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Autore: Stillathogwarts    13/02/2023    3 recensioni
Cinque anni dopo la fine della guerra, il Wizengamot scavalca il Ministro Shacklebolt e fa approvare una Legge sui Matrimoni, nonostante lo scontento generale.
Hermione si ritrova così a dover sposare un Draco Malfoy che mostra fin da subito uno strano e incomprensibile comportamento, mentre una serie di segreti e omissioni iniziano pian piano a venire a galla.
• Marriage Law trope, ma a modo mio (per favore, leggete il primo n.d.a.).
• DRAMIONE
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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The Weight of Us



CAPITOLO 17
The Marauder's Foundation


 






POV HERMIONE


«Che cosa vuoi dire?» chiese Hermione, spiazzata. «Per quanto tempo starai via?»
«Una settimana circa» rispose Draco, leggermente preoccupato dalla sua reazione. «Mi dispiace andare proprio ora, My, ma Potter ha bisogno di me per questa missione e non può chiedere a nessun altro.»
«Nessun altro in tutto il Dipartimento Auror può accompagnarlo?»
«Nessun altro in tutto il Dipartimento Auror ha le mie competenze in merito», precisò lui. «Sarei comunque più tranquillo se andassi a stare da Ginevra fino al mio ritorno.»
La giovane aprì la bocca per dire qualcosa, poi la richiuse; non era entusiasta della notizia e la sua natura improvvisa l’aveva resa inevitabilmente sospettosa. Gli rivolse un’occhiata triste.
«Dai, tu e Ginevra trascorrerete il tempo insieme, passerà in un baleno, vedrai.»
La afferrò per i polsi e la attirò a sé.
«Di cosa si tratta?» continuò a indagare lei, avvertendo una certa ansia impossessarsi del suo corpo.
«Non posso dirtelo», disse il biondino, sospirando. «Ma non è pericoloso. Dobbiamo solo trovare e identificare una cosa.»
Hermione non era del tutto convinta, ma deglutì e annuì. «Me lo prometti?»
«Sì», sussurrò lui. «Niente missioni suicide. È con me che stai parlando.»
Lei rise contro il suo petto. «Mi mancherai.»
Gli angoli della bocca di Draco si sollevarono all’insù. «Hermione, sei arrivata al punto da non poter più vivere senza di me?» la prese in giro. «No perché supererebbe ogni mia aspettativa, ad essere onesto.»
«Non fare lo scemo!» sbuffò lei. «Solo, così all’improvviso… non me lo aspettavo.»
Non quando trascorreva ormai le sue intere giornate con lui alla villa, almeno.
Il biondino la allontanò leggermente da sé e le prese il viso con entrambe le mani. «Sarai in grado di sentirmi per tutto il tempo», le ricordò, poi abbassò il braccio a prenderle la mano con l’anello e la sollevò portandola davanti ai suoi occhi. «Ricordi?»
Hermione sorrise e annuì. «D’accordo», concesse lei. «Merlino, sto diventando sentimentale. Dev’essere colpa della gravidanza.»
Draco rise. «O ti sei perdutamente innamorata di me.»
La giovane fece ruotare gli occhi, ma non negò, il sorriso sempre presente sul suo volto. «Ho inviato il modulo all’Ufficio Anagrafe», annunciò e le iridi di lui si illuminarono sentendo la lieta notizia. «E vorrei anche a ringraziarti per il lavoro che hai svolto per la Marauder’s
«Non devi ringraziarmi», ribatté il marito. «Tutto ciò che faccio lo faccio per te e lo faccio volentieri, specie se è qualcosa a cui tieni o che ti rende felice.»
Le circondò la vita, abbracciandola da dietro, lasciandole un bacio sulla pelle nuda dell’incavo del collo, poi avvicinò le labbra al suo orecchio. «Renderti felice è il mio scopo primario nella vita.»
Hermione rise. «Non farti sentire da Sirius», lo avvisò. «Crede di essere il centro della tua esistenza.»
«Lo è, ma credo che dargli la conferma possa essere controproducente», replicò il biondino. «Se dovesse capire che sono totalmente incapace di non soddisfare ogni suo capriccio, sarebbe la fine.»
«E io che pensavo che saresti stato tu il poliziotto cattivo tra i due», affermò lei, sghignazzando.
«Il poliziotto cattivo?» le fece eco lui, corrugando la fronte, perplesso.
«È un modo di dire babbano» spiegò brevemente Hermione. «Intendevo solo dire che pensavo che tra i due saresti stato tu quello più rigido.»
«Dannatamente prevenuto da parte tua» considerò il biondino, ma senza risentimento.
La giovane rise. «Mea culpa
«Hai studiato il latino?» chiese lui sorpreso.
Hermione annuì. «Perché tu conosci il latino? Sei pieno di sorprese Draco Malfoy!»
«Prima di Hogwarts ho studiato latino, greco e francese», ripeté lui, compiaciuto. «Mia madre ci ha sempre tenuto. Il latino è utile perché molti incantesimi hanno radice latina. Il greco per l’Alchimia, materia a cui sono molto appassionato.»
