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Autore: drisinil    16/11/2022    4 recensioni
[kurotsuki] [nospoiler] [canonverse] [long: 2 capitoli/settimana]
«Signor è-solo-un-club sei senza parole?» lo provoca Kuroo. «Vuoi che brindi io per te? Però poi bevi tu!»
«Okay, ma solo se il brindisi mi piace» risponde Kei con arroganza, spingendosi gli occhiali sul naso.
Kuroo storce le labbra e si riprende la bottiglia, strappandola a Kei. «E' una sfida?»
«Se vuoi...»
Kuroo distende lentamente il braccio verso Kei, con la bottiglia in mano. Si schiarisce la voce e tenta di scostarsi dalla fronte il ciuffo di capelli, che però ricade subito al suo posto. «Al muro perfetto, che ferma la palla, la devia, la smorza o la costringe. Obbliga le traiettorie, crea pressione e controlla il gioco.»
Kei sorride, gli strappa la bottiglia e beve d'impeto.
E' il vino più buono che abbia mai bevuto, forse il più buono che berrà mai.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kei Tsukishima, Tetsurou Kuroo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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31 - Dire, fare, baciare



20 novembre 2012
 

«Allora Yamaguchi-kun, non hai niente da dire al tuo senpai?» la voce di Sugawara è suadente mentre arriva da dietro e circonda con il braccio le spalle di Tadashi, infilandosi fra lui e Kei che camminano in discesa. Dietro di loro, un bel tramonto rosato inizia a scivolare giù dalle cime dei monti.

Stanno andando via da scuola insieme al resto della squadra, diretti al Sakanoshita, dove Daichi-san, che ha perso l'ennesima scommessa contro Suga-san, comprerà i nikuman per tutti.

«No, Suga-senpai... niente...cosa devo dirti?» 

Yama è sulla difensiva, Kei lo sente chiaramente nell'eccesso di convinzione che ha messo in quella risposta, tuttavia, continua a guardare davanti a sé, fingendosi disinteressato.

Gli altri camminano in gruppetti sparsi, più avanti o più indietro di loro.

«Ti do un indizio» prosegue Sugawara, piegandosi verso Tadashi, come se dovesse parlargli all'orecchio. «Venerdì scorso, dopo gli allenamenti...»

Il telefono di Kei vibra: sullo schermo compaiono una serie di foto dell'allenamento del Nekoma, due selfie di Kuroo, un dettaglio inutile delle sue scarpe nere e un'inquadratura, altrettanto inutile ma bellissima, della sua mano che tiene la palla rivolta verso il basso, con l'indice teso in avanti.

Tadashi sta scuotendo la testa. «Non so proprio di cosa parli Suga-senpai.» Le parole suonano evidentemente false.

Anche Sugawara se ne accorge e reagisce con una pacca sulla schiena che fa tossire Tadashi. «Ho capito: vuoi fare il misterioso» sorride. «Ma guarda che i senpai servono anche per questo genere di cose... sicuro sicuro di non volermi raccontare niente?»

«Sicurissimo.»

«Vuol dire che mi toccherà mettere sotto torchio Tsukki...»

Quando Kei mette a fuoco il proprio nome, si accorge di stare sorridendo come un cretino di fronte all'ultima foto. Coglie il movimento del braccio di Suga, pronto a sfilargli di mano il telefono, all'ultimo momento utile per premere il tasto di blocco ed evitare il peggio. Copre il sollievo con un'espressione infastidita. 

«Sugawara-san, meglio per te se non ci riprovi» ringhia, infilandosi il cellulare in tasca.

Il vice-capitano sbuffa, ma riparte subito all'attacco. «Quindi ci sono dei veri segreti lì dentro. Lo sai, Tsukishima-kun, che da un paio di giorni a questa parte non fai che guardare il telefono e sorridere?»

Kei reagisce con una smorfia annoiata, ma dentro di sé vorrebbe dare un paio di testate contro il muro più vicino. Come ha potuto essere così incauto, con quei pettegoli molesti sempre intorno?

