Storie originali > Soprannaturale > Licantropi
Segui la storia  |       
Autore: Mary P_Stark    31/10/2022    1 recensioni
Muspellheimr - Regno di Surtr
Il giovane Gigante di Fuoco Sthiggar, discendente della dea Sòl e figlio del Sommo Sacerdote Snorri, non conosce né paura né tanto meno vergogna e, a causa di ciò, finirà dapprima per essere punito dal re, e in seguito confinato sullo sperduto Regno di Manaheimr (Terra), nell'ancor più sperduto paesino di Lulea, in Svezia. Questo confino - agli occhi di Sthiggar più che ingiusto - porterà a sconvolgenti verità e alla scoperta di un destino a cui non sapeva di essere designato fin dalla sua nascita. L'aiuto della berserkr Ragnhild sarà vitale per comprendere meglio se stesso e il ruolo che gli compete nella complessa rete del Fato che si è stretta attorno a lui, ma saranno antiche divinità e nuovi nemici a mettere definitivamente alla prova il guerriero muspell. (per una totale comprensione, si devono leggere prima le altre storie legate a questa raccolta)
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Cap. 29

 

 

 

Fu solo agli albori dell’alba che la caccia ai traditori poté dirsi conclusa – almeno per quel che riguardava la città di Hindarall – e, quando finalmente re Surtr poté schierare i traditori nell’ampio piazzale antistante il palazzo, la sua ira non avrebbe potuto essere più funesta.

La Fiamma Viva brillava vivacemente quanto minacciosamente, intorno a lui, e lunghe spire di fuoco si espandevano dal suo corpo lanciando ogni dove lampi di luce scarlatta e funesta.

Al suo fianco, vigile come un falco e pronto a intervenire se necessario, Yothan manteneva inguainata la propria spada, gli occhi puntati sulle Fiamme che avevano tradito e su coloro che, nel Concilio, avevano voluto la morte del loro re.

Alle spalle del sovrano, mano nella mano e avvinti a loro volta dalle spire di fuoco della Spada Fiammeggiante, Sthiggar e Ragnhild osservavano impassibili la scena e la giovane, con tono ormai stanco, dichiarò lapidaria nella mente del compagno: “Dormirò un mese di seguito, dopo questa maratona.”

“Tutto quello che vuoi” le concesse Sthiggar, sorridendole brevemente.

“Hildur ha già mandato gli emissari nelle città vicine per scoprire se ci sono degli altri traditori?” si informò quindi Ragnhild.

“Sì. Entro breve, conosceremo fino a che punto le spirali del tradimento si sono estese e,alla fine di tutto questo, noi due potremo prenderci finalmente una pausa.”

“Non vedo l’ora” sospirò Ragnhild prima di volgersi sorpresa per scrutare l’arrivo di una Fiamma Nera, interamente ricoperta dall’armatura e con il volto celato da un pesante elmo dal pennacchio corvino.

Sorpresa e confusa assieme, Ragnhild inviò un pensiero dubbioso al compagno, chiedendo: “Chi è?”

“Non credo sia Hildur, né mi pare di aver mai visto quella guerriera… quindi chi…” mormorò Sthiggar prima di fare tanto d’occhi quando, finalmente, comprese a chi appartenesse l’aura di quella Fiamma Nera in particolare.

Nel vedere a sua volta sopraggiungere la Fiamma Nera che tanto stupore aveva sollevato nell’Elsa e nella Lama della Spada fiammeggiante, il re declamò con voce tonante quanto gelida: “Spero abbiate finalmente compreso fin dove vi ha condotto la stolta ricerca della mia morte. Alla vostra!”

Uno a uno, i membri corrotti della Corte si ritrovarono loro malgrado a dover fronteggiare lo sguardo raggelante e insieme infuocato del loro sovrano che, con un cenno rapido e secco della mano, invitò la Fiamma Nera a compiere gli ultimi passi per raggiungerlo.

Dopo aver osservato l’alta guerriera sopravanzarlo con passo imperioso e sicuro, Surtr raggiunse il comandante delle Fiamme Dorate mentre Yothan si spostava per raggiungere il suo contingente di Fiamme Purpuree.

Sthiggar e Ragnhild, infine, si posizionarono dinanzi al battaglione delle Fiamme Nere, lasciando così che la guerriera in armi potesse compiere quanto richiesto implicitamente dal re.

