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Autore: Stillathogwarts    03/01/2023    3 recensioni
Tre anni dopo la guerra, Draco Malfoy fa il sogno più strano della sua vita, il quale gli darà la spinta necessaria a risollevare le sue sorti e riprendere in mano le redini del suo futuro.
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Una piccola rivisitazione del famoso classico di Natale "A Christmas Carol" di Charles Dickens, a tema Dramione, con una morale del tutto diversa che darà una lezione importantissima a Draco, aiutandolo a comprendere cosa desidera veramente dal suo futuro.
- SHORT STORY (Prologo, 6 CAPITOLI, Epilogo)
- DRAMIONE + ACCENNI DRASTORIA
- POV DRACO MALFOY
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Più contesti
Capitoli:
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A Christmas Carol
 





EPILOGO

So, This Is Christmas
 
 
 
 
 

24 dicembre 2002
 
Mi presento a casa sua per l’ora di pranzo, una bottiglia di vino rosso in mano e una Stella di Natale magica nell’altra.
Hermione sorride quando vede la pianta e mi spiega che ne esiste anche una variante Babbana, - per inciso, sono praticamente uguali, solo che quelle magiche si muovono -, poi invita ad entrare in modo da poter mangiare insieme. Ancora non ci credo che mi abbia invitato.
La PassaPorta per il Canada partirà alle due.
Hermione non è loquace come al solito, ma c’è una sorta di rassegnazione nel suo sguardo; sorride ugualmente ed è sempre gentile e cordiale. Quando cerco di farla ridere mi asseconda, mi segue nelle conversazioni. Se non la conoscessi così bene, direi che stia cercando di dimostrarsi forte per non appesantire la tensione. Ma la verità è che lei, forte, lo è veramente. E credo che una parte di sé stessa sia ormai venuta a patti con la definitività della sua situazione.
Perché si ostina ancora a torturarsi in quel modo ogni Vigilia di Natale, allora? È un caso di autopunizione anche il suo? Si obbliga a guardare ciò che ha perso per causa sua stessa, anche se lei, in realtà, non ne ha alcuna colpa?
Vorrei riuscire a farla andare avanti, a darle abbastanza motivi per essere felice nella vita, come lei ha fatto con me. Forse, un giorno troverò il modo per farlo.
Il pomeriggio lo passiamo in giro per Ottawa.
Non so se Hermione abbia bisogno di prepararsi psicologicamente prima di rivedere i suoi genitori o se stia cambiando la sua routine per me, per consentirmi di visitare la città. Mi mostra i suoi luoghi preferiti, ci fermiamo in una piccola caffetteria per bere una cioccolata calda e poi, per colpa di una stupida scommessa, finiamo in uno stabilimento affollato a pattinare sul ghiaccio. Cado all’incirca cinque volte, ma imparo in fretta. Almeno l’ho fatta ridere e, comunque, qui non mi conosce nessuno. È bello stare in pubblico senza che la gente si volti a guardarmi o mi scruti di sottecchi cercando di stabilire se sono ancora uno stronzo o meno.
Verso le otto di sera, mi dice che è pronta per fare quello che è venuta fin qui a fare. Mi racconta tutto mentre passeggiamo verso la villa dove vivono i signori Granger, - ora Wilkins -, e sono sorpreso ugualmente nel realizzare che quelle cose le so già, perché Astoria me ne ha parlato durante il bizzarro sogno dello scorso anno. Ho smesso di interrogarmi sulla natura di quell’esperienza, comunque, quindi non mi chiedo come sia possibile essere venuto a conoscenza della storia segreta della famiglia della Granger in sogno, senza mai aver udito nulla al riguardo.
Questa volta, però, Hermione non siede sulla panchina a osservarli per ore.
Appena arriviamo, il suo sguardo si dirige alla finestra della casa in cui vivono i suoi genitori e qualcosa attira immediatamente la sua attenzione: il pancione della madre.
Barcolla leggermente, così scatto e la afferro prontamente, la stringo a me; lei posa il capo sul mio petto e mi permette di accarezzarle i capelli.
Sta piangendo.
Resta in silenzio per un po’, a guardarli e quasi mi sento di troppo, ma lei non toglie la sua mano dal mio fianco. Poi, alla fine, tira su con il naso e alza lo sguardo su di me. I suoi occhi sono ancora colmi di lacrime quando incrociano i miei.