«Cosa significherà mai?» continua Suga, rivolto a Yamaguchi, rimettendo il braccio intorno alle sue spalle.

Yama si infila le mani in tasca e affonda il viso nella sciarpa.

«Che persino lo spam del telefono è meglio che dare retta a voi» risponde Kei, col mento in alto e la solita espressione tagliente.

Per fortuna, sono già arrivati in fondo alla discesa. Tanaka sta armeggiando alla macchinetta delle bibite, Hinata e Nishinoya gli saltellano intorno, Kageyama regge con una mano la bicicletta di Hinata e con l'altra il telefono. Ennoshita e Kinoshita stanno entrando nel negozio.

Daichi e Azumane sono gli unici rimasti indietro. Guardano insieme un quaderno aperto e intanto parlano animatamente, indicando le pagine mentre camminano.

«Si sanno già le date del Senta*?» chiede Kei a Koushi.

[* NdA i Daigaku Nyūshi Sentā Shiken sono gli esami nazionali per l'ammissione all'università, che vengono somministrati ai diplomandi nelle stesse date in tutto il paese. A seconda del prestigio dell'università a cui si aspira si devono sostenere un certo numero di Senta di materie specifiche, superati i quali le università più prestigiose richiedono anche saggi, colloqui o esami interni. Non è possibile frequentare alcuna università se si falliscono i Senta.]

«Sono uscite giusto ieri: 14 e 15 gennaio.»

Cazzo. «La settimana subito dopo i nazionali?»

«Già. Speravamo nel weekend successivo. Ma hanno paura delle nevicate di fine mese, dopo quello che è successo l'anno scorso. Ma tu di che ti preoccupi? Ne hai di tempo prima dei Senta...»

Kei si stringe nelle spalle, ma intanto nella sua testa frullano due domande.

Primo: fra tante cose assurde, inutili e imbarazzanti che lo scemo scrive di continuo, possibile che non gli abbia detto le date dei Senta? Baka!

Secondo: si sarà organizzato con un programma di studi serio e calibrato con gli allenamenti e gli impegni del torneo? Avrà pensato di delegare almeno qualcosa a quelli del secondo anno? Figuriamoci.

No, le domande sono tre: come gestire la totale incompatibilità di questa linea di pensiero con il fondamentale proposito di non farsi coinvolgere troppo? Sul troppo gli viene da ridere, e anche da piangere.

«... Tsukki?» il gomito di Yama gli si pianta fra le costole.

Kei alza la testa di scatto «Sì?»

«Tsukishima, cosa vuoi da bere?» chiede Tanaka con gli occhi al cielo. Ha l'aria di uno che ha ripetuto già un paio di volte la domanda.

«Guarda che così se ne accorgono tutti...» sussurra Yama a bassa voce.

«Zitto Yama!»

Le solite scuse di Yama non arrivano, perché stavolta ha ragione.

«Allora, Tsukishima?» insiste Tanaka spazientito.

«Yogurt.»

«Perché non sei acido abbastanza» commenta Noya.

«Di sicuro è abbastanza distratto» chiosa Sugawara.

«Kageyama latte, giusto? Hinata?»

«Aranciata» risponde Kageyama. Hinata annuisce e si riprende la bici.

«Lasciala, la tengo io» ordina Kageyama, strattonando il manubrio. E' una gentilezza, ovviamente, ma ci tiene che sembri prepotenza.

«Okay» risponde Hinata, strofinandosi le mani e sorridendo non si sa bene di cosa. Mezzo secondo dopo sta di nuovo saltellando in giro.

«Capitano, Asahi, voi cosa volete da bere?»

«Caffè» risponde Daichi, mentre ripone il quaderno nella borsa.

«Tè» risponde Asahi. «Senza zucchero» aggiunge sottovoce. Sta cercando di perdere un paio di chili, ma non c'è bisogno che....

«Qualcuno si è messo a dieta!» urla Noya impietoso. Tanaka ride sguaiato.

Ennoshita e Kinoshita escono in quel momento, con i sacchetti di nikuman ancora caldi fra le mani. Per un minuto scarso si sente solo un riposante lavorio di mascelle.

