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Autore: Milly_Sunshine    15/11/2022    3 recensioni
Novembre 2002: al termine di una serata con gli amici, Mark ha un appuntamento con la fidanzata Ellen, ma lei rimane ad attenderlo invano, senza ricevere sue notizie. Il giorno dopo, l'amara realtà: è stato brutalmente assassinato, mentre si trovava in un luogo in cui già fu consumato un atroce delitto. Il mistero legato alla sua morte non viene svelato, ma provoca la morte di altre persone. Novembre 2022: a vent'anni di distanza, Ellen e gli amici di Mark si ritrovano di nuovo nel loro paese natale per commemorarne la scomparsa, senza sapere che chi ha già ucciso vent'anni prima è ancora in agguato. Li aspetta un mistero fatto di lettere anonime, identità scambiate e intrighi di varia natura. // Scritta nel 2022/23, ma ispirata a un lavoro adolescenziale.
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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[30 ottobre]
Quando Ellen entrò in cucina, Janice era seduta al tavolo e sfogliava un giornale. Non si accorse di lei, fintanto che non la informò: «Ho già messo a posto le mie cose.»
Janice fece un cenno di assenso, senza staccare gli occhi dal quotidiano. Solo quando Ellen si sedette di fronte a lei, lo chiuse, lo piegò a metà e lo lanciò in direzione di una poltroncina situata contro la parete.
Il giornale urtò la poltrona e cadde a terra. Janice sbuffò, ma non si chinò a sistemarlo. Domandò, piuttosto, a Ellen: «Ci sono delle novità?»
Ellen scosse la testa.
«Nessuna. Tu, invece, hai qualcosa da raccontarmi?»
«Ieri sono andata a fare un giro al bar» la informò Janice. «Ho parlato con un uomo e una donna, credo che lei sia la titolare.»
«Patricia May Lynch?»
«Sì, mi pare si chiami Patricia. Il suo collega, invece, dovrebbe chiamarsi Ray.» «Non ce l'ho presente. Quando abitavo qui, il bar era del padre di Patricia e ci lavoravano insieme. Adesso il signor Lynch dovrebbe essere sulla settantina come minimo. Avrà ceduto l'attività a Patricia e sarà andato in pensione.»
«O magari sarà morto. Non ammazzato, altrimenti lo sapremmo.»
Ellen le scoccò un'occhiata di fuoco.
«Potresti almeno evitare il black humour?»
«Scusa, hai ragione» ammise Janice, «Non è molto elegante, specie considerato che ci hai perso un tuo ex ragazzo, qui a Goldtown.»
«Non è questione solo di Mark, la gente ha iniziato a morire così in fretta. Prima quel Will Mason, poi quella ragazza, Cindy...»
«Ne ho parlato con i due del bar. Mi sono fatta raccontare la loro versione dei fatti, come mi avevi suggerito tu.»
«E cosa ne è venuto fuori?»
«Niente.»
«Lo sospettavo.»
«Voglio dire, nessuna indiscrezione, nessuna idea su cosa sia davvero accaduto. Ci sono misteri che non vengono risolti per omertà o per menefreghismo. Qui, invece, sembra proprio che la gente non abbia la più pallida idea di cosa sia successo.»
«Sono passati vent'anni dal 2002, ma le cose non sono cambiate» realizzò Ellen. «Nessun indizio, nessun sospetto, solo gente che spera che chi ha colpito vent'anni fa ormai non abbia più intenzione di tornare a Goldtown.»
«Sempre ammesso che l'assassino non sia ancora a Goldtown.»
«O che ci abbia mai vissuto almeno ai tempi.»
«Dici che veniva qui solo per uccidere?»
«Dico che non è detto che abitasse qui in paese.»
«A proposito di gente che abitava qui in paese, ho parlato anche con Roger Callahan, l'altro giorno. È venuto qui, non so per quale motivo.»
Roger Callahan era il padrone di casa. Ellen non aveva ancora avuto l'occasione di incontrarlo.
«Gli hai chiesto il suo pensiero sui delitti di Goldtown?»
«Sì, ma non ha saputo darmi nemmeno una sua opinione. Non abitava a Goldtown quando quella gente fu uccisa, ma in un'altra cittadina qui nei dintorni. Non ricordo esattamente dove, anche se sono sicura che me l'abbia detto. Comunque si è trasferito a Goldtown mi pare tredici anni fa e ha posseduto per alcuni anni uno studio fotografico, quando abitava qua. È già da tempo che ha venduto l'attività a un tizio che si chiama Blackstone, uno molto più giovane di lui, che avrà più o meno la tua età.»
Ellen spalancò gli occhi.
«Steve?»
