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Autore: Teony    20/01/2023    1 recensioni
[Cyno&Collei!centric] [accenni Cyndace]
L'adolescenza è una fase delicata, di trasformazioni fisiche e psichiche, che se non trattata con la dovuta cautela, può originare traumi e difficoltà a più livelli.
La crescita di Collei è anche più complicata. Le sue vicende pregresse la portano a dimostrare confusioni emotive e relazionali. Ad esse, si aggiunge l'inesperienza del suo giovane tutore.
[...] «Resti a dormire qui, oggi?» gli aveva chiesto.
La richiesta lo aveva fatto fremere, ma lui aveva reagito all’abbraccio e le aveva accarezzato i capelli. «Sì» le aveva mormorato. «Oggi resto con te.»
Quella è stata l’ultima notte che Collei, nel prendere sonno, gli era rimasta aggrappata addosso e lui si era semplicemente addormentato senza discostarla, aggredito dalla stanchezza.
L’ultima, prima di questa. [...]
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Candace, Collei, Cyno
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Frammenti'
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Come un corpo muta
 
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La prima volta che Collei è arrivata a chiedergli affetto è stata la sera stessa della loro partenza da Monstadt, quattro anni addietro.
Cyno aveva allestito una tenda a poche miglia da Springvale ed aveva concesso alla bambina dello spazio per se stessa. Non aveva osato avvicinarla troppo, né interrompere i suoi silenzi con futili domande.
Si era limitato a fissarla sporadicamente, giusto per accertarsi che il rituale compiuto non avesse sortito effetti indesiderati.
Collei, da parte sua, non aveva fatto altro che fissare la fiamma convulsa del falò, gremita da cocenti riflessioni. Probabilmente non era ancora del tutto convinta di ritornare a Sumeru. Forse sarebbe stato meglio per lei trasferirsi a Monstadt. Inoltre non si era ritrovata ad avere al fianco il migliore compagno di viaggio, aveva pensato di se stesso.
In fondo, è sempre stato un disastro nel rapportarsi con gli altri, figurarsi con una bambina a cui aveva inflitto un dolore lancinante, pur di poterla salvare dal Residuo dell’Archon.
Unica frase che si era concesso di rivolgerle era stata: «Vai a riposare. Domani ci aspetta una lunga giornata di cammino.» Il suo tono era forse risultato spiacevole, perché la bambina si era limitata a sollevare gli occhi, con le labbra piegate in un cruccio. A Cyno non importava cosa lei pensasse di lui. Non sarebbe stata la prima a trovarlo sgradito, né l’ultima. Era abituato ad un simile atteggiamento di diffidenza ed aveva smesso di restarne ferito da tempo.
Aveva visto la bambina alzarsi ubbidiente ed infilarsi nella tenda. Lui era rimasto all’esterno, infilato nel sacco a pelo, di fianco al fuoco da campo, fino a che non aveva deciso di spegnerlo.
Poi il grido nella notte lo aveva strappato brutalmente dal sonno. Neanche si era accorto di essersi addormentato. Aveva subito riconosciuto la voce della bambina ed aveva aperto la tenda in pochi secondi.
L’aveva ritrovata stretta tra le ginocchia, con la voce distrutta dai singhiozzi e colta da fremiti violenti. Non ci aveva pensato due volte ad avvicinarsi, allarmato, perché aveva temuto subito che il suo rituale stesse avendo su di lei dei risvolti negativi.
«Non ti avvicinare!» gli aveva urlato, con la voce rotta dal pianto e lui si era come paralizzato sul posto.
La bambina si era ritratta al massimo, quasi cercando riparo nell’angolo della tenda. «Scusami» aveva emesso debolmente, pochi secondi dopo. «Ho paura» si era sfogata poi, nascondendosi il viso tra le cosce.
«Mamma…» aveva urlato, roca. «Mamma!»
Cyno aveva esitato nel farsi avanti, ma il vedere quella bambina così tramortita da incubi e ricordi, persino da sveglia, lo aveva quasi obbligato a compiere un silenzioso e timido passo avanti. Non aveva idea di cosa sarebbe stato meglio fare, aveva agito come l’istinto gli aveva suggerito. «La mamma purtroppo non c’è più» Lisa gliel’aveva detto e lui non ha mai avuto un rapporto troppo distaccato con la morte, per potersene crucciare.
Collei aveva sussultato ed aveva sollevato debolmente il capo. I violacei occhi, cerchiati dalle lacrime, gli si erano piantati addosso. «Mamma…» aveva ripreso a singhiozzare ed il giovane aveva intuito di non aver affatto contribuito a farla sentire meglio. Si era inginocchiato davanti a lei, con estrema cautela. «Ma non sei sola.»
L’aveva sentita irrigidirsi.
«Davvero?» il suo era stato un debole lamento, supplicante di certezze che, preda dei crudi ricordi, non riusciva a trovare da sola.
«Sì. Per ora ci sono io.»
«Tu?»
E Cyno aveva annuito, anche se a disagio. «E poi ci sarà un mio amico. Lui conosce la medicina. Può aiutarti ad imparare un sacco di cose.»
«Io… non voglio essere un peso per nessuno.»
«Lo sarai solo se non dormi» aveva creduto che questa fosse la strategia migliore per convincerla a quietarsi e forse aveva funzionato, perché la bambina si era scacciata le lacrime dalle guance, aggressiva, ancora con la fronte accipigliata.
Cyno avrebbe voluto dirle che l’aveva trovata coraggiosa, in quel momento, ma la voce gli era mancata. Si era solo rialzato. «Se hai qualche problema, non esitare a svegliarmi» le aveva detto, atono e si era apprestato ad uscire dalla tenda.
«Aspetta» lo aveva fermato la bambina a filo di voce e lui le aveva di nuovo dedicato attenzione. «Puoi… Puoi dormire qui, se vuoi.»
«Non voglio toglierti spazio. Non ho problemi a stare fuori.»
«No… davvero» aveva insistito la bambina, ancora preda del tremore. «Puoi dormire qui» poi gli occhi le si erano fatti di nuovo languidi e le labbra avevano pronunciato una parola priva di voce, ma che lui era riuscito a cogliere, leggendo il labiale.
“Per favore”.
Forse Collei non era neanche conscia di avergli rivolto la muta richiesta, eppure Cyno, dopo qualche secondo, aveva accettato.
Se l’era ritrovata stretta al costato quasi subito, il tempo di ricavarsi uno spazio sufficientemente comodo dal permettergli di dormire. Il disperato e disinvolto gesto d’affetto l’aveva colto di sorpresa, a tal punto dal non avere idea di come reagire, ma il vederla così avvinghiata al suo mantello, come se alla disperata ricerca di un appiglio a cui potersi aggrappare, pur di non cadere in nuovi e folli deliri del subconscio, lo aveva indotto a lasciarla fare.
Sentire quel caldo corpicino stringerglisi addosso, tramortito dalla paura, eppure così energico e vitale, aveva istigato in lui un’emozione mai provata.
Quella bambina era riuscita a sopravvivere all’iniezione del Residuo, era sfuggita a Zandick ed aveva avuto una forza tale dall’uscire indenne dal suo Rituale. L’ammirazione per lei era tale dal trovare ancora più incredibile il come l’avesse reputato degno di fiducia.
Lui: guardato con circospetto e disprezzo dagli stessi membri dell’Akademiya, a cui non aveva mai alzato un dito, adesso aveva stretta al suo petto una persona che avrebbe più che motivo di temerlo.
Si era ritrovato ad abbracciarla a sua volta e lei a reagire, stringendolo maggiormente e premendo il viso gracile contro il suo sterno, così dal soffocare su di esso le lacrime.
Era stato allora che il suo inconscio aveva stabilito per lui qualcosa: non avrebbe mai permesso a quella bambina di subire altro dolore.
 
La seconda volta è stata ad ormai un anno dal suo ritorno a Sumeru.
Cyno aveva affidato l’istruzione di Collei al suo vecchio amico Tighnari, neo-laureato, con la salda decisione di prendere le distanze dall’Akademiya, scelta che lui stesso aveva ammirato, pur impossibilitato ad imitarla. Ultimo suo desiderio era che la bambina fosse affidata alle istruzioni di qualche accademico, ossessionato da tossica conoscenza scientifica e con tutta l’intenzione di tramutarla in un catalogo di fredde informazioni, che probabilmente avrebbero finito col neutralizzarla.
Al suo arrivo a Gandharva Ville, tuttavia, la bambina aveva iniziato a manifestare visibili segni di disagio nell’avere Cyno a poca distanza, per quanto lui andasse a trovarla solo per assicurarsi che il sigillo reggesse o l’Elazar non stesse peggiorando. Era solita portarsi una mano alla nuca e massaggiarsela con nervosismo, quasi rivivesse il dolore causato dal Rituale, solo nel guardarlo. Il malessere nel sapere di averlo attorno era progredito, nel corso dell’anno, a tal punto che Collei inventava puntualmente scuse, pur di allontanarsi da lui o sparire semplicemente dal suo campo visivo.
La situazione era divenuta a tal punto evidente, che Cyno aveva deciso di affidare la totale responsabilità di lei a Tighnari. Una scelta sofferta, ma necessaria. Da allora le sue visite a Gandharva Ville si erano rarefatte e quelle poche che si concedeva, erano celate dalla segretezza.
Collei era ignara che lui non aveva mai smesso di andare a trovarla e verificare le sue condizioni psicofisiche, almeno sommariamente. Non sapeva di essere divenuta per lui a sua volta un appiglio, che gli forniva energie per continuare a vivere.
La vita accademica era estenuante, per lui anche più che per gli altri, specialmente da quando Lisa, forse l’unica con cui aveva potuto vantare un rapporto quantomeno decente, nel proprio Darshan, aveva tagliato per sempre i ponti con Sumeru. La diffidenza e la repulsione nei suoi confronti erano stati una costante, ed erano accresciuti, appena sparsa la notizia della sua candidatura come Matra.
Non aveva motivo di lasciare l’Akademiya, per quanta sofferenza potesse arrecargli, non aveva la possibilità di tornare nel Deserto, perché non aveva un posto in cui tornare e non aveva intenzione di tracciare la strada che la Foresta avrebbe voluto per lui: un semplice, ignaro, cieco mercenario, abusato da chissà che tipo di baldanzoso e razzista cliente.
Cyno non aveva niente, fuorché la sete di conoscenza ed il proposito di ritrovare le proprie radici, in qualche sporadico e proibito manoscritto. Sentiva di neutralizzarsi via via, in quel tossico ambiente sgorgante di discorsi, ma non gli rimaneva altro da fare.
Però nulla era più gratificante dello scorgere Collei sorridere. Non importava che lei rifiutasse la sua compagnia, non aveva bisogno che lei fosse consapevole dell’essere comunque vigilata, per sentirsi realizzato.
La soddisfazione arrivava nel vederla compiere da lontano i suoi primi timidi passi come Ranger, nel sapere tramite vie terze, che ormai amasse il cucito, che stesse migliorando nella lettura, così come nella scrittura, che stesse iniziando a leggere, anche di sua spontanea volontà. Sapeva anche dell’albero cavo in cui la bambina vi infilava i propri segreti, scritti con furia su biglietti di carta, ma che non si era mai permesso di leggere.
