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Autore: Koa__    09/12/2022    4 recensioni
Harry e Draco sono alle prese con l’organizzazione del matrimonio e tutto sembra procedere per il meglio. Nonostante il lavoro assorba la maggior parte delle energie del suo futuro marito, con l’aiuto di sua madre Narcissa, Draco riesce a mettere in piedi una festa di fidanzamento di tutto rispetto ed è proprio allora che la storia ha inizio. All’imponente ed elegante party è presente tutto il mondo magico, ma tra professori di Hogwarts che si ubriacano ed ex Serpeverde che lo prendono bonariamente in giro, un piccolo incidente sembra voler minare la felicità dei promessi sposi. “Tutto sommato”, osserva Draco a festa conclusa, lui e Harry ne sono usciti indenni. O così credono. Ciò che non possono neanche lontanamente immaginare è che qualcuno trama nell’ombra.
Sequel di: “Un matrimonio da sogno (o quasi)” e “Say yes to the dress!”
Genere: Angst, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Harry, Ron/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Wedding Disaster'
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Ron Weasley non può avere ragione

 



 

Draco finisce con il dimenticarsi di essere stato in ansia per la maledizione di Georgina Dunn. Cioè in realtà se ne ricorda perfettamente, ma preferisce far finta che niente di rilevante sia successo nei giorni immediatamente successivi ad aver letto quel dannato libro. Si dimenticherebbe volentieri anche di Ron Weasley, ma purtroppo quello gli sta tra i piedi un giorno sì e l’altro pure. È pur sempre il fastidioso migliore amico del suo altrettanto fastidioso fidanzato e con i preparativi che incombono e gli obblighi dei testimoni, lui e Weasley si incontrano più spesso di quanto non sarebbe disposto ad ammettere. La faccenda della maledizione è una sciocchezza bella e buona, nei primi tempi Draco lo dice a Ron praticamente ogni volta che si vedono, lo fa con sempre meno convinzione, ma nessuno sembra farglielo notare. Potter non ha capito niente o forse finge di non averlo fatto, o addirittura non gliene importa nulla. Con il lavoro è sempre più preso e trascorrono sempre più tempo lontani. Draco è ben poco persuasivo anche nei confronti di se stesso, nonostante si ripeta ogni mattina che va tutto bene, sembra servire a poco. Lo fa nei giorni successivi, finanche alle settimane che seguono, fino a quando poi smette proprio di pensarci. Tra il lavoro, i preparativi per il matrimonio, che deve fare da sé perché sua madre non ci pensa proprio ad aiutarlo, il dover vivere con Harry Potter (fatto che a dirla tutta deve ancora mandar giù), gli orari impossibili che il malvestito Auror ha sul lavoro, il dover sopportare le crisi sentimentali di Pansy e Blaise, Draco ha tempo a malapena di vivere decentemente. I suoi nervi sono andati a farsi fottore almeno da settembre, ormai la camomilla della sera se la inietta direttamente in vena altrimenti è come acqua fresca. Arriva a Natale praticamente strisciando, urlando di gioia il primo giorno di vacanze solo perché può permettersi di dormire fino alle nove. Nell’ultimo periodo ha pensato spesso ai suoi genitori, di tanto in tanto manda dei gufi per chiedere come stanno. Riceve risposte fredde che gli danno l’impressione che li stia infastidendo, però sono tutte in pieno stile Malfoy quindi non dà troppo peso alla questione. A dirla tutta, Draco non vede sua madre fino alla vigilia. Narcissa si materializza davanti alla loro porta di casa con un pudding e l’accenno di un sorriso, spuntato chissà dove. Forse è drogata di Felix Felicis, pensa non appena lei se ne esce con un gioioso: «Buon Natale, Potter» quando nota Harry alzarsi dalla poltrona antistante il camino e salutare educatamente. Poi agita una mano e uno dei suoi elfi domestici le appare alle spalle, schiocca le piccole dita verdastre e sotto l’albero appare una montagnetta di regali impacchettati. Draco è sbalordito dal modo di fare di sua madre, e anche irritato a dirla tutta, ma è lo stupore a farla da padrone e i primi momenti si ammutolisce. Narcissa finge che niente sia mai accaduto. Lo saluta, lo bacia su una guancia e gli augura Buon Natale, sorride a Harry Potter. E allora pensa davvero che si sia fatta di qualcosa. Sembra tutt’altra persona rispetto a quella con la quale ha discusso alla festa di fidanzamento. Pare non abbiano parlato di Andromeda, che non gli abbia chiesto se vuole davvero sposare l’uomo che ama a giugno. Dubita sia la “Magia” del Natale di cui parla tanto Potter a ogni inizio dicembre. Narcissa comunque non si trattiene molto, dice che lei e Lucius hanno una passaporta per il continente, trascorreranno le feste in uno chalet in Svizzera fino al nuovo anno. Intanto che lei lo abbraccia e lui si morde la lingua, per non chiederle se sia impazzita o altro, Potter gli pizzica il fianco. Non ha bisogno di voltarsi a guardarlo e vederlo scrollare il capo, in un muto invito a lasciar perdere, basta quello perché gli faccia capire che è inutile ribattere. Capire Narcissa Black Malfoy è troppo complicato per la notte della vigilia di Natale.

 

