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Autore: sidphil    03/12/2022    0 recensioni
Mickey e Mandy hanno tutto quello che una persona potrebbe desiderare: tanti soldi, una bella villa, Mickey scaffali pieni di libri e una chitarra che ama alla follia, Mandy un migliore amico che le vuole bene, popolarità e orde di ragazzi ai suoi piedi. Tuttavia, entrambi portano il peso di numerosi segreti sulla loro vita e la loro famiglia. Ian, migliore amico di Mandy, è tenuto costantemente all'oscuro per essere protetto, anche se lui stesso deve convivere con amare sofferenze.
Una storia un po' diversa dal solito, dove vedremo una Mandy e un Mickey diversi ma in un certo senso sempre uguali a quelli che conosciamo e un Ian un po' perso che ha bisogno di trovare sè stesso e che ci riuscirà proprio grazie a loro, senza rendersi conto di quanto può offrire in cambio lungo la strada.
Questa storia è una TRADUZIONE, per cui ho ottenuto il permesso dall'autrice originale.
Genere: Angst, Fluff, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mandy Milkovich, Mickey Milkovich
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ian si buttò il borsone in spalla con uno sbadiglio, pronto a lasciare il dormitorio. Si ea svegliato tardi e si era perso la partenza di Sean quella mattina; non che gliene importasse così tanto mentre chiudeva a chiave la stanza, non vedendo l’ora di uscire da quel posto infernale. Una volta fuori si riparò gli occhi dalla luce intensa del sole che stonava in quel pomeriggio di Novembre.
Ciò che non si immaginava fu di trovare Mandy che lo aspettava senza borse o altro, ma con un paio di occhi rossi e le braccia strette intorno al copro per ripararsi dal freddo. Non gli corse incontro per abbracciarlo quindi fu lui ad avvicinarsi, posandole una mano sul viso umido. Voleva chiederle che cosa fosse successo perché aveva le lacrime agli occhi ma scelse invece di abbracciarla, sapendo che il contatto fisico era molto più efficace per farle uscire ciò che provava. Infatti funzionò perché appena posò il borsone e la toccò, lei scoppiò a piangere.
- Gliel’ho detto – singhiozzo Mandy. Ian le accarezzò la schiena con movimenti circolari e indietreggiò per guardarla.
- Cosa? –
- Ho detto a Lip che lo amavo – disse tirando su col naso, le spalle tremanti. – E lui se n’è andato? –
Ian la abbracciò di nuovo perché era tutto ciò che poteva fare e che poteva offrirle. Avrebbe potuto dirle un sacco di cazzate su come le cose sarebbero andate meglio, su come presto l’avrebbe superata, ma se c’era una cosa che Mandy non sopportava erano i bugiardi. La strinse semplicemente a sé mentre piangeva perché sapeva che era troppo orgogliosa per lasciare vedere a qualcuno questo lato di lei, se non a Ian. Prima di chiedere aiuto a chiunque altro piuttosto sarebbe annegata nelle sue stesse lacrime.
- Scusami se piango – disse lei asciugandosi gli occhi. Era triste che lei e Mickey fossero cresciuti con l’idea che piangere significasse fallimento e debolezza; era così sbagliato. La lasciò andare e scosse la testa.
- Allevia lo stress e ti fa sentire meglio. Non trattenerti Mandy, lascia uscire tutto, te lo devi – Mandy deglutì e sorrise cercando di ascoltare le sue parole. Anche lui ricambiò. – Non dimenticarti che è uno stronzo e che puoi avere di meglio. Stai già facendo di meglio -. Lip era suo fratello e aveva passato l’inferno con Karen con tutto il tornado di emozioni che si era ritrovato a provare alla prospettiva di diventare padre quando neanche lo era; ne aveva passate tante, essendo il maggiore dei maschi Gallagher, cercando di tenere insieme la sua disastrata famiglia invece di accettare il brillante futuro che aveva davanti. Anche al college non riusciva a smettere di voltarsi indietro, a lasciarsi alle spalle il South Side e la sua casa. Si rifiutava di fare promesse alle ragazze di cui si innamorava perché se lo faceva allora voleva dire avere un futuro e lui era troppo legato al suo passato per credere in un futuro. Tutti i Gallagher avevano avuto una vita dura, così immersi nei loro problemi da non accorgersi nemmeno di crearsene altri in ogni momento. Lip non si meritava ciò che gli aveva dato il South Side, ciò che gli avevano fatto passare Frank e Monica, le conseguenze di essere cresciuto troppo in fretta.
