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Autore: Puffardella    23/01/2023    0 recensioni
Eilish è una principessa caledone dal temperamento selvatico e ribelle, con la spiccata capacità di ascoltare l’ancestrale voce della foresta della sua amata terra.
Chrigel è un guerriero forte e indomito. Unico figlio del re dei Germani, ha due sole aspirazioni: la caccia e la guerra.
Lucio è un giovane e ambizioso legionario in istanza nella Britannia del nord, al confine con la Caledonia. Ama il potere sopra ogni altra cosa ed è intenzionato a tutto pur di raggiungerlo.
I loro destini si incroceranno in un crescendo di situazioni che li spingerà verso l’inevitabile, cambiandoli per sempre.
E non solo loro...
Genere: Guerra, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità greco/romana
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EILISH
La luce del sole entrava dalla fessura centrale del tetto di paglia, illuminando fortemente l’interno del capanno. Eilish si stropicciò gli occhi e si mise lentamente a sedere sul giaciglio. E quando, dall’intensità della luce, si rese conto di quanto fosse tardi, scattò in piedi, improvvisamente del tutto sveglia. Si mise in cerca delle brache e della tunica e poi ricordò con orrore che Hanna aveva gettato i suoi indumenti nel fuoco, il giorno prima. Al loro posto, sopra una panca, le aveva lasciato una veste di lana del colore del miele, stretta in vita e dalla gonna ampia.
Imprecò contro quella stupida serva e se la infilò.
Era intenzionata a protestare col padre. Aveva fatto tutto quello che le aveva chiesto: si era vestita come una donna, aveva chiesto scusa al Germano, non aveva lanciato altre sfide e non aveva più insultato nessuno. Ora voleva tornare a essere se stessa e se stessa non indossava scomode vesti che non le consentivano di muoversi, di arrampicarsi, o anche solo di sedersi, come faceva di solito.
Afferrò un pezzo di formaggio che Hanna le aveva lasciato sul tavolo per colazione, lo addentò con rabbia e uscì dal capanno per andare in cerca del padre.
Dei Germani non c’era traccia, segno che avevano già lasciato il villaggio.
Eilish ne fu sollevata.
Vide Caitriona uscire dalla Capanna delle Assemblee, dove si riunivano i capi dei villaggi quando era necessario prendere decisioni per il bene dell’intera tribù, e si diresse verso di lei. Caitriona aveva un aspetto orribile, trasandato, e non era da lei. Aveva gli occhi rossi, come se avesse pianto. Nell’accorgersi di lei, le andò incontro con una foga tale che Eilish si bloccò, confusa e preoccupata. Prese fiato per chiederle cosa fosse successo ma la sorella la colpì con forza sulla guancia.
Non le diede nemmeno il tempo di riprendersi dallo stupore. La scartò e se ne andò via, quasi correndo.
Kentigern, che aveva osservato la scena davanti all’entrata della capanna, scosse la testa schioccando la lingua.
«Non badare a lei, piccola Eilish. Le passerà» disse, in tono compassionevole.
Eilish lo fissò sgomenta, tenendosi una mano sulla guancia indolenzita. «Cosa dovrebbe passarle?»
«Io non lo so, pensavo lo sapessi tu.»
«Io no… Come faccio a saperlo?»
«Lo stesso vale per me.»
Eilish emise un lungo lamento, sconfortata da quell’inutile scambio di parole.
«Allora perché hai detto che poi le passa?» gli fece notare stizzita.
«Perché era furiosa, è ovvio. E quando uno è furioso, poi gli passa» rispose lui, come se avesse enunciato la cosa più logica del mondo.
Eilish soffocò a stento la rabbia. Riuscire a stare dietro ai discorsi strampalati del vecchio sacerdote era impresa tutt’altro che facile e quella mattina ne aveva meno voglia del solito. Scosse la testa sbuffando ed entrò nella capanna. Trovò il padre in ginocchio, intento a raccogliere monete e gioielli dal pavimento di terra battuta coperto di legnetti e paglia. A mano a mano che trovava qualcosa, lo depositava dentro un cofanetto di legno finemente intarsiato che stringeva al petto. Sul volto aveva un’espressione stanca ed Eilish capì che doveva essere accaduto qualcosa di terribile. Era talmente afflitto da non essersi nemmeno accorto della sua presenza. Eilish sentì una stretta al cuore nel vederlo in quello stato. Si inginocchiò davanti a lui e gli afferrò una delle due grosse, ruvide mani.
