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Autore: Keeper of Memories    11/02/2023    1 recensioni
[Possibili spoiler]
Raccolta di Oneshot su vari personaggi di Genshin Impact, alcune richieste altre scritte in una manciata di ore, seguendo l'ispirazione.
The world is full of lost ballads just waiting to be rediscovered!
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Genere: hurt/comfort, slice of life
Coppia: shonen-ai
Personaggi: Alhaitham, Kaveh
Avvertimenti: Nessuno
Note: Questa fanfiction partecipa alla E’ NATO PRIMA L’UOVO O LA FYCCYNA?– REVERSE CHALLENGE! del Gruppo Hurt/Comfort Italia - Fanart e Fanfiction - Gruppo Nuovo

 
Kaveh si appoggiò sullo schienale della sedia della sua stanza, sfregandosi gli occhi stanchi con palmi. Guardò l’orologio: erano le dieci di sera e la casa era avvolta dal silenzio. Si alzò, allungando le braccia verso il soffitto.
Aveva passato la giornata a studiare e ridisegnare le piantine dell’abitazione del suo prossimo cliente e, concentrato com’era, non era nemmeno sicuro di aver sentito il suo amato coinquilino rientrare.
In quello stesso istante, il “click” metallico delle chiavi nella serratura della porta annunciarono l’arrivo di Alhaitham. Kaveh corse alla porta, pronto a lamentarsi per l’inatteso rientro tardivo, ma si bloccò quasi immediatamente.
«Hai una faccia orribile.»
Alhaitham lo guardò brevemente senza dire nulla, il volto insolitamente pallido, gli occhi pesantemente cerchiati da ombre scure. Quindi si voltò, ignorando totalmente le sue parole, diretto verso la sua stanza.
«Ehi, non ignorarmi!»
«Sono stanco. Andrò a dormire» disse Alhaitham, prima di chiudere la porta alle sue spalle.
Kaveh rimase per alcuni istanti a fissare la porta chiusa, incapace di scacciare un vago senso d’inquietudine che non sapeva spiegarsi. Liquidò la cosa, dandosi dello sciocco. Per cosa si stava preoccupando esattamente?
 
La mattina successiva accolse Kaveh con uno splendido aroma di caffè che proveniva dal soggiorno. Alhaitham sedeva comodamente su uno dei tre divani, gli occhi puntati su un libro dalla copertina consunta.
«Continui ad avere un aspetto orribile» disse Kaveh, versandosi una tazza abbondante di caffè. Il colorito di Alhaitham non era minimamente migliorato, anzi, le occhiaie si erano forse fatte perfino più profonde.
«Resta comunque una visione migliore di quella che hai davanti allo specchio, Kaveh.»
«È invidia quella che sento, Alhaitham? Tsk.»
«Solo la banale verità.»
Kaveh lanciò un’occhiataccia al suo coinquilino che come sempre lo ignorò.
«Piuttosto… stai bene?»
Alhaitham sospirò, sollevando finalmente lo sguardo dal suo amato libro.
«Sono solo un po’ stanco, niente di grave. C’è molto lavoro da fare all’Akademia.»
«Dovresti prenderti una pausa, sai? Non ti fa bene lavorare così tanto.»
«Ti ricordo che, almeno per ora, sono il Gran Saggio Reggente, Kaveh. Non posso esattamente prendermi-»
«Va bene, va bene» lo interruppe Kaveh «però questa volta prendi qualcosa da mangiare. Ho conservato gli avanzi della cena di ieri.»
«La… cosa?»
«La cena di ieri! Per i Sette, ti avevo detto ieri che avrei preparato la cena per entrambi…»
«Perché, sai cucinare?»
«Certo che so cucinare!» sbottò Kaveh infastidito «Semplicemente, non ho mai cucinato per te
«E questa volta l’hai fatto perché…?»
«Ho preso un nuovo mix di spezie da Jut. Ho marinato la carne, ma le porzioni sono troppo grandi per me. Non preoccuparti, ho fatto dei semplici Shawrma.»
Alhaitham annuì appena, riportando l’attenzione sul suo libro senza mostrare apparente interesse a quella nuova informazione.
 