Ma nemmeno Mandy lo meritava.
 
 
Mickey si accucciò e accarezzò McMuffin, sentendo crescere un sorriso quando lei fece le fusa contro il suo braccio inarcando la schiena. – Ci vediamo tra una settimana – le disse grattandola dietro alle orecchie morbide.
- Te ne vai di nuovo –
Non si voltò quando udì la voce di Parker. Era strano essere sotto lo stesso tetto dopo tutto quel tempo passato senza parlarsi, soprattutto dal momento che Mickey ora aveva altre cose di cui preoccuparsi. – Devo andare a trovare mia madre – gli ricordò accarezzando la pancia della micia.
- Non andartene di nuovo, Mickey. Ho bisogno di te – mormorò Parker con la voce incrinata. Assecondare quella dipendenza in tutti quegli anni non aveva fatto altro che male a entrambi. Se Mickey ora si fosse voltato indietro e l’avesse fatto ancora sarebbero tornati al punto di partenza.
- Torno la settimana prossima, ce la puoi fare. Ci sarà mio zio e ti porterà lui dal tuo dotto… -
- Mi odi davvero, è così? Non mi guardi nemmeno – mormorò piano Parker con la voce tremante. Mickey detestò la rabbia che gli montò in corpo a quelle parole, sapendo che non era colpa di Parker se si comportava così.
- Non ti odio. Devo solo… -
- Allora resta! – gridò Parker. – Avevo bisogno di te allora e ho bisogno di te adesso, ma a te non importa più nulla di me. Non era mia intenzione diventare cieco e… -
- Non dire queste stronzate – ringhiò Mickey. – Sai che non è per niente vero –
- Farò quello che vuoi, ma non andartene Mickey, ti scongiuro –
- Ho sbagliato ad abbandonarti lì e mi dispiace – disse finalmente Mickey, mordendosi la lingua. – Ma le cose non possono tornare più come prima. Stai facendo come ti ha detto il dottore? –
Parker attraversò la stanza e gli afferrò la manica con le sopracciglia corrugate. “Combatti il senso di colpa” si ripete Mickey. “Non cedere”. – Devo andare – si affrettò a dirgli aprendo la porta del corridoio e prendendo la sua borsa di libri. – Bada alla mia gatta, okay? Mi fido di te -. E anche se sapeva che Parker riusciva a malapena a badare a sé stesso, doveva fargli credere il contrario.
- Tornerai? – chiese debolmente il ragazzo mentre Mickey indietreggiava in corridoio.
- Sì, tanto starai benissimo anche senza di me -. Immaginarlo piantarsi un coltello in gola o buttarsi giù dal balcone gli rendeva davvero fottutamente difficile andarsene. Alla fine Mickey chiuse comunque la porta e prese un respiro di cui aveva davvero bisogno Stava per andare a Miami con Ian e Mandy, stava andando a trovare sua mamma, l’avrebbe fatto davvero. Lasciò la maniglia della porta e attraversò il corridoio senza voltarsi indietro.
 
 
Quando Mickey raggiunse Ian e Mandy entrambi stavano aspettando alla fermata dell’autobus davanti a scuola chiacchierando del più e del meno. La prima cosa che notò fu il rossore sul naso di Mandy e poi l’aspetto assonnato di Ian che teneva pigramente in mano la borsa con le palpebre pesanti. – Come va? – salutò assicurando meglio sulla spalla il proprio borsone.
- Con calma eh, faccia da culo – disse in tutta risposta Mandy; il tono la rispecchiava meglio rispetto al viso stravolto.
- L’autbus arriva tra dieci minuti, chi è lo stupido che perde tempo ad aspettare ora? –
- Stai insultando anche Ian, lo sai? –
- Non me ne frega niente –
Ian sorrise appena e Mickey fece lo stesso, poco prima che una Nissan turchese accostasse vicino al marciapiede e il conducente abbasase il finestrino. – Ehi voi, sfigati senza patente, volete un passaggio? –
Mickey stava per rispondergli di girare al largo ma poi vide chi era.  Non stavamo aspettando l’autobus, quindi lo stupido sei tu – lo informò Mandy salendo sui sedili posteriori, seguita da Ian che la imitò con uno sbadiglio.
