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Autore: tutanankie    18/02/2023    0 recensioni
Come sarebbe la vita di Ginny se avesse una cotta per l'insegnante più antipatico di Hogwarts?
[ambientata durante il II anno di Ginny, seguiranno in serie gli anni successivi]
Genere: Erotico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Severus Piton
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
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Capitolo 1 – L’Ufficio del Preside

 

 

Hogwarts, primo giorno di lezione

 

Il giorno seguente, Ginny iniziò a sentirsi meno a disagio tra gli altri studenti. Sembrava che a nessuno importasse che l’anno prima lei avesse aperto la Camera dei Segreti e rischiato di far uccidere svariati studenti. Forse era vero che non lo sapevano.

La mattinata era partita bene, a colazione tutti parlavano di Quidditch e non di lei. Dopo pranzo aveva avuto due ore di Erbologia, con i Serpeverde, e l’unico commento maligno che aveva ricevuto era stato fatto da una ragazza che era appena stata morsa dalla mandragola di Ginny. Anche in Sala Comune, rientrando, aveva trovato per lo più gente che commentava allegramente la zia gonfiata di Harry Potter, o che si lamentava dei compiti.

La giornata comunque non poteva dirsi conclusa positivamente finché non avesse incontrato Silente e scoperto cosa volesse da lei. Perciò, poco dopo le cinque, Ginny iniziò a sentirsi nervosa e decise di uscire dal buco del ritratto. Iniziò a gironzolare per i corridoi, evitando quello del terzo piano che non aveva mai portato bene a nessuno.

Arrivata al quarto piano, Ginny passò davanti all’aula di Incantesimi, vuota, e in fondo al corridoio decise di svoltare a destra.

«Weasley!»

Si era imbattuta in un’accigliata professoressa McGranitt, che ora la squadrava severamente. «Dove stai andando?»

«Nell’ufficio di Silente, professoressa», rispose Ginny.

«Beh, ti consiglio di sbrigarti, l’ufficio del Preside è piuttosto lontano da qui.»

«Professoressa, come… non ci sono mai stata»

«Scendi al secondo piano, signorina Weasley, imbocca il quadriportico e percorri il corridoio sul lato ovest. Troverai il Gargoyle di pietra che fa la guardia alle scale, dovrai dire a lui la parola d’ordine», spiegò la McGranitt velocemente. «Su, cosa aspetti?», le chiese, prima di girare sui tacchi e sparire.

Bene, pensò Ginny, devo solo trovare il Gargoyle giusto in un castello pieno di Gargoyle…

Ma l’impresa si rivelò piuttosto semplice. Nel mezzo del corridoio, lato ovest, si apriva una rampa di scale a chiocciola maestosa, sorvegliata da una gigantesca statua in tutto simile a un grifone con le ali spiegate.

«Ehm, bignè al caramello», disse Ginny al Gargoyle.

«Ottimi davvero», rispose quello, e la lasciò passare.

Al termine della scalinata, si apriva l’ufficio del Preside di Hogwarts. La stanza era circolare e particolarmente variopinta: Ginny spalancò gli occhi quando vide le decine di oggetti magici, sicuramente preziosi e delicati, che stavano accatastati su tutte le superfici disponibili. Molti erano d’argento e d’oro, e avevano un’aria terribilmente costosa. