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Autore: _Zaelit_    03/02/2023    0 recensioni
È trascorso qualche mese dal termine della lotta per la libertà dei guerrieri originati dal Progetto Jenova e Progetto Yoshua.
Sephiroth è partito in cerca della sua redenzione, mentre Rainiel vive con Zack ed Aerith nel Settore 5. Un altro nemico, però, intende portare avanti la guerra che loro credevano terminata. Quando un vecchio amico porterà discordia nelle vite dei due ex-SOLDIER, quando un angelo dalle piume nere tornerà a cercare il dono della dea, Rainiel e Sephiroth, e tutti i loro compagni, dovranno ancora una volta confrontarsi con un male più pericoloso del precedente e che, come se non bastasse, sembra conoscerli molto bene.
Libertà, amore, pace: tutto rischia di essere spazzato via ancor prima di poter essere ottenuto... e il Dono degli Dèi è più vicino a loro di quanto pensino.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genesis Rhapsodos, Nuovo personaggio, Sephiroth, Zack Fair
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Crisis Core, Contesto generale/vago
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- Questa storia fa parte della serie 'Heiress of Yoshua'
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Capitolo 44
DEBOLE

Il combattimento iniziò nel momento in cui Rapier gettò un'ombra rossastra sulle pareti del simulatore. Silenziosa come il volo di un gufo in piena notte, ma brillante come il più raro dei gioielli, l'arma impugnata da Genesis sferzò l'aria e mirò dritta alla spalla dell'apprendista, che si rese conto troppo tardi di quel fulmine cremisi, tanto da distanziare le palpebre in riflesso all'attacco solo quando la lama stava per sfiorarle una ciocca di capelli. Aveva già perso.
O almeno, così credeva. I suoi arti si mossero con una forza e una velocità che non credeva potessero appartenerle. La memoria muscolare vinse sulle angosce della mente e Rain si ritrovò a spostarsi come un soffio di vento primaverile, leggera e agile. Si spostò quel tanto che bastava da permettere alla spada avversaria di fendere l'aria alla sua sinistra, dopodiché mosse le braccia in quella stessa direzione, bloccando fra esse la mano guantata di Genesis.
Il SOLDIER saltò un respiro, incredulo del fatto che la sua vecchia allieva avesse deciso di tentare la sorte con un'azione del genere: stava cercando di disarmarlo. La allontanò dunque con una ginocchiata a un fianco, usando la spinta di uno stivale per lanciarsi all'indietro e riprendendo l'equilibrio con incomparabile maestria.
Rainiel a stento sentì il suo colpo, tant'era immersa nei suoi pensieri. Barcollò via ma riuscì a non cadere, la spinta non era stata eccessiva ma aveva avuto effetto vista la sua distrazione finale. Genesis la scrutò mentre lei guardava attonita le Aikuchi che stava impugnando, come se non potesse credere di essere stata lei a compiere una mossa del genere.
Comprendendo l'origine da cui la sua abilità derivava, ma incapace di renderle note anche a lei, Genesis frustò il vuoto accanto a lui con un gesto secco della lama. «In guardia, SOLDIER!» riportò bruscamente la ragazza alla realtà, quasi divertito dal suo improvviso sussulto, «Mai cedere a distrazioni o perdere di vista il nemico.» sibilò a denti stretti.
Rain annuì rapidamente, in un modo tanto infantile che a stento rispecchiava una giovane donna della sua età. La sua memoria era retrocessa a tempi più lontani, più lieti, e sembrava una persona completamente diversa rispetto a quella che Genesis aveva conosciuto prima degli aberranti esperimenti di Jadin. Tuttavia, i muscoli conservavano ricordi tutti loro. Il suo corpo sapeva danzare sul filo del rasoio, muoversi fra perigli di ogni genere e difendersi fino all'ultima goccia di energia che poteva consumare. Rainiel poteva non ricordare di essere stata una SOLDIER ben più esperta di una misera terza classe, ma il suo fisico non poteva essere costretto a dimenticare quel prezioso dettaglio.
«Chiedo scusa...» balbettò infatti, ancora sconvolta, «È solo che non capisco come io ci sia riuscita...» lasciò che i suoi pensieri si riversassero in parole sussurrate a qualche metro di distanza dal rivale.
