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Autore: Brume    08/01/2023    2 recensioni
"…Ho passato anni immersa nella mia missione, nel mio mondo.
Ho sempre guardato avanti e accettato le sfide, combattuto contro nemici in forma umana e verso i miei demoni finché, ad un certo punto della mia vita, mi sono accorta che - come lama il cui filo è rovinato da chissà cosa - anche io ho cominciato ad osservare piccole crepe, pertugi che aprendosi nel cuore e nell’ anima si andavano a dilatare ed allargarsi sempre più, facendosi contaminare da una serie di cose… dal sentimento, dalle passioni…Ecco; per questo motivo, ad un certo punto, non me la sono più sentita di portare avanti la mia missione: stavo cambiando, inesorabilmente.
Ma non ho in ogni caso dimenticato chi sono, né ho mortificato me stessa.
Ho solo accettato alcune cose, ho lasciato che i sentimenti si avvicinassero sempre più al raziocinio. Ho aperto il mio cuore, ho amato, sono stata amata. Ho portato avanti i miei ideali, accettando questo cambiamento, lasciando che la vita mi travolgesse…e ne è uscito un quadro fantastico. "
NB: Aggiornamenti settimanali, compatibilmente con impegni lavorativi.
Genere: Angst, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Cerco un appiglio, mi manca il fiato.

Perché costei mi porge questa domanda?
Che …che ci abbiano scoperto?



“Può essere, Madame… un tempo…un tempo non ero chi ora ha davanti….o, meglio: è cambiata la mia forma….non la sostanza” rispondo decidendo di dire la verità.
La vecchia mi osserva ancora, mettendomi a disagio.

“Non vi ricordate davvero di me?” domanda.

Mi sforzo, davvero: cerco di fare mente locale ma…niente. Nemmeno un indizio.
Da dietro un paravento compare Alain, torso nudo, la camicia in una mano.
“Oscar, ti sei ripresa…ne sono lieto” dice, rivestendosi.
Io lo guardo e mi chiedo se lui abbia inteso la situazione; il suo viso è rilassato.

Cosa è che non…non capisco?

“Dunque?”  mi sento chiedere dalla donna.

Scuoto il capo.

“NO…mi spiace” rispondo.

“Lo immaginavo. Sapete, anche in quella occasione eravate sconvolta. Sentite, vi ricordate di una notte in cui arrivaste in un palazzo fatiscente per portare la paga al nostro Alain?” chiede; il tono mi sembra quasi più…colloquiale.

Il nostro Alain?

Cerco nella mente i ricordi…si: come potrei scordarlo?
 Fu la volta in cui…in cui trovammo la piccola Diane. Ricordo il viso di una  loro vicina spuntare da una porta semichiusa.

“Voi siete, per caso, la donna che ci avvisò degli odori molesti di…”
“In realtà no, quella era Antoinette. Io mi trovavo…mi trovavo poco distante, vi ho visto salire le scale, indossavate una divisa. Ero rimasta colpita, Alain mi aveva parlato alcune volte di voi.
 E’ questo il motivo per il quale mi ricordo così bene. In ogni caso:dopo che siete uscita da qui ho mandato mio nipote a chiamarvi per farvi rientrare …e vi ha trovata a terra….”

Alain è seduto a poca distanza da me, lo guardo come a cercare un appiglio.
La vecchia, Françoise, si alza e dopo aver versato del brodo in una ciotola, me lo porta.
“Bevete, vi farà bene: vi aiuterà a rimettervi in sesto” dice.
La ringrazio e penso a quanto sia…sia strana la vita!
“Doveste scusarci, Madame…ma sono costretta a celare la mia identità, per questo sono stata vaga. Tuttavia ciò che vi ho chiesto ha un fondo di verità: quella giacca ha per me un valore inestimabile…” dico. Lei annuisce.
“Anche io vi ho detto la verità, non vi ho taciuto nulla; l’ anziana donna è forse una vostra parente?”
“E’ la nonna di mio marito….”