«Ehi guardate qui che...» urla Nishinoya all'improvviso, sventolando il telefono di Hinata. Ha le guance gonfie e non sa se inghiottire o sputare fuori la parola mancante, insieme al ripieno dei panini.

Tanaka afferra il telefono e i suoi occhi diventano enormi. «Chi è? E' scesa dal cielo!»

«Boh!» ride Noya. «Chi è Shoyou? Perché hai la foto di questa strafiga nel telefono?»

Kageyama molla la bici contro il muro e afferra il telefono strappandolo a Tanaka. Inclina la testa. «Ha una mikasa come pendaglio sulla borsa. Gioca?»

Tanaka e Nishinoya lo guardano come fosse appena sceso da un ufo. «Kageyama, con quelle tette in primo piano, tu guardi la borsa... Chissenefrega se gioca!»

«E' un'amica di Kenma» risponde Hinata, con la bocca piena, riprendendosi il telefono.

«Dai qua!» Sugawara si fa passare il cellulare, con un gesto della mano aperta. «Bella ragazza davvero! Anche se a vedere la foto sembra più amica di Kuroo che di Kozume. Gli sta spiaccicata addosso» commenta, mostrandola a Daichi, la cui opinione si sintetizza in un fischio da carrettiere.

Kei alza la testa e ingoia a fatica il boccone.

«Sarà la famosa fidanzata che Kuroo-san non ha...» suggerisce Tanaka, calcando l'ultima parola. Nishinoya ride. 

La verità è che sono entrambi frustrati a morte e mostruosamente invidiosi. Kei lo sa benissimo, ma li prenderebbe comunque a calci volentieri.

«Fatemi vedere un po'» Kinoshita si avvicina. «Ah ma la conosco! E' Yosuke Mamimi. L'asso del Fukurodani femminile» spiega. «Tira delle bombe sulle diagonali che fanno paura. E' fortissima. E pare che sia anche brava a scuola e simpatica: si fa chiamare da tutti Mami-chan.»

Kinoshita è un esperto di volley liceale femminile, un hobby che coltiva con passione da quando è diventato abbastanza grande da apprezzare i vantaggi di stare a guardare dagli spalti dodici ragazze che saltano e corrono in calzoncini aderenti. 

«Tsukishima, sai se questa Mami è la ragazza di Kuroo?» domanda Sugawara, innocente, voltando lo schermo verso di lui.

«Ex» borbotta Kei, dando appena uno sguardo alla foto. Era meglio non rispondere affatto, ma temeva di fare una faccia troppo strana.

Koushi gli passa il telefono e Kei e guarda meglio: Kuroo è in mezzo fra Kozume e Mami, che gli poggia la testa sulla spalla e fa con entrambe le mani il segno di vittoria ai lati del viso.

Chissà cosa pensa di aver vinto, la stronza. Kei passa il cellulare a Yama, che si limita a una sbirciatina prima di restituirlo a Hinata.

«Ma è una festa?» si informa Kinoshita.

«La data è di tre giorni fa» osserva Ennoshita.

«Allora vedrai che è il famoso compleanno» dice Tanaka.

«Famoso?» Sugawara porge a Hinata un tovagliolo di carta e poi prende il sacchetto vuoto dalle mani di Ennoshita, iniziando a raccogliere le cartacce. «Perché famoso?»

«Kuroo-san compiva gli anni venerdì, o forse sabato. Ma fino all'ultimo non erano sicuri di fare la festa» risponde Tanaka.

«Come mai?»

«Credo che sia morta sua nonna qualche giorno fa.»

«Oh poveretto!» reagisce subito Nishinoya, che è attaccatissimo al nonno.

Kageyama tira un debole calcio col tallone al distributore di sigarette alle sue spalle. Hinata gli sfila dalle mani il cartone vuoto del latte con un gesto che somiglia a una carezza. Succede spesso, Kei lo nota tutte le volte.

«Però a quanto pare la festa l'hanno fatta, alla fine» osserva Azumane, che in tutto quel casino non è riuscito neanche a dare un'occhiatina a questa portentosa schiacciatrice del Fukurodani.

