Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Stillathogwarts    18/12/2022    1 recensioni
Tre anni dopo la guerra, Draco Malfoy fa il sogno più strano della sua vita, il quale gli darà la spinta necessaria a risollevare le sue sorti e riprendere in mano le redini del suo futuro.
--------
Una piccola rivisitazione del famoso classico di Natale "A Christmas Carol" di Charles Dickens, a tema Dramione, con una morale del tutto diversa che darà una lezione importantissima a Draco, aiutandolo a comprendere cosa desidera veramente dal suo futuro.
- SHORT STORY (Prologo, 6 CAPITOLI, Epilogo)
- DRAMIONE + ACCENNI DRASTORIA
- POV DRACO MALFOY
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Più contesti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
A Christmas Carol
 





PARTE 1

The Ghost of Christmas Past
 



 

24 dicembre 2001
 
Toc, toc, toc.
Il rumore insistente si insinua nel mio sonno già disturbato dagli incubi, infastidendomi.
Afferro il cuscino, me lo porto sulla testa e premo con forza.
So già di cosa si tratta: è il mio molestatore seriale.
No, non è vero, al momento, quel gufo è la cosa più vicina a un amico che abbia.
Patetico, no?
Lo pago pure.
Ripensandoci, è perfettamente conforme all’andazzo consueto della mia vita fin da quando ero in fasce.
Mi costringo ad alzarmi, perché ormai so benissimo che l’unico modo per poter tornare a dormire è aprire quella maledetta finestra e prendere quell’odioso giornale. Disdirei l’abbonamento, ma è letteralmente il mio unico contatto con il mondo esterno, perdere anche quello mi sembra un po’ troppo.
La Gazzetta del Profeta mi concede una fuga di mezz’ora dalla mia vita monotona e solitaria, giusto prima che vada a rinchiudermi in laboratorio o in biblioteca.
Sono quasi certo che potrei costruire una Pietra Filosofale a questo punto, ma non lo farò mai e non solo perché non desidero assolutamente prolungare quest’esistenza tormentata, ma anche perché ho ormai compreso benissimo che quella roba porta solo guai.
Nessuno lo saprà mai, ma Draco Malfoy l’uomo sta cercando di essere migliore del ragazzino che è stato.
Per la cronaca, lo faccio per me stesso, dato che a nessuno fregherebbe niente.
Forse è stata la prima cosa su cui abbia avuto possibilità di scelta e con questo intendo dire che me la sono presa di forza la possibilità di scegliere. Fantastico, no? Posso fare le mie scelte ora, ma nessuna di queste avrà alcun impatto sulla vita di un altro essere umano, giuste o sbagliate che siano. Contano solo per me, quelle che hanno rilevanza per il resto del mondo sono state obbligate e, ovviamente, errate. Non che la gente lo sappia o creda alla mia parola, comunque.
Getto un rapido sguardo al giornale e mi accorgo che è la Vigilia di Natale, di nuovo.
Non riesco a capire se il tempo scorra velocemente o inesorabilmente lento, so solo che i miei giorni continuano a fondersi tra di loro.
E so già quello che accadrà questa sera; le mie Vigilie sono sempre uguali da tre anni a questa parte: ceno in camera, vuoto una bottiglia di vino e se non sono ancora abbastanza sbronzo da crollare addormentato, passo al Firewhiskey. Dopodiché, sono certo di crollare nell’oblio.
È l’unico modo per non sentire la mancanza delle cose che non ho mai avuto.
Il Natale, di solito, ne accentua il desiderio e la consapevolezza che non avrò mai ciò che voglio dalla vita intensifica il dolore.
Meglio berci sopra, no? Non giudicatemi, lo fareste anche voi se foste Draco Malfoy, credetemi.
E comunque, lo vedo come una sorta di regalo di Natale da me stesso per me stesso, ubriacarmi al punto da non poter sognare o da non ricordarmene al mattino: una notte priva di incubi, un sonno profondo e intenso.
È il meglio che posso avere.
I tempi in cui agognavo scope da corsa o costosi regali sono più che andati; i miei soldi, adesso, mi diverto a spenderli facendo ingenti donazioni anonime alle associazioni no profit della Granger.