Poi, era stata la volta della sua prima ronda solitaria. Cyno aveva pressato Tighnari perché il momento fosse rimandato il più possibile. Temeva che la bambina non fosse ancora pronta, che l’Elazar potesse ostacolare i suoi movimenti e portare a conseguenze che il suo conscio rifiutava di immaginare. L’amico gli aveva ribadito fino allo sfinimento che il tratto scelto per lei era perfettamente adatto alle sue forze, ma questa sicurezza non bastava per farlo sentire sufficientemente sereno. Era stato difficile trovare una giustificazione per assentarsi dalle proprie giornaliere incombenze, ma infine era riuscito ad evadere dall’Akademiya, giusto in tempo per vedere Collei caricarsi lo zaino in spalla, con tutto il necessario e partire per la sua piccola ronda, per la prima volta totalmente sola: era un gracile corpo febbricante di entusiasmo.
Il percorso era pianeggiante e le avrebbe richiesto sei ore di cammino: una semplice pattuglia del sentiero più rapito tra Gandharva Ville e Vimara, passante per la foresta.
Cyno l’aveva seguita, mantenendo da lei la necessaria distanza per non essere notato. Sapeva di farle un torto, nel sorvegliarla così testardamente ma, giunto quasi a metà tragitto, si era ritrovato a ringraziare la propria diffidenza.
In poche ore aveva iniziato a piovere.
Un richiamo enfatico aveva fatto eco nella foresta.
Cyno aveva sentito il fiato mancargli, nel vedere che la bambina aveva preso a correre e si era spinta oltre il perimetro del sentiero senza esitazione, per accorrere a quella che a tutti gli effetti, pareva una richiesta di aiuto. L’aveva seguita a sua volta, preoccupato. Non aveva potuto vedere con chiarezza l’intera vicenda, aveva solo intuito che un bambino era caduto oltre un dislivello lì vicino e la terra friabile gli aveva impedito di risalire. Avrebbe voluto con tutto se stesso intervenire, ma si era imposto di non muoversi. Se Collei voleva davvero diventare Ranger, quella non era che una delle tante prove che le sarebbe toccato affrontare. L’aveva vista lasciare subito lo zaino e recuperare una fune. «Aggrappati alla corda. Così ti tiro su» aveva esclamato la bambina, con tono sicuro.
Ma non era riuscita nel suo intento. Il terreno, ormai friabile fango, le era ceduto sotti i piedi ed era scivolata a sua volta, con un singulto sorpreso.
Cyno aveva già abbandonato il proprio nascondiglio, col cuore in gola, ma si era di nuovo imposto di non intervenire, non nel sentirla di nuovo.
«Stai bene!?» aveva chiesto il bambino, allarmato.
«Sì, non preoccuparti.»
«Come facciamo a risalire…?»
«C’è un appiglio lì in cima. Se Sali su di me, posso aiutarti a raggiungerlo, ma poi devi arrampicarti da solo. Poi mi tiri su»
Il Matra si era concesso una nuova postazione, da cui sorvegliare gli avvenimenti. Era risalito agilmente su di un albero ed era rimasto chino fra i rispettivi rami.  
Aveva visto la piccola ranger adoperarsi al massimo per aiutare il bambino. Gli aveva indicato gli appigli, prima di caricarselo in spalla ed aiutarlo a cominciare la scalata. Cyno era orgoglioso di lei, ma aveva notato ciò che la forza di volontà la stava forzando ad ignorare: la sua gamba destra era tesa in maniera innaturale, tanto che la bambina scaricava tutto il peso sul lato sinistro del corpo.
Era riuscita nel salvataggio, aveva tirato un sospiro di sollievo. Poi aveva ripreso fiato, il tempo che il ragazzino le tendesse la mano il più possibile e così aveva cercato il suo primo appiglio e vi si era aggrappata. Ma né la sua determinazione, né le incitazioni del compagno di sventure erano state sufficienti. L’Elazar aveva vinto su di lei ancora una volta.
La gamba le si era irrigidita, come se sottoposta ad una scossa violenta, aveva urlato, era caduta all’indietro.
Cyno si era sentito come colpito da una percossa, nel vederla rannicchiarsi al suolo, tramortita dalle fitte, ma ancora non si era permesso di intervenire.
«Stai bene!?»
«S-sì! Sto bene. Non preoccuparti» si era imposta di rispondere. «Solo che… non so se riesco a scalare» aveva ammesso, con la voce piegata da un dolore con forza trattenuto.
«Se mi aspetti qui, vado a prendere una scala! Casa mia è a Vimara. Se faccio presto sarò di ritorno in pochissimo.»
Collei si era issata sui gomiti a fatica ed era tornata a sedersi. «Sì, grazie…»
«Cerca di ripararti, intanto.»
E così il bambino si era allontanato con foga.
Era tornato il silenzio, interrotto solo dalla fitta pioggia.
Cyno avvertiva il petto contrito in una morsa, specialmente nel vedere la bambina impossibilitata anche solo dallo strisciare sui gomiti e raggiungere un arrangiato riparo, al di sotto di un qualsiasi albero. Ci aveva provato, ma solo per pochi secondi, prima di rendersi conto spontaneamente che il tremore l’aveva aggredita con troppa violenza, per lasciarle anche solo una misera libertà di movimento. Così, si era limitata a pressarsi il più possibile contro la parete, per poi non muoversi più.
Non c’era più niente da fare.
Specialmente nel vederla stringersi tra le braccia, alla ricerca di misero calore. Era fradicia. Non poteva restare in quelle condizioni a lungo, o l’Elazar sarebbe potuto divenire l’ultimo dei problemi.
Non importava che lei non volesse vederlo, che avesse disagio anche solo nel guardarlo in viso, Cyno non l’avrebbe mai lasciata in quelle terribili condizioni a lungo.