«Strano in effetti» commenta Daichi.

«Un po' di cattivo gusto» rincara Sugawara.

«Forse non erano così legati...» ipotizza Ennoshita.

«A me lui sembra il tipo che pensa solo a divertirsi» insinua Tanaka, ammiccando con le sopracciglia.

«...in buona compagnia, tra l'altro...» aggiunge Kinoshita, disegnando con le mani le curve di un corpo femminile.

Tutti gli altri imbecilli ridacchiano.

Kei respira molto lentamente. Ha i pugni stretti, le labbra livide per lo sforzo di tenerle chiuse, le orecchie paonazze che spuntano dal bordo della sciarpa.

«Non penso che possiamo giudicare i dolori degli altri» osserva pacato Yamaguchi.

Cala un silenzio improvviso e tutti si voltano a guardarlo stupiti: non è il tipo che si metta a sparare sentenze morali, specie se suonano come rimproveri. 

Lui continua placidamente a bere il suo frullato di banana. «Tra l'altro, mi pare di ricordare che Kuroo-san abiti con i nonni. Probabilmente è molto addolorato, ma non vuole farlo pesare alla sua squadra.»

Kei lascia andare il respiro e la tensione delle mani. Yama evita di guardare nella sua direzione.

«Yamaguchi ha ragione» decide Daichi, dando una sberla sulla nuca di Tanaka. «Basta fare gli idioti.»

Anche Suga annuisce. Nessuno si azzarda a contestare.

«Anzi, è meglio che ora ce ne andiamo tutti a casa» continua il capitano. «Si è fatto buio. Dai, via tutti» ordina, scacciandoli con le braccia come pollame. «Ci vediamo domani. Puntuali!»

Si salutano in fretta. Hinata e Kageyama imboccano di nuovo la salita verso la scuola. Lo sanno tutti dove stanno andando: in un parchetto vicino all'imbocco della provinciale, dove giocheranno almeno altre due ore.

Tutti quelli del secondo anno svoltano a sinistra al primo incrocio, per andare a casa di Tanaka, a studiare letteratura, perché il nuovo professore è un demonio.

Azumane risponde a una chiamata, mentre cammina spedito verso casa propria, che è poco distante. Sawamura e Sugawara lo seguono, perché la loro fermata dell'autobus è nella stessa direzione.

Kei si ritrova con Yama, a camminare con calma, tanto la prossima corsa per il quartiere dove abitano è fra mezz'ora.

«Grazie» dice Kei, abbassandosi le cuffie e rompendo il silenzio. Non c'è bisogno di specificare per cosa.

«Di niente. Lo sai che non le pensano, quelle cose. Sono solo un po' stupidi.»

«Non è che non pensano quelle cose. Non pensano e basta. Sono senza cervello.»

Yama si concede una risatina. «Senti un po', parliamo di cose serie: ho visto che ti sei dato allo shodou, a Tokyo.»

Nella foto di prima, la maglietta con l'haiku si vedeva benissimo.

«E' venuta piuttosto bene, non ti pare?» Mentire non avrebbe alcun senso. E poi vuole concedere a Yama qualcosa, perché si sente un po' in colpa di non avergli ancora detto niente, da quando è tornato da Tokyo.

«Dov'è finito il tizio che una volta mi ha detto... com'era? Aspetta...ah, sì, ecco: "lo shodou è un'arte troppo nobile per farne stupide magliette"?» recita Yama, ispirato.

«E' finito male.»

«Lo sospettavo. Però potevi almeno rispondermi al telefono, ieri sera e l'altroieri.»

«Sapevo che saremmo finiti a parlare di questo e non ne avevo voglia, Yama.»

«Pensa che invece volevo parlarti di tutt'altro» 

Si guardano nella luce giallastra del lampione sotto cui stanno passando.

«Che volevi dirmi?»

«Quello che era curioso di scoprire Suga-senpai. Quello che è successo venerdì, dopo l'allenamento...»