Alcuni di voi lo considererebbero un modo per fare pace con me stesso e non avreste tutti i torti. Mi fa sentire un pelino meglio, aiutare la gente che ne ha bisogno e al contempo supportare lei. Nella mia testa sono tante piccole scuse per come l’ho trattata in passato. Non sono sicuro che abbia la stessa valenza, ma funziona, ogni tanto. Mi tira su di morale.
La mia giornata passa come tutte le altre.
La missione più importante? Evitare i miei genitori. E oggi più che mai, perché mia madre cerca sempre di convincermi a cenare in sala da pranzo, anche se sa benissimo che per due motivi io non ci metto piede. La sua insistenza aumenta esponenzialmente nei giorni festivi, perché spera di poter ricucire i rapporti in famiglia. Vorrei che capisse che per me non è possibile, non finché mio padre non si deciderà ad accettare la mia decisione di vivere secondo ideali più onorevoli. Non credo che lui abbia capito che non c’è nulla di dignitoso nell’essere stato un Mangiamorte, ma io non ho intenzione di scendere a compromessi. L’ultima volta che ci siamo ritrovati nella stessa stanza non è andata a finire bene, comunque. Non ci tengo a ripetere l’esperienza, grazie tante. Può criticare la mia mancanza di dedizione in merito ai doveri nei confronti della famiglia anche da lontano.  
L’ultima volta che mi ha fatto pressioni riguardo a matrimonio ed eredi, gli ho promesso che avrei sposato una donna Babbana. Ha smesso di insistere, ma so che prima o poi ricomincerà. Non accetterà mai che la linea dei Malfoy cessi con me, anche se il pensiero mi ha sfiorato la mente.
A che pro mandare avanti un casato che ha la reputazione sottoterra?
Potter può ereditare i miei soldi.
Credo sia il mio parente più vicino ancora in vita.
Lui o Teddy Lupin, fa lo stesso.
Sarebbe un risarcimento danni niente male per entrambi, no?
La cosa triste è che io una famiglia mia la vorrei pure, ma è difficile farsene una quando non si mette piede fuori dal perimetro della propria proprietà.
Potrei sposare il gufo che mi consegna la Gazzetta al mattino.
Niente eredi, ma almeno avrei compagnia.
Trascorro la mattina a lavorare a un paio di pozioni sperimentali; sto cercando di creare qualcosa che possa aiutare le vittime della Cruciatus a ritornare a una vita almeno vagamente normale. Questo è per Paciock, per sdebitarmi di ogni volta che insensibilmente l’ho punzecchiato sull’argomento. Se avessi successo e riuscissi a marginalizzare gli effetti della Cruciatus sulla mente, o a diminuirli, potrei permettere ai suoi genitori di essere presenti al suo matrimonio, o ad esserci in qualche misura per i suoi figli; ironico, Paciock ha più possibilità di costruirsi una famiglia di me.
Sarebbe un bel modo per scusarmi con lui, anche se non saprebbe mai che ci sarei io dietro l’invenzione. Me le faccio brevettare sotto un nome fittizio, le pozioni che creo; tipo quella per lisciare i capelli in maniera semi-permanente.  So che la Granger la usa, perché nelle foto più recente appare con i capelli perfettamente lisci. Odierebbe sapere che sono stato io a risolvere in maniera approssimativamente definitiva il problema della sua chioma indomabile.
La serata trascorre esattamente come avevo premeditato.
La mia mente è dura a soccombere all’alcol, questa sera.
Finisce anche il Firewhiskey e ancora non sono disteso faccia in giù sul pavimento, ma non ho le forze per procurarmi dell’altro, così barcollo fino al letto, senza preoccuparmi di togliermi di dosso i vestiti. Posso dormire nel mio letto, per un Natale.
Borbotto burberamente un «Buon Natale a me» e alla fine, credo, crollo.

 

Mi sveglio scombussolato e per qualche motivo mi ritrovo appollaiato su una poltrona, davanti al fuoco scoppiettante del camino, con addosso i miei abiti della sera prima.
Strano, ero convinto di aver dormito nel mio letto, questa notte.
E perché c’è un alberello di Natale sulla mia scrivania, interamente agghindato, con tanto di lucine colorate e intermittenti? Sono sicuro di non averlo sistemato io. Tendo a sopprimerlo l’entusiasmo per il Natale, perché so che mi farebbe solo male ricordare un calore che non proverò mai più nella vita. Il calore che avvertivo a Hogwarts e che mi convinceva a trascorrere le vacanze invernali al castello. Chi sarebbe così stupido da scambiare l’atmosfera magica di Hogwarts con quella cupa del Manor? Non che lo avrei mai ammesso a voce alta a quel tempo, ma trovavo sempre delle scuse improbabili per giustificare la mia permanenza a scuola.