“Sentite, se volete posso mandare a chiamare Adrienne…” dice dopo alcuni secondi di silenzio.

Io faccio per alzarmi, d’ istinto, vorrei accompagnarla; ma sono ancora parecchio debole.
Nel frattempo Andrè rientra con Serge e mi corre incontro; sul suo volto leggo quasi sollievo.
“Oscar, mi hai fatto prendere un colpo!” dice mettendosi in ginocchio vicino a me, afferrando la miamano; nemmeno si è tolto la giacca.
“Mi sono risvegliata poco fa…” rispondo. Poi: “senti, devo dirti una cosa importante: Françoise dice che potrebbe mandare a chiamare la donna che ha venduto la giacca di mio padre…. “
Ti alzi in piedi, sorpreso.
Françoise richiama a sé il nipote, gli dice qualcosa.

“Andrò io, lei non si fida molto degli estranei: cercherò di convincerla a seguirmi, d’ accordo?” dice. Nel frattempo Serge appoggia amorevolmente una sorta di cappa sulle spalle della donna. Lui e Alain accompagnano Françoise.

“Credi potrà darci ulteriori notizie? “ mi domandi.
“Direi di si…”rispondo.
“…ma…chi è?”
“Françoise abitava vicino ad Alain, a Parigi. Ricordi quando …quando scoprimmo Diane? Ecco…lei ci ha visti e…quindi, appena sveglia, mi ha chiesto chi in realtà fossi.  Mi ha riconosciuta. Non le ho detto più di tanto ma…abbiamo comunque continuato a parlare e…si è offerta di fare da tramite con  questa Adrienne….”

La faccio breve; mi guardi, poi prendi posto accanto a me.
Sento il calore del tuo corpo accanto al mio.

“Tu come stai? “
“Bene” rispondo “ forse ho voluto chiedere troppo al mio corpo…ma ti assicuro, è tutto passato”.
“Ne sei sicura?”
“Si, André: non ti sto mentendo. Ora sto bene ed ho imparato la lezione” rispondo.

Serge e Alain hanno accompagnato Françoise quindi io e te, di fatto, siamo soli.
Ti avvicini e mi baci.
“Non vedo l’ ora di arrivare ad Arras… e iniziare la nostra nuova vita. Ma allo stesso tempo voglio anche io ritrovare mia nonna. Ce la faremo, Oscar!” mi dici sorridendo non appena le tue labbra si staccano dalle mie; io allungo una mano, la appoggio sul tuo viso.
“Si, ce la faremo, André!” esclamo; e penso pure che dobbiamo essere pronti a tutto quindi…
Sospiro.

“… e se dovessero darci cattive notizie?” dici.

“Le accetteremo, come abbiamo accettato tutto il resto. In ogni caso sono convinta che non sarà così.”
Lentamente ti rialzi, fai qualche passo e togli la giacca; infine ti dirigi verso il camino per riscaldarti un po'. Sul tuo viso leggo molta più apprensione di quanto tu voglia ammettere; non credo di poter dire null’ altro, non resta che aspettare.

