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Autore: Stillathogwarts    21/01/2023    0 recensioni
Raccolta di songfic (ONE SHOT) che prendono spunto dai testi delle canzoni di Taylor Swift. [DRAMIONE]
Indice:
1. All Too Well
2. This Is Me Trying
3. Midnight Rain
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Disclaimer: I personaggi e il mondo di Harry Potter in generale non mi appartengono. La storia è stata scritta senza nessuno scopo di lucro. La canzone Midnight Rain appartiene a Taylor Swift.

Song: Midnight Rain, by Taylor Swift
Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Ron Weasley
Pov: Hermione Granger (Songfic), Draco Malfoy (Seconda parte della OS)
Pairing: Romione to Dramione
Contesto: dopo la Seconda Guerra Magica/Pace
Sequel: Wildest Dreams [next chapter]
 

 
MIDNIGHT RAIN



 
 
 
My town was a wasteland
Full of cages, full of fences
Pageant queens and big pretenders
But for some, it was paradise"
 
Hermione apparve in una stradina isolata, presso il punto di Apparizione più vicino alla villetta che divideva con il suo amico di lunga data, di recente divenuto il suo fidanzato, Ron.
Uscì dal viottolo e si immesse in una strada leggermente più trafficata, - per quanta gente ci potesse essere in giro in quel paesino sperduto e isolato -, e si guardò attorno con aria annoiata; aveva sempre vissuto nella grande e caotica Londra, un luogo vivo e frenetico che non smetteva mai di meravigliarla e stupirla, per cui quel paesino vicino alla Tana, tranquillo e anonimo, incredibilmente monotono, a Hermione stava un po’ stretto. Ma Ron aveva insistito, perché lì gli piaceva e voleva restare vicino ai suoi genitori e lei in un primo momento aveva pensato che tutto sommato avrebbe potuto abituarsi, che tanto trascorreva l’intera giornata in città per via del suo lavoro al Ministero, avrebbe potuto imparare ad amare la vita serena di quell’area rurale e ordinaria.
Un anno dopo, però, ciò non era ancora accaduto; non appena compariva tra le vie deserte del paesino, l’entusiasmo in lei si spegneva.
Non ne aveva mai parlato con Ron, ma tutto di quel posto la infastidiva: il fatto che tutti conoscessero tutti, i pettegolezzi di quartiere, gli sguardi e le supposizioni dei vicini, la falsità della gente che prima sorrideva, poi parlava male alle spalle, la presenza di una regina del quartiere che regolava l’attività sociale degli abitanti e determinava cosa andasse bene e cosa no, il suo ricco marito snob che possedeva la metà dei negozi dell’area… Hermione odiava doverseli ingraziare in nome del quieto vivere, perché essendo maghi, non potevano attirare l’attenzione di su di sé.
L’abitudinarietà di quel luogo la stava opprimendo.
E in tutta sincerità, da qualche mese, anche la sua relazione con Ron.

 
"My boy was a montage
A slow-motion, love potion

Jumping off things in the ocean
I broke his heart 'cause he was nice
He was sunshine, I was midnight rain
"
 
Hermione amava Ron e su questo non aveva mai avuto alcun dubbio; lo aveva amato per anni, fin da quando erano bambini e, scaramucce durante il periodo scolastico a parte, lui si era sempre comportato come il ragazzo perfetto nei suoi confronti.
Una parte di lei sospettava che fosse dovuto al senso di colpa per non aver avuto il coraggio di mettere in chiaro i suoi sentimenti prima, - di accettarli, in generale -, per aver ferito i suoi sentimenti in passato, per aver abbandonato lei e Harry in un momento delicato della guerra, per non averla potuta proteggere da Bellatrix Lestrange a Villa Malfoy… Una parte di lei sentiva che Ron si impegnava così strenuamente nella loro relazione per sopperire alle sue mancanze passate, l’altra credeva che fosse semplicemente fatto in quel modo. Entrambe la turbavano.
Il punto era che avrebbe dovuto essere più felice; stava con il ragazzo che aveva sempre desiderato, il quale si stava impegnando al cento per cento nella loro relazione, aveva un’ottima posizione al Ministero e i vecchi nemici ancora in libertà si stavano riducendo in numero giorno dopo giorno. Ma lei voleva di più e c’era qualcosa nella facilità con cui poteva prevedere ogni parola che Ron le avrebbe detto mentre conversavano, ogni sua reazione a determinati eventi, ogni sua azione, che la infastidiva, a tratti persino la annoiava. Non avrebbe dovuto renderla contenta l’idea di stare con qualcuno con il quale si conosceva così bene?
Eppure, l’entusiasmo che aveva provato la sera che le aveva fatto la proposta di matrimonio, che Hermione aveva accettato felicemente, non riusciva più a trovarlo. Viveva come al rallentatore, si trascinava dietro ogni istante. Non capiva cosa le stesse succedendo, ma sperava che sarebbe presto ritornata in sé. Quel malessere che aveva iniziato a diffondersi dentro di lei nei confronti della sua vita non poteva durare per sempre.
Era una bella vita, dopotutto.
Tranquilla, ordinaria, stabile.
La vita che chiunque avrebbe potuto desiderare.
Andava tutto bene.
Allora fingeva.
Rientrava in casa la sera e si costringeva a sorridere; discuteva con Ron dei preparativi per il matrimonio, ma al contempo si accertava di andare a dormire senza aver stabilito una data precisa.
Però, anche se lui la faceva ridere come sempre, anche se il suo cuore mancava un battito ogni volta che la baciava, anche se ogni sera, al rientro dal lavoro, veniva accolta calorosamente dalle sue braccia, Hermione non poteva fare a meno di sentirsi insoddisfatta.