«Sto rivalutando l’idea di mandare Sirius in una scuola babbana.»
E lo stava facendo veramente. Poteva funzionare, l’istruzione in casa, viste le competenze del biondino.
«Io te l’ho detto che posso pensarci io», ribadì Draco. «Abbi un po’ di fede in me.»
Lo sguardo di Hermione si addolcì e un tenero sorriso le si aprì sul viso.
«Ne ho tanta, Draco», disse senza alcuna esitazione.
*
«È arrivata questa oggi», annunciò Ginny, sventolando una lettera nella sua direzione. «Dicono che torneranno questo pomeriggio!»
Hermione sorrise. «Sarà meglio che torni a Dragonshore allora.»
«Mi ero quasi abituata ad averti attorno», sospirò la rossa. «Da quando sono in maternità mi sento particolarmente sola. Harry è sempre al lavoro» considerò, abbattuta. «Immagino tu non abbia questo problema.»
«No, Draco è quasi sempre in casa», ammise lei. «E anche se non c’è, ho Sirius a tenermi impegnata.»
«James non parla ancora», disse Ginny. «Mi manca parlare con la gente.»
«Ha solo cinque mesi Gin!» esclamò Hermione, divertita. «Dagli tempo!»
La giovane fece spallucce. «Saresti frustrata anche tu se la tua unica compagnia fosse Kreacher», aggiunse. «Insomma, per quanto si sia ammorbidito, non è di certo l’anima della festa.»
«Vienici a trovare quando vuoi», la invitò Hermione. «Sei sempre la benvenuta a Dragonshore. Non credevo di dovertelo dire.»
Ginny le sorrise. «Verrò a darvi un po’ di fastidio, allora.»
«Bene» commentò Hermione, sorridendo a sua volta.
Dopo aver pranzato assieme a Ginny e aver sistemato le loro cose, Hermione prese Sirius per mano e attraversò il camino per tornare alla loro villa. Trascorse le successive ore a concordare con gli elfi cosa preparare per cena e a sistemare la sala da pranzo in modo da fare una sorpresa a Draco, poi si sedette sul divano ad attendere. Sirius era impaziente di rivedere il padre, - Hermione sospettava che temesse di essere abbandonato una seconda volta, per cui aveva trascorso l’intera settimana a rassicurarlo sul fatto che sarebbe presto tornato da loro -, e non riusciva a restare un attimo fermo; aveva persino scatenato due incidenti di magia accidentale a causa del suo nervosismo.
Quando finalmente sentirono la porta di ingresso aprirsi, il bambino corse come un fulmine, assalendo letteralmente un Draco ansante e trafelato.
«Ehi, ometto!» esclamò il biondino, ridendo.
«Papà!» trillò Sirius, lasciandosi prendere in braccio, contento. «Finalmente sei tornato!»
«Ti sono mancato?»
«Sì, sì, sì!» gridò lui. «Tantissimo!»
Draco rise più forte. «Anche tu», gli sussurrò all’orecchio.
Hermione gli si avvicinò raggiante.
«Ti devo raccontare cos’abbiamo fatto questa settimana!» iniziò a Sirius, tutto eccitato. «La mamma ha portato me, zia Ginny e James al cinema! E poi mi ha insegnato a suonare una canzone al piano, vuoi sentirla?»
«Rallenta, ometto» rise Draco. «Vorrei salutare anche la mamma. Mi è mancata anche lei, sai?»
Senza rimettere il piccolo a terra, il biondino trasse Hermione a sé e la strinse forte; le diede un bacio sulle labbra e poi uno sulla tempia.
«Tutto bene?», le chiese con aria leggermente apprensiva.
«Tutto bene», rispose lei, sorridendogli. «Voi?»
«Tutto bene.»
La giovane si morse il labbro inferiore. «Ora mi puoi dire cosa dovevate fare?»
«Ancora top secret, temo», asserì lui, «ma te ne potrò parlare presto.»
Hermione annuì. Capiva perfettamente la politica di segretezza del Ministero, lavorandoci ella stessa ed era una cosa a cui la sua curiosità doveva rassegnarsi.
«Ho finito di organizzare le cose per il ballo di beneficienza», gli disse. «E volevo farti vedere una cosa.»
Appellò a sé una busta e gliela porse.
«Non è un’altra delle lettere minatorie di mio padre, vero?» chiese lui sbuffando. «Giuro che lo denuncio questa volta.»
Hermione rise. «No, assolutamente. Giuro che è una cosa bella.»
Draco rimise Sirius a terra, che si avvinghiò alla madre, e si accinse ad aprire la busta.
L’espressione sul suo viso divenne indecifrabile. «Questo… questa è… come…?»
Gli angoli delle labbra di Hermione si sollevarono. «Ora che sono all’ottavo mese ho pensato di fare un’ecografia babbana, perché volevo avere questo ricordo…» non menzionò il fatto che non le fosse stato possibile farlo anche con Sirius vista la guerra che era in corso a quel tempo, cosa che la rattristiva molto. «È davvero triste che i maghi e le streghe non abbiano una loro versione della cosa. Insomma, guardala
Ma non aveva davvero bisogno di invitarlo a osservare la figura, perché il biondino era già imbambolato ad analizzarla nei minimi dettagli.