Mi sono stesa da una ventina di minuti quando, finalmente, sento alcuni passi: anche tu li odi ed infatti ti alzi e vai ad aprire, impaziente.
“Adrienne, queste sono le persone di cui ti parlavo” sento dire alla vecchia appena sono entrate.
“Si, si vedo. Sbrighiamoci: domattina devo alzarmi presto” risponde l’ altra.Adrienne ci fissa curiosa.
“Sono loro?” domanda.
Serge fa cenno di si con la testa.
La nuova arrivata va a sedersi, si toglie giacca e sciarpa, ci squadra.
“Chiedetemi ciò che dovete e vi risponderò, se posso” dice senza nemmeno salutare. Sto per parlare ma tu mi interrompi.
“La giacca che ha venduto qualche giorno fa…un pezzo non comune, diciamo…da chi l’ ha presa?” domandi.
Adrienne si alza.
“Non sono venuta qui per farmi dare della ladra!”
Siamo basiti, non credevo che…
“Mi perdoni, Madame…forse mi sono spiegato male. Da chi ha comprato la giacca che ha venduto qualche giorno fa?”
Riformuli la domanda, Adrienne sembra calmarsi.
“Perché volete saperlo? Chi siete?” domanda.
“Ha ragione ad essere sospettosa, di questi tempi…ma le assicuro che non abbiamo cattive intenzioni. Stiamo cercando alcune persone e quella giacca è un importante indizio” dici.
Io seguo con apprensione la conversazione.
Adrienne ci squadra per l’ ennesima volta.Tergiversa, per un po'…ma alla fine, cede.
“La donna che me l’ ha venduta aveva bisogno di disfarsi di alcune cose, tra le quali la giacca in questione. Mi ha detto di venire da Compiegne ed essere diretta a nord. Era una donna minuta, ma spiccia. Era in compagnia di un’ altra donna dai capelli rossi, zoppicava a causa di una gamba più corta dell’ altra.Mi pare l’abbia chiamata… Gertrude?...almeno credo….”

Gertrude.
La sua fidata assistente, vedova del caro , vecchio Olivier….


I miei occhi ti cercano e trovano. Annuisco.

“Le siamo molto grati… ci ha dato la notizia che speravamo di ricevere” rispondi; la donna tira un sospiro di sollievo…tutti lo facciamo.
“Posso andare, ora?” domanda,  alzandosi in piedi.
“Vi accompagno.” interviene Serge.
“Grazie: grazie davvero” le dico , invece, io. E ci salutiamo, per restare – quando la porta si chiude – silenziosi nelle nostre personali riflessioni.
Più tardi, quando tutti riposano, ci attardiamo a parlare insieme ad Alain. Per fortuna siamo al caldo di questa casupola.
“Dobbiamo andare a Compiègne, André…sempre che siano ancora in quella città. Pensi che…potrebbero avere in programma di raggiungere Arras?” ti domando.
Tu sei seduto accanto ad Alain, mangiate una mela.
Mi guardi.
“Non credo, Oscar. Molto più probabile che abbiano scelto di rifugiarsi in qualche piccolo villaggio. In ogni caso, non credo vogliano rimanere in Francia” rispondi; è un po' anche il mio pensiero.
“Già…” sussurro, prima di chiudermi nel silenzio e nella riflessione.  Dopo di ché mi stendo , lascio che le mi ossa si prendano un po' di sollievo. Quando anche Alain si ritira nel suo giaciglio mi raggiungi e ti stendi al mio fianco.
“Come stai?” ti sento sussurrare.
“Bene, André. Per conto mio, potremo partire anche domani” rispondo.
Percepisco un tuo sorriso. Poi sento le tue braccia avvolgermi ancora di più.
“…Riposiamo, ora, Oscar. Ci aspetta un bel po' di strada e, immagino, anche un bel po' di emozioni” dici.
Lo penso anche io.
Ma per ora voglio godermi il silenzio…ed il tuo respiro che mi accompagna leggero verso questa lunga notte.




***
Il giorno seguente

Compiègne non dista molto…a questo punto dovremo almeno riuscire a scorgerne i tetti penso mentre sono seduta qui, accanto a te, a cassetta. Dall’ ultima sosta è passata un’ ora e tra poco arriveremo, credo, ma con questa nebbia…non si vede nulla!