Il senso di colpa si trasforma in una specie di irritazione. Non che sia strano il fatto che Yama voglia raccontargli ciò che gli succede. Anzi. Però stavolta l'anomalia della sua fuga a Tokyo, con tutte le implicazioni del caso, è talmente enorme che questa improvvisa piega egocentrica dell'interesse di Yama è vagamente offensiva. Specie perché era sicuro che avrebbe avuto il problema opposto. Cosa potrebbe esserci di più importante?

«Ho baciato una ragazza» dice Yama.

Se una mina fosse esplosa nell'asfalto sotto i loro piedi avrebbe fatto meno rumore del silenzio assordante che segue quella frase.

«Cosa?»

«Hai capito benissimo» risponde Yama imbarazzato.

«E chi?»

«Koganegawa Hayame.»

«Chi cavolo è?»

Yama sorride, senza alzare lo sguardo. «Hai presente Koganegawa Kanji, l'alzatore del Dateko? E' sua sorella, un anno più piccola.»

Koganegawa è quello con le sopracciglia enormi e il ciuffo sparato in alto, che lo fa assomigliare a un gallinaccio. Non molto promettente. «Spero per te che sia stata adottata.»

«Non gli somiglia per niente» replica subito Yama.

«Meno male. E come la conosci? Da quanto tempo?»

«Praticamente non la conosco. Mi sa che sono stato un po' impulsivo.»

Impulsivo. Yamaguchi. In soli tre giorni a Tokyo, l'ordine del mondo di Kei sembra essersi sovvertito.

«Yama, se devi raccontare, racconta!»

«Beh, me la sono trovata davanti giovedì, poco prima di andare a pranzo. Non l'ho riconosciuta. Si è presentata lei e voleva sapere...  di te. Ha detto che ti aveva visto alla partita e... beh, niente di nuovo: sei alto, sei biondo, sei bello... A dire il vero lei ha detto una cosa un po' diversa: ha detto che le eri sembrato un bell'esemplare. Ha detto proprio così. Mi ha fatto ridere.»

Kei fa una smorfia insofferente, ma non parla.

Yama continua, con le mani sprofondate in tasca e lo sguardo rivolto verso l'alto. «Comunque, le ho rifilato la solita minestra, che non hai tempo per le ragazze, che sei concentrato sulla scuola, le solite cazzate, insomma.»

E' un copione collaudato. Sono almeno due anni che si ripete questo teatrino: le ragazze abbordano Tadashi per avere informazioni su Kei.

«E lei?»

«Lei mi ha sorpreso. Ha detto che non ti cercava perché voleva diventare la tua ragazza o per infastidirti. Ti cercava perché voleva sapere se ti interessava baciarla. Anche una volta sola.»

«E' pazza?»

«No, credo di no» Yama sorride fra sé. «E' piena di vita, divertente. Penso sia... un qualche tipo di suo esperimento sociale prima di andare al liceo.»

«Sei pazzo tu, mi sa. Dai, vai avanti. Questo era giovedì, giusto?»

«Sì, giovedì. Mi ha spiazzato, le ho risposto che una cosa del genere era meglio se la chiedeva direttamente a te. E lei ha detto che preferiva se te lo chiedevo io.  Che sarebbe tornata il giorno dopo per la risposta.»

«Ha più buon senso di te. Io che pensavi che dicessi? Lo sai che non mi interessano le ragazze.»

«E dovevo dirglielo io?»

Kei sospira.

«Comunque, te ne avrei parlato a mensa, ma poi sei sparito e qualche ora dopo eri a Tokyo.»

«E meno male. E quindi?»

«Quindi è tornata venerdì e io le ho detto che tu non c'eri, ma che se voleva, l'avrei baciata io.»

Kei si ferma. «Sul serio? Le hai detto così?»

Anche Yama si ferma, qualche passo più avanti e si volta. «Sì. Non so che mi è preso. Mi è uscito proprio così. Lei ci ha pensato su qualche momento e poi ha detto che andava bene.»

«E...?»

«E niente. L'ho baciata.»

«Lì, così. In quel momento.»

«Già.»

«Dove?»

«In cortile. Dietro la centralina elettrica.»