- State scherzando? – commentò Mickey in tono quasi lamentoso.
- Forza fratello, voglio partire prima che il traffico peggiori – disse suo fratello maggiore Iggy con un sorrisetto, dando un colpetto al volante per enfasi. Mickey salì dal lato passeggero e sbattè la portiera.
- Diamine, vivi a Miami, che cazzo ci fai qui? –
- Sono venuto a Chicago per una settimana, avevo delle cose da fare –
- Stasera stiamo da Ian – disse Mandy mentre Iggy partiva. – Sai come arrivare nel South Side? –
- No, non ne ho idea– ammise Iggy lanciando un’occhiata alla testa di Ian nello specchietto retrovisore. – Fai strada, Scarlett Johansson –
- Questa non l’avevo mai sentita – sospirò Ian alzando gli occhi al cielo per il soprannome.
- O stai a Miami o stai qui, deciditi, Cristo Santo! –
- Dai Mick, sono morto dalla voglia di vederti per tutta la settimana –
- Chiudi la bocca Mickey, hai sempre qualcosa da dire. Alza il volume Iggy! –
Ian ascoltò i fratelli Milkovich che battibeccavano per un po’, cercando di essere emozionato all’idea di vedere i propri. Era passato un bel po’ da quando era andato a trovarli a casa, la evitava come la peste perché gli riportava alla mente troppi brutti ricordi. Fiona doveva conviverci e così anche i suoi fratelli minori, si sentiva in colpa ad addossare loro tutto quanto senza prendersi un po’ di quel peso da quando se n’era andato.
- Sei passato con il rosso – rise Mandy. Iggy girò il volante con una mano superando il limite di velocità e rise insieme a lei.
- Gesù – protestò burbero Mickey stravaccandosi con una smorfia. – Impara a guidare, cazzo –
- In quanto meccanico mi reputo offeso, fratellino -. Quando cominciò a sfrecciare in mezzo al traffico beccandosi anche qualche strombazzata di clacson, non si scomposte nemmeno.
- Al prossimo incrocio gira a destra – disse Ian dai sedili posteriori indicando davanti a lui.
- Mamma adora quando la porto in macchina con me, le sale l’adrenalina – spiegò Iggy cambiando bruscamente direzione e facendo finire Ian addosso a Mandy.
- Lei però è anche una stronza fuori di testa – esplose Mickey mentre la macchina frenava all’improvviso. 
- Non parlare così di lei – sbottò Mandy sporgendosi dal suo posto. Mickey si voltò, sfidandola a dire altro. Ian si schiarì la gola.
- Qui devi girare a sini.. –
- L’unico che sta rompendo le palle qui sei tu Mickey, te ne sei reso conto? –
- E tu ti sei accorta che sei solo una zoccola? –
Iggy girò a sinistra e cominciò a fischiettare premendo qualche tasto finché una canzone hip-hop non cominciò a pompare dalle casse. Ian si grattò la testa, stanco, ma continuò a indicare la strada a Iggy meglio che poteva in mezzo ai bisticci dei fratelli MIlkovich.
Finalmente arrivarono davanti a casa Gallagher e an saltò fuori così velocemente che quasi non finì per terra, con la musica che gli rimbombava ancora nelle orecchie.
- Domani passo a prendervi per andare all’aeroporto – cinguettò Iggy quando furono usciti tutti.
- Sarebbe meglio di no – commentò Mickey avviando si verso l’ingresso come se fosse casa sua.
- Grazie Iggy – sorrise Mandy agitando la mano.
- Ehi -. Iggy richiamò Ian mentre gli altri due continuavano la loro discussione sulle scale. Ian si avvicinò al finestrino. – Mandy mi ha detto eh ti frequenti con mio fratello –
- Oookay..? – rispose incerto Ian, chiedendosi dove volesse arrivare con questo.
- Volevo solo darti ufficialmente il benvenuto nell’inferno dei MIlkovich – disse con un sorrisetto. – Sai, visto che questa settimana ci vedremo spesso –
- Beh, grazie – replicò Ian, non troppo convinto. Iggy annuì e ripartì sommando quando svoltò l’angolo. Ian oltrepassò Mickey e Mandy mentre il loro battibecco andava scemando e bussò alla porta. Ci volle una vita prima che qualcuno andasse ad aprire ma poi comparve Carl; la sua dura facciata esteriore crollò quando vide Ian.