«Padre, che fai?» gli chiese.
Alasdair la guardò con gli occhi annacquati, solo in un secondo momento mostrò di accorgersi della sua presenza.
«Ah, Eilish, figlia mia…» sospirò. «Dobbiamo parlare, Eilish. Ma prima aiutami a tornare in piedi. La mia povera schiena non regge più simili sforzi.»
«E allora non farli. Avresti dovuto chiamare qualcuno per farti aiutare a raccogliere…» si interruppe, incerta. Indicò il cofanetto e aggrottò le sopracciglia.
«A proposito, che cos’è che stai raccogliendo?» chiese, mentre lo aiutava a risollevarsi.
«Questo è il dono di nozze che tua sorella ha ricevuto. Uno dei tanti, a dire il vero. Ma non ha gradito granché, a quanto pare.»
Eilish spalancò la bocca, esterrefatta. Caitriona era forse impazzita? Non era quello che voleva? Non ci capiva più niente.
«Mi ha appena schiaffeggiata» riferì al padre. «Come se fosse colpa mia se i doni che il Germano le ha fatto non le sono piaciuti.»
«Oh, i doni le sono piaciuti, ma il Germano che l’ha chiesta in moglie non è quello che sperava lei. Chrigel l’ha ceduta al cugino…»
Eilish non riusciva a credere alle proprie orecchie. Un uomo che rifiutava sua sorella? Impensabile! Ora capiva la frustrazione di Caitriona: vanitosa com’era, quel rifiuto doveva sembrarle la fine del mondo, anche se, dagli sguardi insistenti che la sera prima aveva lanciato all’altro, era evidente che l’altro le piacesse più del principe.
Il problema, però, era proprio quello: Willigis non era un principe.
Leciti o meno che fossero i sentimenti di sua sorella, tuttavia, non aveva alcun diritto di prendersela con lei.
«Mi dispiace per Caitriona, davvero, ma io che c’entro? Dovrebbe prendere a schiaffi quello stupido bestione, non me!»
«Stupido bestione… Il principe non ti piace proprio, eh?»
«Assolutamente no!» esclamò lei risoluta, ostentando ribrezzo.
«Capisco…» Alasdair strinse le labbra. Sembrava inquieto ed Eilish ebbe l’impressione che ci fosse altro che volesse dirle, ma non era sicura di voler sapere cosa. In genere, quando il padre si mostrava così titubante, era perché aveva delle richieste spiacevoli da farle.
«Vieni, Eilish. Devo farti vedere una cosa» le disse infine, posando il cofanetto sopra il lungo tavolo al centro della capanna e guadagnando l’uscita. Eilish seguì il padre docilmente, anche se una vocina nella sua testa le suggeriva con crescente insistenza di cambiare direzione e proseguire per un’altra strada.
Dopo aver attraversato tutto il villaggio, Alasdair la condusse ai recinti degli animali. Dentro uno di questi, una cavalla dallo splendido manto bianco brucava l’erba in tutta tranquillità. Era di sicuro uno dei cavalli dei Germani, perché era più alto e slanciato rispetto a quelli che cavalcavano i Caledoni, più piccoli e tozzi. Inoltre, lei conosceva uno ad uno tutti gli animali che appartenevano al padre e quello non l’aveva mai visto prima.
La cavalla sollevò la testa al loro arrivo. Aveva due splendidi occhi nocciola, grandi e intelligenti, che la scrutarono con lo stesso interesse con il quale Eilish scrutò lei.
«Che meraviglia!» esclamò estasiata poggiandole la mano sul muso, che prese ad accarezzare con profonda soddisfazione. La cavalla sembrò gradire e la lasciò fare, almeno fino a che non ebbe finito di masticare l’erba. Dopodiché andò in cerca di ciuffi più alti verso il centro del recinto.
«Mi fa piacere che ti piaccia perché è tua» la informò Alasdair, più preoccupato che entusiasta.
«Mia?» ripeté lei incredula.
«Sì… Ecco, è un dono per te…»
Eilish iniziò a farsi sospettosa. «Un dono da parte di chi?» si informò, cauta.
Il re deglutì. «Da parte del principe Chrigel.»
«E perché mai avrebbe voluto farmene dono?»
«Pensava che sarebbe stato di tuo gradimento...»
«Smettila di girarci intorno, voglio sapere il perché!» urlò Eilish a quel punto con la voce stridula.
Alasdair sospirò a fondo, allargò le braccia e si decise a spiegarle, in tono rassegnato: «Ti ha chiesta in moglie.»