Sollevata la lama ricurva che, fino a quel momento, aveva dimorato al sicuro nel fodero legato al fianco della guerriera, la Fiamma Nera compì un’autentica danza di morte tra i condannati, falciando l’aria e lasciando dietro di sé una scia di cadaveri via via maggiore.

A ogni nuovo taglio, a ogni elegante e ferale movimento di danza e lama, un fiotto di sangue insozzò l’armatura, ma la guerriera non se ne curò. Ella procedette con meticolosa precisione, non lasciando in vita neppure uno dei traditori fino a che, dopo aver condotto alle porte del regno di Hel una trentina di traditori, giunse infine dinanzi a Mikell e Thrydann.

Lì, la guerriera si levò finalmente l’elmo per mostrare ai presenti la sua reale identità e, quando Mikell si ritrovò a fronteggiare lo sguardo ribollente della sorella, trasalì visibilmente, impallidendo.

“Non avresti mai, mai dovuto tentare di uccidere il mio amore, fratello. Neppure per dare requie al tuo dolore. Tutti noi abbiamo amato Khyddar, e lui per primo non avrebbe mai voluto vederti compiere una simile vendetta, ma ormai è tardi per le parole, per le recriminazioni… per tutto. Muori da traditore, senza il mio perdono.”

Ciò detto, levò la spada per trapassargli il cuore mentre, tutt’attorno, un silenzio di morte accompagnava quell’ennesima esecuzione.

Quand’anche il corpo di Mikell cadde a terra privo di vita, Ilya poggiò la lama sul collo di un tremante Thrydann e, nell’aprirsi in un leggero sorriso pieno di gelida furia, aggiunse: “Come la nostra Elsa ti disse prima di badare amorevolmente alla tua famiglia, la tua bocca avrebbe dovuto essere usata con maggiore discernimento, ma ora non avrai più possibilità di farlo. Desiderare ciò che non si potrà mai avere senza comprendere quando fermarsi, può condurre alla morte. Muori da traditore, senza il perdono dei tuoi cari.”

Thrydann chiese umile perdono in un ultimo urlo disperato, sapendo quali atroci sofferenze gli sarebbero spettate in Hel, come traditore e condannato senza perdono, ma la lama di Ilya colpì con precisione, mozzandogli il capo senza più proferir parola.

A quell’ultimo gesto seguì il rinfodero della lama insanguinata; il fodero della spada avrebbe pensato autonomamente a rendere nuovamente lindo e intonso il metallo intarsiato di incantesimi elfici.

Solo a quel punto si volse verso il suo re e dichiarò con voce sicura: “Grazie per avermi concesso di punire i traditori di mia mano.”

“Non avrei permesso a nessun altro di farlo, visto che la richiesta è giunta direttamente dalla tua bocca, mio comandante in capo” mormorò in risposta il re, raggiungendola per stringerla in un abbraccio.

Ilya si lasciò avvolgere dalle sue braccia così come dalle sue fiamme e, solo all’ombra della sua possanza, poté finalmente lasciarsi andare a un pianto silenzioso.

Quando Surtr le aveva detto non soltanto della colpevolezza del fratello, ma anche della ferma convinzione di Mikell che Khyddar fosse morto per colpa loro, - del re in primis - Ilya non aveva avuto dubbi.

Lei, e lei sola, avrebbe dovuto mettere fine alla vita di coloro che avevano tradito il re, di coloro che avevano tradito il suo Surtr, di coloro che avevano messo a rischio la sicurezza di tutto Muspellheimr.

Khyddar aveva sempre amato Surtr, e il suo arruolamento nelle Fiamme Purpuree era nato dal desiderio del giovane di schierarsi nelle fila di soldati del suo amato zio, di coloro che erano deputati a servirlo e proteggerlo.

Mikell non si era mai sforzato di comprendere l’affetto che legava Khyddar a Surtr, né aveva mai dato peso alle ambizioni militari del figlio. Il suo ultimo gesto, per quanto impulsivo, aveva voluto essere l’estremo tentativo del giovane di dimostrarsi un degno combattente e, soprattutto un devoto e fedele suddito del sovrano.

Se non fosse stato per le subdole armi dokkalfaryan, Khyddar avrebbe potuto continuare a fare quanto aveva sempre desiderato per molti altri secoli ancora.

Questo, Mikell non lo aveva compreso, deputando a Surtr ogni colpa e imbastendo così contro di lui una vendetta che, però, non era stato in grado di gestire e che aveva portato, per diretta conseguenza, a ciò che era appena avvenuto.