«Non so come si chiami questo Blackstone di nome. Lo conosci?»
«È un altro mio ex ragazzo.» Prima che Janice facesse battute squallide, Ellen precisò: «È un mio ex che non hanno ammazzato.»
Janice non ebbe il coraggio di replicare. Rimasero entrambe in silenzio per qualche istante, infine la sua coinquilina cercò di cambiare discorso.
«Così hai detto a Judith?»
«In che senso?»
«Che scusa hai usato con tua figlia? Come le hai spiegato che dovevi venire a Goldtown e rimanerci?»
«Le ho detto la verità, che sono venuta per motivi di lavoro, che lei nel frattempo starà a casa con il padre e che cercherò di andare a trovarla il più spesso possibile» chiarì Ellen. «Non le ho specificato per filo e per segno cosa deve fare, né glielo racconterà Brian, ma se mi stai chiedendo se sa dei delitti, allora sì, Judith sa dei delitti, anche se non tutto nel dettaglio. Per esempio, non sa che uno dei morti era il mio ragazzo.»
«Le hai raccontato tu degli omicidi?»
«Cos'altro potevo fare? Mia figlia ha quattordici anni. Guarda la TV, usa internet, prima o poi l'avrebbe scoperto da sola.»
«Hai ragione, non ci avevo pensato» fu costretta ad ammettere Janice. «Al giorno d'oggi è letteralmente impossibile tenere i ragazzini sotto una cappa di vetro. Meno male che non ho mai avuto figli, altrimenti non saprei come gestirli.»
«Il tuo ex, Dylan, invece, un figlio l'ha avuto, giusto?»
«Una figlia, perché?»
«Mi avevi detto che aveva sposato una ragazza di Goldtown, o sbaglio?»
«Sì, si è sposato circa dodici anni fa con una certa Lydia. Hanno avuto un figlio un paio d'anni prima dell'incidente.»
«Lydia? Che sia la cugina di Steve?»
Janice ridacchiò.
«Certo che il mondo è proprio piccolo.»
«Non sono sicura che sia quella Lydia.»
«Quella Lydia aveva un'amica che si chiamava Meredith Taylor, che tu sappia?»
«Sì.»
«Allora è lei. Meredith è la donna che era in macchina con Dylan, quando successe quello che sai.»
«Morì anche lei, vero?»
«Sì, sul colpo, proprio come Dylan. Da quanto ne so, Meredith lavorava vicino a casa di Dylan e si era offerto di accompagnarla al lavoro.»
«Me la ricordo, vagamente. Penso avesse un anno o due meno di me, andava ancora alle superiori quando abitavo a Goldtown. Non le ho mai parlato, ma so che era una cara amica di Lydia... e non solo amica sua. Si frequentavano anche con la Spencer, quella che fu uccisa.»
«Insomma, tutti a Goldtown hanno conosciuto almeno una delle persone che sono state uccise, se non di più.»
«Triste a dirsi, ma è più o meno così.»
«Ammiro il tuo coraggio.»
«Cosa vuoi dire?»
«In pochi avrebbero cercato di tornare. Avresti potuto mandare Brian, sbaglio o avevano proposto a lui questo ruolo?»
«Brian non è mai vissuto a Goldtown» puntualizzò Ellen. «Io c'ero dentro fino al collo, in quei giorni bui. Ero stata con Mark, dovevo vederlo la sera stessa in cui l'hanno ammazzato, ho iniziato a ricevere quelle lettere...»
«Lettere?»
Ellen realizzò solo in quel momento di non averle nemmeno accennato all'argomento.
«Sì, lettere da parte di una persona che sosteneva di tenerci a me e di volermi rassicurare. Si firmava Mabel.»
«Non ne ho mai sentito parlare. Sembra che gli inquirenti non si siano mai lasciati sfuggire questo dettaglio con la stampa.»
«Non ho detto a nessuno delle lettere.»
«Hai ricevuto delle lettere anonime dopo l'omicidio del tuo ragazzo e hai fatto finta di nulla?»
«Non erano anonime» chiarì Ellen. «La persona che mi scriveva si firmava Mabel. Solo, non ho mai conosciuto nessuna che portasse quel nome. E il testo delle lettere non era assolutamente da denuncia. Sembrava che a scrivermi fosse una persona che ci teneva a me, che mi voleva bene.»
«Eppure non si è mai fatta viva» osservò Janice. «È strano, non trovi?»
«Sì, forse sì.»
«Quante lettere erano in totale?»
«Sei.»
«E poi ha smesso?»
«Esatto, poi ha smesso.»
«Strano. Prima ti scrive, poi sparisce nel nulla. Possibile che si trattasse di uno scherzo e che la persona che ti mandava le lettere abbia pensato fosse meglio non scriverti più per evitare di finire erroneamente invischiata nella storia degli omicidi?»