Vorrei portarle via tutta la sofferenza che prova. Nella mia tormentata esistenza un po’ di dolore in più non farebbe differenza, ma lei non lo merita. La Granger dovrebbe solo essere felice, ha dato abbastanza per una vita intera.
Si asciuga le lacrime con il dorso della mano, poi sospira. «Credo che sia arrivato il momento di andare avanti anche per me» dice. «Ho quello di cui avevo bisogno per farlo. So che loro sono felici, ora.»
Non posso che annuire, comprensivo, anche se non ho idea di come faccia ad essere così forte, così altruista, anche quando sta male. Vorrei avere il potere di consolarla, di farla stare meglio.
E, soprattutto, vorrei essere abbastanza per lei, ma non lo sono. Allora la stringo semplicemente tra le mie braccia, il suo viso affonda nel mio petto e cerco di coprirla il più possibile con il mio corpo. Il bisogno che avverto di schermarla dal resto del mondo è all’improvviso più potente del solito. Lei ricambia la mia stretta.
«Draco, vorrei… vorrei andare via, ora», mormora infine, ritraendosi lentamente dal nostro abbraccio e lanciando un’ultima occhiata ai suoi genitori e ai loro volti felici. «Penso… penso di aver bisogno di una nuova tradizione. Questa fa troppo male, ormai.»
Le rivolgo un cenno d’assenso con il capo.
Dev’essere orrendo sapere che non conoscerà mai suo fratello o sua sorella, che non trascorrerà mai il Natale con loro, che non festeggerà il suo compleanno o il suo matrimonio, quando sarà, in loro compagnia; Hermione non riavrà mai più i suoi genitori, nonostante io sia assolutamente certo che, se avessero voce in capitolo, loro tornerebbero immediatamente da lei.
«La PassaPorta è ad attivazione manuale, vero?» le domando.
Hermione annuisce debolmente. «Sì, dobbiamo solo trovare un luogo appartato per azionarla.»
E poi mi viene in mente e, nell’impeto del momento, lo dico a voce alta: «Ho letto che c’è un ottimo ristorante nella Ottawa magica.»
Lei mi sguarda stupita, a corto di parole; il suo respiro accelera leggermente, lo noto dalle nuvolette bianche che si addensano vicino alla sua bocca.
«Potremmo provarlo prima di tornare» aggiungo goffamente, sfregando i palmi delle mani per riscaldarmi o giusto per fare qualcosa in modo da non soccombere all’imbarazzo. «Se ti va, intendo.»
Forse posso almeno riuscire a distrarla, a rendere un po’ meno triste questa Vigilia di Natale per lei.
È davvero ironico il fatto che la prima volta che non la trascorro da solo, la persona che è con me sta vivendo probabilmente una delle peggiori notti della sua vita.
Non voglio che ricordi così il nostro primo Natale insieme.
Non che nutra molte speranze in un bis o nell’essere incluso nella sua nuova tradizione, quando ne troverà una.
«Sarebbe bello, Draco» mormora alla fine e giuro che, per un attimo, credo che il cuore mi possa fuoriuscire dal petto.
«Bene, ehm» farfuglio, «mi sembra di aver capito che l’ingresso per la Ottawa magica è in un locale chiamato Il Grizzly Pub.»
Hermione ridacchia. «Per niente scontato e banale.»
Rido a mia volta, poi la guardo tirare fuori una mappa della città e il suo curioso artefatto Babbano che mi ha detto in passato chiamarsi “cellulare”. Dice che serve per chiamare le persone o per mandar loro dei rapidi messaggi, il che lo rende un mezzo di comunicazione migliore dei gufi. Sto valutando l’idea di acquistarne uno solo per poter parlare con lei più spesso. A quanto pare, la tecnologia Babbana funziona nelle case dei maghi perché non vi è la stessa quantità di magia che li rende inutilizzabili, per esempio, in luoghi come Hogwarts e il Ministero. Credo che non funzionerebbe neanche al Manor, è pregna di magia antica e, ahimè, in parte anche oscura.
«Credo di averlo trovato», mormora alla fine, poi mi tende la mano e io l’afferro.
«Come hai fatto?»
«Google Maps», risponde semplicemente. «Ti spiegherò più in là come funziona.»