“Oscar, che hai? Sei silenziosa da parecchio tempo…”

Guardo davanti a me, sto cercando in tutti i modi di capire dove ci troviamo…
Sto solo guardando la strada rispondo ma tu sai, meglio di me perché mi conosci, che non è solo questo a preoccuparmi: rifletto su ciò che stiamo facendo, penso che potrei anche ricevere notizie che non mi piacciono affatto…
“Stai tranquilla. Ora …cerchiamo una locanda dove stare; per fortuna, qualche soldo lo abbiamo ancora" dici; poi, posi la tua mano sulla mia.
Alain, dietro di noi, si guarda in giro a sua volta.
“Sono talmente zuppo che se mi strizzano potrei far straripare la Senna” dice; lo guardiamo per un istante , sorridiamo alla sua ennesima battuta, lui fa lo stesso…

“Dai, a momenti ci siamo” dici.
“Lo spero” ti fa eco, lui. Infine torniamo in un momentaneo silenzio.

Non passa nemmeno mezz’ora che finalmente, il cielo ricompare, come se mani invisibili avessero aperto un enorme sipario dai toni grigiastri; eccola, la città. Le prime abitazioni le troviamo a qualche centinaio di metri da noi.
“…finalmente…” sussurro, piano, con timore.
Alain si alza in piedi.
“Non la credevo così grande” dice mentre i suoi occhi scrutano davanti a sé “ pensavo fosse…fosse molto più piccola…e laggiù…che possenti bastioni!” esclama.
Guardo anche io in quella direzione, ha ragione: si possono notare ancora i bastioni che, da qualche secolo, fanno da guardia alla città. Anche se ora ne rimane ben poco, quel poco conserva ancora un antico splendore.

“Bene, ci siamo, Oscar. Dunque, come pensavi di organizzarti?” mi chiedi.
Fermi il cavallo, mi guardi.
Mi stringo nel mantello cercando di riscaldare le mani.
“Pensiamo a dove stare, prima di tutto…poi, potremo iniziare la ricerca, magari…magari dalle zone meno battute…. “ dico.
“Di quello posso occuparmene io” dice Alain, scendendo a terra con un balzo ed iniziando a saltellare per cercare di scaldarsi, le mani in tasca  “ …voi…voi occupatevi del resto. Ho bisogno di muovermi, scaldarmi. Potrei fare un giro di perlustrazione e raccogliere qualche informazione…”
Lo fisso, poi guardo te.

“Credo sia una ottima idea” mi dici “ così facendo, ci porteremo avanti…”

Effettivamente, hai ragione.
Mentre Alain si incammina fischiettando, guardo ancora la città.
“Ehi, Alain…dove ci troviamo?” urlo nella sua direzione.
Lui si volta, indugia un attimo.
“…se non ricordo male, l’ uomo a cui abbiamo chiesto indicazioni ci ha detto dell’ esistenza di un monastero…incontriamoci li” risponde, di rimando. E’ una buona idea: bravo, Alain!  penso guardandolo andare via.

“Bene. Siamo pronti, allora?” mi domandi. Annuisco.

Ci rimettiamo in marcia, entrando in città seguendo il viale principale; i primi attimi sono spesi per osservare ciò che ci sta intorno. Se non fosse per ricordi che ancora bruciano nel solo atto di riportarli alla memoria, sembrerebbe che qui nulla sia accaduto, almeno per ora; ed io e te, André, potremmo benissimo essere due novelli sposi in cerca di fortuna…

Le abitazioni, le piazze…in lontananza, l’ Hotel de la Ville tutto si alterna tra il vecchio ed il nuovo…

“Oscar, guarda. Laggiù c’è un posto che fa al caso nostro.”

Siamo entrati in città da circa quaranta minuti, quando finalmente troviamo una locanda e, devo dirlo, hai proprio ragione: sembra un buon posto, in una posizione comoda.
Non da troppo nell’ occhio.