Mikell era stato guidato dalla vendetta e si era fidato di persone gelose ed egoiste, per portare avanti il proprio piano e, questi sentimenti superficiali quanto effimeri, lo avevano condotto all’errore e, infine, alla morte.

Quando poté ritenersi in grado di reggere lo sguardo delle altrui persone, Ilya si scostò dal marito e, nel volgersi verso il suo acquartieramento di Fiamme Nere, richiamò a sé Hildur e ordinò: “Fai sgomberare il piazzale da questi traditori, dopodiché riunisci tutti i comandanti delle Fiamme nel Salone dei Rinfreschi. Ho intenzione di scambiare due parole con tutti loro.”

“Sì, comandande” mormorò Hildur con un inchino, sbraitando poi ordini ai suoi sottoposti perché mettessero in pratica le parole della regina.

Come un sol uomo, i soldati si mossero per eseguire gli ordini mentre Surtr, chiamati a sé Sthiggar e Ragnhild, disse: “Occorreranno giorni, forse settimane, perché l’epurazione venga terminata. Usate questo periodo per riposare. Quando sarà il tempo, verrete chiamati a Corte per la vostra investitura ufficiale.”

I due giovani assentirono silenti e Sthiggar, dopo un’ultima occhiata ammirata a Ilya, mormorò: “Non avevo davvero idea che il fantomatico comandante delle Fiamme Nere foste voi, maestà.”

La regina gli sorrise a mezzo, gli carezzò una guancia con fare materno e replicò: “Noi donne dobbiamo tenerci sempre qualche segreto nel cassetto, altrimenti come faremmo a stupire voi uomini?”

Lui allora rise debolmente, annuì e si inchinò, subito imitato da Ragnhild che, non sapendo bene quale fosse la riverenza giusta da fare, abbozzò un inchino che aveva visto tante volte alla TV, sperando potesse andare bene.

Ciò fatto, afferrò la mano di Sthiggar per allontanarsi e raggiungere Snorri, che li stava aspettando nei pressi delle porte d’ingresso del Palazzo e, solo in quel momento, iniziò a sentire sulle spalle il peso di quanto avvenuto.

Aggrappandosi letteralmente al braccio del compagno, Ragnhild mormorò fiacca: “E’ possibile fare immediatamente un riposino?”

Lui le sorrise comprensivo, annuendo e, quando finalmente raggiunsero Snorri, che attendeva in compagnia dei licantropi, di Thrym e Flyka, asserì all’indirizzo della sua donna: “Riposerai tutto il tempo che vorrai, Ragnhild. Hai sentito il re… abbiamo giorni interi, forse settimane, prima di dover ripresentarci gioco forza qui a palazzo.”

Guardando poi i suoi amici, aggiunse: “Quanto a voi, spero vorrete essere nostri ospiti per tutto il tempo che riterrete piacevole.”

Fenrir, pur grato per l’invito, scrutò un istante i suoi figli prima di dire: “Attenderemo che Surtr abbia sbrigato le sue faccende, poi ripartiremo quanto prima attraverso il varco di Bifröst. Sono in pensiero per Avya, perciò vorrei rientrare quanto prima su Midghardr.”

“Ti capisco, e non vi tratterrò oltre, allora” assentì Sthiggar, allungando una mano verso il dio-lupo. “Ringraziarvi mi sembra riduttivo ma, in mancanza d’altro, sappiate che sarò sempre vostro debitore. Potrete sempre contare su di me, per qualsiasi cosa.”

Fenrir assentì nel replicare alla stretta dopodiché, scrutando il volto ormai provato di Ragnhild, aggiunse: “Raggiungeremo tuo fratello per dirgli che stai bene. Hai un messaggio per lui?”

La giovane gli sorrise grata ma scosse il capo e replicò: “Fategli solo sapere che sto bene. Basterà. Ci eravamo già detti tutto il necessario prima di separarci.”

“Spero sinceramente di potervi rivedere in momenti migliori” terminò di dire Sthiggar, prendendo in braccio un’ormai provata Ragnhild che, con un ultimo sbadiglio, si lasciò crollare contro la sua spalla. “E’ ormai tempo che le trovi un letto in cui riposare. Usare l’energia dell’Elsa senza aver mai sperimentato prima un simile potere deve essere stato devastante, per lei.”