 
"He wanted it comfortable, I wanted that pain
He wanted a bride, I was making my own name
Chasing that fame, he stayed the same
All of me changed like midnight"
 
Non stava ascoltando veramente quello che Ron le stava dicendo; si era persa all’ennesimo consiglio su come rendere il pollo più buono, utilizzando la ricetta di sua madre.
Hermione aveva fatto il pieno dei suoi paragoni tra lei e Molly; avrebbe spesso voluto rammentargli che lei lavorava, era una donna in carriera e non aveva tutto il tempo che, ai suoi tempi, sua madre aveva avuto a disposizione per preparargli il suo adorato pollo. Se ci avesse tenuto tanto, avrebbe potuto cucinarlo lui, no?
O forse, la sua mente aveva iniziato a navigare acque lontane quando aveva ricominciato a parlare del loro futuro. Era una lista sempre uguale, d’altronde: matrimonio, figli, una casa più grande… il fatto che ci fossero anche Harry e Ginny a cena quella sera, non cambiava assolutamente niente, né rendeva il discorso più interessante.
«Stiamo pensando di sposarci l’anno prossimo, credo che sia arrivato il momento di mettere su famiglia.»
La voce del rosso le arrivò alle orecchie come un rumore assordante, anziché la melodia che un tempo le faceva venire le farfalle nello stomaco, riportandola alla realtà e distraendola dal suo monologo interiore.
«Scusami?» disse, completamente spiazzata.
«Stavo dicendo che, insomma, siamo pronti per i passi successivi, no?»
Hermione deglutì.
No, lei non lo era.
Ridacchiò nervosamente. «Io ci andrei più cautamente.»
Harry e Ginny si scambiarono un’occhiata perplessa.
«Insomma, c’è quella promozione al lavoro a cui ambisco e non è esattamente il momento giusto per lasciare temporaneamente il mio incarico. E poi non credo di essere pronta ad avere figli.»
L’atmosfera divenne così tesa che gli ospiti se ne andarono dopo nemmeno mezz’ora. Hermione aveva capito immediatamente di aver lasciato trapelare un po’ troppo delle sue incertezze, ma ormai il danno era fatto e non era neanche così sicura di pentirsene.
«Mione, va tutto bene?»
La preoccupazione nel tono di Ron la fece vergognare di sé stessa, al punto che per poco non cedette alla nausea che l’assalì subito, irritando il suo stomaco.
Perché? Perché le stava capitando quello? Non aveva forse tutto ciò che aveva sempre desiderato dalla vita?
No, a pensarci bene, le mancava quella promozione… Che era il primo passo per un salto successivo.
«Io… non lo so, Ron» ammise alla fine, debolmente.
Ron si versò dell’Acquaviola nel bicchiere e ne passò uno anche a lei, accomodandosi sul divano con aria corrucciata e preoccupata. «Parlami, per favore.»
Hermione deglutì.
Cosa avrebbe dovuto dirgli? Non ci stava capendo nulla nemmeno lei.
«Io credo che stiamo facendo tutto un po’ troppo in fretta.»
«In fretta?» ripeté lui, confuso. «Stiamo insieme da cinque anni. Ci amiamo anche da prima», riepilogò, «insomma, lo so che inizialmente non sono stato molto coraggioso in merito ai miei sentimenti per te, ma…»
E all’improvviso, tutto le fu più chiaro.
«È proprio questo il punto, Ron», lo interruppe, stancamente. «Credo che quando finalmente ci siamo dati una possibilità, era ormai troppo tardi per noi.»
Ron corrugò la fronte, poi lasciò andare una risatina nervosa. «Stai scherzando?» esclamò incredulo. «Stiamo per sposarci.»
Hermione aprì la bocca per rispondere, ma non le uscì alcun suono, così boccheggiò un paio di volte e alla fine la richiuse.
«Mione, dimmi che stai scherzando.» 
Gli rivolse uno sguardo così dispiaciuto che le vennero le lacrime agli occhi. «Se lo facessi, mentirei.»
Ron si fece serio. «Da dove vengono fuori questi dubbi?»
«Non credo che siano più dubbi, a questo punto» ammise lei. «Credo… credo di essere rimasta attaccata a un sogno adolescenziale per troppo tempo, Ron. Tra noi non funziona come avrebbe dovuto.»
«Mi sto impegnando», obiettò il rosso. «Sto cercando di essere il compagno perfetto per te, cos’è che sto sbagliando?»
«Niente, Ron» soffiò Hermione, abbassando lo sguardo sul pavimento. «È solo che siamo a due punti diversi delle nostre vite. Tu sei pronto a sistemarti, a sposarti e avere dei figli… io no.»
Ron fece per dire qualcosa, ma poi ci ripensò e si limitò a scuotere la testa, sempre più basito.
«E credo che ci conosciamo un po’ troppo bene perché questo possa durare.»
«Non è mai stato un problema», commentò ancora lui. «Siamo amici da una vita e questo non è mai stato un problema nella nostra relazione.»
Hermione non rispose, ma lo guardò con un’espressione così eloquente che lui capì ugualmente che la pensava diversamente. Sapeva che gli stava spezzando il cuore, che lui era troppo buono e gentile per meritarsi una cosa del genere, ma quali opzioni aveva?
Non poteva di certo sposarlo quando non era neanche più sicura di essere innamorata di lui, quando la loro relazione le sembrava più un’abitudine che altro.
«Ron, siamo il giorno e la notte» ammise, ed era inevitabile venire a patti con quella realtà. «Un matrimonio tra noi due… non funzionerà mai.»
«Stai rompendo il nostro fidanzamento?» ripeté lui, una vana speranza nel tono della sua voce.
«Sì, Ron», confermò Hermione con decisione. «Mi dispiace.»
Ed era sincera, le dispiaceva veramente. Ma non si sarebbe intrappolata in un matrimonio che non voleva solo per non ferire i sentimenti di Ron. Non poteva mettere gli altri davanti a sé stessa, quella volta, ne andava del resto della sua vita.
«Possiamo aspettare, se preferisci…»
«Ron», sussurrò ancora lei, scuotendo leggermente il capo. «Non farlo.»
Si alzò lentamente dal divano e si diresse nella stanza che fino a quel momento avevano condiviso, poi preparò le sue valige.
Non poteva restare in quella casa un minuto di più.
Non era lei la parte lesa della situazione, eppure si sentiva tradita da sé stessa, perché aveva appena messo fine al sogno della sé ragazzina, innamorata persa di uno dei suoi migliori amici; perché aveva realizzato quel sogno, solo per rendersi conto troppo tardi che non faceva più per lei.
Perché lei era cambiata, ma Ron era rimasto lo stesso ragazzino allegro che era a scuola… e questa Hermione non aveva alcun futuro con lui.