Deglutì. «Fa un certo effetto.»
Hermione rise. «Già.»
«Lei è… così?» chiese ancora lui, meravigliato. «Dentro di te?»
«Esatto» confermò la giovane. «Guarda la seconda foto.»
«Ha… ha un dito in bocca?» domandò passandosi una mano tra i capelli, sempre più stupito.
Una lacrima di commozione sfuggì al suo controllo.
Hermione annuì, raggiante, poi si alzò sulle punte e sussurrò all’orecchio di Draco: «Sirius si è messo a piangere quando l’ha vista, ma non dirgli che te l’ho detto.»
Il biondino ridacchiò. «È… wow!» soffiò senza parole, deglutendo, mentre osservava ancora le foto che stringeva tra le mani, con sguardo rapito, poi le prese il volto tra le mani e la baciò ripetutamente.
«Bleah», commentò Sirius, arricciando il naso.
Draco scoppiò a ridere. «Oh, cambierai idea, un giorno.»
Hermione alzò gli occhi al cielo. «Hai passato troppo tempo con zio Ron questa settimana», commentò divertita, scompigliandogli i capelli.
Sirius sbuffò. «I capelli, mamma!»
«Ma puoi sistemarli con una strizzatina d’occhio» protestò lei, ma il bambino tenne su il broncio ugualmente. Si voltò a guardare il marito.
«Sei stanco?» gli domandò. «Ho fatto preparare la cena.»
«No, va bene», disse lui, sorridendole.
«Ma la canzone?» fece Sirius, sbuffando.
«Dopo cena tesoro, d’accordo?» gli assicurò Hermione, sospingendolo dolcemente verso la sala da pranzo.
«Papà ha fatto un lungo viaggio e deve mangiare prima.»
La cena passò con un Sirius sovreccitato che non fece altro che parlare per tutto il tempo, aggiornando dettagliatamente Draco su quello che avevano fatto in quella settimana, - Hermione davvero non credeva che ci fosse così tanto da raccontare, ma il bambino sembrava pensarla diversamente -, per poi dimenticare completamente della canzone che voleva suonargli non appena il biondino tirò fuori un regalo per lui.
«Se continui così, si aspetterà un regalo ogni volta che mancherai da casa per più di due giorni» commentò la giovane, sospirando rassegnata.
«Ma io gli porterò un regalo ogni volta che mancherò da casa per più di due giorni», ribatté Draco, con ovvietà, facendole alzare gli occhi al cielo.
«Lo vizierai» considerò lei. «Non va bene.»
«Uhm, quindi mi stai dicendo che non vuoi il tuo regalo?» chiese lui, fingendo perplessità.
Hermione schiuse le labbra, sorpresa. «Mi hai preso qualcosa?»
Il biondino rise. «Certo che ti ho preso qualcosa.»
Si infilò una mano in tasca, su cui Hermione aveva lanciato un Incantesimo di Estensione Irriconoscibile prima della sua partenza, e ne tirò fuori un pacchetto che aveva tutta l’aria di contenere un libro.
Lesse la vittoria sul viso di Draco prima ancora che lei scattasse in avanti per prendere l’oggetto e lo scartasse in una manciata di secondi.
«Oh, ho sempre voluto leggerlo!» esclamò lei, guardando la copertina antica del volume in questione. «Ma è praticamente introvabile! Come hai fatto?»
«Ho le mie risorse», disse semplicemente lui. «Niente è introvabile per la giusta somma di denaro.»
«Draco…»
«Puoi accettare un mio regalo senza avanzare proteste per una volta?» le domandò lui, ridendo. Le si avvicinò e le tese una mano, facendola alzare in piedi, poi le spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
«Lasciati lusingare una volta tanto», soffiò suadente. «Tanto ti vizierò ugualmente, lo sai.»
Hermione gli sorrise. «Sei incorreggibile.»
«Cosa che ti è sempre piaciuta.»
Si voltò a controllare cosa stesse facendo Sirius, perché non sentiva rumore da più di cinque minuti e le sembrava strano, per poi notare che si era addormentato sul divano.
«Lo porti di sopra?» gli chiese. «Ti aspetto in camera.»
Draco ghignò. «Quale dolce melodia!»
«Sbruffone», rispose lei, rivolgendogli una smorfia divertita prima di incamminarsi in direzione delle scale.
La raggiunse qualche minuto dopo, abbracciandola da dietro e baciandole lascivamente il collo.
«C’è un’altra cosa che devo darti» sussurrò lui, voltandola per guardarla in faccia e tendendo verso di lei un sontuoso scatolino.
«Un altro regalo?»
«Non ho saputo resistere» disse Draco, osservandola aprire il pacchetto.
Gli occhi di Hermione si allargarono quando videro gli orecchini.
«Ho pensato che stessero bene con l’anello», mormorò contro il suo orecchio. «Potresti indossarli al ballo.»