“Occupati della tua compagna come è giusto che sia” assentì Fenrir, dando una carezza al capo di Ragnhild al pari di un padre con la propria figlia. “E’ tempo per entrambi di raccogliere i frutti del vostro operato, così come lo è per noi quello di tornare.”

Detto ciò, Fenrir, Hati e Sköll si allontanarono per raggiungere Surtr e Sthiggar, nell’osservarli con sguardo grato, mormorò: “Abbiamo davvero cambiato le carte in tavola.”

“Se ne parlerà nei millenni a venire” annuì Snorri, dandogli una pacca sulla spalla prima di sorridere a una insonnolita Ragnhild. “Ma ora, è meglio andare. Ancora non sappiamo se casa nostra è stata colpita dall’attacco.”

Annuendo al padre, Sthiggar scrutò Thrym e Flyka prima di dire: “Il re vi concederà la grazia ma, almeno per il momento, penso che avrà ben altro a cui pensare. Rimarrete da noi finché sarà il tempo.”

I due muspell assentirono grati e, mentre il sole lentamente si faceva largo tra le guglie scure dei monti, il gruppo di Sthiggar si allontanò con passo leggero dal palazzo reale.

***

Per quanto distruzione e morte avessero colpito il Portale di Bifröst, l’entrata per il regno di Midghardr era ancora in piedi e Surtr, dopo un’ultima stretta di mano a Fenrir, dichiarò: “Sarete sempre i benvenuti, qualora desideraste tornare in momenti più consoni. Per parte mia, consideratemi vostro debitore. Ciò che avete fatto per il mio regno si narrerà nei tempi a venire e il buon nome della tua famiglia, Fenrir, verrà riabilitato per i posteri.”

“Mi basta sapere che la nostra missione è andata a buon fine. Il resto, possiamo lasciarlo in mano al Fato” dichiarò semplicemente Fenrir. “Torniamo con la serenità nel cuore, sapendo che Muspellheimr è in pace e che i suoi assalitori si guarderanno bene dall’attaccarvi, ora che la Spada Fiammeggiante vive.”

Surtr assentì divertito, scoppiò in un’allegra risata e chiosò: “E io che ho fatto di tutto per liberarmi di quel ragazzo! Ora dovrò tenermelo ben stretto, invece!”

Fenrir rise la pari dei figli e, dopo un ultimo saluto di commiato, prese la via del Bifröst, lasciando che un’intensa luce dorata li investisse, riportandoli in un battito di ciglia su suolo terrestre.

Quando infine emersero nel sud della Svezia, al riparo dagli sguardi dei curiosi grazie alla notte che avvolgeva quelle lande e a un cielo senza luna, Fenrir scrutò i propri figli con dolente rimpianto e, nel carezzare i loro volti di giovani uomini, mormorò: “E’ tempo di rientrare. In tutti i sensi. Ma sono lieto di aver potuto passare questi momenti assieme a voi, figli miei.”

Hati e Sköll annuirono orgogliosi e, senza dire nulla, abbracciarono con vigore il padre per imprimere nelle loro memorie la sensazione della sua forza, del suo profumo, del suo amore incondizionato.

Il Dio della Distruzione che tanto aveva terrorizzato i popoli e gli dèi era divenuto uomo per amore, si era battuto fino allo stremo per la sua famiglia e, come ultimo disperato tentativo di salvarli, aveva donato se stesso per loro.

Quale altro figlio avrebbe potuto dirsi più amato, più desiderato, più protetto di loro?

Quando infine i due giovani lupi si scostarono dal padre, Hati disse: “Torniamo dalla mamma.”

Fenrir e Sköll assentirono e, riprese forme di lupo, si confusero con la notte divenendo spettri, mescolandosi alla natura circostante e calpestando l’antico suolo in cui, in tempi immemori, dèi e demoni avevano dominato.

Fu una lunga cavalcata verso nord, mantenendosi sempre al limitare dei boschi, nascosti agli occhi dei curiosi o alle tecnologie più avanzate degli umani, protetti dal potere del sangue ancestrale di Fenrir e dai doni di Loki.

Per quanto Fenrir potesse disprezzare il padre, era pur sempre suo figlio e, nel corso dei millenni, le sue abilità gli erano divenute proprie, consentendogli di compiere le malie che lo avevano tenuto al sicuro dagli sguardi degli umani.

Solo per Avya aveva ceduto al desiderio di essere veramente visto e, a cagion di ciò, aveva potuto sperimentare il sentimento dell’amore, così come della perdita.