“Fermiamoci, André. Mi pare una buona scelta” ti rispondo. Proseguiamo allora ancora per una cinquantina di metri , infine ci arrestiamo.
“Entro io, tu stai qui” mi dici; lasci le redini nelle mie mani e faccio come dici “tornerò tra un attimo…”
“Va bene, André. Ti attendo” rispondo. Dopo ti osservo sparire dentro il locale ed io… io ne approfitto per godere di un sole tiepido e piacevole. Intorno a me, la vita delle persone continua come – presumo – loro solito: c’è un teatrino, all’ angolo, con un organetto che suona un motivetto allegro; alcuni bambini, piccoli, vi saltellano intorno. A poca distanza da me invece una paio di donne si affrettano, trasportando sulle  pesante ceste di panni, forse rientrando verso casa…più in la, un prete cammina in tutta fretta borbottando giaculatorie in latino che quasi mi viene spontaneo ripetere…

“Oscar, tutto bene. Ho fermato due stanze per due giorni. Possono bastare?” dici.
Mi volto, ti osservo.
“Si. Grazie, André…” rispondo. Infine, scendo.
“Ora cosa vuoi fare? Innanzitutto, Oscar…come stai? Te la senti?”
Sei preoccupato, lo so.
“Bene. Davvero!” rispondo , ed è la verità “ …e per quanto riguarda il resto… possiamo iniziare anche subito.
Poco dopo, sei di nuovo seduto al mio fianco-

“…da che parte cominciamo?”

Bella domanda…penso tra me.  Dove potrei iniziare a cercarli? E’ vero che potrebbe aver mantenuto un basso profilo, del resto se Nanny ha venduto una giacca così preziosa potrebbero non passarsela bene…tuttavia, non mi sento di escludere che possano avere trovato asilo presso qualche vecchia amicizia…

“…dei bassifondi si sta occupando Alain quindi… restiamo qui. Tutto può essere utile; cerchiamo anche di capire se ci sono mercati con banchi fissi, tutti i giorni…” rispondo.
“Direi che è una ottima soluzione” rispondi. Hai freddo, le mani sono gelate, le porti al viso per riscaldarle con un po' del tuo respiro.

“Dai, conduco io, André!” dico afferrando le redini.
Mi fissi come se avessi appena proclamato di essere il fantasma di nonno Augustin…

“Non credo tu sia talmente invecchiato da non ricordare quel giorno, a Parigi, in cui tornai a casa sola perché- non so ancora adesso quale sia il motivo – tu avevi deciso di non parlarmi per tutto il giorno ed io ti lasciai a meditare fuori Porte Lille…”

Sento una risata, fragorosa.
 A quanto pare ti ricordi, ed anche bene.

“Va bene, va bene…mi fido! Andiamo!” rispondi, tra risate e  lacrime.
Uno sguardo…e via.
Iniziamo.


Mentre conduco il carretto, né io né te smettiamo un solo istante di guardarci attorno, senza tralasciare nulla; che siano piazzette nascoste, vecchie abitazioni, canoniche diroccate…i nostri occhi indagano ogni dove. A volte, ci fermiamo, chiediamo informazioni alla gente del posto; ma qui, per via del Convento, passano molte persone ed è difficile che ci si ricordi di tutte le  fisionomie. Andiamo anche verso le mura, ci hanno detto che li si tiene una sorta di mercato : la gente ci va per vendere ciò che ha e per racimolare qualcosa; accanto al banco dei fiori e del cuoio, è possibile anche trovare gente qualunque, che sia del luogo o di passaggio…

“E’ la nostra ultima opportunità, per oggi” mi dici. Sei stanco, lo sono anche io. Non abbiamo fatto altro che salire e scendere dal calesse, si è fatta sera e dobbiamo raggiungere ancora Alain presso il Convento..,
“Credo tu abbia ragione. Dista molto?”
Neghi.
“Non credo, il ragazzo al quale ho chiesto…dice che voltato l’ angolo laggiù dobbiamo lasciare il carretto e seguire il passaggio più stretto. Percorso quello ci troveremo a ridosso delle mura che però, con tutte queste case, non riesco proprio a scorgere…”
Mi aggiusto i guanti , ho le dita gelate.
Proseguiamo finchè non raggiungiamo uno slargo; scendiamo, assicuriamo il cavallo agli anelli e poi ci infiliamo nella via più stretta dove le nostre narici sono costrette ad assorbire qualsiasi tipo di odore. Per fortuna, non sono che pochi metri.