La situazione con sua madre rimane in una sorta di stallo anche nelle settimane successive, persino nei mesi a venire. Continua a non aiutarlo con i preparativi, non hanno più parlato della sera del fidanzamento, ma comunque di tanto in tanto si fa vedere. Ogni volta è sorridente e Draco seguita a stare zitto (per amore della pace). In effetti i mesi dopo le feste di Natale portano anche una serie di problemi di cui è costretto a occuparsi e che distolgono l’attenzione dai suoi genitori. Anzitutto, Rita Skeeter ha fatto tutto tranne che mollare il colpo, ma almeno l’intervista che Harry ha fatto per “Il Cavillo” è servita a qualcosa. Lui non viene più guardato come se avesse una brutta cosa sulla faccia e la gente ha smesso di parlare alle sue spalle. Il Profeta scrive su di loro almeno un paio di volte a settimana, ma Lovegood continua sarcasticamente a ridicolizzarlo e ormai la sua credibilità è scesa sotto lo zero. Gli articoli della Skeeter non fanno più così male. Il risultato è che Draco può permettersi di passeggiare per Diagon Alley senza venire additato come un bastardo che dà filtri d’amore agli eroi del mondo magico. Questa è una delle poche cose che vanno bene della sua vita, a parte Potter e il sesso con lui, quello va sempre a gonfie vele. Continua a evitare di usare la parola “Maledizione” a meno che questa non comprenda l’insultare Harry Potter in frasi tipo: “Maledetto il giorno che t’ho incontrato” o “Maledizione a te e a tutti i tuoi antenati”. Eppure il tarlo non se ne va, come potrebbe? Soprattutto perché l’organizzazione del matrimonio prosegue con un intoppo dietro l’altro. Il primo arriva con la fine di febbraio, quando i gelidi freddi invernali danno un po’ di tregua, le nevi iniziano a sciogliersi e qualche pomeriggio regala anche un po’ di tepore. Riceve un gufo un venerdì mattina: dopo ben cinque prove dal sarto, il suo abito è pronto e gli verrà consegnato quel pomeriggio stesso. Se lo fa portare da un fattorino, che si materializza direttamente nel suo ufficio. Dopo avergli lasciato una lauta mancia per il disturbo, lo congeda con un veloce movimento della mano come a dirgli di levarsi dalle scatole prima di subito. Ha da fare e quindi non si preoccupa di controllare ogni particolare dell’abito come è solito fare quando gliene arriva uno nuovo. Il vestito che ha ordinato, scuro, estivo, da cerimonia e con una lunga giacca ricamata con intarsi d’argento, sta in una custodia di stoffa. Draco abbassa la zip quel tanto da poter vedere che c’è e che i ricami sono quelli che ha stabilito con il sarto. Non bada ad altro, al momento ha dei tavoli da far quadrare e Potter non ha intenzione di aiutarlo. Non che Draco glielo abbia detto, gli farà vedere il lavoro finito e lui si limiterà a dire di sì. Basta non mettere i Dursley vicini a suo padre e tutto andrà per il meglio. Sempre che vengano, non l’hanno ancora confermato. Dunque quel giorno è davvero troppo occupato per pensare al vestito e poi si fida del suo sarto, dato che i Malfoy si servono di lui da decenni. Del guaio, se ne accorge il mattino successivo. Quando lascia che Potter esca di casa, così che possa provarsi il vestito da sposo senza che lui lo veda, non che sia superstizioso, ma vuole che sia una sorpresa. Solo allora si rende conto che la taglia non è minimamente la sua. La giacca gli sta grande di almeno tre taglie, i pantaloni sono enormi anch’essi. Andranno bene a chi almeno ha un fisico il doppio suo, se non di più. Senz’altro zio Vernon riuscirà a far entrare il suo enorme pancione dentro a quei calzoni, non che quello sia il suo genere ovviamente. Troppo raffinato, troppo elegante per un babbano che vende trapani. L’abito è stupefacente come se l’era immaginato, questo c’è da ammetterlo. L’argento risalta in maniera perfetta sulla sua pelle bianca, peccato che, indossandolo, sembri un clown. Elegantissimo, ma pur sempre un pagliaccio. Alla risata isterica che riecheggia nella camera da letto, segue la disperazione e domande che non trovano risposta se non quella già a lui ben nota della maledizione.
«Non siamo maledetti» ripete a se stesso, chiudendo gli occhi e inspirando lentamente. Cerca una pace che non ha, una calma che non trova. Ha un mancamento e si accascia sul letto, coprendosi il volto con le mani. Come può la taglia essere sbagliata? Ha fatto tantissime prove e il signor Luigi è un sarto d’esperienza, conosce a memoria le sue misure dato che si è fatto confezionare decine di abiti. Ha anche un archivio dove sono contenuti tutti i completi che si è fatto fare, comprese le sue misure, che comunque prende ogni volta che deve farne uno nuovo. Il signor Luigi è scrupoloso, vuole che i vestiti che confeziona siano perfetti. Quindi qualcosa è andato storto, è ovvio. Un imprevisto. Un errore nella consegna. Ma lo ripareranno. Ovviamente lo faranno, dato che ha pagato un sacco di soldi. Come prima cosa spedisce un gufo, ordina a Bingley di fare più in fretta che può e in risposta questi gli scocca un’occhiataccia contrariata, come di chi pensa che almeno gli si potrebbe chiedere “Per favore”. Draco è nervoso, sa che è impossibile riuscire a ridurla con un incantesimo o almeno è ciò di cui si convince. Lui di certo non ne è capace. E poi il signor Luigi sarà anche un mago, ma non lavora così. Probabilmente si fa aiutare dagli incantesimi di taglio e cucito per le operazioni più semplici, ma il resto lo fa a mano. Con lunghe forbici, gessetti e un metro da sarto che gli penzola dal collo. Per questo ha impiegato più di sei mesi per realizzare il suo vestito, applicando ogni filo d’argento con pazienza certosina. Ora sono alla fine di febbraio, mancano solo quattro mesi al matrimonio e non riuscirà mai a fare in tempo, gli dice Luigi stesso, scrollando il capo in senso di diniego ore più tardi, dopo che Draco si è materializzato nel suo negozio.
«Ho troppo da fare» dice, spiccio. Nemmeno lo degna di uno sguardo, seguita a lavorare sulle stoffe che ha sparse sopra al tavolo da lavoro, come se non avesse di fronte niente meno che un Malfoy. Una volta la gente si inchinava alla loro levatura sociale, ora quel pezzente neanche lo guarda intanto che gli parla.
«Le misure erano quelle segnate sul foglio, mi sono attenuto a quelle» aggiunge Luigi, facendogli dondolare davanti al naso un pezzetto di carta. Draco si porta il bastone sotto all’ascella e afferra il foglietto con un gesto rabbioso, notando con suo sommo rammarico che in effetti i numeri riportati sono proprio sbagliati. Girovita: 250! E quando mai ha avuto un girovita del genere? Non è del mestiere, ovviamente, ma quelle non possono proprio essere le sue. Il che ha ancora meno senso. L’ultima volta che si sono visti erano i primi di gennaio, la giacca non aveva ancora tutti i ricami, però era perfetta e gli calzava a pennello.
«Un mese e mezzo fa l’abito era della misura giusta, mi pare chiaro che in questo lasso di tempo avete commesso un errore» fa notare, cercando con tutto se stesso di mantenere la calma. Non deve arrabbiarsi né sfoderare la bacchetta. Tantomeno sfoderare la bacchetta. Quindi respira lentamente, si porta una mano alla tempia e la massaggia. La calma non arriva, ma almeno ha sedato gli istinti omicidi.
«Le misure erano quelle riportate sul foglio» ripete il signor Luigi, come in un copione prestabilito. Neanche questa volta l’ha guardato negli occhi.