Eilish sbarrò gli occhi, sconvolta. Una moltitudine di sentimenti contrastanti le si affastellarono nel cuore: rabbia, indignazione, sconforto…
Che assurdità era quella? Perché mai un uomo come Chrigel, che era destinato a guidare la tribù più numerosa e influente non solo delle Terre del Nord ma di tutto il Grande Nord - compresa la Caledonia - avrebbe voluto avere al suo fianco una ragazza sgraziata e ribelle come lei?
Mentre si faceva quella considerazione comparve Kentigern. Procedeva verso di loro con la sua solita aria distratta e l’andatura dinoccolata, ed Eilish si sentì avvampare dalla rabbia.
«Tu!» lo aggredì puntandogli il dito contro. «Avevi detto che il Germano avrebbe sposato Caitriona!»
Kentigern si voltò confuso per essere sicuro che ce l’avesse proprio con lui. Impiegò un istante a metabolizzare il contenuto della frase, poi scosse la testa.
«No, non ho mai detto una cosa del genere. Ho detto che avrebbe sposato sua figlia...» e indicò Alasdair «... ma non ho mai detto quale delle due.»
«Hai comunque sbagliato previsione! Questo non accadrà mai!» annunciò Eilish decisa, e con altrettanta decisione entrò nel recinto.
Avrebbe riportato la cavalla a Chrigel e gli avrebbe gridato contro il suo rifiuto. Quel Germano arrogante voleva solo umiliarla ulteriormente e costringerla a piegarsi ai suoi capricci, questa era l’unica spiegazione plausibile che riusciva a dare alla sua assurda proposta di matrimonio.
Ebbene, avrebbe imparato a sue spese cosa voleva dire prendersi gioco di lei. Le aveva lanciato una nuova sfida ma stavolta avrebbe perso.
Salì in groppa all’animale senza riflettere, mentre Alasdair la supplicava di pensare alle conseguenze del suo rifiuto, di non commettere quella follia in maniera tanto avventata. Tacque solo quando Eilish, inaspettatamente, venne disarcionata dalla puledra e scaraventata a terra. A quel punto corse in suo aiuto, ma Eilish lo respinse con forza. Fissò la cavalla con uno sguardo sorpreso. Non riusciva a credere che quella puledra dagli occhi così dolci e l’aria tranquilla l’avesse davvero disarcionata. Lo stupore iniziale lasciò presto il posto all’ira, e sentì le lacrime bruciarle gli occhi. Perché il Germano la odiava così tanto? Perché si divertiva a umiliarla in quel modo? Le aveva lasciato quella cavalla selvatica solo per divertirsi, per prendersi gioco di lei, per farla sentire debole, fragile, perché si arrendesse alla sua natura: lei era solo una stupida femmina da gettare nella polvere ogni volta che provava a ribellarsi al suo volere.
Eilish afferrò un pugno di terra e lo gettò urlando verso quello stupido animale, che si limitò a soffiare dalle narici per poi voltarsi, ignorandola spassionatamente. Eilish lo prese come un affronto personale. Quasi si convinse che Chrigel stesso avesse istruito la cavalla a essere il più irritante possibile.
A quel pensiero si fece rossa dalla rabbia e balzò in piedi. Non si sarebbe arresa così facilmente. Nessuno dei due l’avrebbe sconfitta, né quel prepotente Germano, né il suo insulso regalo a quattro zampe.
Alasdair, capendo che la figlia stava per tornare all’attacco, gemette preoccupato e la supplicò di lasciare perdere. Quella era una cavalla selvaggia e una cavalla selvaggia poteva essere pericolosa se non si sapeva come addomesticarla. Ma Eilish, al solito, non volle ascoltare ragioni. In preda a un devastante sentimento di collera, provò di nuovo a salire sulla puledra e di nuovo fu malamente disarcionata.
«Accidenti alla tua testardaggine, Eilish! Così ti farai ammazzare! Sei talmente arrabbiata da non esserti nemmeno accorta che a quella maledetta bestia non sono stati ancora messi i finimenti. Se proprio vuoi provare ad ammansirla preparala almeno come si deve, prima!» le inveì contro il padre prima di andarsene, brontolando e imprecando contro tutti: Chrigel, le figlie, Kentigern, la cavalla e tutti gli Dei e gli Spiriti della Foresta.
Una volta tanto, Eilish diede retta al padre e fece quanto le aveva suggerito. Mise alla cavalla gualdrappa e finimenti e poi tentò di nuovo, infinite volte.