C’è qualcos’altro di strano nella stanza, me ne accorgo mentre mi stiracchio le gambe e sbadiglio ancora mezzo assonnato.
C’è qualcuno con me.
E quel qualcuno è seduto sul mio letto e mangia dei muffin appena sfornati con voracità. Quel qualcuno, io lo conosco benissimo, solo che non può essere veramente qui.
«C-Crabbe?»
«I muffin dei tuoi elfi sono sempre stati migliori di quelli che facevano i miei», dice lui, senza attendere d’aver ingoiato prima.
Lo guardo perplesso per un po’, mentre lui si ingozza e io mi rendo conto di aver appena incontrato il suo fantasma, perché è leggermente… beh, di un trasparente grigio-bluastro. Ma Crabbe non sarebbe mai stato così sveglio da lasciare un’impronta della sua esistenza nel mondo dei vivi, non credo neanche che lo avrebbe desiderato.
Chi vorrebbe restare bloccato per l’eternità in un mondo dove si viene odiato?
La testimonianza del Barone Sanguinario è stata più che sufficiente a far scacciare l’idea dalla mente di tutti i Serpeverde un secondo dopo aver messo piede al castello.
«Sono morto?» chiedo titubante, la fronte corrugata, mentre cerco di razionalizzare quanto sta accadendo.
Forse, in realtà, ho bevuto fino a uccidermi ieri sera. Può succedere? Insomma, devo essere per forza morto. È l’unica spiegazione plausibile.
«No», mugugna Crabbe. «Non ancora. Hai la pellaccia dura, tu. Ma se non ti decidi ad uscire da qui, il mondo inizierà presto a crederlo.»
«Assumi che mi dispiacerebbe» commento, sollevando un sopracciglio. «La Skeeter scriverebbe un libro e io mi divertirei a fingermi una fonte a me vicina per screditare ogni sua versione dei fatti, scrivendone uno mio. In ogni caso, gli articoli con le loro meschine speculazioni sul mio conto cesserebbero in breve tempo, invece che tormentarmi per tutta la vita.»
Il fantasma mi guarda vacuo, poi scuote la testa. «Non sei cambiato molto», conclude alla fine.
«Neanche tu» ribatto io. «Anche da morto ti ingozzi come un maiale.»
Crabbe sbuffa sonoramente. «Pensavo che saresti stato più gentile con me, almeno da morto.»
«Non essere idiota, Crabbe.»
«Pensavo che avessi sentito almeno un po’ la mia mancanza.»
Ah, certo che l’ho sentita.
La sua morte mi ha colpito più di quanto riesca ad esprimere.
Non posso considerare Crabbe e Goyle dei veri amici, ma sono la cosa più vicina ad essi che abbia mai avuto la possibilità di avere.
Triste, considerando che erano semplicemente due tirapiedi che mi giravano attorno per il mio cognome e con cui era praticamente impossibile avere una conversazione arguta, seria o intellettuale che fosse.
Il fantasma di Crabbe sembrava un po’ meno stupido della sua versione da vivo, però.
«Ti penso ogni giorno, Crabbe.»
«Certo», esclama lui, scettico. «Ma considerando quello che sto per fare per te, fingerò di crederti.»
Arriccio il naso. «Cosa può fare per me un fantasma?»
«A parte darti modo di usare la tua voce, tanto per cambiare?» risponde piccato. «Da quanto è che non parli con qualcuno, Malfoy?»
D’accordo, decisamente il fantasma di Crabbe è più sveglio della sua versione corporea.
«Non sono fatti che ti riguardano.»
«In realtà sì, vista la mia missione», ribatte in tono piccato. «Dannazione, il tempo stringe. Ho perso troppo tempo a mangiare, ma questi muffin sono così deliziosi…»
Si rialza goffamente, - o meglio, si solleva dal letto goffamente -, e si posiziona di fronte a me.
«Perso tempo?» gli faccio eco, turbato. «Di che diavolo stai parlando, Crabbe?»