Ora, in quelle lande a lui straniere, in compagnia dei suoi figli, sorrise nel pensare a quanto, quella sua vita travagliata, gli avesse comunque donato e, tra sé, comprese di non essere pentito di nulla.

Sono lieto che tu lo pensi, figliolo.

“Mi hai tolto molto, Madre, ma ho anche avuto molto. Ora lo so per certo” rispose senza animosità il dio, rallentando l’andatura quando si ritrovarono in prossimità delle foreste di betulle nei pressi di Luleå.

Madre non rispose, ma in fondo non ve n’era bisogno. Le parole di Fenrir racchiudevano in sé ogni risposta.

Bloccando il proprio passo nell’approssimarsi alle prime case, Fenrir infine disse: “E’ tempo di tornare, Brianna. Come stai?”

Sono un po’ intorpidita, ma molto orgogliosa di te. E ora potrò vantarmi finché campo perché potrò dire di essere stata anche su Muspellheimr.

Fenrir rise di quelle ultime parole e, nel lasciare che Brianna riemergesse, le mormorò un ‘grazie’ di puro cuore prima di tornare nel suo angolo preferito, nella mente iperattiva della sua umana.

Parimenti, Jerome e Lance riemersero dai corpi di Hati e Sköll e, quando Brianna poggiò nuovamente lo sguardo sui membri della sua Triade, sorrise e mormorò roca: “Stavolta è stata dura.”

“Quando è comparso Lafhey, ho avuto davvero paura… ma Sthiggar e Ragnhild sono stati davvero grandi. In tutti i sensi” chiosò Jerome, accucciandosi a terra per fare un po’ di stretching. “Wow… non avevo mai passato così tanto tempo fuori dal mio corpo, e ora mi sembra che un TIR mi abbia investito.”

“Non lo dire a me!” esalò Lance, stiracchiandosi le braccia prima di sorridere a Brianna, che sembrava essere la più in forma tra loro. “Ora capisco perché tu e Fenrir vi allenate tanto a darvi il cambio.”

“Non si può mai sapere quando un casino inenarrabile può capitarti addosso” scrollò le spalle Brianna prima di socchiudere gli occhi e concentrarsi sulla presenza di Duncan, che avvertiva netta come un lampo nella notte. “Ehi… tutto bene?”

“Brie! Siete tornati! E lo chiedi a me, se va tutto bene?” esclamò sorpreso Duncan.

“Su Muspellheimr abbiamo avvertito l’energia di Avya, e Fenrir si è preoccupato molto. Puoi dirmi cos’è successo?”

“Caspita! Si è sentita fin lì? Beh, ti racconterò tutto quando ci vedremo. Immagino abbiate bisogno di abiti, per venire a Luleå. Rimanete lì dove siete. Ti rintraccerò con la tua aura e, in breve, vi porterò tutto.”

“Tu, comunque, stai bene, vero?” domandò ancora Brianna, non del tutto pacificata.

Lui allora rise dolcemente e replicò: “Sei tu che sei andata in guerra su un altro pianeta, non certo io.”

“Beh, la faccenda della guerra è opinabile, almeno a detta del mio alter ego. Quel che ha percepito Fenrir era spaventoso.”

“Come ti ho detto, ti spiegherò tutto.”

Sospirando, Brianna si scollegò, sapendo bene che Duncan non avrebbe aggiunto altro quindi si sedette su un masso ricoperto di muschio e mormorò: “A quanto pare, ci sono stati problemi anche qui, o Magnus non avrebbe mai chiamato Duncan.”

“Ecco perché mi sembrava di percepire l’aura del nostro amico orsetto!” esclamò sorpreso Jerome prima di ghignare e aggiungere: “Non voleva rimanere fuori dai giochi, eh?”

“Se questi li chiami giochi…” borbottò Brianna, passandosi una mano sul volto con aria esasperata.

Jerome scoppiò a ridere di fronte alla sua espressione e Brianna, nonostante tutto, sorrise. In fondo, le cose erano tornate quelle di sempre. Jerome la esasperava, Lance tentava di essere il pacere tra loro due e lei sbarellava comunque.

Niente di strano. Tutto andava bene, dopotutto.

***

Dopo aver ricevuto da Sarah abbastanza abiti per poter riprendere sembianze umane e potersi presentare a casa dei Thomasson, Brianna, Lance e Jerome salirono in auto con Bjorn, che aveva accompagnato la lupa all’imbocco della foresta.