Più la cavalla aveva la meglio su di lei più la frustrazione cresceva, e con essa l’odio per il Germano. Tanto era grande il suo malessere che non si accorse del trascorrere del tempo, così che il tramonto la sorprese a lottare ancora.
Per tutto il giorno non aveva toccato né cibo né acqua; non si era concessa tregue né le aveva concesse all’animale, e all’imbrunire erano entrambe sfinite. Eilish era tutta sporca di terra, il vestito di lana si era strappato in più punti, i capelli rossi le si erano appiccicati al viso sudato. Anche la cavalla era sudata e respirava affannosamente. Eilish afferrò i finimenti e la fissò negli occhi, con determinazione.
«Io non sono una che molla. Non so cosa ti abbia raccontato di me il tuo padrone e non mi interessa. Possiamo stare qui tutta la notte, se vuoi, ma prima o poi riuscirò a domarti. Non so quanto tempo impiegherò, ma so che lo farò. E quando ti avrò domata ti riporterò da lui, perché lui abbia tramite te la risposta che merita: non mi piegherò mai ai suoi capricci, io non lo sposerò mai! Perciò possiamo stare qui anche fino all’alba, se preferisci. Non me ne importa niente. E a te?» disse fra i denti.
I muscoli le facevano male, aveva il corpo ricoperto di ecchimosi. Eppure, con la forza dell’orgoglio e dell’ostinazione, si rimise in groppa.
Per un po’ la cavalla non si mosse ed Eilish cominciò a sperare di avercela fatta. Ma poi le diede il comando di muoversi con i talloni e quella trovò di nuovo la forza di reagire, e di nuovo la scaraventò a terra.
Eilish urlò a lungo, frustrata. Il sole era ormai sceso oltre l’orizzonte e lei non aveva più le forze per riprovare. Alasdair, che aveva continuato a recarsi da lei a intervalli regolari per accertarsi che stesse bene, la supplicò nuovamente di lasciare perdere e di andare a dormire, ma Eilish gli gridò contro il suo risentimento.
Era anche colpa sua se si trovava in quella situazione. La conosceva, lo sapeva che non avrebbe mai accettato di sposare il Germano, allora perché accidenti non glielo aveva detto subito? Perché aveva accettato quello stupido animale al posto suo? Ora non se ne faceva niente delle sue premure. Voleva solo essere lasciata in pace e Alasdair, umiliato dalle feroci parole della figlia, e sentendosi forse anche un po’ in colpa, fece come desiderava: la lasciò sola con la sua disperazione.
Eilish pianse a lungo, singhiozzando sommessamente. Infine si sdraiò a terra e si addormentò nel recinto, troppo distrutta per fare un nuovo tentativo.
Il mattino seguente, mentre dormiva ancora, qualcosa la colpì ripetutamente al braccio, con dolcezza. Nonostante fosse troppo stanca per verificare, Eilish sapeva che, a toccarla, era il muso della cavalla. Rotolò su un fianco borbottando qualcosa di incomprensibile che nella sua mente era un chiaro: “lasciami stare” e, quel punto, la cavalla si raggomitolò vicino a lei, schiacciandole il muso contro il dorso della mano. Eilish, percependo il calore del suo corpo, si costrinse ad aprire gli occhi e, nel vederla, il cuore le si riempì di un caldo sentimento. Le accarezzò emozionata il muso ed emise un lungo sospiro, per poi piombare di nuovo in un sonno profondo.  
L’ultima consapevolezza che ebbe fu che il sole stava per nascere.


                                                                   ***


WILLIGIS
Era il mese in cui i celti celebravano Lughnasadh, la festa del raccolto, una delle ricorrenze annuali in cui tutti i clan caledoni si riunivano nella piana del Kent per ringraziare il dio Lugh del grano raccolto, riposarsi dalle fatiche della mietitura, stringere nuove amicizie, distrarsi con giochi e balli e celebrare matrimoni.
Willigis, che come tutti i Germani era nuovo a quel genere di raduni, rimase senza fiato dinanzi alla vastità dell’accampamento. Dalla posizione elevata in cui si trovava ne aveva una visuale completa.
Tende di pelle, dalle dimensioni e dai colori più svariati, erano sparse un po’ ovunque. In uno slargo appena fuori dall’accampamento, giovani si fronteggiavano in gare di lotta. I suoni prodotti dagli strumenti musicali, dai canti dei poeti, dalle risate e dal vociare degli astanti, si miscelavano fra loro dando vita ad un unico fragore, che risaliva la collina e giungeva a lui attutito.