“Ecco, alla tua sinistra, Oscar…”

Mi giro.
Alcune facce stanche ci notano, gli occhi curiosi scrutano ogni centimetro delle nostre rispettive persone; davanti a loro, alcuni banchetti sui quali è poggiato di tutto: vedo borse di cuoio, quelle da legarsi in vita, alla cinta; dei guanti – ormai malandati – di pelle. Più in la trovo una donna che propone ad ogni passante delle vesti; si sbraccia, mostra ai passanti qualcosa di davvero…

“Oscar…quella…quella è una delle…delle tue divise” dice Andrè. La sua voce è bassa, ferma.

E’ esattamente ciò che vedo: una divisa bianca, ormai piccola, lacera,  sporca. Mi dirigo verso la donna sforzandomi di mantenere sangue freddo. Il cuore mi batte all’ impazzata.
La donna mi vede, avanza, sono un possibile acquirente.
“Monsieur, monsieur!... volete vedere questa bella divisa? E’ un pezzo raro, ormai…siete interessato? Volete? Ve la lascio ad un buon prezzo” dice.
Io la guardo, sfioro con delicatezza la stoffa, socchiudo gli occhi.
Ricordi emergono al solo tocco.
 Immagini, sensazioni.
 Un tempo che non tornerà più.
“Chi vi ha venduto questo pezzo?” chiedo, senza mezzi termini.
La donna  si affretta a celarlo sotto lo scialle pesante, lancia una occhiata agli altri intorno a lei, scende il silenzio.
Intervieni tu.
“Non dovete preoccuparvi, siamo persone comuni. Il mio…amico vorrebbe solo sapere dove è stata presa perché…perché ne vorrebbe comprare altre” dici.
Dentro di me sorrido: hai sempre la battuta pronta, André…
“Mi piacerebbe molto averlo!” dico, e ci piazzo anche un sorriso.
La donna, timidamente, mi mostra di nuovo quella che era la mia giacca e me la porge.
“Quanto costa?” chiedo.
Mi propone un prezzo decisamente troppo alto; non ho in tasca tutti quei soldi, considerando che dobbiamo pagare anche la locanda.
“Oscar” ti sento dire al mio orecchio “ potresti chiedere di pagarla poco più della metà di ciò che chiede. Considera che , se potesse darci informazioni, il nostro pernottamento alla locanda potrebbe anche non essere necessario… e andremo con un piccolo investimento a risparmiare dei soldi che francamente ora ci servono…”. Come al solito mi leggi dentro.
Guardo la giovane donna, è spaurita. Sorrido e gli propongo il mio prezzo.
Lei ribatte ma io rimango ferma sulla mia decisione; dopo una breve -e necessaria-  contrattazione finalmente… ho tra le mani la mia vecchia giacca.

“Ora potreste dirmi anche da chi…l’ avete acquistata?”
La donna mette i soldi nella tasca del grembiule, tastandone con i denti la consistenza.
“La persona che cercate, sempre che sia lei, è ospite del Convento. Mi ha detto che si sarebbe fermata li per qualche giorno. Il tempo di racimolare qualcosa…”
risponde.

Le gambe mi tremano, ma sono felice, il cuore mi scoppia.
 Sento la tua mano, André, stringere la mia.
In questo preciso istante, non capisco più nulla; voglio solo raggiungere il posto il prima possibile. Chissà la faccia di Alain quando sentirà ciò che abbiamo scoperto…

“Presto, dobbiamo sbrigarci!” mi dici, ridestandomi.
“Eh? Si…si..hai ragione!” rispondo.
 
Nemmeno ringrazio la donna: iniziamo a camminare, sempre più veloci, per raggiungere il nostro mezzo e…venirti a trovare, Nanny. Sperando che tu e, mi auguro anche i miei genitori, non siate ancora partiti.
   
 
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