 
"It came like a postcard
Picture perfect shiny family
Holiday peppermint candy
But for him, it's every day

So I peered through a window
A deep portal, time travel
All the love we unravel
And the life I gave away
'Cause he was sunshine, I was midnight rain"
 
Hermione aveva sempre adorato i Weasley, ma non si era mai immaginata come il tipo di donna che sarebbe finita a vivere a dieci minuti a piedi dalla casa dei suoceri, a pranzare o cenare più da loro che in casa propria, né tantomeno sposata e con figli entro i venticinque anni; tutte le volte che aveva pensato alla sua versione adulta, si era immaginata in vesti lavorative.
Voleva diventare Capo del suo Dipartimento al Ministero della Magia, l’Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche; voleva rendere le cose migliori per creature come centauri, elfi e lupi mannari; voleva cambiare il mondo, renderlo migliore e dopo, solo dopo essere almeno un pochino soddisfatta della sua carriera, farsi una famiglia.
Non era ancora pronta per quello, ma Ron sì e meritava di avere l’occasione di costruirsi l’allegra famiglia felice che sognava da sempre con una donna che era pronta a dargli ciò che desiderava.
Solo che quella donna non era lei.
Aveva realizzato tutto ciò quando aveva notato che aveva più foto con la famiglia Weasley che con lei e Ron da soli, che sebbene le piacesse cenare o pranzare con Molly e Arthur, erano gli unici a farlo così spesso, perché Ron non riusciva a crearsi un’indipendenza maggiore di così. Ginny e Harry erano presenti solo la domenica, cosa che Hermione avrebbe tranquillamente apprezzato e approvato, specie dopo aver perso i suoi, di genitori, se non fosse andata a sommarsi agli altri giorni della settimana; George e Angelina passavano anche il sabato sera… ma Bill e Fleur si facevano vivi una settimana sì e una no, Percy non c’era quasi mai, - un po’ perché i rapporti con la famiglia, nonostante si fossero riappacificati dopo la guerra, erano comunque rimasti un po’ tesi per via del suo senso di colpa, un po’ perché era così focalizzato sul lavoro che Hermione sospettava che spesso dimenticasse addirittura di cenare -, Charlie aveva una vita completamente sua e separata in Romania. Solo che Ron non riusciva a staccarsi più di così e questo, alla fine, aveva influenzato la loro relazione, rendendola più ordinaria e spenta di quanto non dovesse essere a quello stadio del loro rapporto.
Aveva ammesso a sé stessa che ci fossero dei problemi solo quando era andata a fare una visita a sorpresa ai Tiri Vispi Weasley e, aprendo un tubetto di Amortentia, si era resa conto di un elemento mancante: non ci sentiva più la menta e quello era il profumo di Ron.
Il tutto si era accentuato quando era andata a sfogliare dei libri in una libreria di nicchia, molto più piccola e meno frequentata del Ghirigoro, e si era imbattuta nell’ultima persona che avrebbe pensato di poter incontrare lì: Draco Malfoy.
Il rapporto tra lei e il biondino era divenuto abbastanza strano con il tempo.
Quando Draco era stato processato e ai figli dei Mangiamorte era stata concessa una seconda opportunità, a patto che partecipassero a un percorso di recupero e riformazione per il reinserimento nella società magica attuale e che ottenessero l’approvazione di uno psicologo, il Wizengamot era contrario a dare quella possibilità anche a lui.
«Questa è una risoluzione per i figli dei Mangiamorte» avevano detto. «Il signor Malfoy è egli stesso un Mangiamorte, ha il Marchio. Non rientra in questa categoria.»