«Sei davvero sicuro di volerlo fare?» gli chiese a bruciapelo Chrigel alla sua destra, dritto in sella al suo baio dal pelo lucido e fulvo.
Willigis sorrise al cugino. «Sì» rispose convinto. «Non credo di essere mai stato tanto sicuro di qualcosa in vita mia. E tu, sei davvero sicuro di non voler venire?»
Chrigel ci rifletté su un attimo, segno che riservava dei dubbi in proposito. Ma poi rise sarcastico.
«Mi rifiuto di sostenerti in questa follia. Se lo facessi, potrei pentirmene per il resto dei miei giorni nel caso in cui, un domani, tu dovessi stancarti della donna che stai per sposare. Se ti ho accompagnato fino a qui è stato solo perché ho sperato fino all’ultimo di farti cambiare idea» rispose.
Willigis sospirò. A Chrigel, Caitriona non piaceva. Diceva che era troppo sofisticata per un Germano, troppo piena di sé per essere in grado di rallegrare il cuore di un uomo. Questo continuava a ripetergli senza sosta da tre mesi, da quando, cioè, dopo averla vista, se ne era invaghito follemente e l’aveva chiesta in moglie. Tuttavia, Willigis sospettava che il vero motivo del rifiuto di Chrigel di presenziare al suo matrimonio non fosse dovuto all’antipatia che nutriva nei confronti di Caitriona, quanto al timore di incontrare l’altra figlia di Alasdair, Eilish, sulla quale suo cugino serbava il più ostinato dei silenzi.
Per la prima volta, ciò che provava per una donna lo custodiva per sé. Tutto quello che Willigis sapeva era che la ragazza continuava a rifiutarlo e lui a non rassegnarsi. Quello che non riusciva a capire erano le motivazioni che spingevano entrambi a comportarsi così.
«Non cambierò idea su di lei» affermò quindi, dopo una lunga pausa di riflessione.  
«E allora sarà meglio che tu non la faccia attendere troppo» gli consigliò Chrigel sorridendo, indicando l’accampamento con un cenno del capo.
Willigis annuì. Si sentiva ebbro d’eccitazione. Non avrebbe mai creduto che una donna potesse fargli provare emozioni così intense. Ora che Caitriona stava per divenire sua, ogni istante che passava si faceva sempre più ansioso.
Chrigel, nel vedere l’espressione sognante sul suo volto, rise di gusto.
«Cugino, devo proprio dirtelo: quella donna non ti fa bene. Dovresti vedere che faccia da idiota ti è venuta…»
«Sai, Chrigel, comincio a pensare che gli dei abbiano dato all’uomo la prerogativa di dominare sulla terra e su tutto ciò che è in essa, e abbiano messo la donna a dominare sull’uomo perché non si esalti troppo e si ricordi che, in fondo, anche lui è solo un essere mortale di carne e sangue.»
Il cugino rifletté a lungo sulle sue parole, chiaramente colpito da quel pensiero.
«Quindi, la donna è padrona di tutto?» chiese poi con un ghigno sarcastico, nel tentativo di sfumare il contenuto pericoloso di quella strana riflessione.
«Le altre non saprei, ma questa donna, la donna che sta per diventare mia moglie, lo è della mia intera esistenza» affermò Willigis con fermezza. Poi sorrise imbarazzato nell’accorgersi che Chrigel si era fatto terribilmente serio e si affrettò ad aggiungere: «Ma forse ti sembrerà una cosa stupida…»
«Non mi sembra una cosa stupida, solo terribilmente imprudente. Non farlo, cugino: non mettere la tua vita nelle mani di una donna. Soprattutto di una donna come Caitriona» lo ammonì severamente.
Willigis si risentì delle sue parole. Smise di sorridere a sua volta. «Immagino che tu per primo sia disposto a seguire il tuo consiglio» ribatté con risentimento. Chrigel stette a lungo a fissarlo in un modo indefinibile e Willigis si pentì di aver usato con lui un tono così acrimonioso.
«Perdonami, Chrigel, è che a volte tu…»
«Lascia perdere!» tagliò corto il cugino, facendo voltare il cavallo. Ruotò un poco la testa e aggiunse: «In fondo non ho nessun diritto di dirti cosa fare della tua vita.»
Poi, senza dargli tempo di ribattere, si allontanò velocemente verso nord.
   
 
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