Lei boccheggiò per qualche istante, prima di riuscire a trovare la voce per ringraziarlo, poi lo baciò con trasporto.
«Harry si è raccomandato che ti chiedessi di non dire a Ginny che hai avuto due regali.»
Hermione rise.
«Mi sei mancato, furetto» mormorò, iniziando a sbottonargli la camicia. «Bagno?»
Draco sorrise. «Solo se vieni con me.»
*
A Hermione i balli di beneficenza piacevano, ma costringersi in un vestito elegante all’ottavo mese di gravidanza l’aveva portata a odiare quell’evento in particolare. Peggio del vestito, rifletté, c’erano solo le scarpe.
«Magia», borbottò stizzita. «Tecnologia babbana… niente! Mai una soluzione per questo!»
La testa bionda di Draco fece capolino dalla porta della loro camera, con la fonte corrugata. «Tutto bene?»
Hermione mugugnò un “sì” abbastanza stizzito, che lo fece divenire ancora più perplesso. «Non sembra.»
«Sono queste maledette scarpe!» sbuffò, spazientita. «Guarda quante ne ho! Letteralmente l’unica cosa materiale in cui eccedo e non c’è neanche un paio che siano comode per una donna incinta! Neanche uno!»
Draco rise, ma le si avvicinò con passo deciso. «Siediti.»
Lei gli rivolse uno sguardo perplesso, poi andò ad accomodarsi sul bordo del letto e lo osservò mentre si piegava sulle ginocchia davanti a lei, le prendeva una per volta le caviglie e mormorava un incantesimo a lei sconosciuto. Quando Hermione si rimise in piedi, notò che si sentiva notevolmente meglio.
«Cos’era quello?» esclamò incredula, gli occhi sbarrati per la sorpresa e le labbra schiuse in maniera quasi comica.
«Un incantesimo di mia invenzione», disse lui con aria compiaciuta. «Al sesto anno ti lamentavi dei tacchi anche se non eri incinta.»
«Hai inventato un incantesimo perché mi lamentavo di una cosa così banale?» domandò spiazzata.
Lui rispose con un’alzata di spalle, ostentando una nonchalance che Hermione era convinta fosse del tutto falsa.
«E perché non lo hai reso pubblico e fatto approvare dal Ministero?»
«Perché dovevi goderne tu per prima», rispose Draco, come se fosse ovvio.
Lei non nutriva di complessi così egoistici, ma era tanto contenta che l’idea di obiettare non la sfiorò neanche; quello e il fatto che tutta la vicenda la lusingava parecchio, naturalmente.
«Devi insegnarmelo!» trillò entusiasta, invece.
«Lo farei, ma tu non condoni la magia oscura in nessun caso.»
«Scusami?» fece lei, impallidendo.
«È il vero motivo per cui il Ministero non può sapere che ho inventato questo incantesimo» le spiegò, serio. «Sono partito da un incanto oscuro per crearlo.»
Hermione lo fissò in silenzio per qualche istante, studiandolo con gli occhi ridotti a due fessure, cercando di capire se fosse sincero o se la stesse prendendo in giro. «Ti aspetti che creda che un incantesimo per rendere i tacchi più tollerabili abbia radici nella magia oscura
Draco le rivolse un sorrisetto enigmatico.
La giovane si accigliò. «Stai scherzando.»
«Deve pur esserci un motivo se nessuno lo aveva inventato prima, no?» ribatté lui, con una cadenza che le fece sospettare che stesse imitando il suo tono saccente quando doveva spiegare cose da lei ritenute ovvie.
Hermione parve rifletterci sopra per qualche momento, poi scrollò le spalle, decidendo che non le importava assolutamente nulla dell’origine di quell’Incantesimo. «Comunque, a meno che non siano le Maledizioni Senza Perdono, il mio disappunto per l’uso della magia oscura non vale per le questioni di vita o di morte.»
Draco sollevò un sopracciglio. «Delle scarpe scomode sono questione di vita o di morte?»
«Certo che lo sono!» ringhiò lei, puntandogli l’indice della mano destra contro a mo’ di avvertimento. «Non osare sminuire la problematica!»
Il biondino rise e poi le tese un braccio, che Hermione afferrò con delicatezza.
«La grande Hermione Granger-Malfoy, eroina di guerra, sconfitta da un paio di scarpe.»
«Oh, chiudi il becco, furetto!» sbuffò in risposta lei, ma gli angoli delle sue labbra erano sollevati all’insù.
*
«Mione!»
La voce di Justin la costrinse a voltarsi.
«Come stai?»
Abbracciò il suo amico e gli rivolse un ampio sorriso. «Bene, grazie. Tu?»
«Tutto bene», ripose lui e di fatti aveva un’aria molto felice. «Vedo che hai risolto le tue controversie in merito al matrimonio con Malfoy.»
Hermione rise. «Già. Come va tra te e Daphne?»
«Oh, noi… beh, eravamo nel secondo gruppo, ma siamo stati tra i primi a saperlo», le raccontò. «L’ho invitata subito a uscire e per il momento di sposarci avevamo già un bel rapporto. Sai, ad oggi credo che quel Cuore sappia il fatto suo.»