Nel riconoscere in Bjorn uno degli zii di Magnus, Brianna domandò subito: “Allora… com’è andata, qui?”

“Meglio del previsto… e peggio. Magnus è devastato all’idea di essersi imposto con la forza ma, visto che dall’altra parte non si sono sentite ragioni, non c’è stato modo di evitarlo. Il capoclan aveva torturato diversi suoi famigliari e, quanto a Ragnhild, beh…”

Bjorn tentennò un momento e Brianna, presagendo un poco gradevole seguito della storia, si affrettò a dire: “Non ho bisogno dei particolari, non temere. Il solo fatto che abbiano trasgredito le vostre regole riguardanti le punizioni a un membro della famiglia, mi fa capire quanto la cosa si sia spinta oltre.”

Annuendo torvo, il berserkr aggiunse: “Avya ha tolto i poteri a coloro i quali si sono macchiati di tortura e il capoclan è stato destituito. Ora, a guidare il branco è temporaneamente Magnus ma, prima di andarcene da qui, eleggeremo un nuovo capobranco.”

“Come l’hanno presa, gli altri berserkir?” si informò a quel punto Lance, turbato da quella concatenazione di eventi traumatici.

Un simile putiferio non avveniva mai in pace e serenità e non era scontato che, all’atto della loro partenza, tutto non tornasse come in precedenza.

Bjorn però lo rasserenò subito, asserendo: “A quanto pare, ciò che è stato fatto a Ragnhild ha scosso molti berserkir che, evidentemente, tenevano in grande considerazione la ragazza. Questo ha impedito ogni tipo di rappresaglia. Pur se le regole d’ingaggio sono state rispettate pienamente, e perciò non avrebbe dovuto succedere in ogni caso, avere dalla nostra parte il rispetto dei berserkir nei confronti di Ragnhild ha aiutato molto.”

Brianna ripensò alla donna-orso che avevano lasciato poche ore prima, alla fierezza con cui aveva combattuto, allo sprezzo del pericolo dimostrato nonostante si trovasse su un pianeta del tutto sconosciuto, e utilizzando poteri che mai aveva usato in vita sua.

Aveva dimostrato coi fatti, oltre che con le parole, di essere un’autentica guerriera, una leader nata, una donna da seguire con ardore, e questo suo ardimento doveva essere giunto a toccare anche gli animi dei berserkir più conservatori.

Forse, a Ragnhild avrebbe anche fatto piacere saperlo, ma dubitava che in quel momento ne avrebbe tratto alcuna soddisfazione.

Brianna non dubitava che, al momento, il ricordo del suo clan le procurasse ancora troppo dolore. Un domani, probabilmente, le sarebbe piaciuto conoscere anche questa parte della storia, ma non certo ora.

Quando infine raggiunsero casa Thomasson, Brianna scese in fretta dalla jeep non appena vide Nathan e Hannah giocare nell’antistante giardino in compagnia di Mattias e, sorridente, li avvicinò di corsa per poi avvolgerli tra le braccia.

“Mamma!” strillarono in coro i due bambini, stringendosi a lei e baciandola ripetutamente mentre Brianna faceva lo stesso con loro.

Sulla porta di casa, Duncan si affacciò per sorridere a quella vista e, mentre Lance e Jerome lo raggiungevano assieme a Sarah e Bjorn, lui domandò: “Tutto bene, dall’altro lato dell’universo?”

“Abbiamo fatto la nostra parte… ma tu che hai combinato, con Avya? Papà ha quasi dato di matto!” ironizzò Jerome, indicando poi con un dito Brianna che, in quel momento, stava sollevando su ciascun braccio i figli per poter entrare in casa assieme a loro.

Duncan abbozzò un sorriso e replicò: “Vi racconterò tutto più tardi. Ora venite dentro… e non farsi sentire da Brianna a chiamarla papà, se non vuoi che ti spelli vivo.”

Jerome ghignò in risposta, ma non promise nulla.

I tre Gerarchi, dopo quel breve scambio di battute, si mossero quasi all’unisono per entrare e, mentre Brianna li raggiungeva, Mattias colse l’occasione per chiederle: “Come sta Ragnhild?”