Kei si passa la mano sulla faccia, per restare serio. «L'hai baciata sul serio? Con la lingua?»

L'imbarazzo di Tadashi si può quasi respirare. «Circa...»

Kei invece ci sta prendendo gusto. E per un po' non è male staccare il cervello dai suoi problemi. «Che significa circa? O è sì o è no. Con la lingua?»

«Sì.»

«Sto via tre giorni e tu praticamente perdi la verginità senza preavviso.»

Parte un pugno diretto al braccio di Kei, che non lo schiva e invece ride, massaggiandosi il punto dell'impatto. «Non pensare di cavartela così, Yama. Vieni, muoviti, sediamoci. Mi devi raccontare bene.»  dice, Kei strattonando Tadashi per il polso fino alla pensilina, dall'altra parte della strada.

«Cosa vuoi sapere?»

«Tutto. Il bacio. La lingua. Com'è stato?»

Tadashi ha il viso così rosso che quasi non si vedono le lentiggini. «E' stato... non lo so. Bello. Ma non ci ho capito molto. Ero... confuso, diciamo.»

«Il tipo di confusione che richiede di chiudersi in bagno un quarto d'ora?» ghigna Kei.

«Più o meno» ammette Tadashi, con gli occhi serrati e una smorfia di tremendo disagio.

Kei gli rifila una pacca sulla spalla. «Benvenuto nel mondo del grandi!»

Tadashi risponde con un calcio gamba contro gamba. «Non fare lo stronzo!»

Il silenzio che segue è complice, confortevole, serve per rigirarsi fra le mani qualche istante la preziosa certezza della loro amicizia.

«E quindi, come è andata a finire?»

«Che lei ha aperto gli occhi e ha sorriso. Ha un bel sorriso, sai. Forse non è una ragazza bellissima, ma è allegra, è coraggiosa e il sorriso mi piace davvero un sacco. Mi ha ringraziato ed è scappata via.»

«Non ti ha dato neanche il suo numero?»

Tadashi scuote la testa, ma non sembra affatto giù di morale.

«Non riesco a capire se ci sei rimasto male.»

«Neanche io» ammette Tadashi. «Pensavo di sì, ma invece no. E non so perché.»

«E le tue teorie sul grande amore?»

Tadashi sorride. «Sono ancora lì. Ma ho deciso che andavano rivisitate un tantino.»

«Cioè?»

«Cioè sono ancora convinto che prima o poi troverò l'Amore con la A maiuscola. Ma chissà, magari fra dieci anni. Posso mai arrivarci senza aver baciato nemmeno una ragazza? Se la donna della mia vita la incontro a trent'anni, si aspetterà che sappia almeno baciarla.»

«E una scopatina? Dammi retta, si aspetterà anche che tu sappia cosa fare a letto.»

Yama storce le labbra. «Non lo so. Di questa cosa di fare sesso così, tanto per fare, non sono tanto convinto.»

«Yama, sedici anni li hai adesso. Vivi il presente. Se incontri la donna della tua vita a trent'anni, pensi davvero di trovarla vergine? Io un po' mi preoccuperei, se succedesse davvero. Il sesso è sesso, punto e basta. Una cosa fisica.»

Una cosa fisica. Mentre Kei pronuncia queste parole, il cervello gli ripropone la sensazione della mano di Tetsurou sul suo collo, mentre lo bacia. Il contatto dei polpastrelli, il pollice che gli sfiora i capelli, la presa solida, continua, non come se temesse di vederlo scappare, ma come se non fossero vicini abbastanza. Gli si aggroviglia lo stomaco all'istante e si trova smarrito a chiedersi quando, e dove, finiscano le cose fisiche e inizi tutto quello che c'è oltre.

«Sarà pure una cosa fisica, ma almeno deve farti stare bene» obietta Yama.

«E' fatto apposta per farti stare bene. E' biologia di base, Yama.»

«Sarà, ma tu non eri tanto contento il giorno dei diplomi. O mi sbaglio?»