«Non saprei. Perché qualcuno avrebbe dovuto farmi uno scherzo? La prima lettera è arrivata quando ancora non conoscevo quasi nessuno. Dopo mi sono attirata delle antipatie, questo sì, ma a quei tempi non ancora.»
«Antipatie legate a cosa?»
Ellen abbassò lo sguardo.
«Ti dirò le cose come stanno. La morte di Mark, in quel modo poi, fu un grosso trauma, per me. Tuttavia quel ragazzo non era certo il grande amore della mia vita. Ci stavo insieme perché era abbastanza attraente ed era bravo a letto, o almeno così mi sembrava dato che prima di lui non avevo mai fatto sesso con altri. Avevo solo diciannove anni, non cercavo nulla di più, ai tempi.»
«E poi?»
«Poi ho conosciuto uno dei suoi amici. Mi ha colpita fin da subito. Sapevo che molta gente non avrebbe capito, se mi ci fossi messa insieme, ma al cuore non si comanda... e alla vagina nemmeno.»
«Quindi, se ho ben capito, hai conosciuto questo Steve e all'improvviso ti sei accorta che il grande amore della tua vita ce l'avevi davanti.»
«Più o meno, anche se al giorno d'oggi lo definirei un amore adolescenziale. Come puoi immaginare, quando mi sono messa insieme a lui, così poco tempo dopo il delitto, la gente ha iniziato a parlare male di me.»
«Com'è finita tra voi?»
«Le cose non sono andate bene, alla fine. Mi sono anche presa una sbandata per un altro, ma non c'entra niente con i delitti di Goldtown. A quei tempi l'assassino aveva già smesso di colpire da un bel po'. Torniamo a Mabel, perché c'è dell'altro.»
«Ovvero?»
«Ovvero questa Mabel mi ha contattata qualche tempo fa su Forever Net.»
«Ha un profilo su Forever Net? Quindi esiste davvero?»
«Sarà un profilo creato con un'identità falsa, sicuramente in qualche posto dove c'è la rete libera. Mabel non voleva farsi trovare vent'anni e fa e non vuole farsi trovare nemmeno adesso. Mi ha mandato dei messaggi, però. È riuscita a trovarmi, nonostante, entrando raramente nel profilo, io non abbia mai modificato il mio nome neanche dopo il divorzio. Mabel mi conosceva come Ellen Jefferson, ma mi ha trovata anche sotto il nome di Ellen Hicks.»
«Cosa c'era scritto in quei messaggi?»
«Diceva che dovevo tornare a Goldtown e scoprire cosa fosse successo a Mark e a tutti gli altri.»
«È per questo che ti sei fatta affidare l'incarico che il vostro capo aveva proposito a Brian?»
«Diciamo di sì.»
«Secondo me è stata una pazzia» replicò Janice, secca. «Dovresti rivolgerti alla polizia postale, cercare di scoprire chi ti ha contattata su Forever Net...»
«No, non posso» obiettò Ellen. «Rischierei di far finire nei casini una persona che, con tutta probabilità, sta solo chiedendo il mio aiuto. Inoltre la stessa Mabel potrebbe aiutare me.»
Janice sospirò.
«Come vuoi. Chi sono io per cercare di portarti sulla retta via?»
«Hai già fatto abbastanza proponendomi di venire qui.»
«Mi faceva comodo qualcuno con cui dividermi le spese.»
«E a me fa comodo una coinquilina che possa fare qualche domanda in giro per conto mio senza destare sospetti. Come puoi immaginare, non posso mettermi a rievocare i delitti di Goldtown con gente che pensa che tutto ciò che dovrei fare è scappare a gambe levate il più lontano possibile da qui e cercare di dimenticare.»
«C'è qualcosa che puoi fare in prima persona?»
Ellen rifletté qualche istante. Poteva parlarle apertamente della pista che aveva seguito lontano da Goldtown?
Decise di accennare qualcosa, ma di non spingersi troppo oltre.
«Ho scoperto che molti anni fa, ben prima del 2002, qualcuno aveva tentato di ammazzare la madre di una delle vittime.»
Janice strabuzzò gli occhi.
«Qui a Goldtown?»
«No, non abitava a Goldtown, ai tempi. Tutt'altro contesto e tutt'altra situazione, ma mi viene il dubbio che non sia ancora stato ben identificato il punto di partenza. Così come quando Mark venne ucciso e nessuno pensava ci fosse collegamento con la morte di Linda Miller, nessuno ha mai ipotizzato che nemmeno la morte di Linda Miller fosse davvero l'inizio. Io parto da qui.»
   
 
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