Annuisco e il minuto dopo siamo di fronte all’ingresso del locale. Mi spiega come funziona quell’aggeggio, - che dice di chiamarsi “app” -, e che scagliando una particolare variante dell’Incantesimo Revelio contro la mappa cartacea i luoghi magici appaiono sulla cartina; quindi, le è bastato trovare il locale Babbano più vicino al Grizzly Pub e poi cercarlo su Google Maps. Infine, sottolinea anche che nel Regno Unito la comunità magica non è “così avanti con i tempi”, ma che pensa di elaborare una proposta in merito per presentarla al Ministro Shacklebolt. Secondo lei, renderebbe i rapporti internazionali più facili. Quando le chiedo se ha a che fare con Krum, lei scoppia a ridere e mi confida che si scambiano giusto una lettera al mese ormai, da quando lo ha rifiutato una seconda volta, a febbraio.
Per un istante, mi domando se stia aspettando che l’uomo del ballo si faccia vivo con lei. Ci sono stati molti momenti in cui sono stato tentato di dirglielo, ma non sopporterei di vedere la delusione sul suo viso nello scoprire che si trattava di me.
La cena passa tranquilla, trovano subito un posto per Hermione Granger; a quanto pare, dopo la guerra, il Golden Trio è finito sui giornali anche qui. Il che è perfettamente comprensibile vista l’entità dell’impresa che tre maghi diciassettenni sono riusciti a portare a termine, surclassando l’intero squadrone di Auror che è apparso quasi a battaglia finita e che, se l’incarico di sconfiggere Voi-Sapete-Chi fosse stato solo nelle loro mani, non sarebbe stato in grado di portarlo a termine.
Hermione sembra decisa a non affrontare il discorso dei suoi genitori, così la assecondo; so cosa significa non voler parlare di argomenti dolorosi e ho intenzione di ricambiare la sua pazienza e il suo rispetto dei miei tempi allo stesso modo. Se vorrà, me ne parlerà lei, quando sarà pronta.
Credo anche che non voglia appesantire l’atmosfera; sorride spesso e le sue guance si tingono di un colore più roseo dopo ogni bicchiere di vino elfico.
Parliamo del più e del meno, ride molto, anche se non sono sicuro che il merito di ciò appartenga a me e non all’alcol che comincia a fare effetto. Quando realizzo di sentirmi leggero e quasi felice, me ne sorprendo; forse avrò un buon Natale, dopotutto. Magari, Hermione accetterà di pranzare con me, domani. Ho tutta l’intenzione di chiederglielo dopo averla accompagnata sulla soglia di casa sua, ma quando iniziamo a battibeccare su chi dei due deve pagare il conto, decido di rispolverare la vecchia tattica che ha dato inizio al nostro rapporto.
«Facciamo così», le dico, sentendomi improvvisamente audace, - e questo sono sicuro che sia da amputare al vino elfico -, «Mi arrendo e ti lascio pagare il conto, se acconsenti di pranzare da me, domani.»
Lei schiude le labbra e mi lancia un’occhiata incuriosita. «Sai cucinare?»
Annuisco. «Sono un cuoco provetto.»
Mi guarda con gli occhi assottigliati per un secondo, come se stesse cercando di capire se sto bluffando o meno.
«Non ti sto prendendo in giro» le dico, ridendo. «Ho avuto molto tempo per fare pratica. E non ho elfi in casa.»
L’informazione le fa illuminare il viso. «D’accordo, allora», esclama e sembra davvero entusiasta del programma. «Non mi perderei un pranzo preparato da Draco Malfoy in persona per nulla al mondo.»
Rido insieme a lei e la accompagno in cassa; vi giuro che mi pesa lasciarla pagare, ma l’ultima volta che l’ho buttata sulla galanteria ha iniziato a chiamarmi maschilista e con una serie di altri epiteti che non sembravano molto carini, quindi ci ho rinunciato. Mi sono informato anche sull’argomento, comunque, - ho dovuto chiedere a Potter, niente di meno! -, e alla fine ho capito cosa intendesse dire, ma insomma, vorrei poterle offrire una cena senza che sollevi obiezioni, per una volta.
Ad ogni modo, quando usciamo dal ristorante, azzardo un altro passo avanti: le cingo le spalle con un braccio. Me lo lascia fare, anzi, si appoggia leggermente a me e ci incamminiamo per il viale innevato stretti l’uno all’altra, in silenzio. Il cuore mi martella violentemente nel petto.