Lei gli sorrise dolcemente, asserendo: “Sta benissimo, anche se è stanca e provata dalla battaglia. Mi ha detto di dirti che lei sta ottimamente e che non avrà problemi ad adattarsi a quel nuovo mondo. Pensava che ti sarebbe bastato sapere questo, ma posso dirti anche altro, se vuoi.”

Mattias, però, scosse il capo e replicò: “Ho visto come la trattava Sthiggar, e come anche suo padre l’ha accolta. Mi basta. E’ con persone che le vorranno per sempre bene.”

Perdendo il suo sorriso, Brianna poggiò a terra Nathan e Hannah non appena furono entro le mura di casa e, abbracciando stretto Mattias, mormorò: “Anche tu le vorrai per sempr bene e, anche a così grande distanza, lei sentirà in ogni momento il tuo amore.”

Lui assentì grato, lasciando che il calore di Brianna lo avvolgesse e, quando anche Nathan e Hannah si unirono a quell’abbraccio – forse avvertendo la necessità di rendersi utili – trovò anche la forza di sorridere.

La sorella gli sarebbe mancata immensamente, ma ora era dove avrebbe sempre dovuto essere stata. Elsa della Spada Fiammeggiante, compagna di Sthiggar, fedele suddita muspell.

***

Brianna fece tanto d’occhi, dopo aver scoperto cosa avesse causato l’onda di energia che aveva attraversato i Mondi fino a raggiungere Fenrir su Muspellheimr e Duncan, nel sorriderle divertito, asserì: “Alla fine dell’opera, Avya era devastata ma, sotto sotto, credo si sia anche divertita. Ora sta riposando saporitamente ma, poco prima di sentirla assopirsi, mi è sembrata soddisfatta dell’operato svolto.”

Credo abbia sempre desiderato snudare le armi contro Odino, nonostante i propositi di pace che l’hanno sempre guidata, chiosò Fenrir, facendo sorridere Brianna.

“Ci piaccia o meno ricordarlo, lui le aveva tolto il suo grande amore e, per quanto aperta di idee possa essere sempre stata, certe ferite non si cancellano facilmente”, sottolineò Brianna per poi guardare Magnus, che sedeva su una poltrona sul fondo del salone e, silente, osservava le ombre lunghe nel giardino e l’approssimarsi della notte.

Sul suo volto erano evidenti i segni dell’affaticamento dovuto al combattimento svoltosi poco tempo prima ma, altresì, anche la ferita lasciata dall’aver dovuto imporsi con la forza.

Lui, che da sempre aveva cercato di evitare lo scontro, si era visto costretto non soltanto a punire i genitori di un ragazzo innocente, ma a imporsi a suon di pugni per poter riabilitare il nome della propria razza. Non faceva specie che fosse turbato.

“Ehi, là dentro… come va?” mormorò Brianna, tentando un approccio.

Magnus sobbalzò di sorpresa e, nel volgersi per osservarla, accennò un sorriso prima di tornare a osservare il giardino.

Scusandosi con i presenti, quindi, Brianna si alzò in piedi, subito seguita da Hannah, e si diresse verso Magnus con l’intento di parlargli. Chiestogli poi un incontro privato, attese che il giovane berserks si elevasse dalla poltrona dopodiché, seguitolo fuori casa, raggiunsero insieme un piccolo gazebo e lì, consolatoria, Brianna disse: “Niente di ciò che hai fatto è stato sbagliato.”

Hannah allungò le braccia per farsi accogliere dall’abbraccio di Magnus proprio mentre lui cedeva alle lacrime e, demoralizzato, il giovane si strinse al petto la bambina e mormorò: “Perché ho dovuto agire con la forza? Perché non hanno compreso i loro errori prima che si arrivasse a questo?!”

Carezzandogli dolcemente il viso, sul volto un sorriso dolente e che sapeva di occasioni perdute, di morti ingiuste e di decisioni terribili prese nel corso degli anni, Brianna confessò con candore: “Perché niente è perfetto, Magnus. Siamo tutti fallibili, tutti commettiamo errori e, dove possiamo, cerchiamo di rimediare. A volte, però, proprio non si può, e allora dobbiamo distruggere tutto dalle fondamenta per poter ripartire, si spera più forti e più saggi di prima.”

“No lacrime, Magnus” mormorò addolorata Hannah, cancellando le sue lacrime con le dita paffute prima di stringerlo forte al collo e nascondere il viso contro la sua spalla.

