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Autore: Chevalier1    16/12/2022    5 recensioni
La sera del ballo in suo onore Oscar lascia André in caserma e si presenta al ricevimento in uniforme. Conosciamo quella scena ma non il prima e il dopo. Che cosa succede a palazzo Jarjayes in quelle ore? Che cosa accade quando Oscar torna a casa? Che cosa si sono detti Girodelle e il Generale? Come va finire quando Oscar incontra André e il padre dopo? Quattro quadri privati provano a rendere l'idea delle parole e dei sottintesi di cui non siamo stati spettatori (tessere perdute nel mosaico della storia dell'anime, liberamente ricostruite), in un punto che rappresenta uno snodo nella storia.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: André Grandier, Generale Jarjayes, Marron Glacé, Oscar François de Jarjayes, Victor Clemente Girodelle
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Oscar dal canto suo dall’ufficio in caserma fece la stessa cosa: scrisse al suo diretto superiore un’asciutta missiva, scusandosi per i modi, ma ribadendo con fermezza l’intenzione di restare al proprio posto e l’impegno a risolvere, come da regolamento e come si conveniva a un comandante, i problemi disciplinari che si fossero presentati.

Poi con una scusa mandò a chiamare «Il soldato Grandier», come se dovesse impartirgli un ordine. Invitò André a entrare nell’ufficio e, facendo il massimo sforzo per non tradire emozione alcuna, gli disse che la pratica del matrimonio era definitivamente archiviata e che avrebbe dovuto obbedire ai suoi ordini un altro po’, mettendo su un’ariaccia più austera del consueto per trattenere un sorriso mentre lo diceva, a costo di sembrargli più sbrigativa di quanto avrebbe dovuto e voluto essere. Aggiunse che quella sera sarebbe tornata a casa prima, pronta ad affrontare da sola la reazione del padre.

Gli chiese come andassero i lividi, memore del pestaggio che aveva subito nell’armeria e se la situazione fosse tranquilla tra i soldati. Lo era, ma lei già lo sapeva: quella volta, dopo avere soccorso André personalmente, turbata dalle sue lacrime e dalla frase di Alain - che ogni tanto le tornava in mente- : «Credo che vi ami, comandante. Vi lascio soli, occupatevi voi di André», aveva usato il pugno di ferro con l’intera caserma, per mettere in chiaro che non tollerava risse nei locali di servizio. Quindici giorni di consegna di rigore per quelli che avevano messo in atto il pestaggio e per quelli che li avevano sostenuti senza sventarlo, una sanzione più simbolica per quelli che se l’erano presa comoda facendo finta di non sentire, per Alain e per André: il primo perché aveva tardato un attimo a sedare la rissa e il secondo ufficialmente perché non l’aveva fatta spegnere cedendo al primo colpo, in realtà perché non voleva aggravare la posizione di lui agli occhi degli altri, già sospettato com’era di tenere bordone a un comandante mal sopportato da quasi tutti.

Congedato André, andò ad avvisare il suo vice, il Colonnello d’Agouille, che si sarebbe avviata con un poco d’anticipo e montò in sella diretta a palazzo Jarjayes pronta ad affrontare la tempesta.

Rientrò a casa prima del solito, trovò ad accoglierla come sempre la governante, che non le disse come si sarebbe aspettata che il padre l’attendeva con urgenza. Oscar la guardò con aria interrogativa. Marie memore della sera precedente parlò per prima: «Stamattina presto il Conte Girodelle ha parlato con tuo padre, dunque tuo padre sa. Eppure sono stata più volte nella sua stanza durante la giornata e non mi è sembrato torvo come altre volte quando ce l’ha con te. Non mi ha chiesto di mandarti di filato da lui al rientro come fa di solito. Mi è parso assorto quando mi ha chiesto carta, penna e calamaio, ma non adirato».

Oscar non nascose un moto di stupore, si chiese che cosa avrebbe dovuto fronteggiare: «Andrò io da lui, con la scusa di vedere come sta...». Lo scenario che s’era prefigurata, identico a quello vissuto decine di volte, sembrava mutato e il non sapere in che modo la faceva sentire incerta, come se stesse per avventurarsi in una terra incognita.

Prese un respiro profondo prima di bussare alla porta degli appartamenti paterni, preparandosi ad affrontare l'incertezza di quell'incontro.

