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Autore: Reginafenice    20/01/2023    0 recensioni
[The Marvelous Mrs. Maisel]
"La prima cosa a cui Midge pensò fu l’incolumità dei suoi figli. Tuttavia, era abbastanza certa di averli messi a letto al solito orario e, quindi, che dormissero ancora beati nelle loro stanze. Poi, controllò che la sveglia segnasse l’ora giusta: l’aereo sul quale doveva viaggiare la sua manager sarebbe decollato a breve e, a meno che le fosse sfuggito qualcosa tra un drink e un altro, le pareva di ricordare una forte intenzione di partire da parte di Susie. Avevano festeggiato la vigilia del primo tour di Alfie alzando un po' il gomito; questo invece lo ricordava molto chiaramente."
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ritornarono nel presente, dove sembrava non essere accaduto nulla all’infuori del fatto che le prospettive sul futuro di Midge erano cambiate totalmente. Non ricordava molti dettagli di quello che aveva appena vissuto. Provava solo un’intensa, inspiegabile, nuova consapevolezza.

La prima cosa che avvertì una volta ripresi i sensi fu il premuroso braccio di Lenny dietro la schiena e poi il calore del suo corpo, così vivo e presente vicino a lei.

«Ehi, come stai?»

Nonostante la preoccupazione, Lenny non poté trattenersi dal ridere. Soltanto Midge era in grado di ribaltare i ruoli, rendendo credibile e dannatamente tenero che fosse lei a chiedergli come si sentisse.

«Dovresti dirmelo tu, tesoro. Mi hai fatto morire dallo spavento.»

«È stata una preoccupazione reciproca.»

Si sistemò i capelli come meglio poteva senza l’ausilio di uno specchio. Dopodiché, sentì lo spirito comico ritornare a scorrerle nelle vene. Lenny era rimasto accovacciato, seduto sui calcagni, per mantenere un contatto ravvicinato con lei.

«Non sapevo che in ginocchio fossi ancora più alto di me. Sarà quel terribile cibo cinese di cui ti nutri dopo aver fatto sesso? Probabile. Ma allora perché gli scienziati non ci hanno ancora convinti a rivoluzionare le nostre abitudini alimentari? Così non dovrei chiedere a mio figlio di aiutarmi con gli scaffali del supermercato. È davvero un’umiliazione se lo fai indossando i tacchi!»

Lenny la guardò con il solito ghigno intrigante, «Sì, sei decisamente tornata in te.»

Susie, d’altro canto, riprese colore quando anche Alfie diede segni di recupero. Lenny si stava occupando di Midge, mentre la manager provava a farlo con il mago, cercando contemporaneamente di evitare la sua morte per soffocamento, vista la notevole differenza di mole fra i due.

«Ma cosa diavolo è successo? Non sapevo che tu e Alfie foste sincronizzati. Svieni tu e sviene pure lui?»

«Se mi avessi concesso almeno una tazza di caffè prima di correre come una pazza fin qui, non saremmo arrivati a questo punto.»

«Non sarebbe cambiato molto. Tu sei normalmente svitata, Miriam. Non solo quando non bevi il caffè. E poi, sono anni che io salto la colazione e non ricordo di aver mai avuto questo tipo di conseguenze.»

Alfie ridacchiò sotto i baffi.

«E tu cosa hai da ridere?»

«No, è solo che io ricordo diversamente. Hai presente quella volta che sei entrata in apnea durante il sonno? Cos’era? Ah, sì quando tu e Midge eravate in tour a Washington.»

Susie sgranò gli occhi, «E tu come cazzo fai a saperlo?»

«Non è per questo che mi hai preso come cliente?»

«Sì, cazzo. E per giunta senza referenze.»

«Oh, beh. Per quelle puoi chiedere a Midge.»

Si voltarono tutti verso di lei, come aspettandosi una battuta che però non arrivò. Annuì soltanto e chiese a Lenny di accompagnarla a casa.

 

 

«Comodo questo taxi! È così spazioso, e…giallo.»

Si sforzò di trovare un altro aggettivo per evitare di pensare alla parola “intimo”. Non che non avessero mai condiviso un taxi, o qualcosa di ancora più personale, ma Midge non sapeva come rompere il ghiaccio alla luce di ciò che era appena accaduto.

«Vieni pagata per fare pubblicità al servizio mobile privato, per caso?»

«Cosa ne pensi?»

«Non è diverso da tutti gli altri taxi, mi pare. Vuoi?» Lenny le offrì una sigaretta, ma lei la rifiutò.

Si appoggiò sulla sua spalla e chiuse gli occhi, rilassandosi all’ascolto della regolare espirazione di fumo dai suoi polmoni. Lenny le accarezzò il dorso della mano appoggiata sul suo ginocchio.

«Cosa direbbero se ci vedessero così?»

«Che siamo due fottutissimi romantici. E che finiremo per vendere dolciumi in una fatiscente bancarella vicino a Central Park.»

Midge lo guardò divertita, «A me non dispiacerebbe.»

«Neanche a me. Anzi, forse riscatterebbe le mie mancanze come padre. Kit adora tutto ciò che contiene dello zucchero.»

«Già, allora tua figlia deve volerti molto, molto, bene.»

«Vedi, Midge, è solo che non dovrebbe funzionare così. Sai da dove sto tornando? Da Los Angeles, dove Kitty vive con mia madre a più di quattro mila chilometri da me. Non ho molto da offrirle e so che lei merita di più. Ci vediamo così raramente…»

«C’è chi non ha più questa fortuna.»

Sembrava che, nonostante le ingenue rassicurazioni che le aveva fornito di fronte all’evidenza nella sua camera d’albergo, le antenne di Midge fossero ben sincronizzate sulla realtà.  Era finito per diventare il burattinaio di se stesso. In una mano aveva le redini della sua vita e nell’altra un paio di forbici. Spettava soltanto a lui decidere cosa farne: chiuderle in un cassetto oppure rischiare di far finire il gioco troppo presto?

«Cerco di andare a trovarla quando sono sobrio o quando non ho un processo al quale dovermi presentare. Sai, quando lo Stato non prova a tapparmi la bocca. Il che non capita spesso, come puoi immaginare. Morale della favola? Vivo alla giornata, senza illudermi o illuderla che domani le cose cambieranno.»

«Sono sicura che a Kitty piacerebbe che a quella giornata tu potessi aggiungerne un’altra, e poi un’altra e un’altra ancora. Sai, mi ricordo di aver letto recentemente la biografia di una donna molto perspicace che diceva: “Lascia che le persone su cui conti ti mostrino il vuoto che causerebbe la tua assenza. E finiscila di essere la solita presuntuosa del cazzo.”»

Finalmente ebbe la cognizione del fatto che Midge non fosse una sprovveduta.

«Efficace.»

«Credo che per lei non sia stata proprio una passeggiata.»

Lenny si prese qualche minuto per riflettere, poi trovò il coraggio di formulare la sua domanda ad alta voce, «E questa persona a cui ti riferisci è riuscita a vederlo, il domani?»

Questa volta Midge si ritrovò con gli occhi pieni di lacrime. Annuì restando in silenzio.

«Allora dovresti prestarmi quel libro. Una cosa che ancora non sai di me è che sono un lettore piuttosto vorace.»

«Non posso, perché non è ancora stato scritto. Ma ti aggiornerò se ci saranno novità.»

La guardò con aria confusa, ma preferì lasciar perdere. Erano dettagli irrilevanti in fin dei conti.

 

 

Il taxi accostò sulla linea del marciapiede.

Quando Midge si rese conto che Lenny era ancora seduto nell’automobile, chiese al tassista di aspettare ancora. Pensava che se gli avesse detto che possedeva un appartamento al centro di Manhattan lo avrebbe convinto a non inveirle contro, certo che la sua pazienza sarebbe stata ricompensata con non modesta generosità. E infatti funzionò.

«Suppongo che tu non voglia seguirmi.»

Lenny sembrava pensieroso, in attesa di decidere se compiere quel passo o meno.

«Se vuoi chiedo per te l’affitto dell’automobile al gentilissimo signore che sta aspettando qui vicino. Credo che fare il tassista sia poco più di un hobby per lui.»

«Midge, non c’è niente che vorrei di più di questo…» Lo disse piuttosto seriamente, a scanso di equivoci. Eppure, Midge sentiva che stava per arrivare un “ma” a completamento della frase.

«Ma?»

Lenny scrollò innocentemente le spalle, «Non so se hai sentito parlare del serrato corteggiamento da parte di Palyboy che sto ricevendo da qualche mese a questa parte. Vorrebbero ingaggiarmi per la rivista.»

«Beh, non posso negare che abbiano degli ottimi gusti. Ti faranno posare con le orecchie da coniglio?»

Dovette fare del suo meglio per non ridere in maniera così indecente da farsi sentire fino all’ultimo piano del palazzo. Quando riprese il controllo di sé riuscì a continuare il discorso, «No. Non stai centrando l’obiettivo. Intendo dire che avverto l’obbligo di preservare la mia reputazione nell’ “osceno” ambito di loro competenza. Mi hanno proposto un bel gruzzoletto in cambio di qualche articolo e non sarebbe carino da parte mia rivelargli che quella del "comico promiscuo che parla sporco" è solo una leggenda. Ma in questo momento sto letteralmente... morendo di sonno.»

Midge gli porse la mano attraverso il finestrino aperto.

«Tranquillo, prometto che non lo dirò a nessuno. E, anche se sembra che io voglia con tutto il mio cuore che tu scenda da quella macchina il prima possibile per fare cose turche insieme a te alle nove di mattina nel mio appartamento, mi piacerebbe tanto che tu non ti senta costretto a farlo.»