«Mi servo da voi da anni, non avete mai commesso sbagli come questo e decidete di farlo per l’abito più importante della mia vita? Questo è uno scherzo, vero?» Draco non si rende conto di aver già fatto quella domanda, mesi prima alla festa di fidanzamento dopo che aver visto due Schiopodi Sparacoda irrompere al Maniero. Allora a rispondergli c’era stata la voce imbarazzata di Potter che gli diceva che no, non era affatto uno scherzo. Questa volta Harry non c’è a placare i suoi nervi o a rassicurarlo con lo sguardo, facendogli capire con un cenno che tutto andrà per il meglio. Potter sarà anche uno stupido eroe, ma è la sua colonna in un mondo che non fa altro che crollargli addosso. Il signor Luigi non cerca di rassicurarlo, anzi lo fissa come fosse impazzito. Non sembra neanche dispiaciuto, quanto irritato da quella che ritiene una seccatura. E a quel punto funziona un po’ come per sua madre, vorrebbe gridare, ma non lo fa. Per amore della pace, e dei suoi nervi che potrebbero saltare da un momento all’altro.
«Oh, per Merlino, va bene!» sbotta a un certo punto. «Errare è umano, giusto?» domanda in maniera un po’ retorica. Luigi questa volta non alza nemmeno gli occhi dal lavoro che sta facendo, sente uno sbuffo come se gli stesse dicendo che non ha fatto nessuno sbaglio.
«Santo cielo, sistemi questo dannato vestito e continuerò a servirmi da lei. Nessun rancore.» Draco sente di essere molto più magnanimo di quanto non lo sarebbe mai stato suo padre. Se il signor Luigi avesse fatto una cosa del genere a Lucius, questi probabilmente l’avrebbe torturato fino a farlo urlare di dolore. Draco non arriverebbe mai a tanto, anzitutto perché, ché ché ne dica la gente, non è come suo padre e poi perché ha fatto una promessa a Harry quando si sono messi insieme: niente più cose da Mangiamorte. E comunque non è così cattivo, non lo è mai stato. La cosa che si sente di fare è andarsene indignato e minacciare di non tornare più, ma nessuno lo biasimerebbe per questo.
«Mi dispiace, sono impegnato per i prossimi mesi» replica il sarto Luigi, congedandolo con un cenno della mano e dandogli le spalle. Non gli serve sapere altro. Si smaterializza, portando con sé quel vestito troppo grande e un peso che inizia a diventare troppo da gestire da solo. Il tarlo ha ripreso a scavare.


 