Lui non la prese bene e mosse un passo minaccioso contro di lei, facendola indietreggiare e suggerendole di tenere alte le spade corte per prepararsi alla controffensiva.
«Riuscita a fare cosa? L'arma è ancora in mano mia. Un nemico reale ti avrebbe uccisa senza esitazioni.» la rimproverò, ripetendosi che trattarla freddamente e con severità l'avrebbe portata a odiarlo e gli avrebbe reso il compito più facile.
Nonostante ciò, Rainiel aveva qualcosa di speciale. Forse un innato senso dell'ottimismo, o magari era così ottusa da ostinarsi a vedere sempre il lato più ottimistico di ogni situazione. Anziché innervosirsi o rattristarsi per il suo richiamo, si ricompose in una postura più adatta alla battaglia.
«Be', fortuna che sei il mio mentore, allora.»
Il sorriso furbo e ingenuo che gli rivolse ravvivò la fiamma del senso di colpa nel cuore di Genesis. Perché quella dannata ragazza non poteva semplicemente stare al suo posto?
La caricò con falcate rapide e ampie, menando fendenti a destra e manca. Lei li evitò muovendosi nella direzione opposta e indietreggiando, finché Rapier non sfiorò la sua spalla, strappandole un innocuo piccolo spruzzo di sangue scuro, che si perse nell'aria.
A quel punto Rainiel capì di non poter continuare a difendersi senza tentare almeno un attacco. Si abbassò quando la spada nemica tentò un affondo al livello del suo collo, dopodiché ruotò su un tallone tenendo l'altra gamba tesa per spazzare via Genesis, che però fu abbastanza attento da prevedere le sue intenzioni e ritirarsi. A quel punto Rain ottenne abbastanza spazio per tentare qualcosa di più sfacciato.
Rialzandosi in un turbinio di ciocche ramate, fissò gli occhi celesti sull'opponente e tagliò l'aria che aveva di fronte, apparentemente senza alcuna ragione. Invece, Genesis comprese in ritardo la sua idea e fu travolto da un fendente aereo originato da una delle Aikuchi. Una forza eterea e bluastra lo investì, privandolo del fiato e costringendolo a piegarsi.
Rain gli fu addosso come una furia, un sorriso soddisfatto tinto su quel volto di bambina cresciuta troppo in fretta. Si sentiva come in uno strano sogno, uno di quelli in cui si ritrovava in possesso di poteri fuori dalla norma, e poteva lottare contro avversari letali o volare nel cielo di una Midgar notturna, luminosa e satura dell'odore della mako proveniente dai reattori che circondavano la città.
Abbassò la spada sulla sua testa, con rapidità ma forza non sufficiente a ferirlo davvero, eppure lui non volle dargliela vinta comunque.
Genesis alzò Rapier e bloccò il suo colpo, spingendola via dopo aver bloccato il suo polso e affondato un gomito tra le sue costole.
Rainiel tentennò, perse una spada nell'impatto e portò la mano libera alla zona dolorante, sputando la poca aria che le restava nei polmoni.
Quando Genesis tornò a scattare in sua direzione, il suo attacco fu più feroce degli altri, come se dovesse dar prova dal suo valore. Non sottovalutarmi, sembrava dire, e al tempo stesso quello sguardo brillante e stracolmo di cieca boria non sembrava rivolto all'allieva, ma a una figura al di là di lei, una che nemmeno si trovava in quella stanza.
Rainiel individuò la traiettoria dell'arma abbastanza in fretta da scansarsi lanciandosi con poca eleganza a terra, alla sua destra, e rotolando su un fianco. Provò a individuare la spada corta che le era sfuggita di mano, ma l'austero maestro captò le sue intenzioni e si frappose fra lei e l'arma. Rain osservò il suo petto che si gonfiava e riabbassava, travolto da una fatica che non gli si addiceva. Le venne in mente che probabilmente, per lui, tornare ad allenarsi e a combattere era difficile tanto quanto lo era per lei, se non di più. Per anni era stato tenuto prigioniero da Wutai, stando a quanto le aveva raccontato, e dubitava seriamente che i suoi carcerieri gli avessero permesso di dedicarsi al tipico allenamento giornaliero che si confaceva a un membro d'élite di SOLDIER.