E poi, tutto d’un tratto, non riesco più a stare zitto, non sopporto più il peso di quel segreto; sento quasi l’esigenza di urlarglielo. Prima che me ne renda conto, mi fermo con uno scatto improvviso. Lei fa un passo avanti, ma barcolla per un istante senza il mio sostegno.
«Scusa» mormoro, posando entrambe le mani sulle sue spalle per stabilizzarla.
Lei alza lo sguardo su di me e sorride imbarazzata. «Dovevo stare più attenta.»
No, ero io che non avevo capito quanto si fosse affidata a me, che non credevo che si fosse lasciata andare così tanto contro il mio corpo. Questa realizzazione mi manda leggermente su di giri.
«Hermione» mormoro, iniziando ad avvertire l’ardimento sfumare via.
«Sì?» mi incalza lei, corrugando la fronte.
«Devo dirti una cosa.»
Resta in attesa per qualche istante, ma io deglutisco e basta.
«Non può aspettare finché non saremo tornati a casa mia?» chiede. «Potrei mettere su il bollitore e…»
«No, potrei perdere il coraggio» taglio corto. «Non mi fido di me stesso in casi come questo.»
Hermione emette un piccolo sospiro. Posso scorgere la curiosità nei suoi occhi. «Avanti allora.»
Deglutisco, mi schiarisco la gola, traggo un respiro profondo.
«Ricordi il ballo di Capodanno a Hogwarts?» le domando, anche se so già la risposta. «Quello in maschera?»
Hermione, infatti, annuisce.
«Io…» cerco di ingoiare saliva per idratare la mia gola secca, ma non sembra funzionare. «Hermione, io… ero io, con te.»
Resta a fissarmi in silenzio per tre lunghissimi secondi che mi sembrano piuttosto delle ore. Poi, inspiegabilmente, sorride dolcemente e il suo sguardo si illumina. «Ce ne hai messo di tempo per dirmelo.»
Non sembra sorpresa, per niente. La sua reazione completamente opposta allo shock mi destabilizza.
«C-Cosa?» biascico, sbalordito, incapace di pronunciare anche solo un’altra parola per articolare meglio i miei dubbi.
Hermione si morde il labbro inferiore, il suo sorriso si allarga. «Lo sapevo fin dall’inizio che eri tu, Draco.»
Sbatto le palpebre, completamente spiazzato.
No, quello che sta dicendo non ha senso.
«Ma tu… tu hai accettato di ballare con me!» esclamo, sinceramente confuso.
«Ero curiosa», ammette, mordendosi il labbro inferiore. «Quando ti ho visto avvicinarti, mi chiedevo se sapessi che ero io. Mi hai detto quasi subito di saperlo. A quel punto, volevo capire perché fossi venuto da me.»
La fisso senza proferire parola, il mio cervello è sul punto di andare in tilt ed esplodere, ne sono certo.
«E poi, qualcosa mi diceva che tutte quelle donazioni alle mie associazioni no profit venivano dai tuoi caveaux alla Gringott. Sono poche le famiglie che possono permettersi di donare tali quantità di denaro. Ti dovevo almeno un ballo.»
Dischiudo le labbra, sempre più colpito dalla sua perspicacia e, a dirla tutta, anche dalla mia ingenuità. «Ma continuavi a chiedermi di dirti chi fossi» mormoro, perplesso. «E non mi hai mai detto niente in questi mesi...»
«Nemmeno tu», ribatte lei. «Ho solo… speravo che me lo dicessi tu, dato che quella sera non avevi voluto farlo. E dopo ho pensato che te ne fossi pentito, ma poi ti sei presentato al Ministero e allora ho capito che avevi solo bisogno di tempo… Così sono rimasta ad aspettare.»
Deglutisco con forza. «Sapevi che ero io fin dall’inizio» ripeto, incapace di convincermene veramente senza un’ulteriore conferma da parte sua e lei annuisce, decisa. «Come?»
«Ti sei impegnato tanto per nascondere la tua identità», ammette divertita, poi mi prende la mano e la solleva, fa scorrere lentamente l’indice sul mio anello. «Ma hai dimenticato un piccolo dettaglio.»
Non l’avevo tolto.
L’anello, lo avevo addosso.
Difficile non notarlo, dato che l’ho portato al dito sin dal primo giorno a Hogwarts.
Che errore da principiante!
«Perché?» le domando, sempre più a corto di parole, sempre più incredulo dalla piega che la conversazione sta prendendo. «Perché hai passato la serata con me, allora?»