La giornata di Kaveh venne assorbita completamente nel chiasso del Gran Bazar, tra le bancarelle colorate e il profumo delle spezie. Gli servivano diversi pezzi di mobilio per il cliente per cui stava lavorando e, tra una contrattazione e un prezzo da amico, il tramonto arrivò senza che quasi se ne rendesse conto.
Stava per uscire dal Gran Bazaar quando, per qualche ragione, la sua mente indugiò sul suo fastidioso coinquilino, forse per qualche istante di troppo. Gli venne un’idea. Un’idea totalmente sciocca, di cui probabilmente si sarebbe pentito amaramente, ma si conosceva abbastanza da sapere che non erano ragioni sufficienti per fermarsi. Tornò sui suoi passi, sperando che gli ambulanti del Bazar non avessero già chiuso.
 
Era molto tardi quando Alhaitham rientrò, forse in condizioni peggiori del giorno precedente. Sperava fosse solo la sua immaginazione, ma a Kaveh sembrò addirittura che avesse perso peso.
«Per i Sette, sei in condizioni pietose» lo accolse, cercando di nascondere il più possibile la preoccupazione dalla voce.
«È solo stanchezza, nulla di grave.»
«Sciocchezze.»
Kaveh ridusse rapidamente la distanza che li separava con ampie falcate e si parò davanti al suo coinquilino.
«Non stai saltando i pasti, vero?»
Alhaitham sospirò. «Non volontariamente.»
«Che cosa significa non volontariamente?» gli chiese, alzando la voce.
«Significa che a volte ho troppo da fare e me ne dimentico. Ora, perdonami, ma vorrei andare a dormire.»
«Siediti, devi mangiare qualcosa» disse Kaveh, sperando di farlo sembrare un ordine.
«Non ho fame.» La voce di Alhaitham sembrava invece un flebile sussurro.
«Maledizione, fallo e basta!»
Accadde tutto in pochi istanti: Alhaitham smise di parlare e il suo sguardo si fece vitreo.
Il primo istinto di Kaveh fu quello di allungare le braccia verso di lui, come se il suo subconscio sapesse già cosa stesse accadendo, come se il suo cervello avesse già dipinto l’immagine terrificante del suo coinquilino a terra nella sua mente e gli avesse già ordinato di salvarlo dalla caduta. Così Alhaitham crollò tra le sue braccia.
«No. No, maledizione, NO!»
Kaveh si sentiva genuinamente terrorizzato, il cuore gli batteva all’impazzata nel petto e probabilmente l’unica cosa che gli permetteva di reggere il peso del suo coinquilino era la quantità di adrenalina che probabilmente aveva in circolo.
«Svegliati! Non puoi farmi prendere spaventi del genere!» urlò con voce spezzata, senza ottenere alcun risultato.
 
«Quindi? Qual è il problema?»
Lo sguardo di Kaveh saettava tra il dottore del Bimarstan e il volto scavato di Alhaitham, steso e ancora privo di sensi tra un numero forse eccessivo di coperte.
«Un brutto caso di affaticamento da stress, direi. Avete notato cambiamenti d’umore o nel suo comportamento di recente?»
Kaveh scosse la testa. «No, direi di no.»
«Allora saranno sufficienti alcuni giorni di riposo.»
Kaveh accompagnò il medico alla porta, ringraziandolo e scusandosi per averlo fatto arrivare ad un’ora così tarda.
«Perché ci sono così tante coperte?»
La voce infastidita di Alhaitham arrivò alle sue orecchie non appena richiuse la porta alle sue spalle.
«Non sapevo cosa fare, ho improvvisato! Ho chiamato un dottore e-»
«Almeno quella era una cosa giusta da fare» lo interruppe, massaggiandosi le tempie con le dita «Non posso riposare.»
«E invece sì. Sarai costretto.»
«Cosa?»
Kaveh si appoggiò alla cornice della porta, esibendosi nel suo migliore sorriso di vittoria.
«Ho preso le tue chiavi e ho nascosto entrambi i mazzi.»
«Tu… cosa?»
«E ho appena chiuso a chiave la porta. Sarai costretto a restare qua dentro fino a domani.»
Alhaitham si mise lentamente a sedere, spostando infastidito alcune coperte.
«Sei incredibile.»
«Lo so!»
«Non era un complimento.»
«Oh, presto lo sarà! Aspetta qui, non ti muovere.»
Kaveh corse ai fornelli, dove aveva lasciato la cena che aveva accuratamente preparato per entrambi. Pochi minuti dopo, tornò da Alhaitham con due ciotole fumanti di stufato, accuratamente adagiate su un vassoio di legno.
«Ecco qua!» disse, porgendone una al suo coinquilino, assieme alle posate necessarie.
«Che cos’è?»
«La cena. Devi mangiare, altrimenti non ti riprenderai mai.»
Alhaitham guardò i pezzi di carne e verdure per qualche istante, prima di addentarne uno.
«È buono?» chiese Kaveh, accomodandosi su una sedia. Leggere le espressioni di Alhaitham era praticamente impossibile, ci aveva rinunciato molto tempo fa. Se non altro, poteva aspettarsi totale sincerità dalle sue parole.
«È… diverso.»
«Già! Ho usato la carne marinata nelle spezie che ti dicevo stamattina. Una delle migliori idee che io abbia avuto negli ultimi giorni!»
Alhaitham non disse nulla ma ripulì completamente il piatto dallo stufato. Kaveh lasciò la stanza poco dopo, con due ciotole vuote e la gioia nel cuore.
 