D'altronde, la ragazza fu colta dalla stessa, improvvisa stanchezza. Qualcosa dentro di lei le gridava di andare avanti: il combattimento era iniziato da pochi minuti, ma sembrava essere durato un'eternità. Una forza dormiente in lei si era risvegliata pian piano, come l'istinto di un predatore che prova l'ebrezza di tornare a caccia dopo tanto tempo. Desiderava mostrare al suo insegnante i miglioramenti che aveva ottenuto dopo anni di stenti, anche se lei stessa non li ricordava.
Genesis considerò quel piccolo sogghigno divertito che le si tinse in volto come un esplicito invito, una sfida da cogliere al volo. Si tuffò nell'aria come se non fosse afflitto dalle leggi della gravità, apparendo e svanendo in un lampo rossiccio prima a destra e poi alla sinistra della ragazza, cogliendola alla sprovvista dal lato in cui ora non stringeva più la spada. Provò un affondo, e il cozzare metallico delle lame gli fece aggrottare la fronte.
Rain era stata addirittura più veloce di lui. Si era girata in sua direzione così in fretta da provocare una certa delusione personale al suo vecchio-nuovo mentore. Rapier era più grande e affilata di un'Aikuchi, addirittura più spaventosa, con quella sfumata e spettrale luce cremisi che la permeava, ma la singola spada a una mano della ragazza individuò e bloccò il suo movimento con estrema precisione.
Genesis si perse per un secondo nell'espressione concentrata della donna, che respinse l'attacco con uno sforzo dei muscoli delle braccia, stringendo l'elsa con tutte e dieci le dita.
Assecondando quel movimento, il SOLDIER più esperto finse di tirarsi indietro, e invece approfittò dello slancio per sollevare agilmente una gamba e tentare di mettere a segno un doloroso calcio nello sterno dell'allieva. Una volta privata del fiato, disarmarla e bloccarla sarebbe stato un gioco da ragazzi. Inoltre, avrebbe potuto considerarla una soddisfacente piccola rivincita personale. Benché i sensi di colpa ammantassero i suoi pensieri come nubi grige che rovinano un bel giorno di sole, Genesis non era ancora guarito dall'ebrezza dell'invidia. Doveva dimostrare, sempre e comunque, di poter essere meglio di colui che per anni aveva gettato ombra su di lui, anche se non intenzionalmente. Sconfiggere la sua beniamina, e che per di più non si limitava a essere solo una semplice apprendista ma qualcosa di molto più profondo, era un'idea così dolce da causargli l'acquolina in bocca.
Tuttavia, Rainiel era mossa da una forza che di umano aveva ben poco. Riflessi vigili che avrebbero fatto sfigurare un aggraziato felino. Evitò il suo stivale in una mossa agile, abbassando la schiena con l'equilibrio di una combattente esperta, e poi rialzandosi causando una cascata inversa di morbide ciocche dei colori dell'autunno.
Rapito da quell'immagine, da quello sguardo fin troppo simile a quello ferino e severo che l'aveva accompagnato e giudicato per tutta una vita, Genesis boccheggiò... ed esitò.
La ragazza non aspettava altro. Sembrò un fantasma, quando si gettò in avanti in totale silenzio e con due rapidi passi. Colpì Rapier a qualche centimetro dalle dita del soldato che la impugnava, dal basso, e la spada si sollevò quasi con naturalezza, sgusciando via dalla presa del guanto lucido. Roteò in aria come un comune pezzo di metallo e, quando cadde, lo fece con un tonfo sordo e sgraziato, di ferro che rimbalza contro un pavimento freddo, e a diversi metri di distanza dal suo allibito possessore.
Genesis osservò Rapier con sguardo attonito, confuso dalla progressiva scomparsa della luce cremisi attorno alla sua spada. Aveva ancora un braccio teso verso l’arma, quando sentì una leggera pressione sul collo. Calando gli occhi chiari, incrociò il riflesso delle proprie iridi sul fianco liscio e pulito dell’Aikuchi rimasta in mano all’allieva.
Quest’ultima aveva faticato non poco nel portare a termine una mossa del genere. Il suo torace faceva su e giù velocemente, al ritmo irregolare del suo respiro, le labbra dischiuse in un fiero sorriso, cercando di far entrare quanta più aria possibile nei polmoni.
«E adesso?» chiese la giovane donna con un fil di voce, «Ci sono riuscita?»