Draco Malfoy, in quella fine di febbraio, sa che c’è una sola cosa che potrebbe fare per aggiustare il suo abito da sposo ovvero andare da quell’unica persona in grado di gestire una situazione d’emergenza senza uccidere nessuno o guardarlo come fosse impazzito. Non indugia neanche un minuto, il tempo è prezioso. Troppo per tornare a casa e scrivere un nuovo messaggio nella speranza che Bingley sia già tornato. La Tana, quindi, gli si para davanti in tutta la sua decadente altezza, un tempo l’avrebbe definita una catapecchia davvero grande, ora… Beh, non la pensa diversamente, ma negli anni ha scoperto che dentro è calda e accogliente e poi Harry adora quel posto e allora lui se l’è fatta andar bene. Quando bussa alla porta, sa che nessuno aspetta una sua visita. I tempi in cui si chiedeva se sarebbe stato ben accetto sono lontani e allora, Draco bussa picchiettando il bastone da passeggio sull’uscio. L’abito da sposo, troppo grande per lui, ondeggia a mezz’aria alle sue spalle. Da poco è passato mezzogiorno, è l’ora di pranzo. Gli pare anche di percepire nell’aria il profumo dell’arrosto e quello più dolce delle patate. Forse c’è anche una torta al cioccolato nel forno, Draco non lo sa. Non ha davvero fame, non avrebbe mangiato in ogni caso, nervoso com’è, ma quel profumo stuzzica il suo interesse. Nessuno di sua conoscenza cucina come la signora Weasley, nemmeno gli Elfi domestici che con la magia ci sanno fare. Però non è qui per mangiare, ricorda a se stesso, ha solo bisogno che Molly gli dica che andrà tutto bene e che il vestito si potrà aggiustare. Ad aprirgli la porta è Percy, anche lui alto e con una chioma spettinata di capelli ricci e rossi. Sta in camicia e Draco pensa di non averlo mai visto così informale prima di allora. Ha le maniche arrotolate fin sopra i gomiti e un paio di bretelle agganciate ai pantaloni.
«Malfoy, qual buon vento?» chiede, squadrandolo dall’alto della sua espressione tirata. Non a tutti gli Weasley sta simpatico. Lo sa, lo sente sulla pelle e non è paranoia. Billy ha un’espressione incattivita quando lo guarda, Ginny probabilmente gli lancerebbe una fattura orcovolante ogni volta che lo incontra. Sebbene abbia superato da un pezzo la cotta per Harry, tra loro c’è un tacito patto di non belligeranza secondo il quale non litigano, si salutano cordialmente pur sapendo che non si frequenterebbero mai se non fosse per Potter. Fingono di anche di piacersi, anche se Draco non sa più quante volte Pansy gli abbia detto di far fuori la rossa prima che torni all’attacco. Lo ha ripetuto talmente tanto che una volta è stato anche tentato di darle retta e avvelenare il suo succo di zucca. Non l’ha fatto perché, rimanendo obiettivi, Ginny non ha mai fatto niente di male e comunque lei ed Harry sono amici. Ad ogni modo quel giorno sembra non esserci, c’è solo Percy che però pare detestare tutto e tutti quindi presume di rientrare nella maggioranza.
«Buongiorno» saluta, chinando appena un poco il capo con fare rispettoso e posando il bastone a terra. Alle sue spalle l’abito nella custodia di stoffa si muove con la grazia di un ballerino. Quel tanto di buona educazione che Narcissa gli ha impartito a suon di occhiatacce e disapprovazione, a qualcosa è senz’altro servita. Percy pare ammirato dalle sue maniere formali.
«Ho bisogno di vedere tua madre, è piuttosto urgente.» Non si azzarda a spiare all’interno, anche se sente un coperchio sbatacchiare contro una pentola e la voce di Arthur parlare con qualcuno, non sa chi. Forse Ron, a giudicare dal fatto che gli pare di sentire il mormorio di Hermione.
«Ma naturalmente» replica, spostandosi così da farlo passare. Percy gli ha sempre dato l’impressione che sarebbe stato un ottimo maggiordomo babbano e invece lavora in un ufficio del ministero che si occupa di relazioni internazionali, un vero spreco. Mentre lo osserva fargli strada fin dentro la casa, pensa che abbia quel giusto fare impettito e un modo quasi di classe e distaccato di dire le cose. Non per niente, Percy è il solo Weasley tenuto in considerazione da sua madre, secondo la quale è l’unica persona con cui si può conversare decentemente in quella famiglia.
«Oh, Draco» lo saluta Arthur, in maniera cordiale. Come è solito fare da qualche anno a questa parte, pochi, ma da quando sta con Harry Potter le vie della Tana gli si sono spalancate. Il signor Weasley sta davvero parlando con Ron che lo fissa come al solito un po’ stralunato e un po’ scocciato, mentre Hermione aiuta Molly in cucina.
«Come mai qui? E Harry non c’è?»
«No, sta ancora indagando su quei manufatti di magia oscura che ha requisito la settimana scorsa e non penso si libererà prima di sera.»
«Oh, che brutta, brutta faccenda» commenta Arthur, scrollando il capo intanto che Ron annuisce. Ha qualcosa in bocca, forse un muffin. Perché quel ragazzo sta sempre masticando non lo capirà mai. D’accordo che è abituato alla buona cucina, ma se ne va sempre in giro con quell’aria da: devo mangiare tutto prima che me lo rubino. Forse, pensa Draco, un modo come un altro di sopravvivere a sei fratelli.
«Ero qui per Molly in realtà» mormora, facendosi avanti pur in imbarazzo. Si guarda attorno, vagamente a disagio. Nonostante tutto ha ancora un po’ di pudore nel mostrarsi tanto informale con loro. «Ho un problema per il matrimonio e speravo potesse darmi una mano.»
«Ma certamente» annuisce Arthur, sorridente «Percy, va’ a chiamare tua madre.»
«Che ti è successo?» chiede invece Ron, facendosi avanti dopo che ha deglutito faticosamente almeno una metà del muffin. Draco lo vede allungare lo sguardo e notare la custodia del vestito che ancora ondeggia alle sue spalle. Sa già che tornerà a tormentarlo con quella storia della maledizione, ma non può nascondere quello che è successo ancora per molto quindi agita la bacchetta e la zip che tiene la custodia chiusa, si apre.
«È il mio abito per la cerimonia» spiega, notando la confusione sui volti di entrambi. «Me l’hanno consegnato ieri, ma le misure sono sbagliate.» Giacca e pantaloni ondeggiano ancora a mezz’aria, mentre la custodia di stoffa si deposita delicatamente sullo schienale della poltrona. La breve spiegazione che ha dato non è servita poi a molto, è perfettamente chiaro quale sia il suo problema.
«Miseriaccia!» esclama Ron per primo, lasciandosi poi scappare un’espressione sconvolta.
«Per tutti i folletti, sembra che qualcuno ti creda fortemente ingrassato» commenta Arthur, con aria bonaria. Draco apprezza il fatto che, nonostante ci sia un qualcosa di evidentemente tragicomico in tutto quello, il signor Weasley non rida. Anche lui ha riso, sebbene solo di disperazione. Potrebbe farlo, così come Ron, eppure sembrano sinceramente dispiaciuti.
«Non so come sia potuta succedere una cosa del genere» se ne esce, qualche istante più tardi, scrollando la testa. Più che altro è incredulità ed esasperazione. Sono solo alla fine di febbraio, ma tutto pare sfuggirgli di mano e i suoi nervi da mesi ormai sono allo stremo. 
«Gli ho commissionato moltissimi abiti in passato, ho fatto ben cinque prove e poi mi arriva in questo stato.» Nel silenzio che scende poco dopo gli sembra quasi di sentire gli ingranaggi di Ron mettersi in moto e teorizzare chissà che cosa, forse le sue labbra mimano la parola “Maledizione”, ma Draco non ci bada. Non lo sente neppure Arthur, tutto preso dall’arrivo di Molly che turbina tra loro come un fulmine. Si asciuga le mani nel grembiule fiorato che indossa intanto che si avvicina.
«Mi cercavi, caro?» dice, avanzando tra loro. Non è necessario che lo spieghi, lei ha già visto e ora fissa, sbigottita, l’elegante ed enorme vestito che penzola nel vuoto.
«Guarda!» E dice solo questo, indicando la giacca troppo grande e i pantaloni troppo larghi.
«Oh, buon cielo» mormora la signora Weasley, portandosi una mano alla bocca.
«Il sarto mi ha detto che non può sistemarlo, non ha tempo. Io non sono abile con questo tipo di incantesimi quindi sono venuto qui.» Draco sa che non ha bisogno di giustificare il suo aver bussato alla porta della Tana, sa di essere sempre ben accetto perché ama Harry e perché ormai loro sono una grande famiglia allargata. Sa che non serve spiegarsi, eppure lo fa lo stesso, raffazzonando una mezza scusa a cui comunque Molly non bada.
«Si può fare qualcosa?» le domanda, subito tacendo. Lei lo fissa con intensità, poi si avvicina al vestito, sfiora la stoffa con la punta delle dita, ne saggia la consistenza tirandola appena. La vede accarezzare con delicatezza i ricami d’argento della giacca e guardarli con una certa ammirazione, è un lavoro ben fatto e lei se n’è senz’altro accorta. Sta pensando a quello che si può fare, lo capisce dal modo in cui gira attorno all’abito con aria professionale. Draco, in silenzio così come Ron, Arthur, Percy e persino Hermione arrivata dalla cucina, aspetta la risposta di Molly come fosse una sentenza. Non sa cosa farà se sarà costretto a buttare quel vestito. Ha altri completi da parte, tutti molto eleganti e che sarebbero perfetti per una cerimonia di nozze, ma non è la stessa cosa. Draco se lo è sentito sulla pelle fin dal momento in cui Luigi ha abbozzato un disegno stilizzato del suo abito, mesi e mesi prima. Quando ha visto quei ricami d’argento su una giacca nera, il taglio dei pantaloni secondo la moda ha pensato subito che avrebbe dovuto sposarsi con quel vestito e con quello soltanto. Può sembrare sciocco o infantile, è come quel pezzo di stoffa rappresentasse un punto di partenza per una nuova vita accanto alla persona che ama.
«Si può fare» annuisce Molly Weasley, sorridente portandosi le mani in grembo. «Ma prima mangiamo, hai l’aria di chi ha bisogno di un bel pranzo sostanzioso per rimettersi in sesto.» Draco non dice niente, nemmeno protesta perché sa che sarebbe un inutile spreco di energie. Molly Weasley non accetta un no come risposta. Si limita a risponderle di sì, aggiungendo che pranzerà volentieri con loro. Si sente di spedire un gufo a Harry, nel caso in cui decida di tornare a casa e non lo trovi, poche parole e la speranza, vana ne è consapevole, che poi lui li raggiunga. E intanto che si lascia convincere da Arthur a sedersi e ad accettare uno stuzzichino, la signora Weasley agita la bacchetta richiamando piatti, bicchieri e posate. Una bella tovaglia bianca si deposita con leggiadria sulla tavola di legno. Ed è allora che si sente a casa.