Nessun tutor aveva dato la disponibilità a seguirlo, così era toccato a Hermione, spinta da qualche impulso che non era mai riuscita a spiegarsi veramente, lottare per lui prima, in modo che gli venisse garantita una seconda chance, e aiutarlo dopo, facendogli da tutor in prima persona.
Ron non aveva apprezzato; lei era appena uscita da Hogwarts, avevano appena superato un anno di distanza e si stava impegnando in un percorso in merito al quale non solo lui non riusciva a comprendere le sue motivazioni, ma che l’avrebbe portata a trascorrere ulteriore tempo lontana da casa.
Però, Hermione sentiva di doverlo fare, qualcosa in lei le diceva che era la cosa giusta, così era andata avanti.
Non era stato facile; inizialmente, Draco era restio a collaborare con lei e odiava il fatto che lei gli faceva da tutor. Le ripeteva costantemente di non aver bisogno della sua compassione e di non volere la sua pietà; le ricordava che non era in cerca del suo perdono… solo che non era vero, perché una sera, l’ultima sera che avevano trascorso insieme, il suo muro di vetro era andato in frantumi e, in lacrime, le aveva chiesto di assolverlo.
E così, dopo mesi di battibecchi, ritrosia, frecciatine esplicite e velate, inaspettate risate e confidenze personali, lei e Draco erano diventati una sorta di amici-nemici.
E lui aveva superato a pieni voti l’esame psicologico… per poi sparire completamente dalla sua vita.
Fino a quel momento.
Fino alla mattina in cui aveva individuato la sua chioma di un biondo tendente quasi al bianco tra gli scaffali di un’anonima biblioteca di Diagon Alley, frequentata sì e no da una manciata di clienti abituali; tra questi, a quanto pareva, c’era anche lui.
Rivederlo era stato come un fulmine a ciel sereno, accettare il suo invito a pranzo un errore madornale, perché quella notte, lei aveva sognato Draco Malfoy.
E quello era stato un grossissimo problema, perché quel sogno non era affatto innocente ed era rimasto bloccato nella sua testa talmente a lungo che a un certo punto era diventato ricorrente, parte di lei.
E questo l’aveva allontanata ancora di più da Ron.
Uno stupido, banalissimo sogno, in cui andava a letto con il suo rivale scolastico, un fottutissimo cliché da manuale, tra l’altro, che l’aveva fatta completamente sbaragliare.
Perché in quel sogno, lei avvertiva l’adrenalina, l’eccitazione e il dolore di non sapere cosa sarebbe accaduto dopo, di non poter fare previsioni… con Ron non c’era più niente di tutto questo da tempo.
Aveva iniziato a immaginare il loro futuro ed era giunta a una sequenza finale che a quarant’anni li vedeva a vivere da soli, in quella casa di quel paesino sperduto, i loro figli altrove a inseguire i loro sogni e loro seduti ai lati opposti del tavolo a consumare una cena nel silenzio più totale, annoiati dalla presenza reciproca e con un bagaglio di rimpianti la cui colpa veniva addossata dall’uno all’altra e viceversa.
Magari, qualche anno dopo, avrebbero iniziato a litigare, a urlarseli contro quei rimpianti in una serie di velenose accuse, distruggendo nel mentre non solo il vissuto di coppia, ma anche i ricordi felici della loro infanzia.
Non era quello che desiderava.
E così, alla fine, lo aveva fatto.
Aveva lasciato Ron.
Perché, da qualche parte tra i suo ultimo anno a Hogwarts, il periodo trascorso ad aiutare Draco Malfoy e i suoi primi anni come impiegata del Ministero, lei era cambiata e non poteva più vivere nella fiaba che si era costruita da ragazzina, mentre lui era rimasto lo stesso e meritava di meglio.
Meritava qualcuno che poteva amarlo per tutta la vita come lei lo aveva amato all’inizio, qualcuno che provava per lui un tipo di amore che non era destinato a cambiare e, con il tempo, ad affievolirsi in un affetto fraterno.