«Ero curiosa», ripete pazientemente. «E poi, te l’ho detto anche quella sera, mi piace il rischio. Ammetto che il bacio sotto il vischio mi ha un po’ spiazzata, ma…»
Il bacio.
Sapeva che ero io e non mi ha tirato uno schiaffo, né mi ha respinto in alcun modo. E ha lasciato che la baciassi ancora, dopo la prima volta.
Non capisco, non ha senso. Ho bisogno di una spiegazione.
«Mi hai permesso di baciarti di nuovo», la interrompo. «Perché?»
Un angolo delle labbra di Hermione si solleva in un sorriso malizioso. «Il brivido del proibito, Draco.»
Sbatto le palpebre, sollevo le sopracciglia. Troppe informazioni, tutte in una volta, lei che mi rivela un aspetto della sua personalità che non conoscevo minimamente… come faccio a metabolizzare tutto questo in una manciata di secondi?
«E dopo che ti ho lasciata lì, tu… mi hai accolto nella tua vita quando sono tornato, dopo due mesi di silenzio stampa?» biascico con un filo di voce, il senso di colpa evidente nel mio tono.
Lei mi rivolge un sorriso condiscendente che mi fa quasi arricciare il naso. «Immaginavo che fosse un po’ troppo in una sola sera per qualcuno che ha passato la vita a reprimere le emozioni e gli ultimi tre anni in isolamento. Comprendevo la tua necessità di tempo per metabolizzare il tutto, o per capire cosa fosse successo, cosa fare in merito, magari anche per darmi una spiegazione» rivela sommessamente. «Io non avevo fretta.»
Mi passo una mano sul volto, poi tra i capelli.
Scuoto il capo, incredulo. Per tutto questo tempo, lei sapeva. Non ha mai detto niente, non ha mai cercato di farmi parlare, ha aspettato che fossi pronto a dirglielo, pazientemente. Non riesco a farmene una ragione.
«Perché mi hai aspettato, Hermione?» le chiedo e c’è una certa urgenza nella mia voce.
«Ti sei preso solo due mesi, Draco…»
«No, non è vero», la contraddico. «È passato un anno. Mi hai aspettato ben oltre un paio di mesi. Perché?»
Resta in silenzio per un po’, poi sospira pesantemente. «Non te l’ha mai detto nessuno?» mormora con un filo di voce. «L’adrenalina crea dipendenza, Draco Malfoy, e temo che quella sera tu mi abbia rovinata per sempre.»
Un gemito strozzato lascia la mia gola. «Non scherzare, Granger.»
«Non sto scherzando» obietta Hermione, sbuffando.
Deglutisco, un’altra domanda sorge spontanea nella mia mente. Gliela porgo, non voglio più trattenermi, lasciare cose non dette o al caso.
«Perché hai rifiutato Krum, quando ti ha invitata ad uscire a febbraio?»
Lei abbassa lo sguardo sulle sue mani quasi immediatamente.
«E Steeval dopo di lui?» continuo, visto che non proferisce parola. «Goldstain? Persino Baston?» 
Hermione apre la bocca, poi la richiude.
Credo che il mio cuore non abbia mai battuto tanto rapidamente in vita mia, neanche quando Voi-Sapete-Chi mi stava col fiato sul collo.
Mi avvino a lei, ormai troppo impaziente, poso un dito sotto al suo mento per far sì che mi guardi negli occhi; i suoi sono leggermente lucidi.
«Per favore», le soffio sul volto e so perfettamente di suonare implorante, ma non mi importa. Devo sapere. «Rispondimi.»
La vedo deglutire debolmente, poi tira su con il naso. «Credo che tu lo abbia già capito» sussurra con voce esile e tremante.
Il tempo sembra fermarsi dopo quell’ammissione implicita.
È sconvolgente, la consapevolezza che mi colpisce in pieno. Per tutti questi mesi ho pensato di non avere alcuna possibilità di conquistarla… e invece, in qualche modo, lo avevo già fatto un anno fa. In una sola, breve, serata. E per qualche assurdo motivo, Hermione mi ha aspettato fino ad oggi.
La mia mano scatta in automatico, raggiunge la sua nuca e la spinge più vicina a me; le cingo la vita con la mano libera e poi, senza indugiare oltre, azzero le distanze tra di noi.