E così aveva abbandonato il proprio nascondiglio. Aveva superato il dislivello senza fatica, non era più alto di due metri e mezzo e poi le era passato di fronte, silenzioso.
Si erano guardati a lungo.
A Collei erano tremate le labbra, forse allora, non per il freddo, mentre Cyno era rimasto immobile, poi era scivolato con gli occhi alla gamba di lei, rigida e leggermente arcuata all’interno.
Alla bambina era sfuggito un singulto, nel vederlo chinarsi su di essa. Ancora si era fermato, prima di poterne verificare le relative condizioni. Nel non ricevere ulteriori proteste, tuttavia, aveva proseguito con lo scoprirgliela, sempre con movimenti cauti, voluti a non spaventarla.
L’aveva sentita cominciare a singhiozzare sommessamente, si era sentito arso da inspiegabili sensi di colpa, come se si reputasse colpevole di qualsiasi cosa le fosse capitata sino ad allora.
«Perché…?» aveva chiesto Collei a voce roca, d’un tratto, col volto rigato da lacrime e pioggia.
Cyno era tornato a guardarla, marmoreo in viso, ma turbato dall’interno.
«Perché sei qui… anche se ti ho cacciato via?»
Lui aveva di nuovo abbassato gli occhi alla caviglia, ingoiando un groppo di saliva. Non aveva avuto il coraggio di rispondere, piuttosto aveva preso a massaggiarle il polpaccio con accortezza, insistendo maggiormente nei punti in cui sentiva maggiormente l’Elazar irrigidirle la pelle. Ad ogni movimento più deciso la sentiva mugugnare, ma Collei non si era permessa di lamentarsi. Poi le era scivolato con le mani sulla caviglia, le aveva sfilato il sandalo.
Il piede era paralizzato e le dita quasi strizzate le une alle altre.
Anche qui aveva insistito, premendo i pollici sui nervi tesi, con ponderata intensità. La bambina aveva sobbalzato d’un tratto, con un gemito acuto, questo perché Cyno l’aveva forzata a distenderlo in un unico e brusco movimento.
«Riesci a muoverlo, adesso?»
Lei aveva ripreso fiato, poi aveva mosso il piede con diffidenza. La sorpresa nei suoi occhi era stata percepibile.
«Se te la senti, ti aiuto a risalire.» non si sarebbe permesso di rovinarle la ronda ulteriormente, sapeva bene quanto lei ci tenesse e quanto volesse dimostrare al suo maestro di essere pronta alla vita da Ranger. Le avrebbe permesso di terminare il percorso da sola.
Ma Collei non gli aveva risposto, invece aveva piegato le labbra in un cruccio ed aveva aggrottato la fronte in un’espressione amareggiata. Aveva ripreso a singhiozzare.
Cyno non aveva avuto il coraggio di chiederle cosa la turbasse, perché dava per scontato lui ne fosse la causa.
«Scusami…» aveva mugugnato lei d’un tratto, così flebilmente che lui non era riuscito a sentirla ed aveva potuto solo fissarla interrogativa.
E poi l’abbraccio.
La bambina quasi gli si era fiondata addosso, cogliendolo impreparato. «C-Collei, piano! Puoi farti male.»
«Scusami!» aveva gridato lei, di contro, singhiozzando con enfasi. «Scusami. Scusami. Scusami. Scusami.»
Un fremito aveva percorso Cyno lungo il corpo, nel sentirla implorante di un perdono che non aveva motivo di chiedere.
«Scusami…» aveva ribadito ancora la bambina, fra un singhiozzo e l’altro, stringendolo anche più forte.
«Perché mi chiedi scusa?» era riuscito a domandarle lui ed aveva ricambiato l’abbraccio, anche se debolmente.
«Scusa se ti ho cacciato via… se ho trovato tutte quelle scuse per non farmi vedere, se ho detto al maestro che stavo male, quando c’eri. Scusami per tutto» la voce le si era ridotta in stentati frammenti di suoni, sfumati ulteriormente dalla pioggia.
Lui non era riuscito ad aggiungere nulla. Avrebbe voluto dirle che non importava, che non tutto ciò non l’aveva mai ferito, anzi aveva trovato indispensabile lasciarle i giusti spazi e scegliere il meglio per se stessa. La lingua aveva rifiutato di dar voce ai suoi pensieri.
«Credevo che non tornavi più.»
Aveva sentito le unghie di lei affondare ulteriormente nel suo mantello, mentre la voce le si sbriciolava irrimediabilmente. «Non voglio che te ne vai...»
Lo sentiva, il piccolo petto di lei battere frenetico contro il suo sterno ed era stato allora che le aveva accarezzato le ribelli ciocche verdi, madide di pioggia. «Io non me ne sono mai andato, Collei. Non ti ho mai lasciata sola e non lo farò mai.»
Erano rimasti abbracciati a lungo, avvinghiati l’uno all’altra, come se col timore di perdersi ancora di vista.
E quella stessa sera Collei era arrivata a chiederglielo: di restare a Gandharva ville durante la notte e permetterle di stringerlo forte, finché lei non fosse riuscita a scivolare in un sonno quieto.
 
L’evento che Cyno aveva creduto come eccezionale era divenuto quasi prassi, negli anni a venire. Ciò, appena l’Elazar aggrediva Collei con violenza ed il panico giungeva negli istanti successivi, forzandola a disperate richieste d’aiuto, oppure quando ricordi cocenti, vissuti nel laboratorio di Zandick, emergevano dal suo inconscio e le distruggevano la psiche.
Quell’abbraccio era l’unica cosa che riusciva, per qualche inspiegabile ragione, a lenire le sue sofferenze e permetterle un riposo sereno.