Lei annuì distrattamente, ma si rabbuiò leggermente non appena si rese conto dell’affermazione con cui aveva appena convenuto. Justin parve comprendere all’istante il luogo in cui erano volati i suoi pensieri e si affrettò ad aggiungere, con tono carico di rammarico e dispiacere: «Certo, non si può dire la stessa cosa per la povera Ariadne…»
«Il Cuore di Cupido non riconosce pregiudizi e discriminazioni, Justin», mormorò Hermione stancamente. «Quelle sono cose di natura umana.»
Il giovane ribatté con un cenno del capo. «Dean ha sposato la sorella di Daphne, sai?» la informò, cercando di indirizzare il discorso su temi più allegri. «Astoria. Anche loro vanno molto d’accordo.»
«Sono contenta» affermò lei, sorridendo nuovamente.
«Credo siano amiche di Malfoy.»
«Sì, erano al matrimonio» commentò la ragazza, chiedendosi per la prima volta come mai il biondino non gliele avesse ancora presentate.
«Daphne, lei… dice sempre che Malfoy ti ha aspettata a lungo, sai?» le rivelò esitante Justin, riportandola alla realtà. «Insomma, non so di preciso cosa voglia dire, ma mi ha confessato che è stata molto contenta di sapere del vostro match, perché pensava che lui meritasse di essere finalmente felice.»
Hermione corrugò leggermente la fronte. «A quanto pare abbiamo avuto una storia al sesto anno», ammise. «Solo che io non lo ricordavo. Sono stata Obliviata
«Aspetta, credevo fosse una cosa di vostra invenzione per via di Sirius… quindi è veramente lui il padre?»
Lei fece un cenno d’assenso con il capo. «È tutto vero, ma non credevo che le Greengrass lo sapessero.»
«Daphne non sapeva di Sirius… cioè immagino che abbia fatto due più due quando siete usciti allo scoperto, ma non mi ha detto niente», asserì lui. «Sono molto riservati loro, sai? Non rivelano facilmente i segreti dei propri amici, neanche ai propri coniugi.»
Hermione annuì, mordendosi un labbro.
Quando Draco e Daphne li raggiunsero, i due presentarono le donne e poi Justin e la moglie si allontanarono per ballare.
«Le Greengrass sapevano di noi?» gli domandò casualmente. «Del sesto anno?»
Il biondino deglutì. «Ho dovuto dirglielo», confessò esitante. «Astoria si era presa una cotta per me.»
Hermione si irrigidì, ma non seppe dire se lui se ne fosse accorto.
«Erano le mie uniche amiche e non volevo perderle», spiegò ancora. «Così ho raccontato loro di noi due, sperando che Astoria capisse che non ci fossero speranze prima ancora che facesse un passo. Ha funzionato.»
La giovane restò in silenzio per qualche istante, guardando con attenzione Sirius e Teddy che scorrazzavano ridenti per la sala. «Qualcuno dovrebbe fermarli, faranno cadere la gente se non si calmano.»
Draco stava per muoversi, ma videro Andromeda avvicinarsi ai due e parlargli, senza abbandonare neanche un po’ del suo usuale contegno.
«Hermione, Draco!»
Blaise e Susan si avvicinarono a loro, raggianti e i due si voltarono per salutarli a loro volta.
«Volevamo congratularci con voi per la vittoria sul Wizengamot», disse Susan. «Vedo che non avete richiesto l’annullamento.»
La mano del biondino si chiuse attorno alla vita di Hermione con fare protettivo, come se con quel gesto volesse sfidare il mondo anche solo a provare a sostenere che non appartenessero l’uno all’altra. «Per noi il Cuore ha funzionato», ribatté brevemente, senza dare troppe spiegazioni. Susan sorrise.
«E i tuoi?» chiese Blaise. «Come l’hanno presa?»
Draco deglutì. «Mamma ha reagito stoicamente», spiegò senza fronzoli. «Lucius… chi se ne frega.»
I due amici sospirarono all’unisono. «Almeno ne hai uno dalla tua parte», commentò Blaise. «Mia madre non ha preso bene la notizia del nostro rinnovo dei voti.»
Hermione sorrise a Susan con fare solidale, come a dirle «Comprendo come ti senti e ti sono vicina».
«Credo che mi diserederà» aggiunse Blaise. «Ma tanto tu stai per aprire un’azienda, no? C’è un posto di lavoro per me in caso?»
Draco rise brevemente. «Ovviamente», rispose. «Come vedi, non abbiamo bisogno di loro.»
Blaise annuì. «Noi Serpi ci guardiamo le spalle a vicenda.»
«E restiamo uniti» terminarono Daphne e Astoria all’unisono, sbucando alle loro spalle.
Hermione si sentì terribilmente a disagio in quel momento, quasi di troppo, tanto che dovette resistere all’impulso di dileguarsi all’istante, ma per fortuna Dean e Justin raggiunsero il gruppo subito dopo.