Risponde con un ghigno e vorrei mollargli un pugno, solo che ovviamente non si può colpire un fantasma. All’improvviso, comprendo la reazione della Granger al terzo anno. I ghigni sono davvero così indisponenti? Ero convinto di sembrare figo.
«Tieniti forte.»
E poi, senza preavviso, l’idiota mi afferra la mano, la finestra si spalanca, e lui schizza all’esterno, rapido come un fulmine, trascinandosi dietro anche me.
Il viaggio è un insieme confuso delle mie urla, delle mie minacce vane, - «Mettimi giù, Crabbe, o giuro che io ti uccido!», il che è stupido da intimare a un fantasma, perché, beh, è già morto -, oggetti fusi e sfocati che sfrecciano attorno a me, una strana luce verde e violacea e poi… poi un’enorme porta di legno pregiato, palesemente antica e solida.
«CRABBE! METTIMI Giù! IO NON POSSO ATTRAVERSARLA! AAAAAAAAAAAAAAAH!»
Eppure, dopo aver imprecato per la banalità dell’idea di morire ucciso dal fantasma di Crabbe ingozzato dei muffin dei miei elfi, l’ho fatto, sono passato attraverso la porta.
«Sei sicuro che sono ancora vivo?» grido cercando di farmi sentire dal fantasma, ma lui non mi risponde, continua a sfrecciare nel nulla, - o nel tutto, non saprei dirlo con esattezza -, senza dare alcuna spiegazione.
Quando mi rimette a terra, barcollo per un momento e mi guardo attorno, leggermente frastornato; corrugo la fronte, perplesso e sconvolto.
«Mi hai fatto fare il giro della morte per poi riportarmi al Manor?»
Crabbe scuote il capo. «Non è il Manor del tuo presente.»
Con un cenno del capo, indica un punto preciso del giardino innevato.
Un Draco Malfoy di otto anni se ne sta seduto in mezzo alla neve, infagottato in un pesante mantello, con guanti, sciarpa e cappello verdi. Piange, attorno a lui i resti di un pupazzo di neve fatto a pezzi. Le deboli luci dell’albero nel salotto si intravedono dalla finestra della villa.
Mi irrigidisco. Cosa diamine sta succedendo?
Me lo ricordo benissimo, quel Natale.
Mio padre doveva esser via per le feste, così avevo convinto mia madre a lasciarmi uscire per costruire un pupazzo di neve, ma Lucius era tornato prima del previsto e mi aveva scoperto. Aveva distrutto il mio amico, - il pupazzo, ovviamente -, con un colpo di bacchetta, rimproverandomi per essermi intrattenuto in frivole usanze da Babbani o per aver indugiato in insulsi sentimentalismi, qualcosa del genere. Ad ogni modo, giocare con la neve non rientrava nelle cose che si addicevano a un Malfoy, secondo il vecchio Lucius.
Credo sia stata l’ultima volta che ho provato a costruire un pupazzo di neve. Persino a Hogwarts non uscivo a giocare insieme agli altri, temendo che qualcuno potesse rivelarlo a mio padre anche solo per sbaglio.
Guardo quella versione più piccola e impertinente di me tirare su con il naso, rialzarsi e rientrare in casa a testa alta. Mi seguo, il fantasma di Crabbe che svolazza dietro di me, mi guardo informare mia madre che aprirò i regali la mattina dopo e risalgo nella mia cameretta, con aria indifferente, ma non appena varco la porta, scoppio a piangere.
Mi rintano sotto le coperte, pensando che fino a un attimo prima che mio padre ritornasse, quello era stato il miglior Natale della mia vita.
Quella notte, lo ricordo perfettamente, piansi fino ad addormentarmi.
In un certo senso, rivivo il senso di profonda tristezza e sconforto che provai allora, come se lo stessi rivivendo in questo preciso momento della mia vita e non mi sorprende più così tanto la mia rassegnazione in merito al Natale.
Mi osservo ancora, un fagotto raggomitolato nel mio letto, il petto che, nascosto sotto le lenzuola, si alza e si abbassa rapidamente, scosso dalle lacrime.
Ricordo perfettamente i pensieri che mi ronzavano in testa: ero di nuovo solo; avevo avuto un amico per la bellezza di dieci minuti.
Riposa in pace, Jack.

Crabbe riafferra la mia mano e la sua corsa mortale riprende, senza pietà e senza alcun avvertimento, di nuovo.