 
"He wanted it comfortable, I wanted that pain
He wanted a bride, I was making my own name
Chasing that fame, he stayed the same
All of me changed like midnight rain"
 
Una settimana dopo aver incontrato Draco Malfoy in quella piccola libreria, Harry si era presentato nel suo ufficio e le aveva annunciato che il biondino in persona avrebbe iniziato a lavorare al Ministero come collaboratore per il Dipartimento Auror.
Le ci erano voluti solo un paio di giorni per capire che avevano gli stessi orari, per cui spesso erano finiti a pranzare insieme; Ron lo sapeva e la loro sorta di insolita amicizia non gli faceva piacere, ma non aveva mai detto niente, forse perché sapeva che sperare che Hermione abbandonasse una persona così sola come lo era Draco fosse un desiderio vano. Non lo avrebbe mai fatto, non quando lo aveva visto spezzarsi lentamente davanti ai suoi occhi e mostrarsi vulnerabile, dimostrare di essere più di quello che aveva sempre lasciato vedere alla gente.
Draco Malfoy era una tortura lenta, ma, dovette ammettere Hermione a un certo punto, quasi piacevole.
Scoprire che aveva un lato nascosto, che quel ragazzino tormentato era più complesso di quanto avesse mai immaginato, l’aveva infervorata; la sua curiosità era schizzata alle stelle e il suo desiderio di svelare il suoi segreti, di conoscere il Draco che esisteva dietro la maschera, si era fatto più ardente che mai. Ne aveva avuto un assaggio quando gli aveva fatto da tutor, ma aveva dovuto spegnere quel fuoco perché lui l’aveva allontanata; ora aveva di nuovo l’occasione di venire a capo di quel mistero, di risolvere l’enigma che era Draco Malfoy.
Il modo in cui il biondino riusciva a mantenere vivo il suo interesse aveva accentuato l’evidenza che nella sua storia con Ron mancava proprio quello: l’interesse. La loro relazione era monotona, il tipo di monotonia che normalmente si raggiungeva solo dopo anni e anni di matrimonio.
Ovviamente, quando era con Draco, non menzionava mai i suoi sogni, non era ancora impazzita; avrebbe voluto smettere di averli, ma non era una cosa che poteva controllare… e il naturale modo di comportarsi del biondino non le permetteva di relegarli in un angolino della sua mente e dimenticarsene per sempre. Perché Malfoy era attraente di suo e l’eleganza che trasudava, i suoi movimenti, quei piccoli, stupidi, gesti che Hermione non sapeva se giudicare completamente out of character o perfettamente in character, - si trattava per lo più di dimostrazioni di galanteria vecchia scuola che neanche sapeva di apprezzare -, il suo maledetto sorriso o la sua dannata risata quando diceva qualcosa che lo divertiva, la sua voce, così diversa da quando a scuola le propinava una cadenza strascicata e fredda… tutto contribuiva a renderlo più attraente di quanto fosse lecito essere.
Così, aveva imparato a convivere con quei sogni inappropriati e a interpretarli per quello che erano: una sciocca fantasia involontaria che non era degna di essere presa in considerazione e che per istinto di sopravvivenza doveva ignorare; e alla fine, pensava, avevano depennato la parola ‘nemici’ dalla definizione del loro rapporto.
C’era una missione a cui avrebbero dovuto partecipare insieme, ma Hermione aveva dovuto ritirare la disponibilità dopo che, la sera del suo compleanno, davanti a tutti gli invitati, Ron le aveva chiesto di sposarlo; il giorno dopo, Draco le aveva detto che se lo aspettava ed era passato a visionare i file degli altri dipendenti del Ministero per individuare quello più idoneo a sostituirla.