Non un abbraccio qualsiasi: solo quello di Cyno, del tocco degli altri avvertiva fastidio e lui non si era tirato indietro dall’offrirglielo, finché le sue visite a Gandharva ville non avevano subito un netto diradamento, questo perché le possibilità che lui assumesse il comando dell’intero corpo dei Matra, seppur ad una giovane età, si facevano sempre più concrete.  
Così, quella misera dimostrazione d’affetto era traslata gradualmente da richiesta di aiuto, a quasi un rito necessario per far sentire Collei ancora benvoluta.
La bambina, tuttavia, non cercava mai quel tipo di affetto, se in compagnia di altri, era come un segreto fra loro due, che non aveva intenzione di rivelare a nessuno.
C’era anche un’altra cosa che non confessava, neanche a lui, ma che Cyno era comunque in grado di cogliere: soffriva ad ogni sua partenza, specialmente perché consapevole che non lo avrebbe rivisto per un lungo periodo. Lo salutava sempre con un sorriso gioviale, la riconferma che lei stava benissimo e la promessa che al suo ritorno l’avrebbe trovata più cresciuta, più forte, più coraggiosa, più sicura di se stessa e che avrebbe terminato quel noioso libro di studio che Tighnari le aveva assegnato.
Ed era cresciuta davvero, solo che lui aveva preferito non accorgersene. Aveva notato solo superficiali cambiamenti: la bambina aveva cominciato a sviluppare dei gusti specifici. Come portare i capelli, per esempio. Le piaceva che non superassero le spalle, ma comunque accentuassero il suo volto che via via perdeva la rotondità infantile. Aveva iniziato a delinearsi gli occhi con un velo di ombretto, a tal punto sottile, dall’essere quasi impercepibile. Aveva scelto di forarsi i lobi delle orecchie, così dal poter indossare orecchini, puntualmente spaiati – le piaceva essere creativa, diceva –. Prediligeva la comodità, in abbigliamento, ma senza che risultasse trascurata.
Tutte piccole cose a cui Cyno non aveva dato peso, né attribuito un particolare significato. Se lei era felice, tanto bastava perché lo fosse anche lui.
C’era stato qualcos’altro che Collei aveva cominciato a rimarcare, sempre con più insistenza, ma con le labbra puntualmente piegate in un’espressione decisa. «Ormai non sono più una bambina.»
E lui annuiva o concordava con lei, anche se a ciò non credeva. Ai suoi occhi non era cambiata di un minimo: stesse abitudini, stesso entusiasmo, stessa determinazione, ma anche stessi traumi, dubbi e stessa malattia.
Forse aveva rifiutato di accettare i suoi cambiamenti, perché il timore di perderla, una volta cresciuta, sarebbe stato troppo arduo da sopportare. Perché preferiva avere la certezza che, una volta evaso dalle turpi prigioni e lavatosi di dosso quelle urla strazianti o appena sfuggito agli opprimenti comandi dei saggi, avrebbe trovato Collei a Gandharva ville, congelata nel tempo e nei modi di fare, ma anche nell’affetto che gli dimostrava.
E quel desiderio si era persino rafforzato, una volta divenuto Mahamatra, lo stesso che, aveva portato Cyno a domandarle se volesse accettarlo come tutore legale.
Voleva essere responsabile della sua crescita e che lei sapesse di poter contare su di lui in ogni modo possibile.
Aveva aspettato una settimana prima di proporle di ufficializzare, anche burocraticamente, il rapporto che tra loro due si era venuto a creare, ciò perché aveva temuto che lei rifiutasse, per qualsivoglia motivo. Aveva esitato anche nel rivelarle della sua promozione, all’interno dell’Akademiya, perché non voleva evidenziare che la sua presenza a Gandharva Ville si sarebbe ulteriormente rarefatta.
Poi si era deciso: erano soli, come accadeva ogni sera che lui decideva di sostare per la notte nell’accampamento ranger. La sua voce aveva tremato, nell’avanzare con la richiesta. Un lato di sé si sentiva quasi egoista: tutto ciò era iniziato per quel semplice ma terribile Rituale compiuto su di lei e che sembrava averli legati l’uno all’altra.
Non aveva diritto su di lei. Non meritava di scegliere il come crescerla.
Ma ogni dubbio si era semplicemente sbriciolato nel guardarla, appena confessata ogni cosa: di essere divenuto Mahamatra, di doversi assentare forse per periodi anche più lunghi, ma anche di volerle un’infinità di bene.
«Collei…»
La bambina aveva compreso che quella appena intrapresa non sarebbe stata un’usuale conversazione, non le era stata neanche concessa l’occasione di complimentarsi con lui per la promozione, perché si era subito trovata a rispondere a quella domanda.
«Ci ho pensato a lungo prima di chiedertelo e non nego che l’idea, in parte, spaventa anche me. Ho paura di non essere in grado di offrirti tutto ciò di cui hai bisogno, di non essere la persona giusta per te, di non essere abbastanza responsabile dal farmi carico di ogni tua necessità, ma…»
“Mi accetteresti come tuo tutore legale?” aveva chiesto, quasi vergognandosene.
Lei aveva trattenuto il fiato, era rimasta immobile, solo gli occhi avevano presentato una reazione, dal tremarle appena, avevano iniziato a lacrimare, per poi abbandonarsi in un pianto prima silenzioso, poi caotico e liberatorio. 
Di tutte le reazioni che Cyno si aspettava di dover fronteggiare, quella era di sicuro la più difficile da gestire, tanto che si era subito ritirato nella consapevolezza che la risposta implicita fosse “no”.
La risposta non era mai stata pronunciata a parole. Non ce n’era stato bisogno.