- Merda! – esclamò senza nemmeno lamentarsi quando Ian gli arruffò I capelli.
- Perché sei coperto di lividi? – gli ceise Ian osservando i segni che costellavano il suo viso incavato.
- Ho preso a botte dei tizi sull’autobus, non sapevano tenere la bocca chiusa –
- Finirai in riformatorio se continui così – sospirò entrando Ian. Mickey e Mandy lo seguirono e andarono al piano di sopra, continuando a discutere. Carl osservò la scena, non particolarmente interessato, e chiuse la porta.
- Mandy e Mickey? –
- Già. Fiona ha detto che possono restare stanotte. Hanno una situazione famigliare abbastanza disastrata –
- Lasci stare qui i Milkovich stanotte? – si intromise Lip arirvanod dalla cucina con un’espressione indecifrabile.
- C’è qualche problema? – chiese sulla difensiva Ian; Lip nn aveva il diritto di lamentarsi visto eh aveva rovinato lui le cose con Mandy.
- Hanno anche loro una casa, perlopiù molto più grande della nostra –
- È solo per una notte, fattelo andare bene – chiuse il discorso Ian salendo al piano di sopra. Quando arrivò Mandy era al cellulare e Mickey era seduto sul suo letto con aria annoiata.
- Ragazzi, siete proprio senza vergogna – rise Ian andando sul suo letto per sdraiarsi e osservando Mickey che gli faceva posto. – Fiona dovrebbe arrivare tra poco con la cena, intanto io mi riposo un po’ –
- Devo vedere delle persone – cinguettò Mandy andando alla porta. – Ci vediamo tra un paio d’ore –
- Stai attenta – la avvertì Ian, ormai troppo stanco pr tenere gli occhi aperti. Sentiva il calore irradiato dal corpo di Mickey seduto di fianco a lui. Voleva dirgli di sdraiarsi con lui ma si stava già addormentando.
- Non hai dormito stanotte? – lo schernì Mickey.
- Sì – mugolò Ian seppellendo il viso nel cuscino. Mickey sembrò perdersi nei propri pensieri per un po’ ma poi parlò di nuovo all’improvviso, facendogli prendere un colpo.
- Ti stava bene quello che stavamo facendo l’altro giorno? –
Ian sollevò il capo, pensando a ciò che aveva appena udito. – Che cosa? –
- Quando eravamo sul divano e… uhm, sai… - grugnì Mickey indietreggiando ancora di più contro al muro come se questo potesse rendere la conversazione meno imbarazzante.
Improvvisamente interessato, Ian si girò per guardarlo, notando il colorito sul suo viso, ma quando incrociò il suo sguardo Mickey guardò un punto fisso in mezzo alla stanza, imbronciato. – Perché non dovrebbe andarmi bene? – sorrise pigramente Ian.
- Non capisci? – chiese Mickey tirando si un ginocchio al petto.
- Ti sembrava che non mi piacesse? Possiamo riprovare se non sei convinto –
Mickey cambiò posizione e alzò gli occhi al cielo sbattendo le palpebre. – Non intendevo questo. Voglio solo assicurarmi che sia tutto okay dopo che, sai, dopo tutta la merda del passato. Eri una specie di relitto quando scopavi al liceo con quei pedofili e… -
- Ma che cazzo? – sbottò Ian mettendosi a sedere. – Perché stai tirando fuori questa storia? Non ho malattie, se è questo che ti preoccupa –
- Non è quello che… - fece per dire Mickey ma si interruppe per prendere un respiro. – Fai sempre così. Se si tratta di me e Mandy sei in prima linea per farti gli affari nostri, ma se si tratta di te allora è un’altra storia –
- Cosa stai cercando di dire? – chiese in fretta Ian.
- Hai un sacco di traumi accumulati che non sai come affrontare, è evidente. Vuoi risolvere i problemi degli altri ma non sai gestire i tuoi –
- Sto bene – rispose Ian incredulo. – Non capisco nemmeno perché mi attacchi così –
- Forse perché l’altra sera eri a malapena lucido e hai cominciato… come se magari ti sentissi in dovere di… -
- Vaffanculo – disse con una smorfia Ian alzandosi dal letto. – Se non avessi voluto fare qualcosa con te, Mickey, non l’avrei fatto –
- Arrivi a casa mia a notte fonda, brillo e strafatto, non dici niente e dopo aver dormito un po’ volevi scopare così dal nulla. Ti sembra normale? –
- Non ci proverò più se ti disturba così tanto – protestò Ian dirigendosi verso la porta.