Non si era più fermato a pranzo con lei e aveva ridotto le loro interazioni a meri convenevoli che le stavano mettendo a dura prova i suoi nervi. Credeva che fossero amici, ormai, ma quello era tornato ad essere un semplice rapporto tra colleghi, che condividevano brevi e distaccate interazioni civili. Non sapeva come sentirsi al riguardo, ma non aveva tempo di analizzare tutto ciò: aveva un matrimonio da organizzare.
Il punto era che Hermione non pensava veramente che sarebbe stata assalita dai dubbi e che sarebbe finita con il procrastinare lo stabilimento di una data, anzi, era convinta che sarebbe accaduto presto.
Ovviamente, si sbagliava.
Non aveva previsto quell’improvvisa epifania che l’aveva risvegliata.
Non pensava che avrebbe avuto la conferma di non amare più Ronald Weasley, perché nella sua vita aveva sempre avuto solo una certezza prima di quel momento: che era innamorata di Ronald Weasley.
Ma lei non era più quella di prima, non era più un’adolescente che sognava un amore come quello di cui leggeva nei romanzi rosa, stesa sul suo letto durante le calde giornate estive quando era in vacanza da Hogwarts e non faceva che desiderare di tornarvi per rivedere i suoi amici. Per rivedere Ron.
Le cose erano diverse, ora.
Lei era Hermione Granger, la donna.
E la donna non era fatta per stare con Ronald Weasley.
La donna voleva il brivido dell’ignoto, le gratificazioni in ambito lavorativo.
La donna voleva qualcuno che la stimolasse, che la spronasse a dare il meglio di sé, che la portasse al limite e la incoraggiasse a superarlo.
E Ron, purtroppo, non era più quella persona da tempo, ormai.
Per cui, quella mattina, si ritrovò a correre come un fulmine per raggiungere il punto di incontro dal quale la squadra incaricata della ricerca e cattura dell’emulatore di Fenrir Greyback, che stava disseminando il panico in Scozia, sarebbe partita con una PassaPorta, pregando disperatamente che non avessero apportato dei cambiamenti nel programma.
Sarebbe stata una distrazione efficace, non avrebbe avuto tempo per pensare a Ron, alla vita tranquilla e serena a cui aveva appena rinunciato, al loro rapporto stabile e tenero, innocente. Non avrebbe avuto il tempo di star male per avergli spezzato quel cuore gentile che si ritrovava.
«Malfoy!» gridò con tutto il fiato che aveva in gola. «Malfoy!»
Il biondino si voltò a guardarla, con la fronte corrugata.
«Granger», la accolse in tono neutro. «Cosa ci fai qui?»
«Io, ehm», Hermione si schiarì la gola. «Mi chiedevo se fosse possibile venire reinserita in questa missione.»
Draco la squadrò attentamente per qualche istante, studiandola a fondo. «Credevo avessi un matrimonio da organizzare.»
Lei deglutì. «Non più.»
Un sopracciglio del giovane scattò all’insù.
«Non fare domande», tagliò corto Hermione. «Solo… non era giusto, non più.»
«Hai rotto il fidanzamento?» indagò ancora lui, facendola sbuffare d’irritazione. «Perché?»
La giovane donna scrollò le spalle. «Non sono più la ragazza di cui Ron si era innamorato, solo che non se n’era ancora accorto.»
«E lui è ancora il ragazzo di cui ti sei innamorata?»
«Sì», ammise Hermione. «Solo che io non sono più fatta per amarlo.»
Draco la guardò intensamente, poi si schiarì la gola. «Immagino di poter inviare al Ministero i documenti del tuo reinserimento via gufo, una volta che saremo giunti a destinazione.»