Perché la bambina, fra un singhiozzo e l’altro, gli aveva poggiato le mani alle guance, lo aveva fissato dritto negli occhi, poi gli si era stretta al collo. «Resti a dormire qui, oggi?» gli aveva chiesto.
La richiesta lo aveva fatto fremere, ma lui aveva reagito all’abbraccio e le aveva accarezzato i capelli. «Sì» le aveva mormorato. «Oggi resto con te.»
Quella è stata l’ultima notte che Collei, nel prendere sonno, gli era rimasta aggrappata addosso e lui si era semplicemente addormentato senza discostarla, aggredito dalla stanchezza.
L’ultima, prima di questa.
 
Una notte che non può ripetersi, non più ormai e Cyno lo comprende troppo tardi per potervisi ritrarre. 
È mancato a Gandharva Ville per quasi un anno, se non per visite sporadiche, dalle tempistiche decisamente poco permissive. Della sua figlioccia sapeva i miglioramenti principalmente tramite lettere e talvolta quando riusciva a ritagliarsi una mezza giornata di pausa, per potersi dedicare pienamente a lei.
Oggi è l’ultimo giorno in cui ha potuto pensarla bambina.
Dopo aver semplicemente percorso l’usuale copione: Collei entusiasta di rivederlo, la loro piccola escursione ed infine l’Elazar che le scortica le ossa e le impedisce anche solo di muoversi. Non è più abituata, però, all’idea del vederlo rimanere a Gandharva, tanto che nel chiederglielo si è sorpresa nel sentirsi rispondere affermativamente.
L’ha fatto, perché sa bene che questo è il suo desiderio e glielo deve, dopo tutte le volte che è stato obbligato semplicemente a riaccompagnarla, per poi volatilizzarsi per mesi.
Che razza di tutore sarebbe, altrimenti?
Si sente già sufficientemente in colpa per non poterle essere affianco, giorno per giorno e lasciare il compito interamente sulle spalle dei Ranger e di Tighnari. Tuttavia, non ha scelta. Non può evadere dal proprio ruolo di Mahamatra, tantomeno vuole che lei si interessi alla realtà dell’Akademiya.
È capitato, una sera, che Collei esprimesse il soffice e confuso desiderio di voler tentare il test di ammissione, ma lui ha subito liquidato la questione con un perentorio “no”.
È solo adesso, in ogni caso, che Cyno si rende davvero conto di quanto tempo sia trascorso dall’ultima volta a Gandharva, dall’ultimo abbraccio notturno, che lei ha preteso e lui le ha concesso.
Tanto è cambiato, troppo. Anche la stanza della ragazzina ne è un chiaro segnale: i libri di studio si sono moltiplicati, così come gli abiti, disegni, quaderni, erbe aromatiche e, purtroppo, anche medicine.
Ma non è tutto.
C’è di peggio a sottolineargli quanto l’abbia trascurata, quanto la ragazzina stia sostanzialmente crescendo da sola, senza nessuno che le suggerisca che lei sta davvero crescendo. E non può neanche prendersela con qualche Ranger o lo stesso Tighnari. I primi, non sono così tanto coinvolti nella sua sfera intima, il secondo è semplicemente suo insegnante, tra l’altro, dalla mentalità troppo scientifica per essere in grado di sensibilizzarla su certe tematiche.
Tocca a lui soltanto. In quanto suo tutore.
Ma avrebbe dovuto comprenderlo prima, sicuramente prima del ritrovarsela di fronte, intenta a svestirsi, senza alcuna inibizione, per poi infilarsi la camicia da notte.
La situazione l’ha colta a tal punto impreparato, che Cyno è solo riuscito a menare lo sguardo altrove nell’immediato, ammorbato all’istante da pesanti riflessioni.
Eccola, messa a nudo, la sua inadempienza.
Per tutto questo tempo ha solo rifiutato di accettare di vedere quella sventurata ed orfana creatura come una persona ed in quanto tale, dotata di un sesso, coi propri stimoli ed i propri bisogni.
Ha rimandato così a lungo la volontà di accorgersene, che nel frattempo il corpo di Collei mostra già visibili cambiamenti.
E lui non le ha mai spiegato niente.
Si passa una mano fra i capelli, caldo in viso.
Ha creduto che il restarle vicino, per quando possibile, fosse sufficiente. Si dà del completo imbecille.
«Cyno, mi stai ascoltando?»
Lui quasi trasalisce. Ora a tutte le conclusioni tratte, si aggiunge il senso di colpa nel dover ammettere a se stesso che no, non è riuscito a dedicare attenzione alle sue parole, di sicuro non quando l’ha vista disfarsi degli abiti sotto i propri occhi. Non ricorda neanche quale fosse il soggetto del discorso. «Io…» cerca una giustificazione da fornirle, ma non trova nulla di idoneo.
Collei si avvicina all’armadio ed appende la divisa da ranger, scuote il capo. «non fa niente… Non era importante» liquida, ma lui comprende che la ormai-non-più-bambina si è di poco intristita per la sua distrazione. Deve sicuramente avergli riferito qualcosa inerente a qualche ronda svolta o progresso compiuto e sta a lui gratificarla. Lo fa sempre, del resto.
Richiude le ante e gli si avvicina, Il sorriso smagliante torna puntuale sulle sue labbra, anche se è sempre difficile dedurre sino a che punto sia sincero, poi gli si siede di fianco, sul letto. «Sono solo tanto, tanto felice che resti con me.»
Il vederla così serena quasi smorza la criticità appena scovata nella loro dinamica, tanto che Cyno si persuade che, in fondo, non è successo granché; che una discussione delicata come quella dell’adolescenza, può essere ancora per un po’ rimandata. A questo pensiero, sente la tensione distendersi, così può finalmente rispondere al suo sorriso e le accarezza i capelli. «Anche io sono felice.»