«Avanti»

«Buonasera padre, come vi sentite?»

«Buonasera Oscar, non c’è male. I movimenti sono quelli che sono, molto cauti, ma se rimango fermo non sento quasi dolore. I Jarjayes hanno la scorza dura, come ben sai», le rispose sorridendo.

«Già e non posso che esserne fiera, padre».

«Come va con i soldati della Guardia?».

Oscar si stupì per la domanda, ma non lo diede a vedere, si chiese se come la volta precedente il padre la stesse prendendo alla larga per tornare alla carica con la faccenda del matrimonio, se fosse solo una captatio benevolentiae per abbassare le sue difese e poi arrivare a propinarle di nuovo la proposta dell’azzimato Conte Girodelle. Fece finta di niente e rispose con calma e sincerità: «Situazione sempre molto tesa, sul filo del rasoio, ma comincio a vedere qualche minuscola breccia nel muro della loro diffidenza. Stanno cominciando a capire che so usare il bastone quando necessario - : la scorsa settimana ho spedito tutti in consegna per una rissa che avevano scatenato in armeria - , ma che non baro al gioco e non mi nascondo dietro modi gratuitamente autoritari. Ancora non li ho portati a fidarsi di me, ma ci arriverò padre, è una sfida per me ormai».

«Hai le qualità per risolvere questa difficile situazione Oscar, solo sii prudente: andiamo incontro a tempi bui».

«Me ne rendo conto, padre, starò attenta. Fatelo anche voi, finora siete voi ad avere rischiato davvero».

«Già, - sorrise amaramente il Generale – ma è molto probabile che quell’uomo abbia sbagliato persona, presumo fosse convinto che il generale Bouillé fossi io, era lui che volevano colpire. Potresti sistemarmi il cuscino, per favore? Non riesco più a stare in questa posizione».

«Certo, padre. Va bene così?».

Il movimento strappò una smorfia al Generale

«Scusate, padre, vi ho fatto male».

«Niente di grave e tu non c’entri, Oscar, sono io che tendo a dimenticare che i miei movimenti sono ancora limitati. A proposito di questo vorrei chiederti un’altra cortesia».

«Prego padre, a Vostra disposizione».

«Vorrei che mi aiutassi tu a medicare la ferita. Vedi, il personale di servizio è assai premuroso, è stato istruito a dovere e sa quello che deve fare, ma tende a essere o troppo delicato per timore di far danni o a esserlo troppo poco e temo che il trattamento non corrisponda esattamente quello che i medici hanno consigliato, non vorrei brutte sorprese alla fine. Mi sentirei più sicuro se questa volta, in attesa che il dottore venga nei prossimi giorni, fossero la lucidità e la pratica di un militare a occuparsene, dato che parliamo di una ferita d’arma da fuoco, per quanto non troppo grave».

«Come desiderate, padre. Datemi qualche minuto per procurarmi il necessario e sarò da voi».

Oscar uscì dalla stanza interrogandosi sul silenzio del padre a proposito del comportamento che aveva tenuto al ballo della sera prima, di cui certamente era al corrente. Lo conosceva abbastanza per sapere che mai avrebbe impiegato così tanto per entrare in argomento. In un momento diverso sarebbe montato su tutte le furie per un gesto di sfida così manifesto, invece ora era calmo e Oscar ormai era certa che non era stata la menomazione fisica a evitarle lo schiaffo ma una disposizione d’animo differente dal solito da parte del padre: la piega che aveva preso la conversazione la induceva a pensare che il Generale non si sarebbe più messo di traverso rispetto alla sua carriera né avrebbe più tentato di parlarle di matrimonio: in tutto quel dialogo non aveva fatto altro che dirle tra le righe che la stimava come ufficiale.

Mentre tornava con catino, acquavite, garze e una lunga benda per fasciare il tutto alla fine, non poté far a meno di considerare che, dopo aver esibito per tutta la vita una solidità tetragona che sfiorava l’alterigia, per la seconda volta in breve tempo il Generale si mostrava a lei nella propria fragilità: lo aveva fatto, pochi giorni prima, commuovendosi in sua presenza mentre le chiedeva scusa per la vita che le aveva imposto. E lo stava per fare in quel momento, affidando il proprio corpo ferito alle sue mani. Ne provò un lieve turbamento. Capiva che quegli attimi stavano imprimendo una svolta al loro modo di relazionarsi. Si chiese se il Generale lo stesse facendo consapevolmente o se fosse solo la vita che faceva il suo corso.