Il mio corpo è così insensibile che non riesco a capire se ho freddo o meno; la testa mi gira, sono sicuro che questa volta vomiterò. Sto per imprecare a voce alta e urlargli di rallentare, quando una nuova grande minaccia appare davanti a me: è Hogsmeade.
«SEI PAZZO? FAREMO SCATTARE L’ALLARME, NON HO L’AUTORIZZAZIONE, MI FARAI ARRESTARE! AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!»
Un attimo dopo, sono faccia nella neve, nei giardini della scuola.
L’allarme non è scattato, ma in tutta onestà, Crabbe mi sta più sul cazzo ora di quando ha appiccato il fuoco che lo ha ucciso nella Stanza delle Necessità, disobbedendo al mio ordine diretto di non mirare a uccidere.
«Sei un vero stronzo», gli dico, irritato. «Non posso credere che tu sia una spina nel fianco anche da morto.»
«Non posso credere che tu ti ostini ad essere sgarbato con me anche quando sono morto» mi scimmiotta lui e per un momento sento la mancanza del vero Crabbe, quello con cui potevo berciare qualsiasi cosa perché tanto si sarebbe stato zitto in ogni caso.
Mi rialzo in piedi a fatica, rendendomi conto di avere l’intero corpo intorpidito, e mi libero dalla neve impigliata sui miei abiti e tra i miei capelli. I miei vestiti sono stranamente asciutti, anche se a questo punto dovrebbero essere fradici. Sempre più strano.
«Questo completo è costoso, comunque», borbotto. «Gradirei che gli mostrassi più rispetto.»
«Non hai perso la tua verve drammatica, noto.»
Rispondo con un’occhiataccia. Da quando Crabbe è così impertinente?
«Cosa ci facciamo a Hogwarts?» chiedo in tono asciutto. «Percorriamo il viale dei ricordi infelici? O vuoi solo rubare qualcosa dal banchetto di Natale?»
Il fantasma ignora la mia frecciatina e si avvia sbandando verso l’ingresso del castello.
«EHI!» gli urlo dietro. «Non possiamo fare irruzione lì dentro! Possono vederci?»
Crabbe si volta e sbuffa. «Ti ricordavo più sveglio», commenta piccato. «Ancora non hai capito? Siamo nel passato! Nessuno può vederci!»
Lo fisso sbattendo le palpebre per qualche secondo. «N-nel p-passato?»
«Certo, avresti dovuto capirlo dalla tappa precedente», ribatte lui in tono asciutto. «Ripercorriamo il passato affinché tu possa imparare una lezione.»
Le mie sopracciglia scattano all’insù. «E cosa dovrei imparare? Che nella vita sono sempre stato miserabilmente infelice?»
Sinceramente, sono fermamente convinto di averne imparate abbastanza di lezioni e anche duramente, visto che è stato tutto a mie spese e sto ancora pagando per i miei sbagli.
Crabbe fa ruotare gli occhi, - e, credetemi, è davvero inquietante, perché le sue pupille sembrano ruotare in dei cerchi bianchi! Come fanno quegli stupidi pupazzi per bambini, avete presente? -, poi ringhia di frustrazione.
Non riesco a capire perché creda che sia tutto così ovvio.
Non è che capita tutti i giorni di essere rapito dal fantasma di un tuo amico morto, questo è troppo da metabolizzare perfino nel mondo dei maghi.
«Sono qui per farti capire cosa desideri dalla vita!» strilla Crabbe, ha l’aria spazientita.
La cosa mi irrita. Dovrei essere io quello indignato, qui!
«A me sembra che tu voglia solo tormentarmi con i miei ricordi tristi», replico, scocciato. «In che modo Hogwarts dovrebbe farmi capire cosa voglio? Ci sono stato per sette anni e non mi è servito a niente in tal senso!»
Vorrei solo tornare a casa, a crogiolarmi nella mia sofferenza, nel mio letto. Qualsiasi cosa voglia dalla vita, non posso ottenerla. A che pro quindi tentare di capire cosa diavolo desidero veramente?
Il fantasma sbuffa. «Guarda tu stesso.»
Ed eccomi lì, un me di dodici anni fermo all’ingresso della Sala Grande.