- Mi prendi per il culo? – sputò Mickey. – Vuoi fare la parte dello psicologo da quando ci siamo conosciuti ma se lo faccio io te ne vai –
Ian uscì dalla stanza e di casa, pentendosene immediatamente visto che aveva lasciato il cappotto in camera sua. E chissà dov’era finita Mandy, non l’avrebbe trovata di sicuro. E non era finita qui visto che quello era proprio il momento peggiore per scorgere Frank da lontano che procedeva a stenti, quindi lo prese come segno che doveva allontanarsi subito. Quando si avviò nella direzione opposta udì dei passi dietro di lui ed esalò un sospirò affranto. – Vattene. Frank –
- Fottiti – rispose Mickey. – Puoi rallentare? –
- Non ti ho chiesto di seguirmi –
Mickey lo afferrò e lo voltò bruscamente verso di lui. Era tornato quello sguardo scuro, quello che aveva quando era davvero arrabbiato. – Sai che cosa mi hai chiesto tu? Mi hai chiesto di affrontare i miei demoni per non uscire di testa. E io lo sto facendo, perché tu hai avuto fiducia in me –
- Lasciami in pace e basta, Mickey – sbuffò Ian dimenandosi.
- So che c’è qualcosa che ti tormenta e non vuoi dirmi cosa, non lo fai mai. Segui il tuo consiglio e comincia a preoccuparti di cosa TU hai – continuò Mickey con aria di sfida, lasciandolo poi andare. Ian abbassò gli occhi desiderando di non sentirsi così stanco e in colpa in quel momento.
- Non seguirmi, okay? – chiese in tono debole senza guardarlo in faccia. Tenne gli occhi fissi sul marciapiede mentre se ne andava, sentendosi più isolato di quanto credeva fosse possibile.
 
 
 
- Dov’è Ian? – chiese Lip trovando proprio Mickey Milkovich solo nella stanza.
- E che ne so io? – rispose il moro, di pessimo umore. Calò un’insolita quiete e Lip guardò altrove.
- È arrivata la cena, quindi… hai idea di dove sia andato? –
- Non sono la sua badante – sbottò Mickey alzandosi dal pavimento. Oltrepassò Lip senza una parola e scese al piano di sotto, chiudendo la porta con una forza tale da far capire che se n’era andato. Lip ispezionò il resto del piano superiore chiamando Carl e Debbie, prese in braccio Liam e tornò in cucina. Che emozione avere tutta la famiglia riunita…
 
 
Mickey era così incazzato che ebbe l’impulso di prendere a caldi un bidone dell’immondizia ma non lo fece, riuscendo invece a mantenere la calma. Forse non avrebbe dovuto essere così insistente, o almeno questo li piaceva pensare, ma quella settimana Ian non gli era sembrato molto in sé; a volte sembrava cadere in trance e non diceva mai perché. Come poteva Ian tartassare lui tutto l’anno rimproverando di tenersi tutto dentro e poi fare la stessa cosa chiudendosi a riccio e respingendo Mickey come se ne avesse ogni diritto? Era una cazzata.
Mickey avrebbe potuto andarsene tranquillamente a dormire in un parco, sotto un ponte, fare come un senzatetto visto che tecnicamente lo era davvero. Neanche al massimo della disperazione sarebbe tornato da Terry, nemmeno se avesse avuto una bomba addosso e suo padre fosse l’unico a poterla disinnescare. Ma avrebbe detto una bugia se avesse negato di essere in cerca di Ian come se stesse cercando un cucciolo invece di un pel di carota di un metro e ottanta. Di lui non c’era traccia nei vicoli dell’isolato ma trovò Mandy insieme a delle ragazze del South Side che si mostrarono subito interessate quando Mickey si avvciinò. – Hai visto Ian? –
- Non è con te? – rispose Mandy picchiettando la sigaretta per far cadere la cenere.
