la sua scelta.

Elemosina. Il gesto cristiano per eccellenza. Se Dio esiste, di sicuro apprezzerebbe che questi soldi finissero nella saccoccia di un bisognoso.”

E così, senza lanciare nemmeno uno sguardo al mendicante, svuotò il contenuto del sacchetto nella ciotola e passò oltre, gonfiando il petto per godersi quella sensazione di sollievo.

-Ehi tu!-

La voce era quella aspra di una vecchia. Alain si voltò indietro e scoprì che sotto il cappuccio del mendicante c’era una donna anziana.

-Fin troppo generoso!- continuò lei -Mi tengo volentieri i soldi, tu riprenditi pure la fiala.-

Nella penombra il soldato vide un volto rugoso sorridere e una mano bianca e ossuta che gli tendeva ostinatamente la boccetta di vetro appena ripescata dalla ciotola. Lui si avvicinò e la prese senza protestare. Capiva bene che alla mendicante quella roba potesse interessare assai poco. La gettò in tasca e tornò subito sui propri passi.

-Vecchia furba.- commentò tra sé quando fu certo di non essere udito -Sicuramente cieca, a giudicare dal candore delle pupille, ma con un udito formidabile: è riuscita a distinguere il suono del vetro da quello delle monete!-

Mentre diceva così, sogghignando, svoltò in una via la cui lieve pendenza gli confermò che si stava definitivamente allontanando dalla Senna. Era nel cuore del quartiere dell’Università e sufficientemente distante da ciò che lo aveva turbato. Si fermò e si guardò intorno per orientarsi.

“Non sono più abituato a passare le nottate in giro per la città, solo e lucido.” 

Per ironia della sorte dovette prendere atto che quelle stesse strade poche settimane prima lo avevano visto ciondolare tra un’incrocio e l’altro, ubriaco perso, zuppo d’alcol come un frutto sotto spirito, spesso in lacrime e vestito peggio di un vagabondo.

-Ed ecco la dannata osteria.-

Si disse riconoscendo la fatiscente facciata del locale in cui una notte aveva sentito quei due sconosciuti cospirare contro il Comandante. Sulla scia di un sentimento di rabbia chiuse i pugni nelle tasche e si ritrovò, così, a stringere tra le dita la boccetta di vetro che la mendicante gli aveva restituito. Soprappensiero la estrasse e tolse il tappo. Nessun pugno l’avrebbe potuto colpire tanto duramente nello stomaco quanto il profumo di rose che ne fuoriuscì. Più svelto di Pandora col proprio vaso, Alain richiuse la fiala, ma il danno ormai era compiuto. Sentire il profumo di Oscar era stato come evocarla. Un giramento di testa lo costrinse a cercare appoggio contro un muro, mentre l’immagine di lei brillava nella sua fantasia come un’abbagliante stella cadente. Per l’ennesima volta Alain fu sul punto -ma non lo fece- di ammettere a se stesso che, settimane prima, fosse stato proprio quell’astro nella notte buia del suo dolore a infondergli l’animo di ritornare a Parigi dopo i funerali della madre e della sorella e a riprendere l’uniforme.

Quando tornò in sé, prese a camminare in fretta, ma si accorse subito che questa volta non sarebbe riuscito a fuggire facilmente da ciò che lo aveva turbato. La fantasia su di lei lo inseguì, non svaniva. L’impressione lasciata da quel profumo di rose -“la donna della Senna non poteva aver con sé un’essenza di violetta? O di mughetto? Proprio di rose?”- non si decideva ad abbandonare le sue narici. Per di più, man mano che procedeva in quel quartiere antico, Parigi gli si chiudeva sopra, le case si ammassavano le une sulle altre. Un fluido di calce e di mattoni che minacciava di ingurgitarlo.

La fronte di Alain cominciò a sudare, la gola si prosciugò, le mani tremavano. La città era un labirinto, il minotauro incombeva. Poi ecco, all’apice di quella frenesia, gli comparve davanti, ad una decina di passi, una figura con i capelli biondi. Alain la vide sgattaiolare nel buio e infilarsi rapida in un vicolo. Fu sicuro che si trattasse proprio di lei, ma allo stesso tempo non dubitò che fosse stato uno scherzo della sua mente delirante. 