Collei gli si avvicina al viso con aria di sfida. «Se però te ne vai durante la notte, ci resto malissimo» dichiara.
Cyno batte le palpebre interdetto. «Ti ho promesso che resto.»
«Come faccio ad esserne sicura?» ribatte lei, il suo tono è scherzoso, ma sembra nascondere una nota di stizza.
«Per caso non ti fidi più delle mie parole?» le risponde serio. Si sente quasi ferito dalla mancanza di fiducia, anche se, deve ammettere a se stesso, è anche comprensibile.
Collei si stringe tra le spalle, piega le labbra in un cruccio. Non gli risponde, ma si chiude in un silenzio riflessivo.
«Basta adesso, è tardi e tu devi riposare. Vedrai che domattina sarò ancora qui» si alza, ma è ora che lei lo trattiene per l’avanbraccio.
«Allora, andiamo a dormire.»
Ciò che lo obbliga a fremere non sono tanto le sue parole, ma il tono con cui lei gli si rivolge: sono velate dal rammarico, ma anche da una rabbia repressa.
Non gli crede.
Ed ha anche paura di restare sola.
Questo è ciò che Cyno riesce a dedurre. «Certo… vado un attimo a prendere il sacco a pelo e torno» cerca di mascherare il disagio.
«Ma io non voglio che dormi a terra.»
«Collei, non ho problemi, sono abituato.»
«Allora tu dormi sul letto ed io a terra» brontola lei e lo lascia ancora interdetto.
«Collei, quello è il tuo letto.»
«Beh, allora vorrà dire che mi stringo e ti faccio spazio.»
«Ma—»
«Giuro che se non dormi con me, non dormo neanche io.»
Cyno ammutolisce e batte le palpebre, incredulo. Non l’ha mai vista così indisponente e perentoria. Non riesce a risponderle e di nuovo la ragazzina insiste, anzi solleva già le coperte e gli fa cenno di distendersi.
No, è costretto a ricredersi, la delicata discussione non può più essere rimandata.
E non solo, questa sorta di possessività che gli sta dimostrando, rende il dover affrontare la questione ancora più impellente.
Alla fine si arrende. Si allontana giusto il tempo per cambiarsi ed indossare una maglia, poi torna nella stanza. Ritrova la giovane ranger esattamente dove l’ha lasciata, seduta pazientemente sul materasso, in sua attesa. Impossibile intuire a cosa stia pensando, però nel vederlo tornare allarga di nuovo il sorriso.
Nel guardarla di nuovo, l’illusione che sia rimasta sempre lei, immutata nel tempo, torna ancora, ma ad essa si mesce la spiacevole consapevolezza che nulla è più come prima.
Collei può anche avere le più pure intenzioni, può anche solo essere bisognosa di affetto, ma il modo di riceverlo deve necessariamente cambiare.
E tutto ciò si intensifica, nel momento in cui lei aspetta persino che lui la preceda nell’infilarsi nel letto, prima di farlo a sua volta. È chiaro che sia intenzionata a non permettergli in alcun modo di andarsene. Teme a tal punto, che lui non mantenga la parola.
La ragazzina spegne la luce, poi s’infila al di sotto delle coperte, vi si raggomitola e così gli si avvicina.
Cyno riconosce ogni suo gesto. Sono quelli che gli rivolge come abitudine da anni. Sin dall’inizio. Eppure stavolta sono velati da una nota amara. l’intera situazione lo pone in una condizione di estremo imbarazzo: Collei gli si accosta maggiormente, quasi obbligandolo a stringersi contro la parete, poi lo abbraccia con forza, chiude gli occhi, quieta il respiro.
Gli si cinge addosso a tal punto che lui ne sente chiaramente le forme, il respiro, il battito. Rabbrividisce. Il piccolo seno, ancora in fase puberale, preme contro il proprio. Le gambe s’intrecciano alle sue. Avverte addosso tutta la consapevolezza di quell’esile corpo, che sta cambiando ed un senso di vergogna lo aggredisce.
C’è qualcosa di totalmente diverso in tutto ciò a cui lui non riesce a porre rimedio. Non corrisponde all’abbraccio. Invece è ben attento a non toccarla. Anzi, quasi porta il braccio libero dietro la schiena e preme il viso sul guanciale, con gli occhi serrati al massimo.
Spera solo che lei si addormenti, il prima possibile e gli lasci la possibilità di allontanarsi.
Anche lui quieta il respiro, si forza nel farlo, ma sa bene che non potrebbe mai prendere sonno, in simili condizioni.
La variazione del gesto, tuttavia, viene inevitabilmente colta anche da lei. Infatti Collei gli si rivolge. Lo richiama, con un filo di voce. Lo obbliga a riaprire gli occhi.
Le vede nella penombra, le sue intense iridi violacee, anche se fra le palpebre dischiuse.
«Perché non mi abbracci?» il suo è un debole lamento sussurrato e Cyno si sente quasi travolgere tra contrastanti sensi di colpa.
La bambina, nel non ricevere alcun particolare esito alla sua domanda, gli si avvicina ancora, stavolta al viso e quasi lo forza a ritrarsi persino maggiormente. «Collei… devi dormire» mormora. Vorrebbe quasi implorarla di ascoltarlo, ma lei si limita solo a stringerlo con più convinzione.
«Non mi vuoi più bene…?» la sua voce è ridotta ad un flebile lamento, ma tanto basta perché Cyno senta addosso il peso di ogni parola udita.
«Collei...»
«È per lei, non è vero?»
Lei? Non riesce ad intuire a cosa si riferisca, eppure quella insinuazione gli si insinua sotto la pelle e lo ferisce inspiegabilmente. «Cosa stai dicendo?»