- Sì è qui di fianco a me in realtà, volevo solo vedere come ti va la vita –
- Stronzo, non so dove sia – lo guardò storto sua sorella.
- La cena è pronta dai Gallagher – la avvertì Mickey. Fu strano parlare in quel modo come se fosse la loro famiglia ad aver preparato la cena del Ringraziamento. Ma così non era, non era nemmeno destinata a loro due anche se Ian li aveva invitati.
- Ci vediamo, ragazze – salutò Mandy cercando di raggiungere Mickey che stava sfrecciando via. – Aspettami, ti aiuto a cercarlo –
Mickey avrebbe voluto un po’ di tempo da solo più di qualsiasi altra cosa, ma avere Mandy ad accompagnarlo non doveva essere così male, lei non gli rompeva troppo le scatole se non era dell’umore giusto. Capiva quando era il momento di parlargli o no e quello non lo era, quindi non lo provocava.
Vagarono nei meandri del South Side finché non trovarono Ian un paio di isolati più avanti, seduto sul marciapiede con una bottiglia di Bud Light vuota accanto a lui.
- Ehi – si inginocchiò Mandy davanti a lui. – Che cosa ci fai qui? –
- Niente – rispose Ian senza alcuna emozione e con un’aria completamente sconfitta. Almeno non era troppo ubriaco.
Mandy gli accarezzò il braccio. – Andiamo a casa a mangiare un po’ di tacchino –
- Pollo, più che altro – cercò di sorridere Ian, esausto. Quando si alzò inciampò sulla bottiglia e i suoi occhi caddero su Mickey. Si sentì uno schifo quando spostò lo sguardo e lasciò che fosse Mandy a prenderlo sotto braccio, ignorando Mickey.
Quando arrivarono a casa Gallagher, Ian si fermò alla porta. – Puoi darci un secondo? – chiese e Mandy sembrò sorpresa ma entrò semplicemente in casa obbedendo. Mickey rimase in fondo alla scalinata; non era nemmeno sicuro di poter restare ancora a dormire lì dopo la loro discussione.
- Non mi sono sentito molto bene questa settimana. Ero sempre stanco – confessò Ian, la mano sul corrimano. – Scusa se ti ho urlato addosso –
- “Scusa”? Non voglio delle fottute scuse – sbottò Mickey.
- E cosa vuoi allora? – chiese Ian sconcertato, infilando le mani in tasca.
- Dimmi solo se mi sto immaginando le cose o no perché mi sto incazzando – borbottò Mickey. Detestava che questo fosse l’unico modo in cui riusciva a mostrare la sua preoccupazione a Ian. Voleva solo che si aprisse, si sfogasse, assicurarsi che i solchi stanchi sul suo volto e i movimenti letargici fossero solo la conseguenza di una dura settimana di scuola. Ripensando alla mattina in cui si erano masturbati a vicenda, anche lì Ian era stato strano. Gli era piaciuto ma era stato molto cauto, c’era una fragile latenza nel suo sguardo e solo dopo mIckey si era chiesto la possibile motivazione.
– Non c’è problema se mi dici che è tutto a posto, ma se lo dici pensandolo davvero – continuò visto che Ian restava in silenzio. Passarono un paio di agonizzanti minuti prima che Ian si girasse.
- Quando entreremo a festeggiare il Ringraziamento, dovrò pensare a tutte le cose belle per cui sono grato – esordì in tono grave. Giocherellò con la manica per un secondo e proseguì riducendo la voce quasi ad un sussurro, muovendo ansiosamente le dita. – Ma non riuscirò perché starò pensando a qualcos’altro –
Mickey pazientò; non gli piaceva vedere come il corpo di Ian sembrasse perdere sempre più forze, il tono debole.
- Stavo pensando a quando Monica ha cercato di uccidersi davanti a noi ed è scappata via per la milionesima volta, a come non abbiamo avuto un soldo per tutta la nostra fottuta vita. Quando sarò seduto di fianco a Fiona e Lip penserò a quando sono andato a letto con tutti quei ragazzi per poter pagare le bollette e quanto io sia un pezzo di merda per cercare di fuggire per non doverlo più fare –
L’aria era stagnante, priva di vento, di suono, e Ian cambiò posizione, a disagio, sotto la luce del portico.