«Noi Grifondoro ci ubriachiamo», affermò Dean, per sdrammatizzare.
«E noi Tassorosso con voi», concordò Justin, sghignazzando.
«Io non posso», sbuffò Hermione. «Non vedo l’ora che venga fuori giuro», aggiunse, borbottando a bassa voce. Era ormai esausta e in quel momento un bicchierino le avrebbe fatto comodo. C’era qualcosa, nel gruppo delle serpi, che la rendeva nervosa. Non era mai stata molto brava a farsi nuovi amici, d’altronde, e loro erano peculiari nel loro genere.
«Quelli sono Ronald Weasley e Parvati Patil?» chiese Astoria, indicando con lo sguardo l’ingresso della sala.
«Sì», replicò Hermione. «Hanno iniziato a uscire insieme da poco.»
«Si sono incontrati quando sono andati a consegnare i moduli per l’annullamento», proseguì Dean. «Parvati era sposata con Marcus Belby.»
Hermione e Blaise si scambiarono uno sguardo e strinsero le labbra tra i denti per non scoppiare a ridere, probabilmente ricordando entrambi la prima cena al Lumaclub e l’imbarazzante atteggiamento del ragazzo.
«Scusatemi», mormorò poi lei, «ma devo parlare urgentemente con Harry e Ginny. Torno subito.»
*
Quando arrivarono a casa, Hermione si sentiva stremata.
Sirius dormiva in braccio a Draco come se nulla fosse e lei si fermò in salotto a riprender fiato sul divano; in cuor suo, sperava che il biondino avrebbe portato anche lei in braccio fino alla loro stanza.
«Ehi» le sussurrò tra i capelli, massaggiandole le spalle. «Stanca?»
Hermione annuì. «Non sono fatta per la vita sociale» sbuffò. «Persino quando mi nascondevo per i boschi avevo più energie di quante ne abbia ora.»
Draco scosse il capo, dalla sua gola uscì una risata bassa e gutturale, probabilmente dovuta alla sua stessa stanchezza; raggirò il divano per portarsi di fronte a lei, poi le tolse le scarpe e la fece distendere contro il suo corpo. «Sono state settimane molto pesanti.»
La giovane restò in silenzio, gli occhi chiusi e il capo poggiato sul petto di lui, ma era leggermente rigida tra le sue braccia. Draco lo notò subito, ovviamente.
«C’è qualche problema, My?» le chiese dopo un po’. «Sei un po’ strana. Lo eri anche al ballo.»
«Non mi avevi detto di Astoria…»
Il biondino sospirò. «Non c’era niente da dire», rispose, conciso. «Non è successo niente.»
«Ma siete andati a fare degli aperitivi insieme più di una volta in questi mesi…»
«C’era anche Daph», le ricordò. «Quante volte ti devo ripetere che ci sei solo tu?»
Mise un dito sotto il suo mento e le sollevò il volto per guardarla negli occhi. «Ci sei sempre stata solo tu.»
«Ma avevi detto che per un bel po’ avevi deciso di lasciarmi andare.»
«Ti prego!», soffiò lui, alzando gli occhi al cielo. «Ho iniziato a lavorare alla pozione subito dopo il processo. Non ho mai avuto intenzione di lasciarti andare, per quanto ci abbia provato.»
Hermione non rispose; abbassò nuovamente lo sguardo, prendendo a studiare con eccessiva attenzione le sue mani, intrecciate sulle sue gambe, mentre si torturava le dita. Le sue guance erano leggermente arrossate.
«My… per favore» mormorò lui, ma poi la sua voce si fece compiaciuta. «Aspetta… Sei gelosa?»
La giovane emise un grugnito. «Ma fammi il piacere!»
Draco rise. «Sei gelosa.»
«Piantala», sbuffò Hermione, ma gli occhi le pizzicavano per le lacrime che minacciavano di uscire.
Si sentiva un po’ stupida, veramente, ma non aveva mai provato una gelosia così pungente, neanche quando credeva di essere innamorata di Ron e lui aveva deciso di iniziare una relazione con Lavanda Brown, al sesto anno… prima di Draco, prima di tutto quello che aveva condiviso con il biondino e di cui lei ricordava a malapena dei frammenti.
Il giovane dovette accorgersi che fosse sul punto di piangere, perché la strinse di più a sé e smise di prenderla in giro; la costrinse nuovamente a incontrare i suoi occhi. «Non ho mai guardato nessun’altra.»
Hermione deglutì e lo studiò per qualche istante; tirò su con il naso.
«Hermione», la riprese, con voce bassa, gutturale, ma decisa. «Te lo giuro.»
Le sorrise dolcemente e la baciò; lei si aggrappò a lui con forza. Non le importava di sembrare vulnerabile.
Draco fece scivolare le dita sulla sua nuca, poi tra i suoi capelli e la giovane gemette quando la sua lingua spinse con vigore contro la sua bocca, richiedendo esigente un maggiore accesso.
«Draco, aspetta» mugugnò Hermione, posando i palmi delle mani sul suo petto ed esercitandovi una leggera pressione per separarli da quell’intreccio di labbra travolgente.