 
"I guess sometimes we all get
Just what we wanted, just what we wanted

And he never thinks of me
Except for when I'm on TV
I guess sometimes we all get
Some kind of haunted, some kind of haunted
And I never think of him
Except on midnights like this"


Era mezzanotte e Hermione non riusciva a dormire; fissava il paesaggio scozzese che si estendeva incontaminato fuori dalla finestra della sua stanza, in quella che era la sua casa ormai da mesi.
Quando si era gettata disperatamente in quella missione, non sospettava minimamente che sarebbe rimasta bloccata lì per mesi.
Aveva scoperto che non le dispiaceva.
Le mancava Harry e anche Ginny, ogni tanto pensava a Ron, ma si teneva impegnata e se avessero avuto successo, si sarebbe intascata una bella promozione. Solo che l’emulatore di Greyback era più sfuggente di quanto avessero ipotizzato all’inizio, nonostante la scia di sangue che si lasciava dietro.
Dal momento che gli Auror assegnati alla missione erano tutti più grandi di loro, Hermione si era ritrovata a trascorrere la maggior parte del suo tempo in compagnia di Draco.
Una parte di lei odiava la cosa, perché la sua attrazione per lui, tanto valeva chiamarla con il suo nome a quel punto, aumentava esponenzialmente giorno dopo giorno ed era perfettamente consapevole che avrebbe finito con il farla soffrire.
Forse era quello che meritava, avere il cuore spezzato, dopotutto.
Si chiedeva spesso cosa avrebbe pensato Ron, se avesse saputo che stava sviluppando degli scomodi sentimenti per Malfoy, ma ogni volta giungeva alla medesima conclusione: se ne sarebbe infischiato; lui era andato avanti, stava con Padma, ora.
Forse era così che sarebbe dovuta andare fin dall’inizio.
Probabilmente, Ron non ci pensava neanche più a quell’amore giovanile che gli aveva spezzato il cuore.
E non ci pensava neanche lei, perché le iridi grigio ghiaccio di Draco, i suoi movimenti fluidi e le sue dita sottili ed eleganti rendevano particolarmente difficile pensare a qualcosa di diverso, persino ai loro trascorsi turbolenti.
Hermione sbuffò. Era fuggita in Scozia per allontanarsi da una situazione scomoda ed era finita con il cacciarsi in una circostanza ancora peggiore, anche se forse aveva dato il via a quella serie di incresciosi eventi nell’esatto momento in cui si era alzata in quell’aula di tribunale per parlare a favore di Draco Malfoy, anni prima. Una parte di lei era fermamente convinta che fosse stato il biondino a destabilizzarla irrimediabilmente.
«Granger?»
La sua voce riempì l’aria senza preavviso, o forse era lei che non lo aveva sentito bussare.
A cosa stava pensando?
Mise su la sua maschera impenetrabile, ringraziando Merlino e Morgana di aver avuto l’idea di studiare Occlumanzia negli anni precedenti, e finse nonchalance. «Sì?»
Draco si passò la lingua tra le labbra.
«Andiamocene.»
Hermione sgranò gli occhi. «Che cosa?»
«Andiamo via di qui», ripeté lui e c’era uno strano luccichio nei suoi occhi, mentre la guardava. «Quegli idioti possono sopravvivere un paio di giorni senza di noi.»
Tese la mano verso di lei e restò in attesa di un suo responso; il suo volto era imperscrutabile, le sue espressioni indecifrabili, come sempre.
«Dove vuoi andare?» domandò, perplessa.
«Via di qui» disse solamente. «Lontano da tutto e da tutti, per un paio di giorni.»
E per quanto Hermione fosse consapevole del fatto che la decisione giusta da prendere sarebbe stata declinare gentilmente l’offerta, sebbene staccare la spina per quarantott’ore fosse proprio ciò di cui necessitava, seppe immediatamente che avrebbe optato per l’alternativa opposta. Perché non appena Draco le aveva fatto quella proposta, aveva avvertito un formicolio dietro la nuca e la fiamma dell’eccitazione accendersi in lei.
Era sbagliato.
Allontanarsi dal loro Quartier Generale, uscire dalla città, con Malfoy… era rischioso, dannatamente pericoloso, su tutti i fronti.
Ma lo voleva.
Lo desiderava ardentemente.
Fece un passo avanti, poi un altro ancora, fino ad essere abbastanza vicina a lui da poter afferrare la sua mano.
Gli sorrise e Draco ricambiò con il sorriso più disarmante che Hermione avesse mai visto.
«D’accordo» sussurrò la giovane.
Merlino, aiutami tu”, pensò dentro di sé.
Ma mentre lui la tirava vicino a sé e le circondava la schiena con un braccio, le dita posate sul suo fianco destro, non riusciva affatto a pentirsi di quella scelta azzardata.
Era quello ciò che voleva.
Il brivido dell’ignoto.
Così, Hermione lasciò che quelle sensazioni la travolgessero e spense finalmente il cervello.
 