Preciso come il fucile di un cecchino, Yama ha centrato un bersaglio nascosto. Kei non risponde: com'è andata con Shinoyama non intende raccontarlo mai a nessuno.

Il suono di un clacson urta contro la pensilina e sbalza via i pensieri di entrambi, riportandoli alla realtà.

«Che ore sono, Tsukki?»

«Mancano dieci minuti.»

Yama si sbilancia da una parte, con l'effetto di una leggera spallata. «Dai, tocca a te, raccontami come  è andata nella grande città. Tre notti di sesso selvaggio? Ora state insieme?»

«In realtà no» ammette Kei.

Lo sguardo di Yama è perplesso. «No alla prima o alla seconda domanda?»

«Entrambe.»

Gli occhi di Tadashi brillano di malizia. «Quindi predichi bene e razzoli male...»

«Stronzo. C'era suo nonno in ospedale e sua nonna cadavere, mi concederai che per una scopata non era proprio l'atmosfera giusta.»

Yama abbassa lo sguardo, contrito. «Oddio. Scusa, Tsukki. Mi dispiace tantissimo. Sono un cretino.»

Kei gli restituisce la spallata, senza parlare.

«Giuro, non ci avevo pensato. Non avevo capito. Ecco perché tutto all'improvviso.»

«I suoi erano all'estero e non volevo lasciarlo solo in una situazione del genere.»

Il sorriso di Yama è pieno di affetto. «E' proprio una cosa da te.»

«Comportarmi da rimbecillito?»

«Sapere quando le persone hanno bisogno di aiuto. E darglielo.»

«Sono un vero filantropo. Chiedi un po' in giro a scuola e vedrai che ti rispondono.»

«Non mi serve chiederlo. Io lo so che sei una bellissima persona.»

Kei scaccia quelle parole con una spinta, storcendo il naso. «Piantala di essere melenso. E comunque adesso è un bel casino.»

«In che senso? »

L'unica risposta è uno sbuffo. Kei appoggia la testa all'indietro, contro la parete di plexiglas, e allunga le gambe. Nella sua tasca, il telefono continua a vibrare senza pietà.

«Sei innamorato?» domanda Tadashi.

«Yama, basta! Non sono il personaggio di un fumetto. Che cazzo significa innamorato?»

E' una domanda retorica, ovviamente, ma Yama ci pensa su lo stesso.  «A dire il vero non lo so. Penso significhi sentirsi presi da qualcuno con tutti i sensi, in tutti i modi. Mettersi a nudo. E sentire nel profondo che ne vale la pena.»

Fanculo a Yama, ai suoi manga e alla sua precisione lessicale.

«Io so solo una cosa, Yama: fra me e Kuroo Tetsurou non può funzionare. Punto e basta. Magari c'è anche qualcosa, ma...»

«Dici qualcosa tipo guidare quattro ore per venirti a dare un regalo di compleanno? Inondare di haiku la nostra chat? Venire fino a Sendai a vedere la nostra partita? Fare carte false per farti tornare in campo con un dito rotto? O più qualcosa tipo mettersi i suoi vestiti? Ascoltare la sua musica anche se non ti piace? Saltare sul primo treno? Preoccuparsi per le date dei suoi esami? Addirittura sprecare Tan Taigi e il tuo shodou per la sua maglietta...»

«Quanto sei melodrammatico!»

«Io? Sei tu che vai dicendo che una cosa volgare come una maglietta dentro cui la gente suda non dovrebbe mai mischiarsi con le sublimi vette dell'estetica nipponica...»

In realtà, Kei la pensa ancora così. Il punto è che gli haiku e lo shodou li ha mischiati con Tetsurou, non con la maglietta. E continua a sembrargli un abbinamento magnifico.

«Okay qualcosa c'è. Anche più di qualcosa. Ma dobbiamo metterci una grossa pietra sopra. Io ci sto provando.»

Tadashi ghigna. «Per questo sembra che tu abbia in tasca un vibratore acceso?»

A Kei scappa un sorrisetto, mentre minaccia un ceffone con la mano aperta. «Purtroppo ho a che fare con un rompipalle che non si arrende facilmente.»