 

Molly impiega qualche ora per sistemare il vestito e renderlo della taglia giusta. Avendo cresciuto sette figli, fa notare a un certo punto, ha dovuto imparare alla svelta gli incantesimi di taglio e cucito. La sicurezza dei gesti e la precisione degli incanti che lancia non lasciano dubbi riguardo le sue capacità, sebbene i maglioni che distribuisce a Natale siano di dubbio gusto, è abile e glielo riconosce. Draco fa un paio di prove, alla terza il vestito gli calza a pennello e lui può tirare un sospiro di sollievo.
«Mamma ci sa fare con queste cose» commenta Ron, masticando un cupcake verso le cinque di quello stesso pomeriggio. Lui ed Hermione hanno deciso di rimanere per dare una mano e ora che hanno finito, con un rapido movimento di bacchetta, la Granger serve tè per tutti. Sono seduti in soggiorno, Draco se ne sta affondato in poltrona mentre sorseggia tè nero con una goccia di latte e un’altra di miele ad arricchire il gusto, si sente esausto. Non ha davvero fatto nulla per esserlo, ma quando tutto si è sistemato e l’adrenalina ha abbandonato il suo corpo deve aver portato via anche le energie. Ha bisogno di Potter, che ancora non c’è e che probabilmente non vedrà prima di sera. Lui a cui ancora non ha detto niente e a cui di sicuro risponderà con un: “Tutto bene” quando lui gli chiederà della giornata. Mentirà spudoratamente, ma non con cattiveria. Non è necessario che Harry sappia che ha i nervi a pezzi e che ha paura che quella faccenda della maledizione sia vera, neanche gliel’ha detto di Georgina Dunn e del cavaliere. Ci ha pensato Ron per lui, ma Harry non ha creduto a una sola parola e in effetti, rimugina intanto che manda giù un altro sorso di tè, Potter deve aver detto al suo amico di non infastidirli con quella faccenda. A ben pensarci, Ron non ha mai più toccato l’argomento, se non fosse per qualche occhiata eloquente e una o due parole sussurrate non ne hanno più realmente parlato. Fino ad allora.
«E comunque penso ancora che siate maledetti» sostiene Weasley proprio in quel momento. A Draco va di traverso il tè, nel suo tossicchiare c’è quel sentore di sbagliato che lo divora ormai da mesi. Tutto è sbagliato, che Potter sia così preso al lavoro, che lui abbia tutti questi problemi, che sua madre non sia lì con lui in ogni passo importante… Non è come se l’era immaginato e fa un cavolo di male. Rapido, solleva lo sguardo su Ron, il quale divora dolcetti con la solita foga. Nell’osservare il modo in parte compiaciuto, ma anche vagamente preoccupato, con cui parla, Draco pensa che abbia l’aria di chi si è trattenuto sin troppo a lungo. Sta per ribattere e intimargli di tacere, perché non ce la farà a sopportare un’altra discussione con lui sulla maledizione di Georgina Dunn, ma grazie a Merlino non fa in tempo neanche ad aprire la bocca. L’urlo che riecheggia per il salone della Tana e che riverbera fin su in soffitta, lo fa sobbalzare e per lo spavento quasi rovescia il tè che ha in mano.
«Ritira subito quello che hai detto, Ron Weasley!» grida Molly, entrando in soggiorno con la stessa forza di un tornado. Regge un altro vassoio di dolcetti, questa volta sono biscotti al cioccolato. Draco può sentirne il profumo, deve averli appena sfornati ed è quasi sicuro che quella donna voglia ucciderlo a suon di zuccheri. Tuttavia, la rabbia che si nota nel tono della sua voce così come le espressioni severe che porta, gli chiudono lo stomaco.
«Ma mamma, la maledizione, i draghi e…» Hermione lo fulmina con lo sguardo, gli lancia un’occhiataccia come di chi non fa che ripetere le stesse cose da troppo tempo. Dev’essere l'espressione  che fa quando ricorda a Potter di abbottonarsi la camicia come si deve e non andare in giro come un senza bacchetta che dorme sotto a un ponte.
«Nessun: “Ma mamma”» tuona Molly, furente. «Quello che è successo alla festa di fidanzamento è stata solo colpa di Hagrid e della sua insana fissazione per gli animali pericolosi.»
«E il sarto? E Rita Skeeter?» insiste Ron, come se volesse far valere le proprie ragioni. Lui non lo sa, e non lo rivelerebbe neanche sotto tortura, ma gli è segretamente grato. Sta ponendo ad alta voce tutte quelle domande che intimamente fa se stesso da mesi e alle quali non riesce mai a rispondere. Da quando gliene ha parlato, Draco è costantemente diviso tra il crederci o meno. Non può essere vero, continua a dirsi. Ma quando arriva al passaggio successivo e inizia a farsi delle domande più serie su chi mai potrebbe averli maledetti e perché, ecco che ogni ragionamento frana su se stesso. Chi mai potrebbe arrivare a tanto? Si chiede, nascondendo l’angoscia dietro a una sbeccata tazza di porcellana che di sicuro ha visto giorni migliori. Deve ricordarsi di regalare agli Weasley un nuovo servizio da tè, il prossimo Natale.