La guardò con una malizia che dagli occhi si estese rapidamente alle labbra, «Lo vuoi con tutto il cuore, eh?»

Midge si morse la lingua e alzò gli occhi al cielo, «So che aspettare che la torta di mele si cuocia mentre sferruzziamo vicino al forno non è la tua attività preferita, però potrei offrirti qualcosa per scaldarti e ringraziarti dell’aiuto di poco fa. Oppure potrei vederti dormire come un angioletto mentre preparo il mio prossimo numero. Ti va?»

 

 

Dopo di Joel nessun uomo aveva varcato la soglia della sua camera da letto, ma Lenny non era un uomo qualunque. Lenny poteva occupare l’altra metà del letto senza prendere il posto di nessuno, perché non ne aveva bisogno.

Midge entrò per controllare se si fosse svegliato. Dormiva ancora ed era quasi mezzogiorno.

Zelda era stata istruita affinché non lo disturbasse in nessun modo e i bambini erano usciti a fare una passeggiata insieme ai nonni. Midge, invece, aveva avuto la possibilità di concentrarsi a lungo sul suo lavoro per lo show, approfittando dell’assenza di Susie e della tranquillità del weekend.

Così, adesso non sapeva come comportarsi. O meglio, lo sapeva perfettamente, ma non era sicura che guardare Lenny dormire fosse la mossa giusta. I vari tentativi di distrarsi non riuscivano a distoglierla dal desiderio di stare insieme a lui. Così, abbandonò la guerra e gli si sdraiò accanto, mantenendosi la testa sul gomito per poter apprezzare meglio la visione. Passò una mano tra i suoi riccioli spettinati e gli accarezzò la guancia, fino a disegnare con un dito i contorni della sua bocca.

«Oh-Oh… signora Maisel. Le sue labbra sono troppo vicine alle mie.»

Midge scoppiò a ridere, «Se è un avvertimento, sappi che non funzionerà. Non ho nessuna intenzione di spostarmi.» E detto fatto, si adoperò a ridurre ancora di più lo spazio tra di loro.

«Beh, allora te la sei proprio cercata…» Le posò un braccio sulla vita e la avvicinò a sé.

La gentilezza del primo contatto non tardò a trasformarsi nel desiderio sfrenato di non staccarsi più. Tuttavia, prima di raggiungere l’agognato punto di non ritorno, Midge lo convinse ad aspettare. Doveva parlargli seriamente, anche a costo di turbarlo. Quindi, si tirò su convincendolo a fare altrettanto.

«Ricordi quando mi hai chiesto di non comportarmi come qualcuno che vuole compatirti, aiutarti o aggiustarti, perché non è quello che desideri da me?»

«Lo penso ancora.»

«Ottimo. Allora mi puoi spiegare cosa vuoi che faccia? Vuoi che mi bendi gli occhi e mi tappi le orecchie per non affrontare la realtà? Vuoi che sia l’amichetta con cui condividere i giochi oppure un’intrattenitrice personale da contattare solo nei tuoi momenti migliori? No, perché mi pare che sia tu il primo a non voler vedere il male che ti stai facendo. Quella borsa nera nel tuo bagno…»

Lenny si strofinò gli occhi abbandonandosi pesantemente contro il cuscino.

«Ok. Sono un comico dipendente dalla morfina e ho paura che le persone che amo soffrano per colpa mia. Per questo preferisco vivere lontano da mia figlia e lontano da te. Non l’ho mai detto a nessuno, anche se lo sanno tutti nell’ambiente.»

Midge prese una sigaretta dal pacchetto sul comodino e gliela offrì, chiudendogli nel palmo il suo accendino. Quando lui fece il primo tiro, avvertì un senso di calma invadergli la testa agitata.

«Sai, anche quando sparisci per settimane e non ti fai sentire, qui tutto continua a parlare di te. E io mi unisco a quelle voci per far capire a chi non sa ascoltare quanto siamo fortunati a poter ascoltare quello che hai da dire. Non è semplice lottare contro chi vuole sopprimere il dissenso per continuare a raccontare la solita favoletta. Abbiamo bisogno di qualcuno con le palle in questo mondo codardo. Vorrei che fossimo liberi di dire tutto ciò che ci pare, anche a costo di sembrare degli stronzi. Anche se siamo solo noi due in una stanza.»

«Meglio stronzi che ipocriti.»

«Esatto. Io non ho più paura della verità. E tu?»

Lenny ritrovò subito il sorriso, «Ho sempre avuto un debole per le persone autentiche. Ho sempre avuto un debole per te.»

«Ah, signor Buce. Questo lo inserirò nel mio numero alla Carnegie Hall?»

«Solo se mi riserverai il miglior posto in prima fila.»

«Affare fatto!» Convenne Midge, concludendo l’accordo con un bacio.

   
 
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