 
*
 
Draco Malfoy aveva fatto tante scelte sbagliate nella vita e cinque anni dopo la guerra, qualcuno avrebbe potuto dire che aveva imparato la lezione.
Non era così, ovviamente, perché era fermamente convinto che meritasse di fare qualche scelta sbagliata di suo pugno e non per intermezzo di suo padre.
E aveva scelto di fare quella cazzata in particolare.
Era andato da Potter a chiedergli un posto di lavoro come informatore e collaboratore del Dipartimento Auror.
E lo aveva fatto per Hermione Granger.
Aveva sperato a lungo di non rivederla mai più, perché gli ci era voluta tutta la forza rimasta in lui per sparire dalla sua vita alla fine del suo percorso di riformazione; non pensava che avrebbe voluto continuare a frequentarlo, ed essere quello che andava via era più semplice di essere quello che veniva rifiutato.
Solo un'idiota colossale come lui poteva innamorarsi della ragazza che aveva tormentato e disprezzato per anni.
Un fottuto cliché, come da manuale, ecco cos'era.
Ma non gli importava, perché ormai l'aveva rivista e non poteva autoinfliggersi quella tortura una seconda volta.
Non poteva stare lontano da lei, a prescindere da quanto piccolo fosse il ruolo che avrebbe potuto avere nella sua vita.
Pranzare con lei e parlarle per quarantacinque minuti al giorno era un buon risultato.
Forse sarebbero partiti in missione insieme.
Forse avrebbe potuto esserle almeno amico, pensava.
Finché la sera del suo compleanno non aveva deciso di presentarsi al locale dove lo aveva invitato, anche se in ritardo; avrebbe voluto restare fermo sulla posizione iniziale e non andarci, perché la prima cosa che vide entrando fu Weasley che le infilava un anello di fidanzamento al dito e poi si rialzava per baciarla.
La visita più breve che avesse mai fatto in vita sua.
Aveva rivissuto quella scena e il dolore che gli aveva provocato ogni giorno dopo quella sera; la sua mente si era divertita a tormentarlo con immagini ritoccate che lo collocavano al posto di Weasley.
Avrebbe voluto essere al posto di Weasley.
Forse era meglio sbagliare per colpa di suo padre, ora poteva biasimare solo sé stesso.
Poter incolpare gli altri per i propri errori era più semplice.
Non si era neanche preoccupato di farle sapere che era passato; aveva lasciato il suo regalo sulla pila assieme agli altri e si era volatilizzato.
Il giorno dopo aveva realizzato che vederla gli faceva male, così aveva smesso di presentarsi per il pranzo.
Sapeva che lo cercava con lo sguardo, che cercava di fermarlo per parlargli nei corridoi, ma lui, semplicemente, non poteva affrontarla... Non poteva stare lì a guardarla essere felice con qualcuno che non era lui, lo avrebbe distrutto.
Era così facile distruggerlo, la sua esistenza si reggeva con la stessa fragilità di un castello di carte.
Doveva allontanarsi da lei, di nuovo, non aveva scelta... di nuovo.
Quando Hermione si era presentata nel suo ufficio per dirgli che non avrebbe potuto partecipare alla missione, Draco se lo aspettava già. Aveva esitato per qualche istante, ma quando non aveva ottenuto alcuna attenzione da lui, se n'era andata via, palesemente irritata, ma impuntata sul non andargli dietro.
Draco pensava che facesse bene.
Gli era andata dietro una volta, quando non aveva alcun motivo per farlo, e lo aveva tirato fuori dall'oscurità. Lui l'aveva ripagata sparendo dalla sua vita senza dire una parola, per poi tornarvi e fare nuovamente la stessa cosa.
Le doveva una spiegazione, ma non poteva darle l'unica che aveva, non in quel momento.
Forse un giorno...
Forse un giorno avrebbe potuto dirglielo.
Forse un giorno avrebbe potuto dirle che l'amava, anche se era sbagliato.
Forse un giorno, quando non poterla avere avrebbe smesso di fare male.
Se avrebbe mai smesso di fare male.
.
.
.
.
.


N.d.a.
Salve!
Questa piccola OS è nata spontaneamente durante una notte insonne. Avrà un sequel, sul testo di "Wildest Dreams", e verrà pubblicato nei prossimi giorni.
Spero che vi sia piaciuta.
Vi invito come sempre a lasciarmi una recensione, se vi va, per me il vostro riscontro significa tanto.
A presto!

 
   
 
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