Mi guardo attorno, ho un’espressione vagamente disgustata da tutto quel sentimentalismo natalizio, ma in realtà so che il mio cuore esplode dalla meraviglia e dalla gioia; è il primo anno che resto al castello per Natale e indugio nel calore della scuola in festa, una sensazione completamente diversa da quella dei freddi Natali a cui sono sempre stato abituato al Manor.
Credo che, nonostante l’indifferenza da me mostrata verso ciò che mi circondava, quello sia stato uno dei migliori Natali che abbia mai avuto.
Raggiungo il tavolo di Serpeverde baldanzoso come sempre, Pansy mi guarda speranzosa di vedermi prendere posto accanto a lei.
Non lo faccio, per il semplice gusto di deluderla.
Ero veramente stronzo, anche con quelle poche persone che mi piacevano, ma mio padre mi aveva insegnato che dovevo esserlo, perché così tutti mi avrebbero rispettato.
Un mucchio di frottole, ovviamente. Non c’è un solo insegnamento di Lucius Malfoy che si sia rivelato utile alla fine, o che non abbia contribuito alla mia rovina.
«Quindi, la grande lezione è che desidero più addobbi natalizi?» chiedo sardonico, mentre guardo i Crabbe e Goyle del secondo anno sedersi ai miei lati e tirare fuori dalle tasche dei fuochi d’artificio Filibuster che, da quanto rammento, intendono sparare in giardino l’indomani.
«Una lezione potrebbe essere quella che ti conviene diventare un po’ più affabile, Malfoy» risponde Crabbe. «Guarda meglio
Sbuffo e mi avvicino al me stesso bambino.
Sto guardando verso il tavolo di Grifondoro e scuoto la testa, probabilmente pensando che la Granger dev’essere pazza per essere rimasta al castello con il Basilisco in giro a caccia di Nati Babbani da uccidere. In realtà, ho sempre ammirato il suo sangue freddo, forse più di quanto abbia mai fatto con Potter.
E poi lo vedo chiaramente, un baluginio di invidia attraversare i miei occhi mentre osservo il Trio Miracoli che ride, si stringe in un caloroso e dolce abbraccio. Mezza scuola pensa che Potter sia l’Erede di Serpeverde, ma lui non è solo, perché sa di poter sempre contare su Weasley e sulla Granger. Io non ho mai avuto niente del genere, nessuno che mi supportasse in quel modo. L’effetto di quel ricordo è immediato sul mio umore, una fitta dolorosa mi trapassa all’altezza del petto ed arriccio istintivamente il naso, mentre la sensazione di abbandono che ho provato durante il sesto anno riemerge dentro di me.
«D’accordo, possiamo andarcene ora?» sputo fuori, assottigliando le labbra e guardando il fantasma di Crabbe in cagnesco.
«Dipende, hai capito qualcosa?»
«Che mi sono sempre sentito profondamente solo e che ho sempre voluto un’amicizia come quella dei Grifondioti», mugugno riluttante. «Non dire che non sei tornato solo per rigirare il coltello nella piaga.»
Mi ignora. «E cosa hai intenzione di fare al riguardo?»
Lo guardo con un sopracciglio sollevato.
Non può fare sul serio, andiamo!
«Chiederò a Babbo Natale di portarmene una l’anno prossimo. Magari la troverò sotto l’albero che allestirò nella mia stanza.»
Crabbe grugnisce esasperato e finalmente sembra un po’ più sé stesso.
«Avevo dimenticato quanto fosse difficile interagire con te.»
Mi afferra per una mano e il giro mortale ricomincia.
Prego che non mi faccia rivedere il Natale del sesto e del settimo anno.
Ricordo vagamente di aver passato quello del sesto anno rintanato per la maggior parte sulla Torre di Astronomia o nella Stanza delle Necessità a piangere; quello del settimo, con la testa tra le mani a pregare che tutto finisse presto, nel bagno dei ragazzi, con la sola compagnia di Mirtilla Malcontenta, paradossalmente l’unica creatura in tutto il castello ad aver mostrato un po’ di empatia per me. Empatia che, chiariamolo, non meritavo minimamente.
Forse la lezione da imparare è proprio questa: vado d’accordo solo con i fantasmi, posso stare attorno solo a gente morta. I vivi hanno troppa luce e calore per uno come me.
Crabbe mi rigetta sul pavimento senza troppo riguardo e io, finalmente, vomito.