«Sei davvero irritante quando vuoi parlare a tutti i costi» commentò lui, sbuffando in maniera teatralmente sdegnata. La giovane fece ruotare gli occhi.
«Tu non vuoi parlare mai.»
«Ma cosa stai dicendo?» chiese il biondino, allibito. «Parliamo in continuazione.»
Hermione si accigliò. «Non mi dici le cose importanti» insisté lei. «Ad esempio, non mi hai detto che hai parlato con i tuoi genitori.»
«Cosa dovevo dirti?» soffiò lui, sollevando un sopracciglio. «L’esito dell’incontro era più che scontato.»
La giovane deglutì. «Si, ma…» le sue guance si tinsero di un colore rossastro. «Insomma, avrei potuto starti vicino. Non dici mai niente, ma so che ti fa stare male… solo che te lo tieni per te.»
L’espressione sul volto di Draco si intenerì, un angolo delle labbra si sollevò leggermente all’insù. «Anche solo averti nella mia vita è un palliativo per ognuno dei miei dolori, My
Hermione gli rivolse uno sguardo dolce e gli accarezzò una guancia; lui chiuse gli occhi e trasse un respiro profondo.
«E niente è peggio di quando pensavo che non sarei riuscito a riaverti con me, comunque.»
«Siamo insieme ora», lo rassicurò lei. «Per sempre.»
Il viso del biondino si aprì in un sorriso ampio che gli aveva visto rivolgere solo a Sirius fino a quel momento.
«Per sempre» ripeté, come per suggellare definitivamente quella promessa.
«Andiamo a-», fece per dire Hermione, ma le protezioni attorno alla casa scattarono all’improvviso, facendoli sussultare.
Draco si alzò con uno scatto, le prese il volto tra le mani e deglutì. «Vai di sopra, prendi Sirius e tieniti pronta a fuggire.»
«Ma…»
«My» l’ammonì lui, nel tono di voce una nota d’avvertimento. «Vai.»
Hermione si alzò e corse al piano di sopra, verso la camera di Sirius. Il piccolo era talmente tanto sfinito da non essersi svegliato neanche a causa di quel suono assordante.
Si avvicinò alla finestra, per spiare cosa stesse accadendo nei giardini, per evitare di svegliarlo inutilmente; corrugò la fronte, quando vide la figura di Pansy Parkinson fuori dal confine dell’Incanto Fidelius, dove l’Incanto Gnaulante era stato apposto come ulteriore misura difensiva.
Quando il biondino gliene aveva parlato, in un primo momento, Hermione aveva pensato che fosse eccessivo, ma con il senno di poi, a mente fredda, aveva convenuto che fosse utile a protezione di una casa in cui vivevano un ex Mangiamorte, considerato probabilmente un traditore da quelli ancora latitanti, e un noto membro dell’Ordine della Fenice. Rowle, senza dubbio, aveva sospettato di lui e della sua famiglia in passato, lo aveva visto con i suoi occhi; Narcissa aveva tradito Voldemort, mentendo sulla morte di Harry e Lucius aveva incastrato tanta di quella gente per garantirsi un biglietto fuori da Azkaban che solo dal lato di Draco avevano sufficienti motivi per essere cauti. Lei, poi, era una categoria a parte.
Hermione tirò un respiro profondo e scese di sotto.
«Se non le apri, quel coso continuerà a tartassarci le orecchie.»
Se non altro, pensò tra sé la giovane, anche la variante dell'Incantesimo Confundus che avevano applicato dopo la visita sgradita di Pansy qualche mese prima, in modo da assicurarsi che non riuscisse a ritrovare la precisa ubicazione della villa, stava funzionando.
Draco sbuffò. «Mi stavo divertendo», ribatté secco. «Insomma, vederla guardarsi intorno e perdere le staffe ogni istante di più è esilarante.»
La mascella di Hermione cadde a terra; gli tirò uno schiaffo sul braccio. «Ma quanti anni hai?»
«Ahi!» protestò lui, massaggiandosi il punto dove lo aveva colpito.
«Oh, questo è niente in confronto a quello che riceverai se quella vipera sveglia Sirius» lo avvisò, seria in viso.
«Ma stavamo andando a letto!» esclamò Draco, indignato. «Avevo già deciso in quanti e quali modi farti-»
«DRACO MALFOY!»
Il biondino grugnì il suo disappunto, ma quando vide che non accennava a muoversi, sbuffò e si diresse verso la porta.
«Hermione, dove pensi di andare?» le gridò dietro, seguendola di corsa.
«Mi sembra ovvio», replicò in tono asciutto. «La mando via. Un Vipera Evanesca dovrebbe bastare.»
«Ci penso io, torna dentro» rispose lui, superandola, ma lei continuò a stargli alle calcagna.
Draco si Smaterializzò e apparve in un punto in lontananza, per non far capire alla Parkinson l’esatta posizione della loro villa; Hermione restò a guardare da dietro il cancello, invisibile agli occhi dei due, anche se il biondino era consapevole della sua presenza.