“Oh, Hannah…” singhiozzò Magnus, stringendola maggiormente a sé mentre Brianna faceva lo stesso con lui. “Brianna, io…”

“E’ giusto che tu pianga, Magnus, anche se Hannah è triste nel vederti giù di corda, perché sei un ragazzo buono, con un cuore grande, a cui è stata data in sorte una missione enorme da svolgere. Nulla si può risolvere in un batter di ciglio, ogni cosa richiede il suo tempo e, spesso, si inciampa durante il percorso…” sussurrò dolcemente la donna, cullandolo come meglio le riuscì, vista l’evidente differenza di statura e stazza. “… nel tuo caso, però, gli inciampi ti potranno sembrare abnormi, difficili da sopportare. Sappi comunque questo; noi siamo con te, noi crediamo in te e, come è avvenuto oggi, sarà così anche domani. E domani ancora.”

“Non volevo danneggiare nessuno, ma ciò che hanno fatto i genitori di Mattias era davvero troppo…” singhiozzò Magnus, piegandosi in avanti fino a crollare in ginocchio, accompagnato in quella caduta controllata da Brianna, che gli strinse il capo contro i seni per poi baciargli i capelli con calore.

“Lo so, tesoro, lo so…” mormorò lei, annuendo più e più volte. “Molte morti mi accompagnano da tempo, Magnus, e alcune di loro sono difficili da sopportare, ma ho anche avuto molto, dalla vita.”

Nel dirlo, sorrise a Hannah, che diede un bacetto a Magnus prima di scivolare via e correre in casa.

Rimasti soli, i due si strinsero in un abbraccio più completo e Magnus, con un singhiozzo addolorato, ansimò: “E’ così difficile, Brianna! E’ così… pesante!”

Lei assentì ancora e ancora finché, sorpresa, non avvertì il tocco di Nathan, nuovamente quello di Hannah e, sorprendentemente, quello di Mattias che, all’unisono, si strinsero a Magnus formando una sorta di scudo. Scudo che, nelle loro infantili intenzioni, fu eretto per proteggerlo da ogni male, da ogni dolore.

Magnus, allora, allargò le braccia per avvolgerli strettamente a sé e a quel punto Brianna, sollevandosi in piedi, li lasciò soli per rientrare in casa dove Sonja, la zia di Mattias, le sorrise mormorando: “Era così abbattuto, dopo il termine dell’Ordalia, che ho temuto per la sua salute. Ora, però, sembra essersi ripreso.”

“Magnus ha un cuore grande, e questo comporta anche grandi dolori, quando si devono prendere decisioni difficili, ma ora che li vedo insieme so che tutto andrà per il meglio. La nuova generazione, forse, saprà evitare gli errori che compirono i nostri predecessori e che noi stessi compimmo agli albori del nostro dominio” asserì Brianna, meditabonda.

Sonja assentì grave e, assieme a Brianna, rientrarono in casa, lasciando che la notte avvolgesse i giovani ancora strettamente abbracciati tra loro.

Il dolore di ognuno si curava in modo diverso, e quei ragazzi avevano trovato la loro strada, il loro sistema per curare le rispettive incertezze. Era giusto lasciare che se la cavassero con le proprie forze poiché, presto o tardi, sarebbero stati soli, a camminare verso il futuro.

Nel rientrare in salotto, Brianna si strinse a Duncan che, dopo averle baciato una guancia, mormorò: “Come sta?”

“Starà bene” assentì lei.

“E tu?”

“Mai stata meglio” gli sorrise lei, accoccolandosi sulle sue ginocchia e lasciando che l’aura del marito la avvolgesse completamente.

Erano passati anni dal loro primo incontro, dalla prima vita che aveva strappato i legami col suo passato e la prima che si erano reciprocamente salvati, eppure comprendeva ancora più che bene come si sentisse Magnus.

Ogni loro azione avrebbe sempre comportato pesi da portare, cicatrici da rimarginare, dolore da sopportare e cancellare, poiché detenevano poteri inimmaginabili e di difficile gestione.

Ma, proprio perché era già passata in quel particolare tritacarne emotivo, sapeva che anche il giovane amico si sarebbe ripreso e forse, un domani, avrebbe avuto in dono le stesse gioie che aveva ricevuto lei.

 

 

 

 

N.d.A.: siamo quasi alla fine di questa avventura… spero che la soluzione di ogni cosa abbia risolto i quesiti fin qui sollevati e vi abbia concesso qualche momento di serenità.

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Licantropi / Vai alla pagina dell'autore: Mary P_Stark