Poterla baciare di nuovo è come tornare a vivere, rinascere dalle proprie ceneri, come le Fenici. Sentire le sue dita cercare di stringermi ancora di più a lei è come tornare a sperare di poter, un giorno, essere veramente felice; la sensazione appagante data dalla consapevolezza che anche lei mi desidera è inebriante.
Approfondisco il bacio e per un momento rimpiango di non aver aspettato di trovarmi in casa sua, come lei aveva proposto prima che iniziassi a vuotare il sacco.
«Draco» mugugna contro le mie labbra. «La PassaPorta.»
Capisco che lei sta pensando alla stessa cosa che sto pensando io in un baleno; la afferro con più decisione e attivo la PassaPorta.
Due secondi dopo, siamo nel viale appartato che dista solo cinque minuti dalla villetta in cui vive Hermione.
La vedo passarsi la lingua tra le labbra e, come tante altre volte prima, la trovo fottutamente sexy. Come ho fatto a impedirmi di baciarla, in passato?
«È mezzanotte», constata, sentendo le campane suonare. «Ti va di bere un bicchiere da me per festeggiare il Natale?»
Quasi scoppio a ridere. Crede sul serio che me ne andrei proprio ora che sono a un passo dal renderla la mia strega?
Il Natale non è esattamente la prima cosa che festeggerei questa sera, ma accetto ugualmente. Le cingo nuovamente le spalle con un braccio per tenerla il più vicino possibile a me e la seguo fino alla sua abitazione. Non voglio più lasciarla andare, allontanarmi da lei.
Non appena entriamo, si toglie il cappotto e lo appende all’attaccapanni all’ingresso; mi invita a fare altrettanto, poi si dirige immediatamente verso il salotto, dicendomi di seguirla e infine prende un pacco da sotto l’albero e me lo porge.
«Questo è tuo, comunque.»
«Mi hai fatto un regalo?» domando sorpreso e lei alza gli occhi al cielo. Ha ancora le guance arrossate.
«Certo che ti ho fatto un regalo», ammette ridendo.
Mi accomodo e lo scarto, mentre lei tira fuori due flûte e una bottiglia di Prosecco Babbano. Lo riconosco perché è della stessa marca che abbiamo bevuto la sera del compleanno di Potter e rammento che in quell’occasione mi è piaciuto parecchio.
«Un cellulare», commento, sorridendo entusiasta.
Hermione mi tende un bicchiere pieno, brindiamo, poi prende posto accanto a me, leggermente inclinata di lato, con le gambe una sotto l’altra.
Maledettamente sexy.
Mi sono impegnato a sopprimere ogni pensiero del genere per mesi e ora non riesco più a tenerli a freno; sto quasi pensando di ricominciare a odiarla per quant’è bella. Ma perché dovrei, quando sono finalmente libero di amarla?
«Avevi detto di volerne uno», dice, arrossendo visibilmente. «E mi sembrava un’ottima scusa per passare più tempo con te senza doverti chiedere niente. Cioè, avrei dovuto spiegarti come funziona, no?»
Rido. Per la Barba di Merlino, non so neanche perché trovi tutto così fottutamente ironico. Hermione cercava dei modi per passare più tempo con me e io credevo che l’appuntamento alla caffetteria derivasse da una sorta di pietà che provava nei miei confronti a causa della mia solitudine sconfinata.
Scuoto il capo, ancora incredulo, mi porto le dita sulla fronte. «Io non… davvero, non so cosa dire», mormoro. «Non mi sembra vero.»
Non riesco a stare fermo, né ad aspettare che lei proferisca parola, né ad articolare meglio i miei pensieri, così mi sporgo verso di lei e la bacio di nuovo, poso la testa contro quella di lei.
«Ti ho desiderata così tanto…»
Quando riapro gli occhi, lei è scarlatta, ma sorride e so che c’è del compiacimento in quel sorriso.
«Grazie», sussurro con un filo di voce. «Per avermi voluto conoscere. Per essere stata paziente. Per avermi perdonato. Per avermi dato una seconda possibilità. Per avermi aspettato.»
Il suo sorriso si allarga; non posso fare a meno di notare che le luci intermittenti del suo albero che si riflettono nei suoi occhi la fanno sembrare ancora più luminosa del solito e… maledizione, sembra commossa. Ha gli occhi lucidi, ma non come quando è triste e cerca con tutte le sue forze di non piangere. È bellissima.