«Anche per questo ti piace così tanto.»

«Perché è mezzo scemo e mezzo stalker? Non direi proprio.»

«Perché non sta al tuo gioco. Non segue le tue regole. Non fa come vuoi tu. Non ti lascia tutto il controllo.»

Touché. 

«Yama che lui mi piaccia era già chiaro. Ma non funzionerà ugualmente. Prima di tutto, è un rapporto a distanza. E a sedici anni un rapporto a distanza è una stronzata bella e buona. E poi, un bel giorno lui si sveglierà e scoprirà che ha voglia di tette, di riccioli, di smorfie e di infilarlo nel buco giusto

Tadashi gli tira una pedata. «Cioè in pratica mi stai dicendo che ci sei rimasto così tanto sotto che per paura che lui ti molli non ci vuoi neanche provare?»

«Fanculo Yama!.»

Quello non è Yamaguchi. Qualcuno ha preso possesso del suo corpo. Eppure, è proprio il suo sguardo mite che Kei incontra, la sua espressione sospesa fra il nervosismo e la gentilezza. Si sta mordendo le guance e oscilla i piedi, senza neanche provare a rispondere all'insulto. La collera di Kei si spegne subito.

«Quello che ti sto dicendo è che questa storia io non la voglio. Perché lui è troppo. Se gli dai un dito, si prende tutto il braccio. E' molesto, insistente, testardo, impegnativo. E io non ho voglia di impegnarmi, sono già stanco solo a pensarci. E non ho voglia di trovarmi a dipendere da qualcuno. Alla nostra età, ma forse a qualsiasi età, la cosa migliore è una scopata e via.»

Verità, bugie, paure, cinismo e negazioni sono fili aggrovigliati nella matassa di quella risposta. Neanche Kei saprebbe districarli e questa consapevolezza è deprimente. Nel pasticcio dei pezzi che Kuroo ha mischiato, non gli è rimasta neppure la chiarezza su se stesso su cui ha sempre potuto contare.

Yama intanto è sprofondato in un silenzio di valutazione, rotto solo dal tocco ritmico della suola della sua scarpa contro il poggiapiedi della panchina. «Questo discorso mi sta anche bene, da uno come te, Tsukki. Ma dovevi farlo prima.»

«Prima di rendermi ridicolo? Non hai torto.»

«Prima di dargli tutto il braccio. Adesso secondo me è tardi per una scopata e via.»

«Lo so. Niente scopate, infatti. Quello che posso fare adesso è trovare il modo di darci un taglio.»

A prendersi gioco di quell'affermazione interviene insolente la suoneria del telefono. 

«Vivi il presente...» sussurra Tadashi, con un sorrisetto ironico. 

Kei chiude la chiamata e mentre lo fa si odia, perché muore dalla voglia di sentire la voce dello scemo che straparla di cose a caso, che implora considerazione, che prende in giro, che duella a colpi di sarcasmo, che respinge gli insulti, che circuisce, provoca, e poi, alla fine, ottiene sempre quello che vuole.

C'è un solo vero motivo per cui Kei non ha voluto fare sesso, l'altra notte: superato quel confine, tenerlo fuori sarebbe stato impossibile. E invece lui è passato da qualche altra via e si è infiltrato lo stesso dove non doveva.

E ora Kei non ha la minima idea di cosa farà. O di cosa vuole davvero fare. O di cosa gli convenga. Delle sue convinzioni non sono rimaste che poche briciole sparse. L'intelligenza ha avuto un attacco di panico e si è defilata. La chiarezza mentale è andata a farsi fottere. Almeno lei.

L'autobus si materializza in quel momento con una lunga frenata stridente, offrendo il conforto della semplicità del quotidiano: basta salirci per tornare a casa. Si salutano nel solito punto, con le solite parole. Sembra tutto identico, e invece è tutto diverso.

A volte le cose cambiano in profondità proprio quando sembra che nulla stia cambiando. 




***
NdA - Con questo capitolo entriamo nell'ultimo quarto della storia. La fine mi sembra allo stesso tempo vicinissima e lontana :)
 

 

   
 
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