 
La mattina seguente, Kaveh entrò nella stanza di Alhaitham con una tazza di caffè appena preparato.
«Buongiorno!»
Alhaitham continuò a leggere il suo adorato libro sgualcito, ignorandolo totalmente. Dal colorito, però, intuì stesse già molto meglio, permettendogli di tirare un sospiro di sollievo.
«Lascia pure la tazza lì» gli disse, indicando il comodino.
Kaveh si avvicinò e fece come gli era stato detto. Stava per girarsi e lasciare la stanza, quando uno strattone al braccio gli fece perdere l’equilibrio, cadendo sul letto. Il suo primo istinto fu quello di rialzarsi ma due braccia forti gli cinsero le spalle e la vita.
«Preso.»
Kaveh iniziò a dimenarsi, ma la presa di Alhaitham era più salda di quanto si aspettasse.
«Che cosa stai facendo? Lasciami!»
«Se rispondi a qualche domanda ti lascio andare.»
«Posso rispondere benissimo rimanendo a dieci metri da te!»
«Impossibile, non saresti sincero. Rispondi e finirà in fretta.»
Kaveh si arrese, sperando che quella farsa terminasse prima che il suo cuore decidesse accidentalmente di uscire dal petto. Sicuramente, la consapevolezza di essere praticamente sdraiato su Alhaitham non aiutava, anzi, tendeva a fargli diventare la faccia dello stesso colore dei pomodori maturi.
«Muoviti.»
«Bene, dimmi la verità. Una sola basta, per ora.»
«Che cosa stai blaterando?» mormorò Kaveh, fissando ostinatamente un punto lontano della stanza.
«Non lo so, c’è molto da dire. Però potresti iniziare ammettendo di essere preoccupato per me» sussurrò al suo orecchio.
«Tsk. Non esagerare, ti ho solo dato una mano» disse, cercando di ignorare un certo brivido lungo la schiena che quelle parole avevano provocato.
«Kaveh, non sono sciocco. Sai che lo stufato è il mio piatto preferito, vero?»
«Lo so» ammise.
«Per preparare lo stufato ci vogliono ore e ieri mattina la dispensa era praticamente vuota. L’unica conclusione logica è che tu abbia acquistato appositamente gli ingredienti per cucinare il mio piatto preferito prima che io arrivassi.»
Kaveh ammutolì. Odiava Alhaitham, odiava il suo essere così sveglio e fastidiosamente razionale. Odiavo come gli bastasse un banale abbraccio per farlo sentire così vulnerabile. Fece un respiro profondo e chiuse gli occhi per alcuni istanti, alla ricerca di qualche sprazzo di coraggio.
«Ero preoccupato per te, ok? Insomma, sono giorni che torni a casa distrutto, non mangi e vai direttamente a letto. Non sono ritmi sostenibili! Volevo aiutarti in qualche modo, ok? Speravo che il tuo piatto preferito ti avrebbe convinto a mangiare.»
Kaveh espirò, realizzando di aver trattenuto il fiato fino a quell’istante.
«È tutto?»
Alhaitham lo stava guardando con attenzione, le labbra increspate da un leggero sorriso erano l’unica differenza con la sua usale espressione impassibile.
«Si. Ora lasciami.»
«Sicuro sia quello che vuoi?»
«SI.»
Alhaitham allargo le braccia. Kaveh si alzò di scatto e con passi rapidi si diresse verso la porta.
«Kaveh?»
Sentendosi chiamare, Kaveh si fermò di scatto. Si trovava ormai sulla porta, ma non aveva nessuna intenzione di voltarsi indietro.
«Quello stufato era molto buono. Mi piacerebbe mangiarlo ancora.»
 
 
   
 
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