«E grazie anche per il cellulare», aggiungo alla fine. «Non dovevi disturbarti.»
«Difficilmente lo definirei un disturbo, Draco», afferma lei, ridendo. «Al contrario, stavo cercando di manipolarti. Dovrei vergognarmene piuttosto.»
«Una manipolazione che avrei accolto di buon grado» la correggo, ridendo a mia volta. «Vorrei avertelo detto prima.»
Hermione prende un sorso di Prosecco, poi torna a guardarmi. «Te l’ho ripetuto mille volte» mormora. «Ognuno ha i suoi tempi e non c’è niente di male in questo.»
«No», convengo. «Ma mi sembra comunque di averne sprecato troppo.»
«Non sprecarne più, allora, no?» ribatte, seria.
Deglutisco con forza, accolgo di nuovo le sue labbra, ma prima che la situazione sfugga al mio controllo, rammento una cosa. «A-aspetta, Hermione» la fermo. «Devo darti il mio regalo.»
Adesso è lei quella sorpresa.
«Non credevo che…»
«Stupida», la blocco sul nascere.
Lei finge di accigliarsi, mentre si sporge per posare la sua flûte ormai vuota sul tavolino, ma è troppo entusiasta del pacco che ha appena preso tra le mani per tenere su la farsa. I suoi si ingrandiscono quando si libera dell’involucro e riconosce il volume.
«Tu sei pazzo», esclama meravigliata. «Questo libro è rarissimo!»
Sorrido soddisfatto; ero certo che le sarebbe piaciuto, più di qualsiasi altra cosa avrei potuto comprarle, comunque.
«Non sono pazzo, era il mio tentativo di manipolarti» butto lì casualmente. «Speravo che mi baciassi per l’entusiasmo.»
Lei scoppia in una fragorosa risata, poi riprende ad esaminare il libro con più attenzione. È bello vederla così contenta… e sapere che sono stato io a renderla felice è ancora più bello. È quello che voglio fare per sempre, no? Renderla felice. Questo farebbe felice anche me.
«Ed è anche una prima edizione!» aggiunge con un acuto stridulo che mi fa ridere ancora più forte. «Non posso-»
«Non dire che non puoi accettarlo perché me ne vado di testa», commento a metà tra il giocoso e il serio. «Accetta qualcosa senza protestare, per una volta.»
Hermione si zittisce, stringe le labbra tra i denti, poi posa il tomo sul tavolino e si fionda tra le mie braccia; lo fa con talmente tanto ardore, che il Prosecco nel mio bicchiere si versa sulla mia camicia.
«Oh, Merlino, scusami!» strilla dispiaciuta, arretrando con uno scatto. «Ci penso io, se la togli sistemo tutto in un attimo, giuro!»
È veramente rammaricata, così tanto da non accorgersi del ghigno sul mio volto; avvicino le labbra al suo orecchio.
«È un altro tentativo di manipolazione, Hermione?»
Lei arrossisce, apre la bocca, la richiude.
«Davvero, non c’era bisogno di rovinarmi la camicia per convincermi a spogliarmi.»
«Non l’ho rovinata», protesta lei con voce tremula, di nuovo scarlatta in viso, e quasi ricomincio di nuovo a ridere. «Posso davvero farla tornare come nuova!»
«Ti sto prendendo in giro», sussurro, poi l’attiro di nuovo a me. «Sulla camicia rovinata, intendo. Non me ne frega nulla, comunque.»
Hermione ride contro il mio petto e dannazione, anche solo sentirla ridere per qualcosa che ho detto o fatto mi rende felice. Basta così poco da parte sua.
La guardo a lungo, incurante del fatto che probabilmente sembro un ebete imbambolato in questo momento.
Quindi, penso osservando i suoi occhi luminosi di gioia e sentendomi leggero e lieto come mai prima d’ora, è questo il Natale.
«Hermione», mormoro, attirando la sua attenzione.
Lei alza il capo per guardarmi, in attesa.
«Mi piacerebbe iniziare una nostra tradizione.»
«Ovvero?»
«Trascorrere il Natale insieme per il resto della nostra vita.»
Un barlume di sorpresa attraversa il suo viso e mi chino a lasciarle un casto bacio sulle labbra. «Cosa ne dici?» sussurro ancora, deglutendo.
Sorride con dolcezza. «Mi sembra perfetto.»
Sorrido a mia volta e azzero nuovamente le distanze tra di noi.