- Nessuno ha mai scoperto cosa facevo con quei ragazzi, neanche Lip se n’è accorto e Mandy pensava che lo facessi solo perché ero un adolescente. Non si facevano mai domande quando tornavo a casa tardi, senza aperte che l’avevo appena succhiato a qualcuno, che mi avevano appena preso in un vicolo per soldi, a nessuno importava perché tutti qui sono troppo presi da sé stessi –
Se questo non era una confessione, Mickey non sapeva cos’altro potesse essere. Quando Ian non diede segno di voler continuare, Mickey non chiese altro. Prese solo Ian per il polso, lo portò con sé lungo la strada ed entrarono in unvicolo deserto, ringraziando che Ian non si opponesse.
- Quindi non torni spesso a casa perché odi che la tua famiglia non si fosse accorta che stavi soffrendo? – chiese piano Mickey lasciandogli il braccio.
- No, cioè, non proprio… Ma va bene, abbiamo tutti i nostri… -
- Se andasse veramente bene, non avresti la faccia di uno che vorrebbe sotterrarsi –
- Scusa -. Ian si abbandonò contro al muro, girandosi dall’altra parte.
- Ora siamo in un vicolo – disse Mickey guardando in ogni direzione. Ian lo guardò, scettico. – È qui che facevi quelle cose di cui non vai fiero, no? Probabilmente cose che vuoi dimenticare –
- Penso di sì… -
- Beh – continuò Mickey. – Quei ricordi bruceranno sempre, sono troppo difficili da cancellare. Un giorno però non faranno più così male. Non sei più lì, -. Spinse gentilmente Ian contro al muro, - immobilizzato da qualche maniaco. Non ti costringere a mettersi in ginocchio per me –
Ian allargò gli occhi a quelle parole, il respiro spezzato e la gola che pizzicava. Mickey indietreggiò e piegò la testa da un lato.
- Se ripensi a tutto quello che è successo con tua mamma e la tua famiglia e ti senti male, è ora di smetterla di fingere che sparira tutto in un baleno. Questo metodo non funziona -. Si stava facendo buio ma nessuno dei due ci badò e rimasero impiantati lì nel vicolo stretto e desolato.
- Volevo toccarti davvero, non stavo fingendo – buttò fuori Ian a voce bassa. – Ma mi sono ubriacato e ho fumato erba prima di venire a casa tua perché mi stavo perdendo nella mia autocommiserazione all’idea di tornare a casa. E non facevo sesso solo per soldi, lo usavo anche per canalizzare le mie emozioni quindi… penso che non avrei dovuto toccarti senza prima aver gestito queste sensazioni -. Mickey sembrò sorpreso e scoppiò a ridere. Ian arrossì e si staccò dal muro. – Cosa c’è di divertente? –
- Non è che mi dispiacesse così tanto, eh – rispose ironico Mickey. – Almeno finché non ti forzi a farlo perché senti di dovermi qualcosa –
- No, non lo farei mai – mormorò Ian arrossendo di nuovo quando Mickey si avvicinò di nuovo.
- Avrei dovuto farti parlare quando sei arrivato a casa mia – grugnì Mickey. – Non farò più questo errore –
Ian evitò il suo sguardo, sentendosi stranamente timido e vulnerabile.
- Posso rimpiazzare i tuoi brutti ricordi qui, se vuoi – suggerì Mickey, il fiato caldo sul collo di Ian, mosso da una sicurezza che Ian non era abituato a vedere. Ian era tentato e girò la testa, strofinando il naso contro alla sua mascella. Il cuore cominciò a palpitargli nel petto quando mIckey vi appoggiò sopra la mano, come se lo stesse proteggendo.
- Scusa – sospirò, così stanco da non riuscire a stare in piedi. – Va bene se andiamo a casa? Sono stravolto –
Mickey indietreggiò e sorrise, per nulla offeso. – Sicuro che stai bene? –
- Sì – rispose Ian, desiderando non essere così stanco in quel momento. Mickey si voltò, uscì dal vicolo e si girò nuoavemhte quando Ian non lo seguì. – Ehm… - fece per parlare Ian, staccandosi dal muro cercando di ricordarsi come si usavano le gambe. – L’anno scorso hai letto le mie cose, quelle che avevo scritto… ma so che l’hai fatto perché hai visto che stavo male, vero? –
Mickey fece un sorrisetto, si girò e rise divertito. – Fanculo -
   
 
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