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Autore: lagertha95    05/01/2023    1 recensioni
Anno nuovo, vita nuova: si dice così no?
Daphne si è lasciata alle spalle tanto, pezzi di cuore compresi, e ora cerca di rimettere insieme quello che le resta.
Il 2023, però, le si approccia come un colpo alle spalle, spiazzandola, spezzandola e lasciandola sola a cerca pezzi smarriti.
Li troverà tutti o ne lascerà alcuni per strada?
Le daranno dell'attack per riattaccare il tutto o la lasceranno, come una bambina dell'asilo, a togliersi il vinavil secco dalle dita?
Dal testo: Che imbarazzo le cose dette senza pensare, le cose fatte sull’onda dell’ebbrezza alcolica, della voglia di disfarsi di pensieri ingombranti che la trascinavano a centinaia di chilometri di distanza.
Genere: Angst, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Torno, sull'onda di uno stato d'animo oscillante, a scrivere e uso la Challenge delle parole quasi intraducibili come fonte d'ispirazione.
Non mi dilungo oltre, se non augurandomi che, a chi leggerà, questa raccolta piaccia.
Baci, L.





Schnapsidee: quel piano astruso e ridicolo che ti viene in mente quando sei ubriaco e che ti porta a combinare disastri irreparabili.


 
1° gennaio
 
(214) 
Capitava, nel bel mezzo della giornata, che pensieri strani la cogliessero, del tutto impreparata, riportandole alla mente scene sparse della sera precedente. Scene a cui rispondeva, risolutamente e ad alta voce, “No, decisamente no”. Salvo poi ripensarci, un attimo dopo, con una certa dose di nostalgia.
Nella mente un caos di immagini confuse e sprazzi di lucidità: gesti, parole, sguardi… Un pout-pourri di cose, imbarazzanti e dal sapore dolciastro, che la sprofondavano in un baratro di negazione.
Non era vomitando che avrebbe voluto terminare la serata, no: avrebbe voluto finirla in un letto, nuda e piacevolmente brilla, a stringere un corpo che non fosse il suo, a sentirsi – anche solo per un attimo – completa.
Ma le cose erano andate diversamente, anche se aveva dei ricordi di gesti dolci, di baci sui capelli e giacche posate sulle spalle: seduta su uno scalino, col capo chino tra le gambe divaricate, a vomitare quello che aveva in corpo e anche di più; e poi il freddo, lo stomaco che continuava a contrarsi, la vista doppia, il cattivo sapore in bocca
Alla fine della serata era tornata a casa, si era infilata nel letto – troppo grande per lei sola, quella sera – e aveva dormito, col phon puntato sullo stomaco e abbracciata a un cuscino.

2 gennaio

(144)
Che imbarazzo.
L’anno era iniziato all’insegna di quel mantra.
Ogni volta che ci pensava le guance le diventavano rosse e l’unica cosa che desiderava fare era sprofondare in una voragine che la inghiottisse.
Che imbarazzo vomitare, sbronza marcia, appena fuori dal locale.
Che imbarazzo non riuscire a fare neanche il brindisi di Capodanno, china su un lavandino da esterni, a metà tra il sonno e la veglia.
Che imbarazzo non avere memoria di alcuni pezzi della serata, come per esempio quello tra l’ultimo bacio e il primo conato.
Che imbarazzo le cose dette senza pensare, le cose fatte sull’onda dell’ebbrezza alcolica, della voglia di disfarsi di pensieri ingombranti che la trascinavano a centinaia di chilometri di distanza.
Che imbarazzo quei pensieri che le strisciavano nella mente: lo avresti usato per dimenticare; non è un oggetto; sarebbe servito solo per il tempo di una scopata…

 
3 gennaio
 
(179)
Daphne studiava. O meglio, tentava di farlo.
Di tanto intanto si coglieva, distratta, a guardare fuori dalla finestra.
Se continui così agli esami puoi anche non presentarti…
Ma come avrebbe dovuto continuare, se quel non fatto la tormentava, di giorno e di notte, come una buccia di pop-corn infilzata nella gengiva?
Guardandosi allo specchio con solo la maglietta rossa indosso e immaginandosi come Winnie The Pooh, Daphne digrignò i denti ringhiando un sommesso e frustrato Oh rabbia!
Era uscita a camminare: l’aria fredda che le congelava il naso, l’umidità che le arricciava – ancora di più, se possibile – i capelli.
Camminare, rabbiosa e borbottante, era il modo con cui spesso e volentieri finiva per risolvere il nervosismo. Chilometri e chilometri macinati a piedi, a ritmo costante, sbuffando come un drago e parlando tra sé e sé, tentando di trovare la via d’uscita da situazioni in cui, il più delle volte, si infilava in completa autonomia.
Ma quella volta nemmeno camminare aveva funzionato e Daphne si era infilata a letto con i muscoli tesi e la mente in azione.

 
4 gennaio

(171)
Parlarne era stata una pessima idea.
Avrebbero dovuto lasciare tutto lì, nell’aria frizzantina di Capodanno, e non parlarne mai più.
Così però ci sarebbe rimasto tutto qui aveva borbottato lui, con quella faccia da schiaffi, indicandosi con il dito un punto più o meno a metà gola.
Per quanto la riguardava, quello che avevano fatto era stato tirar fuori con la forza qualcosa che non aveva ancora deciso da che parte andare.
Era stata una pessima idea parlarne, ma peggio ancora era stato prendere la macchina, rifinire in una casa al momento sfitta e fare sesso.
Lì, distesa nuda, a pancia sotto, ancora umida tra le cosce, Daphne desiderava scomparire.
Non era il sesso casuale che la disturbava: era la meccanicità con cui la cosa era venuta, come se si trattasse di rimuovere una scheggia. Veloce, senza sentimenti, soddisfacente il giusto.
Lasciò ricadere i ricci intorno al viso, cortina di ebano che nessuno avrebbe potuto varcare, sentendosi protetta nonostante i suoi vestiti giacessero sparsi sul pavimento: davvero una pessima idea, Daphne.
   
 
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