Alla fine, la mia camicia finisce davvero da qualche parte sul pavimento di casa della Granger.
Desideravo trascorrere il Natale insieme a lei, ma non mi sarei mai aspettato che avrebbe voluto che restassi al suo fianco per la notte, né per tutte quelle a venire. Che mi avrebbe permesso di amarla e che mi avrebbe promesso amore a sua volta.
Poggia il capo sul mio petto nudo e dopo un po’ afferma di non avere ancora voglia di dormire; mi chiede se mi va di vedere un film di Natale con lei. Accetto, anche se deve spiegarmi cosa sia un film e cosa sia un televisore.
«Capito», annuncio brevemente. «Cosa vediamo?»
«A Christmas Carol», risponde Hermione. «È uno dei miei preferiti. È tratto da un classico della letteratura inglese Babbana, se ti interessa posso prestarti il libro.»
La osservo armeggiare con un dispositivo e un telecomando. «Di cosa parla?»
«C’è questo tipo, Ebenezer Scrooge, che odia il Natale ed è avidissimo», racconta distrattamente. «E la notte della Vigilia riceve la visita di tre fantasmi, che gli fanno imparare una lezione importantissima attraverso flashback e premonizioni.»
Mi irrigidisco di colpo. «Che cosa?» domando. «Tre fantasmi?»
Lei ride, ignara di ciò che sta accadendo nella mia testa. «Molte cose del mondo magico sono parte della letteratura fantasy Babbana, inclusi i fantasmi. C’è persino chi ci crede veramente, tra i babbani.»
Si lancia sul letto e mi sorride. «Pronto?»
Deglutisco. «Pronto», sussurro, accogliendola tra le mie braccia, una stranissima sensazione all’altezza del petto.
Sono sicuro di non aver mai sentito parlare prima di A Christmas Carol, non c’è modo che mi sia fatto suggestionare da esso.
Sono così spiazzato che non trovo nemmeno la forza di sorprendermi per le immagini in movimento sullo schermo di quella piccola, bizzarra scatola e per le voci che misteriosamente sembrano provenire dal suo interno.
Abbasso lo sguardo su Hermione e la scopro a studiarmi con aria incuriosita dipinta sul volto.
«Come può funzionare senza magia?» le chiedo, sperando che il mio viso non sia troppo pallido per essere l’effetto di una sorpresa così semplice, di sviare la sua attenzione da quello che sta accadendo nella mia testa e di cui potrebbe rendersi conto, ma lei si limita a ridacchiare divertita.
«Domani ti spiegherò come funziona, promesso.»
È una bella promessa, “domani”, allora le sorrido e la stringo forte a me, mentre la lascio accoccolarsi ulteriormente contro il mio corpo, in modo che stia il più comoda possibile.
Mentre il film viene riprodotto, non faccio che chiedermi se avessi la stessa faccia del protagonista alla vista del fantasma di Crabbe… e degli spiriti successivi.
Novanta minuti dopo, non so ancora se reputarlo un sogno o un avvenimento reale.
Centoventi minuti dopo, decido che non mi importa.
Perché Hermione è tra le mie braccia e mi sento felice e qualsiasi sia la verità in merito, non cambierà il fatto che quell’esperienza mi ha stravolto la vita e mi ha condotto all’amore.
.
.

Fine.








N.d.a.

Ciao! 
Scrivo questa breve nota solo per ringraziare chi di voi ha dato una possibilità alla mia storia ed in particolare chi mi ha lasciato un feedback di qualsiasi tipo, cosa che per me significa tantissimo.
Questa piccola storia era una fanfiction senza pretese, che forse alla fine è venuta fuori più drammatica di quello che intendessi originariamente (soprattutto il capitolo su Astoria), ma spero che vi sia piaciuta ugualmente e che vi sia stata di gradita compagnia durante le feste.
Ci risentiamo nei prossimi giorni con i capitoli finali della mia long Dramione "Salazar's Code", i capitoli successivi di "The Weight of Us" e presto con nuove OS e con le nuove storie che ho in cantiere; non arriveranno nel futuro immediato, però, perché comincerò a lavorarci su dopo una breve pausa che prenderò una volta concluse le storie in corso.

A presto!

Ps. Se vi siete chiesti/e perché il Canada e non l'Australia, era solo perché volevo che ci fossero le strade innevate a Natale.

 
   
 
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