«Gentilissimo» sbotto, guardandolo accusatorio.
«Beh, sono di fretta», si giustifica lui, non sembra divorato dai rimorsi. «Sono in ritardo per il banchetto di Natale dei fantasmi golosoni.»
Fa per andarsene e io gli grido di fermarsi.
«Te ne vai così?»
«Non pensavi davvero che sarei rimasto a rimuginare sull’enorme quantità di stronzate fatte quand’eravamo ragazzini con te, no?»
Sì, per un momento l’ho pensato, ci ho sperato persino, perché è stato bello poter parlare con qualcuno che non fosse il mio riflesso nello specchio, per una volta.
«Il mio compito è finito, Malfoy», mi dice ancora. «Non so quanto sia stato bravo nel svolgerlo, ma sono sicuro che il Fantasma del Natale Presente farà un lavoro migliore.»
«Il cosa?» domando stridulamente, gli occhi sbarrati.
«Potrei aver dimenticato di dirti che riceverai due altre visite», afferma con nonchalance, lo sguardo catturato dai pochi muffin che ha lasciato sul letto prima di portarmi a fare un giro sulle montagne russe dei fantasmi psicopatici. Bizzarro, rifletto finalmente. I fantasmi non dovrebbero essere in grado di consumare il cibo dei vivi. Crabbe, però, si fionda di nuovo sul letto e si affretta a portare a termine il lavoro iniziato appena è arrivato qui.
«Il Fantasma del Natale Presente verrà dopo di me», mi spiega, masticando rumorosamente. «Poi riceverai la visita le Fantasma del Natale Futuro. Tutti hanno qualcosa da insegnarti.»
«Più che insegnarmi qualcosa, tu hai buttato sale sulle mie ferite, Crabbe» obietto io, accigliato.
«Un modo diverso di vederla, senza dubbio» commenta lui. «Vorrai forse rivedere la prospettiva con cui guardi il mondo. Dovresti aver appreso una cosetta o due su te stesso, durante questo viaggetto.»
«Mi sento più miserabile di prima!» gli urlo dietro. «Forse non volevo apprenderle queste cosette, non ci hai pensato?»
Davvero, chi glielo ha chiesto?
Fino a poco fa, - quanto tempo è passato in tutto ciò? -, non credevo neanche che si potesse stare peggio di come stavo! Eppure, eccomi qui, ora, ancora più triste e angosciato di quanto non lo fossi prima.
Il fantasma di Crabbe sospira, scuote il capo lentamente. «Non c’è niente dove mi trovo io, sai?» rivela tristemente. «Sono solo con il mio cibo e non per una vita, Malfoy. Questo è il resto dell’eternità per me.»
Deglutisco con forza, incapace di proferire parola.
«Ma tu sei ancora in tempo per rimediare ai tuoi sbagli», aggiunge. «Per non finire come me.»
Svolazza verso la finestra e poi si volta di nuovo a guardarmi. «Grazie per i muffin e per la compagnia. Al banchetto dei fantasmi golosoni ci sono solo io.»
Stringo il labbro inferiore tra i denti, mentre un moto di pena per lui mi assale.
Quindi, la sua punizione per i suoi errori in vita è solitudine eterna con la sola possibilità di mangiare per passare il tempo?
Deglutisco con forza. Chissà cosa spetterà a me, allora.
Non voglio finire come lui! Una vita di sofferenza non basta?
Sono destinato a soffrire anche da morto?
Crabbe dice che sono ancora in tempo per cambiare le carte in tavola, ma io continuo a non esserne molto sicuro.
Lo guardo e dal piccolo, mesto, sorriso sul suo viso capisco che sa perfettamente a cosa sto pensando. Fa davvero strano, vedere la faccia di Crabbe che sorride, comunque.
«Grazie a te» sussurro sottovoce, incerto se doverlo ringraziare per qualcosa di più specifico o meno.
«Buon Natale, Malfoy.»
Un secondo dopo, Crabbe non c’è più.
Mi dirigo verso il mio letto, scombussolato.
Non sono sicuro che ciò che ho appena vissuto abbia un minimo di senso.
Tornare nel passato in compagnia del fantasma di uno dei miei migliori amici d’infanzia morto… forse sto ancora sognando.
Eppure, le mie palpebre si abbassano pesanti.
Ci si può addormentare all’interno di un sogno?


 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Stillathogwarts