“Mio Dio, ora ho le allucinazioni?” Così si fermò, cercò di riprendere fiato. Non poteva permettersi di affaticare troppo il cuore, quel povero organo ne aveva passate tante ultimamente. Un minuto di respiri lenti e profondi gli restituì una dose di calma e di lucidità sufficienti per per metabolizzare quegli attimi di smarrimento e tornare alla realtà. Ma fu di fatto lo spalancarsi improvviso di una porta sulla strada e il diffondersi di un olezzo di vino cattivo a riportarlo con i piedi per terra. Due uomini con mantelli neri furono rigurgitati da quel rettangolo di luce, a pochi passi da Alain. Il soldato fu travolto da una convinzione improvvisa: quei due erano le canaglie che avevano progettato l’omicidio del Comandante. Il destino gli stava offrendo la possibilità di riscattarsi, di scoprire le loro identità, di salvare Oscar.

Li raggiunse di corsa, ne afferrò uno per le spalle e lo fece voltare verso di sé, pronto ad esaminarne i tratti e soprattutto ad ascoltarne la voce, che era certo di ricordare. Quando, però, sentì l’estraneo pronunciare il suo nome - “Alain!” - la nebbia di rancore che gli aveva oscurato la vista si disperse. Riconobbe la voce, sì, ma non quella che si era aspettato di sentire. Allibito, dovette constatare che il volto che aveva davanti a sé non solo gli era ben noto ma gli era anche caro. 

-André! Che mi venga un colpo, sei proprio tu!-

Un occhio torbido e un occhio limpido lo fissarono entrambi sgomenti.

-Mio Dio, Alain, potrei dire la stessa cosa. Ho creduto fossi qualcuno che intendeva derubarmi.- André si ricompose dallo spavento e abbozzò un sorriso teso -Comunque, se tu fossi stato un ladro, non avresti trovato pane per i tuoi denti. Quel poco denaro che avevo se n’è andato in altre tasche.-

-Sai, André, fino a poco fa anche io avevo in mano un piccolo gruzzoletto, che ora sta in altre tasche. Ma ti dirò, mi sta bene così!-

 

 

 

 

 

Aveva sentito tutto, Oscar, fino all’ultima parola, troppo coinvolta per accorgersi dell’umidità che risaliva dal terreno impregnandole gli abiti e del tipico sgradevole odore che infestava la zona circostante di ogni retrobottega della città. Ne aveva preso atto bruscamente non appena aveva intuito che la conversazione fosse terminata, così era scappata di corsa per tornare nel vicoletto in cui sarebbe dovuta restare, trovandolo non meno umido e non più profumato.

Quando i suoi compagni la raggiunsero, rimase impassibile, anche se nelle sue orecchie, come in quelle degli altri due, risuonava ancora la risata sprezzante di Saint Just. Finse di non notare l’espressione smarrita di Bernard e quella crucciata di André, ma la comparsa del faccione spigoloso di Alain insieme a loro fu troppo inaspettata per non provocarle un moto di stupore.

-Sono di ronda.-

Si affrettò a spiegarle Alain non appena notò il lampo nei suoi occhi.

-Da solo? Qui? E i tuoi compagni?-

Una punta di rimprovero nella voce di lei.

-Si stanno occupando di una faccenda spiacevole.-

-Ovvero?-

-Un suicidio nella Senna.-

Oscar comprese e non indagò oltre. 