Non appena lo vide, la ex di suo marito caricò verso di lui a grosse falcate; Hermione si ritrovò a impugnare la bacchetta un istante dopo.
«Tu!» stava gridando Pansy, furente. Gli si posizionò di fronte e gli tirò uno schiaffo così forte che il suono rimbombò nell’aria altrimenti silenziosa. «Per colpa tua e di quella schifosa Sanguemarcio che hai sposato, mio figlio crescerà senza un padre!»
Hermione osservò la reazione gelida di Draco e deglutì. Aveva chiuso gli occhi e stava tirando dei respiri lunghi e profondi, probabilmente per calmarsi.
«Nott ha avuto quello che meritava» le disse con voce fredda e strascicata. «E chiama mia moglie così un’altra volta e ti giuro che non risponderò delle mie azioni.»
Pansy si lasciò andare a una risata sardonica. «Sono incinta», affermò come un dato di fatto. «Non faresti proprio un bel niente.»
«Torna a casa, Pansy» rispose lui gelidamente, poi le diede le spalle e fece finta di incamminarsi nella direzione opposta a quella dove si trovava, effettivamente, la villa.
Un tentativo vano in partenza, pensò Hermione, che iniziava a sentirsi inquieta. Era vero: se la Parkinson avesse deciso di attaccarlo, Draco non avrebbe potuto fare altro se non usare qualche innocuo incantesimo difensivo, per bloccare i suoi o deviarli. E sapeva che alcune maledizioni non potevano essere né bloccate né deviate, come la Cruciatus… Pansy non sembrava il tipo da farsi problemi ad usare una delle Maledizioni Senza Perdono.
Muoviti a rientrare…” pensò disperata, mentre osservava la donna serrare i pugni e ringhiare, sempre più livida in volto.
«Non voltarmi le spalle, Draco Malfoy!» gli urlò dietro, seguendolo. «Fai uscire Theo da lì!»
Draco si arrestò di colpo e si voltò a guardarla, con lentezza studiata, gli occhi ridotti a due fessure. «Ma hai capito di che razza di animale stai parlando?» le sputò contro, l’ astio e il disgusto evidenti nel tono della sua voce. «Tuo figlio crescerà cento volte meglio senza di lui. Certo, sempre se ti deciderai a darti una cazzo di svegliata!»
«Oh, quindi cosa credi? Che dovrei andare in giro a scoparmi i Sanguemarcio, come fai te? Questo è il tuo grande consiglio?»
«Ti ho detto», ripeté lui, scandendo le parole e guardandola in cagnesco, «di non chiamare mia moglie in quel modo.»
Un ghigno distorse il viso di Pansy. «Perché tu non lo hai mai fatto, vero?»
Draco impallidì e deglutì. Un colpo basso, conforme allo stile di lei.
La donna esibì un sorrisetto compiaciuto, probabilmente soddisfatta della reazione che aveva suscitato in lui, del dolore che gli aveva appena inflitto. «Non chiamarla in quel modo non cambia ciò che è, comunque» aggiunse imperterrita. «E non cambia ciò che sei tu. Un maledetto traditore del proprio sangue!»
Hermione comprese che, se non poteva ottenere ciò per cui si era presentata lì, la Parkinson aveva tutta l’intenzione di non andarsene senza almeno averlo ferito a sufficienza. Strinse il labbro inferiore tra le labbra e lanciò uno sguardo alle sue spalle, sperando che Sirius stesse ancora dormendo e che, in caso contrario, gli elfi lo stessero tenendo a bada; l’ultima cosa di cui avevano bisogno era che lo vedessero correre in giardino e assistere a quella scenata. Draco odiava quando si faceva menzione del suo passato davanti al figlio.
Valutando se intervenire o meno, Hermione ridiresse la sua attenzione sui due litiganti. Vide il biondino assottigliare le labbra in una linea sottile.
«Nott marcirà ad Azkaban», sentenziò freddamente. «Ed è stata proprio quell’ideologia a farcelo finire. Quello e il fatto che è un maledetto bastardo pervertito.»
«Parli tu, quando tu e la tua famiglia ve la cavate da sempre senza pagare alcuna conseguenza per le vostre azioni!» gridò allora Pansy e dal tremolio nella sua voce, Hermione capì che stesse piangendo.
Draco si passò la lingua sui denti. «Ho pagato a sufficienza per i miei errori, credimi», ammise con voce soffocata, poi aggiunse, tornando glaciale: «Sta’ lontana dalla mia famiglia. È il mio ultimo avvertimento, Parkinson
Un secondo dopo, il giovane era di nuovo accanto a lei e Pansy si guardava attorno strillando indignata e adirata. Forse, non aveva ancora finito con lui, ma capiva perché Draco non avesse più intenzione di starla ad ascoltare. Con un ultimo ringhio di rabbia, la donna sparì.
Hermione guardò Draco con aria apprensiva e gli strinse una mano nella sua. «Stai bene?»
Il biondino si limitò a posare la fronte contro quella di lei e a sospirare stancamente. «Andiamo a dormire, per favore.»
Finalmente, quella giornata estenuante si era conclusa.

 
   
 
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