Genesis si sentì avvampare da un’ondata di incredulità e vergogna. Davvero era messo così male da farsi sconfiggere da una pivellina che solo qualche giorno prima era stata letteralmente torturata? Che diamine stava succedendo al suo corpo? Quella non era la sua forza. Era un mero fantasma del vero Genesis. Questa scoperta lo sconvolse più del termine stesso della battaglia.
Accecato da una rabbia che in realtà non era rivolta a Rainiel, in un gesto rapido e feroce spinse via su di un lato la spada corta, afferrò la ragazza per il colletto dell’uniforme smanicata e spazzò via le sue gambe, facendola piombare a terra.
La ragazza colpì il terreno con la schiena e latrò un lamento, mettendosi a sedere e guardando Genesis con un’aria a metà tra il confuso e l’offeso.
«Ehy, non è valido! Lo scontro era terminato!»
«Ho per caso detto questo?»
«No, ma io…»
«Allora non era terminato.»
Genesis andò a recuperare Rapier e la rinfoderò, cupo in volto, mentre Rainiel si rimetteva in piedi e scuoteva via la polvere dai vestiti. La giovane allieva si massaggiò la schiena e guardò il mentore che le dava le spalle. Che avesse ferito i suoi sentimenti?
Provò a muovere qualche passo verso di lui. «Genesis… mi dispiace se ho fatto qualcosa di sbagliato. Capisco che questi ultimi anni non siano stati facili per te, quindi è perfettamente normale se non riesci a…»
«Taci.» sibilò lui, senza nemmeno voltarsi verso di lei. Il suo fu un ordine appena mormorato, ma carico di risentimento. «Sto benissimo, quindi risparmiami la tiritera.»
Le sopracciglia di Rain si aggrottarono, e lei non osò più continuare a camminare in sua direzione. «Non ti disturberò, allora. Ma se posso aggiungere solo una cosa…» Si schiarì la voce, esitante, mentre a sua volta andava a raccogliere l’arma caduta, «Sono felice che tu sia tornato. E che sia di nuovo il mio mentore. Volevo che lo sapessi, per quello che vale. Hai la mia completa ammirazione.» spiegò rapidamente, senza incespicare sulle parole.
Un tonfo al petto, ecco cosa provò il SOLDIER che si trovava in quella stanza con lei. L’ammirazione di qualcuno… era tutto ciò che aveva desiderato, il motivo che l’aveva spinto a impegnarsi per risalire la scala gerarchica della divisione che poi aveva abbandonato. Soprattutto, desiderava l’approvazione di Sephiroth, il suo modello d’ispirazione. Rainiel non sarebbe mai stata davvero la sua apprendista, questo era certo. Sapeva già combattere e, al momento, per quanto detestasse ammetterlo, probabilmente sapeva farlo anche meglio di lui. Non aveva molto da insegnarle, se non quelle astute mosse da gioco sporco che tirava fuori nei momenti critici. Usare la testa per sconfiggere i muscoli era tutto ciò che gli rimaneva da fare, finché la degradazione non avesse colpito anche la sua mente. Jadin dimenticava volontariamente, alcune volte, di arrestare il processo immediatamente. L’autodistruzione del corpo di Genesis andava avanti e così, anche quando poi la sua fine veniva rimandata così da consentirgli di trascorrere un altro giorno di vita da schiavo di una folle scienziata, molte delle sue cellule non si ripristinavano affatto. Momento dopo momento, lui diventava più debole. Più inutile. Questo pensiero lo uccideva più della degradazione stessa, e Jadin lo sapeva benissimo.
Mentre lui rifletteva, Rain si avvicinò alla porta del simulatore. Sapeva che per quel giorno poteva bastare così. Si fermò solo quando la voce, un po’ spezzata, di Genesis la indusse a farlo.
«Non credere che queste tue parole mi convincano a essere più indulgente nei tuoi confronti.» esclamò a tono più alto e, questa volta, le lanciò un’occhiata da sopra una spalla.
Il viso della ragazza si illuminò di nuovo con un rapido sorriso. «Lo spero bene! Con l’indulgenza non si è mai sicuri di aver appreso tutto!» ridacchiò, e rinfoderò le spade nelle loro guaine. «Attendo con ansia il prossimo addestramento, e stavolta non mi farò cogliere impreparata!»
Si congedò con un piccolo inchino e uscì, lasciando Genesis da solo con i suoi pensieri. La cosa più spaventosa che potesse capitargli.

 
   
 
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