«Un sarto che non sa fare il suo lavoro non è una maledizione e Rita Skeeter, quella brutta strega, tormenta il povero Harry fin dai tempi della scuola con i suoi articoli pieni di falsità e cattiverie, dove starebbe la novità?»
«Ecco, veramente…» balbetta Ron, in apparenza già sconfitto. La signora Weasley dice il vero. Non c’è niente di nuovo sulle prime pagine del Profeta, tutta roba già vista. E il signor Luigi probabilmente ha avuto una giornata no. Alla fine è stato onesto, non gli ha neanche fatto pagare il vestito a prezzo pieno, glielo ha scontato della metà. Ed è vero che “I Malfoy non accettano sconti da nessuno”, ma pagare a prezzo pieno un abito che poi sarebbe stato comunque da ritoccare gli sembrava un’ingiustizia.
«Molly ha ragione» se ne esce, posando la tazza sul tavolino e alzandosi in piedi con un movimento elegante. Sente gli occhi di tutti posarsi su di lui e le intenzioni tacere, al pari delle lingue. Ha un’aria definitiva nel tono della voce, come di chi non accetta repliche di alcun genere. Vede, negli altri, come un attimo di straniamento di fronte alla sua freddezza e allora ricorda che non è un lato del suo carattere a cui hanno davvero fatto l’abitudine.
«Rita Skeeter è una maledetta strega e quelli del Profeta non hanno più argomenti validi con cui riempire le loro pagine, se io e Harry siamo il loro articolo di punta da mesi. Per non parlare di tutto il clamore che hanno fatto ai tempi del nostro coming out. Quegli articoli non hanno niente a che vedere con la maledizione, sempre che ce ne sia davvero una. Giunto a questo punto neanche mi importa saperlo, tutto quello che voglio è riuscire ad organizzare questo matrimonio nel migliore dei modi.» Draco elargisce un elegante baciamano alla signora Weasley, grazie alla quale la ringrazia per l’aiuto che gli ha dato, oltre che per l’offerta gentile che lei ha fatto di aiutarlo nei mesi a venire. Non è un qualcosa che dimenticherà facilmente, i Malfoy saranno quel che saranno, ma sono riconoscenti con chi ha dato loro una mano. E quella piccola donna, con i suoi capelli rossi arruffati e i suoi grembiuli a fiori, gli ha letteralmente salvato il matrimonio. Le farà recapitare da Bingley un mazzo di fiori, il mattino successivo, assieme a un bigliettino. No, non lo dimenticherà affatto.


 

Draco mette il vestito sotto chiave. Letteralmente. Lo nasconde nella camera di sicurezza che ha alla Gringott, dove sa che nessuno lo toccherà fino al giorno delle nozze. Ché ché ne dica Potter, quello è ancora il posto più sicuro del mondo magico. Considerato che ancora teme che qualcuno lo voglia sabotare, o che non ha del tutto accantonato l’ipotesi che Weasley abbia ragione, gli sembra la soluzione migliore. Quando il folletto chiude la pesante porta alle sue spalle, tira un sospiro di sollievo. Nonostante questo, nelle settimane a venire la situazione non migliora. Rita Skeeter ancora seguita a tormentarlo, ma lui e Harry non leggono quasi più la Gazzetta del Profeta e una voce al ministero dice che le vendite del giornale sono crollate, la Skeeter ha perso ogni credibilità. Questa forse è la sola buona notizia che marzo porta con sé, a parte le nevi che si sciolgono e le giornate che si allungano. Alla metà del mese è a buon punto con i preparativi, ma è allora che si presenta un altro problema e questa volta riguarda gli Elfi domestici. La lista degli invitati, da contenuta, si è trasformata in un qualcosa di inevitabilmente gigantesco. Perché si sa che quando stai per sposare un eroe pieno di mezze famiglie, non c’è davvero mai fine agli sconosciuti a cui devi pagare un lauto pranzo. Ha bloccato il numero su trecento e non ha accettato altri nomi da aggiungere all’elenco, sono in ballo solo i Dursley che non hanno ancora confermato la loro presenza e con i quali farebbero trecentoquattro. Ma in quel caso si sente di fare un’eccezione e non perché gli piacciano, ma perché sono i soli parenti effettivi che Harry “Non riesco mai a di no” Potter ha in vita. Draco ha comunque spedito l’invito per tempo anche a loro, per l’occasione ha usato la posta babbana e sembra che zio Vernon abbia apprezzato in maniera particolare la giusta quantità di francobolli incollati sulla busta. Pare anche che Petunia abbia elargito commenti positivi riguardo la calligrafia perfetta con cui il suo nome era stato scritto. Draco ricorda di essersi profuso in un “Alla cortese attenzione della gentilissima famiglia Dursley” nell’intestazione del biglietto perché se c’è una cosa che fa fare è leccare culi alla gente. Ne va non troppo segretamente fiero, di quello e di tutti gli altri trecentodue che ha scritto. Li ha redatti tutti a mano, facendosi aiutare dalla Granger ovvero dall’unica persona che conosce ad avere una grafia quantomeno decente. Potter e Weasley dovevano solo tacere, preparare caffè e imbustare. 