-Mi perdonerete,- si intromise Bernard serissimo -ma mi preme far ritorno a casa. Rosalie sarà in pensiero ed io sono molto stanco.-

-Certo, Bernard, ti siamo grati dell’aiuto.-

-Potete contare sempre su di me. André,- il

giornalista mise una mano sulla spalla del fratello e lo fissò con due occhi così fermi da sembrare di vetro -non mi devi nessuna spiegazione, ma se me ne vorrai dare ti ascolterò volentieri, domani o quando sarà.-

André rispose con un cenno affermativo del capo, poi alzò gli occhi verso il cielo, che il chiarore dell’alba cominciava a tingere di celeste, e sospirò:

-Faremmo bene a tornare tutti a casa.-

Anche Alain si mostrò d’accordo, tenendo a bada con un sorriso il senso di disagio che la parola casa immancabilmente gli suscitava. Mai avrebbe pensato di associare quel dolce concetto al grigio e freddo casermone della Guardia di Parigi, ma la vita aveva dimostrato di essere imprevedibile. E anche un po’ crudele. Mentre salutava, notò con la coda dell’occhio che la mano Oscar si aggrappava alla manica della giacca di André e in quel gesto vide qualcosa che gli fece male, qualcosa che aveva già visto, senza rendersene conto, il giorno in cui erano andati a cercarlo per portargli quello stipendio mai ritirato. Decise di esserne contento. Non gli rimaneva altro da fare se non ripromettersi che avrebbe fatto il possibile per proteggerli. Era l’unico modo che gli rimaneva per amarla.

 

 

 

 

 

 

Mentre il sole si affacciava sopra le campagne, Oscar apriva la porta della propria stanza. Non l’avrebbe mai ammesso apertamente e sperava di non averlo dato troppo a vedere, ma si sentiva davvero stanca. Il sonno che per molte notti le era mancato sembrava esserle piombato addosso di colpo. Era così sollevata di essere finalmente a casa ed impaziente di gettarsi nell’abbraccio fresco delle lenzuola che ebbe un lieve sussulto quando si sentì sfiorare la mano. Quasi aveva dimenticato che André, discreto come sempre, le era accanto. 

-Mi dispiace.-

Mormorò lui mentre le cingeva il polso con le dita in una stretta gentile. Oscar ruotò la mano e fece la stessa cosa, tirando con gentilezza il suo braccio verso di sé per invitarlo ad entrare.

Le tende erano chiuse, ma la stanza non era del tutto buia e c’era nell’aria un piacevole profumo di legna, cera sciolta e rose fresche, il profumo di casa. Oscar si tolse la giacca e la abbandonò sullo schienale di una poltroncina. Altri indumenti scomodi trovarono posto sul pavimento.

-È tutto finito.- Gli disse scostando le coperte -E forse è finito nel modo migliore possibile.-

-Oscar, quei documenti…-

-Riportali a Moreau, André. Se si è accorto della loro assenza, digli pure che sono stata io a chiederti di prenderli. Dubito che oserà farti domande a riguardo.-

-E l’elisir?-

-Lo terrò.-

-Lo terrai?-

Oscar si rimboccò le maniche della camicia e si sedette sul materasso. Al contatto con il letto, ogni fibra del suo corpo si rilassò, la mente si spogliò di ogni pensiero. Non desiderava nient’altro che dissolvere l’amaro di quella vicenda nella più dolce e profonda delle dormite. Arrendendosi a quella prospettiva, finalmente si distese e nemmeno si rese conto che gli occhi si erano chiusi prima ancora che la guancia avesse raggiunto il cuscino. Indistintamente, poco prima che il sonno la vincesse, avvertì un braccio intorno alla vita e la stoffa della propria camicia frusciare contro un tessuto gemello. 

-Mi fido di te, André. Tu ti fidi di me?-

Riuscì a dire sforzando la voce.

-Sì.-

Gli prese la mano, la accompagnò sulle proprie labbra.

-Non può bastare?-

Chiese in un sospiro, anche un po’ a se stessa. Non ci fu risposta, solo una distesa infinita di acqua e di luce e il canto malinconico del mare di Normandia.








Gentilissimə, non mi sembra vero -e ancor meno lo sembrerà a voi- ma ecco l'ultimo capitolo. La storia è finita. Siete liberə di fermarvi qui con me o di andare avanti nella vostra fantasia, arrivando fino alla Rivoluzione e magari oltre.
Vorrei ringraziare ogni persona che ha dato una possibilità a questa storia, anche chi si è fermato semplicemente a considerarla; abbraccio chi l'ha sentita, chi ci si è perso, fosse anche un solo lettore.
Alla prossima.
Ardesis

   
 
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