Rientrò nella stanza e con perizia e asciuttezza, come avrebbe fatto con qualunque soldato da soccorrere, aiutò il padre a togliere la giacca e la camicia che il Generale aveva già sbottonato in sua assenza, un po’ per facilitarle l’operazione e un po’ per evitarsi il disagio di compiere quel gesto davanti a lei che, soldato o no, era pur sempre una figlia.

Oscar rimosse con mani sicure e con delicatezza la fasciatura.

«Non è un bel vedere, padre, ma si direbbe che sia tutto a posto, non sembra ci siano segni di infezione. Volete uno specchio per constatare di persona?».

Quella domanda, che solo a un militare rivolto a un altro militare sarebbe venuto in mente di fare, fugò definitivamente l’imbarazzo del Generale, gli diede la netta sensazione di trovarsi tra colleghi.

«Grazie, Oscar, sì».

Il generale gettò un’occhiata attraverso lo specchio, che la figlia gli aveva porto, alla ferita non troppo profonda e lontana da organi vitali ma parecchio estesa: «Diciamo pure che mi è andata bene».

«Non occorre che vi avvisi che non sarà un piacere, già lo sapete», osservò Oscar più che altro per avvertirlo che stava per procedere, perché il dolore non lo cogliesse di sorpresa: «Vediamo di fare tutto presto e bene. Solo fermatemi se fa troppo male».

Il generale annuì. E lasciò fare fino in fondo, inspirando una boccata d’aria tra i denti stretti.

«Va tutto bene, padre?».

«Sì, grazie Oscar».

«Dovere, padre. Sono in debito con Voi. Quante volte negli anni avete fatto questo per me!».

Oscar alludeva alle occasioni in cui da bambina si era ferita durante l’allenamento con la spada. Erano i momenti in cui il padre provvedeva personalmente ad assisterla, dal momento che era il suo istruttore. Diversamente, quando accadeva durante il gioco, era Nanny a occuparsi delle sue sbucciature e di quelle di André. Il Generale pensò con rammarico al fatto che, a differenza di quanto aveva fatto lei in quel momento senza darlo a vedere, in quei frangenti egli si era sempre preoccupato più di formare il carattere del futuro Colonnello che di aver riguardo del dolore che doveva provare sua figlia bambina. Ne provò un intempestivo rimorso. Ma pensò che non fosse il caso di mostrare le proprie incrinature al punto da esplicitare a voce quel pensiero. Troppo tardi anche per questo, disse tra sé.

«Quando mi alzerò di qui, sarò del tutto fuori forma. Mi servirà un avversario per rimettermi in allenamento con la spada, Oscar. Conto su di te».

«Anche per quello sono in debito, Padre e di gran lunga. Vi rimetterò a nuovo, promesso. Vi lascio riposare ora, non vi voglio affaticare oltre».

«Grazie, Oscar. Buona serata».

«Buonasera, padre. Se avete bisogno fatemi chiamare».

Oscar si chiuse la porta alle spalle e si lasciò attraversare dal brivido di una imprecisata emozione per quel momento così nuovo tra loro che sapeva di cesura con il passato: capì che il padre aveva accettato la sua presa di posizione e che tacendo quella sera le aveva, implicitamente, ma definitivamente consegnato le chiavi del suo destino: ogni decisione di lì in poi l’avrebbe presa da sola e ne avrebbe portata intera la responsabilità.

Altri scontri sarebbero venuti nella profonda e complessa relazione tra Oscar e il padre, ma sarebbero stati di lì in poi a un altro livello: confronti anche più drammatici, perché destinati a consumarsi tra due persone mature, tra un Colonnello e un Generale sull’orlo di una rivoluzione, se possibile all’interno di un codice d’onore ancora più severo di quello vigente in casa fin lì, ma senza più la subalternità a legittimare uno schiaffo.

Da quel momento in avanti ogni conflitto tra loro avrebbe significato un fossato più profondo e un prezzo più alto che avrebbero pagato senza sconti tutti e due, ciascuno a proprio modo.

   
 
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