 

Quando si è effettivamente reso conto del numero di partecipanti, dopo aver dovuto mandar giù almeno mezza bottiglia di Whisky Incendiario, ha realizzato che sarebbero serviti molti Elfi domestici per far fronte all’enorme quantità di cibo che sarebbe stato servito. Occorreva anche trovarne alcuni che fossero ben disposti ad aiutarlo con l’allestimento, il tendone e tutto quanto il resto, considerata soprattutto la location per il matrimonio. Arthur gli ha offerto il giardino della Tana, ma oltre a essere pieno di gnomi è davvero troppo piccolo. Il parco di villa Malfoy a un certo punto sembrava essere la soluzione migliore, ma Draco ha urlato un secco “No” a sua madre che ha messo fine a ogni discussione. Lui e Potter hanno trovato il posto perfetto già ai primi di dicembre e non ha intenzione di cambiare idea: si sposeranno sulle scogliere di Dover, che a giugno saranno uno splendore di prati verdeggianti e del sole nella giusta posizione rispetto a dove ha intenzione di piazzare un arco fiorito di gigli. Creeranno una passaporta da Diagon Alley e si faranno aiutare dagli Auror per gli incantesimi anti-babbano. Frank Graves si è addirittura offerto di mettere in moto la macchina organizzativa al posto loro, così che non debbano avere delle preoccupazioni. Draco sente che gliene sarà grato a vita. Soprattutto perché ha altro a cui pensare. Si fa aiutare da Harry e, di nuovo, dalla signora Weasley per stilare un menù che possa soddisfare le esigenze di tutti. Qualcosa di raffinato e al tempo stesso godibile. Quando sente di avere tutto pronto, inizia a pensare agli Elfi domestici. In genere in simili occasioni si parla con un singolo Elfo e questi fa da passaparola ad altri che sa essere liberi. Ma lui e Potter non hanno un Elfo domestico, il vecchio elfo dei Black è morto da anni. La stessa cosa vale per Weasley e la Granger e per tutti quanti i loro amici. I soli che conosce sono i due che servono al Maniero, ma Draco non ha nessuna intenzione di tornare né di chiedere aiuto a sua madre. Prova anche a girare per Diagon Alley e a chiedere a qualcuno se conosce un Elfo disponibile, ma da quando la Skeeter continua a lanciare veleno su di lui, non tutti si fermano a chiacchierare volentieri. Un giorno, quando già è passata la metà di marzo, Draco si ritrova costretto a bussare alla porta dell’ufficio che Hermione Granger ha al ministero. * Sulla porta c’è la dicitura: “Ufficio cura e controllo delle creature magiche”, proprio accanto, invece, inciso su una placca in metallo si nota la scritta: “Comitato per la Riabilitazione degli Elfi Poveri e Abbruttiti”, più brevemente C.R.E.P.A. che al momento conta qualche centinaia soci. Malfoy stenta sempre a farle presente che negli anni più che far valere i diritti degli Elfi domestici, la sua associazione è diventata un’agenzia di collocamento perché sa che Hermione tende sempre ad avere reazioni un tantino esagerate quando si parla di quell’argomento. Eppure quello che è, è sotto gli occhi di tutti.
«Mi servono almeno una decina di Elfi, forse quindici» le dice, dopo essersi fatto avanti, bastone da passeggio, abito elegante e fare impettito.
«Hai provato con il passaparola?» replica lei da dietro la sua scrivania, dalla quale alza gli occhi brevemente. Sembra indaffarata, ha una pila di qualche centinaia di fogli sulla destra e una altrettanto alta sulla sinistra. Draco non si perde a osservare l’ufficio di Hermione, c’è già stato e ogni volta che entra da quella porta lo trova singolare. Un po’ come la casa che condivide con Weasley, anche quello è pieno d’incantesimi stupefacenti, di oggetti che ha incantato lei stessa rendendoli straordinari. Da sempre è attratto da una clessidra incantata, al cui interno c’è un raffinato incantesimo che mostra una fata intenta a segnare il tempo che manca alla fine dell'orario di lavoro. C’è un orologio, proprio davanti ai suoi occhi, simile a quello che hanno lui e Potter in cucina, in cui viene mostrato dove sia Ron, se è in salvo, al lavoro o in pericolo. E via così da penne prendi appunti che scrivono da sole, a calendari magici fino a un archivio che si sistema da sé. Draco non smetterà mai davvero di ammirare l’ingegno di quella donna.
«Sembra che anima viva sia disposta a presentarne uno al sottoscritto, Granger e non ho nessuna intenzione di andare da mia madre a chiederle un simile favore. Sono disposto a pagarr anche dieci galeoni a Elfo.»
«Dieci galeoni?» domanda lei, sbigottita, abbandonando completamente il proprio lavoro e alzando gli occhi su di lui. «Sei forse impazzito?»
«D’accordo, dieci galeoni sono troppi, ma un galeone d’oro a testa se cucinano per trecento persone e mi aiutano con l’allestimento. Il Presidente dell’associazione per la riabilitazione di quello che è, lo ritiene un prezzo ragionevole?»

«Quindici falci a Elfo, non uno di più» lo corregge Hermione.
«Affare fatto!»
«Ti farò sapere» annuisce lei, rimettendosi al lavoro. Draco si smaterializza da lì prima che lei riesca a sbattere le ciglia.

 