La ragazzina si solleva sulle braccia e quasi lo sovrasta, rintronandolo anche maggiormente. «Ora che c’è Candace vuoi bene a lei e non a me» dichiara. Cerca di mantenere il tono saldo, ma si sbriciola presto nell’incertezza.
Cyno sbarra gli occhi. Ora inizia a delineare un quadro più chiaro dell’intera situazione. Ora intuisce a cosa sia dovuta l’improvvisa possessività, oltre alle sue trasformazioni fisiche e sicuramente anche psicologiche.
Collei è… «Sei gelosa?» lo dice ad un filo di voce, velato dall’incredulità.
Lei si stringe tra le spalle, abbassa il capo, poi, come ridestata da uno specifico pensiero torna ad aggrapparglisi addosso. «Che cosa vuol dire?» sbuffa, contro la felpa bianca.
Oh, no.
Oh, no. No… No. No!
Non va affatto bene.
E lui che credeva di poterla lasciare ancora in balia del nulla. La situazione si è evoluta decisamente e lui non si è accorto di nulla! «Collei il fatto che io e Candace siamo… particolarmente intimi» non trova parole migliori per smussare ciò che prova per la Guardiana, senza risultare indelicato «non cambia il fatto che io ti voglia bene.»
Sente la ragazzina trattenere il fiato. Le parole le sfuggono morsicate dalle labbra, come se provi un’immensa fatica nel formularle. «Però vuoi più bene a lei, vero?»
Sente di poter impazzire. Più questa conversazione si protrae, più ne nota la tossicità. Tutto ciò perché è stato lontano troppo a lungo. «Collei» ora il tono è fermo. Pretende che lei lo ascolti e sa che lo farà. Lo fa sempre, quando la richiama in questo modo. «Voglio tanto bene ad entrambe. Semplicemente in due modi diversi.» ed ora comprende bene che glielo deve, per dimostrarle che, nonostante nulla sia più come prima, i suoi sentimenti non sono comunque cambiati. Le accarezza i capelli con dolcezza.
«Ma se dovessi scegliere dove stare… fra se stare da lei o da me—»
«Collei, ti prego» ora è stanco e stizzito, ma non permette che la voce lo riveli. Però la sente irrigidirsi. «Non è il caso di porti domande simili ora. Io sono qui. Con te. Ed ho scelto di esserlo. Io sceglierò sempre di starti vicino.»
«Allora perché non vuoi abbracciarmi…?» la voce le si spezza, mentre si stringe maggiormente contro il suo petto.
Si guardano, con una intensità che lo scotta.
Renderla felice è suo dovere. Così, anche se gremito dal disagio, la cinge delicatamente col braccio, prima di sentirla accogliere il gesto volentieri. Serra di nuovo gli occhi, forzandosi semplicemente di non pensare a nulla. «Ora, però, dormi» le mormora impositivo.
Lei annuisce. «Buonanotte, Cyno.»
«Buonanotte.»
«Ti voglio bene» la sente confabulare, prima di tirare un profondo respiro e rilassare i muscoli. 
Come previsto, non riesce a chiudere occhio. Non può fare a meno di restare vigile. Avverte in lei ogni variazione, dal suo battito, alla sua tensione, al ritmo del suo fiato, che si distende e si fa regolare. Collei scivola in un sonno quieto in poco tempo, rassicurata dalla serenità dell’abbraccio, dalla certezza che niente è cambiato e non cambierà mai.
Lui, invece, è solo assillato da un senso d’ansia che lo soffoca. Pensa già a cosa dirle, come poterglielo dire, come poter anche solo iniziare a svelarle alcuni di quei segreti, che in realtà sono già in lei, ma che possono anche rivelarsi pericolose lame, pronte a colpire in profondità, se evidenziate senza tatto.
Ed ha un bisogno fisico di liberarsi; quella vicinanza è troppo ardua da sopportare. Appena certo che la ragazzina stia ormai dormendo, discosta il braccio con cautela e così si libera anche dalla sua presa. Riesce a rialzarsi, anche se si congela un istante, nel sentirla mugugnare d’un tratto.
Sospira sollevato nel notare che non si sia svegliata, così passa semplicemente a sedere sul letto. Si poggia alla parete e guarda l’esterno, dalla finestra.
Trova la quiete della notte confortante.
Domani.
Domani sarà costretto a ferirla, di nuovo e di nuovo, per il suo bene.



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N.a: 
Bruh am back. 
Avevo detto che sarei calata in depressione se non avessi scritto questa storia, con tutto il periodo di esami e stress che mi aspetta. Infatti eccomi qua. 
Che dire - cerco di essere breve, per la sanità mentale di tutti - il rapporto tra Collei e Cyno l'ho sempre adorato. Per quanto nel fumetto lui sia praticamente un cameo, ero certa di ritrovarli insieme e notare una loro stretta dinamica nel gioco stesso. Infatti ho avuto ragione. Ricordo anche che ci stetti male, quando i leaks mostrarono la voiceline di Collei su Cyno; delusione che poi è stata smussata dalla certezza che il caro Mahamatra tenga ancora tantissimo a lei. 
Quindi, nulla. Ho voluto approfondire la loro splendida dinamica, aggiungendomi del mio, che non vedremo mai nel gioco. (Sappiamo tutti che Hoyoverse is lazy af). 
Il tema del corpo, specialmente quello femminile, che cambia e prende consapevolezza è a me molto caro e Collei è stata il mezzo per parlarne. 
La storia dovrebbe contare due capitoletti (forse con un piiiiccolo piccolo extra). Prima di postare gli ultimi due capitoli della raccolta pazza, mi andava di smussare il tono con del puro sugar! 



 
   
 
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