Nemmeno l’intervento della Presidentessa del C.R.E.P.A. serve a qualcosa. Un mese più tardi, alla metà di aprile, Draco non ha ancora trovato un singolo Elfo a cui vada di lavorare per lui. Non aumentando il prezzo, non offrendo di farli lavorare gratis. Niente. Neanche il nome di Harry Potter è servito a qualcosa, non l’intervento di chi tiene a loro al punto da creare un’associazione per la loro salvaguardia e che si batta per i loro diritti. Sembra, a dire il vero, che non esitano più Elfi liberi a Londra. Il che è esattamente ciò che dice alla signora Weasley, quando di nuovo si presenta alla sua porta con un altro problema da risolvere. Nel frattempo, Draco è riuscito a trovare l’occorrente per l’allestimento, anche grazie a Harry che finalmente ha allentato la presa sul lavoro e si è messo ad aiutarlo. Un giorno gli ha detto che sarebbe passato alla banca a cambiare i galeoni con delle sterline, quindi è andato con Hermione nella Londra babbana e quando è tornato, ore più tardi, aveva con sé tutto l’occorrente per allestire un matrimonio di trecento persone. Tengono tutto in una scatola, grazie a un incantesimo di estensione irriconoscibile. Anche quella l’hanno sistemata nella cassetta di sicurezza alla Gringott, dove non può accedere nessuno, nemmeno Potter. La certezza di far sedere i suoi invitati su delle sedie e non per terra come i fricchettoni, gli dà un po’ di speranza. Ma questa non allevia del tutto la tensione, ha ancora un menù e nessuno che lo possa cucinare. Quando si presenta alla Tana, un mattino attorno al venti di aprile, al matrimonio manca un mese e mezzo e Draco sente già di impazzire. Molly lo fa sedere e gli offre una tazza di caffè caldo e un biscotto, tutti hanno bisogno di biscotti nei momenti tristi, dice lei.
«Ecco cosa faremo» se ne esce Molly intanto che lui, a bocca piena, annuisce lentamente. «Manderò un gufo a Minerva e le chiederò se può prestarci gli Elfi di Hogwarts, sono un numero sufficiente per cucinare il menù che serve a te a Harry, sono sicura che dirà di sì, ma nel frattempo ti chiedo di aprire questa» dice porgendogli una scatola ben impacchettata con un fiocco giallo e carta colorata, che Molly fa levitare sin sul tavolo.
«Il regalo mio e di Arthur per voi» dice, porgendogli altri biscotti che Draco sgranocchia impunemente intanto che fissa la scatola. Ma manca ancora così tanto e…
«Aprila, ti servirà molto più di quanto pensi.» E allora lo fa e sgrana gli occhi quando vede che dentro c’è soltanto un fiore, un giglio bianco per la precisione. Lo prende tra le mani, ne annusa il profumo, se lo rigira tra le dita, saggiando la consistenza dei petali setosi al tatto. Adora i gigli.
«So che non sei riuscito a trovare un fioraio magico e che pensavi di fare tutto da solo, beh, ho detto ad Arthur che se volevamo farvi un regalo come si deve allora avremmo dovuto fare qualcosa per voi. Penseremo noi ai fiori per la cerimonia. Gigli e tutto quello che vorrete.»
«Io non so cosa dire» balbetta e forse ha anche le guance rosse per l’imbarazzo. Non si sente davvero a disagio, più che altro emozionato. Incredulo e stanco. Tanto, tanto stanco. «Solo… Grazie, grazie davvero per tutto.»
«Ma figurati, caro» replica lei, regalandogli un sorriso.


 

Draco è più sereno nei giorni a venire. Ron Weasley non può avere ragione e non ce l’ha, si ripete con forza ogni giorno, sempre più convinto di quanto dice. Non pensa più alla maledizione di Georgina Dunn e del cavaliere. Ormai è tutto pronto. Ha risolto l’allestimento, i fiori, i posti a sedere, i menù e da quando la McGranitt ha accettato di prestare loro gli Elfi di Hogwarts, sente come se il peso che aveva sullo stomaco se ne sia andato. Gli abiti sono pronti e la torta verrà preparata dal miglior pasticcere di Londra. O così crede. In realtà a un certo punto succedono due cose, praticamente nello stesso momento. Arriva una lettera da parte di Dudley, un venerdì assieme alla posta del mattino. Bingley deve averla strappata di mano al povero cugino di Harry, perché l’angolo in alto a sinistra è rovinato e il resto della lettera, stropicciata. Poche parole scritte con una calligrafia elementare, permettono loro di capire che i Dursley al gran completo verranno alla cerimonia e al banchetto. Draco ha passato mesi a sperare che questo non succedesse e che i suoi genitori, i quali ancora odiano i babbani, incontrassero dei babbani che ancora odiano i maghi. Ma a quanto pare era troppo sperare che non venissero. Fa una faccia disperata, che Potter caccia via con un bacio e la promessa che andrà tutto per il meglio. Facile per lui essere sempre positivo, Malfoy invece non è così ottimista. Prevede già il disastro più totale. Che arriva sì, ma da una direzione che non si sarebbe mai aspettato. Legge la notizia sulla Gazzetta del Profeta, che ancora comprano per essere pronti a spedire lettere di protesta, che di solito non servono a niente, ma almeno fanno capire a quella gente di non essere affatto d’accordo con quanto viene scritto su di loro. All’inizio nemmeno se ne rende conto, ma poi quel nome scritto a caratteri cubitali sulla prima pagina, fa scattare un qualcosa dentro al suo cervello. Almeno, si dice, l’articolo non è della Skeeter.



 

Mathieu de la Tour 
arrestato nella notte



 

Il pasticcere Mathieu de la Tour, ex studente di Beauxbatons, trasferitosi a Londra qualche anno fa, dove ha aperto una pasticceria nella zona babbana della città, è stato arrestato questa notte dagli Auror del Ministero della Magia, per possesso di artefatti magici oscuri. Il Capo Auror Frank Graves ha ricevuto un messaggio anonimo nel pomeriggio di ieri, nel quale si diceva che il suddetto pasticcere nascondesse qualcosa di illecito nel retrobottega del suo negozio di dolci. A seguito di una breve indagine, un elevato numero di oggetti oscuri spariti alla fine di febbraio dall'Ufficio Misteri, il cui furto tiene gli Auror impegnati da settimane con indagini che però non hanno portato a un "Nulla di fatto" dietro l'altro, è stato rinvenuto nei locali della sua pasticceria. L’uomo è stato arrestato e interrogato dagli Auror, ma fonti interne al Ministero dicono che al momento si mostra reticente a collaborare. 

 

Il celebre pasticcere era stato incaricato qualche mese fa di creare la torta per il matrimonio di Harry Potter e di Draco Malfoy, quest'ultimo già famoso per le sue malefatte. Inevitabile per noi è fare un collegamento tra il Malfoy, ex Mangiamorte a servizio di Colui-Che-Non-Dev’essere-Nominato, e il signor de la Tour. Da parte nostra esprimiamo tutta la nostra solidarietà al signor Harry Potter e ci chiediamo quando il ministero si deciderà a intervenire nei confronti di Draco Malfoy.


 


 



Continua





 

*Per quanto riguarda la carriera di Hermione al ministero, prima di passare all’ufficio “Applicazione della legge sulla magia” ha passato diverso tempo all’ufficio: “Cura e controllo delle creature magiche”. Fonte: Harry Potter Wiki



Note: Un grazie alle persone che stanno seguendo questa storia, mi dispiace per aver tardato, ma sarà sempre un po’ così. Cercherò di pubblicare puntuale di giovedì, ma so già che non ci riuscirò. Grazie a chi ha lasciato una recensione a chi ha inserito la storia tra le seguite, preferite e ricordate di Efp.
Koa
   
 
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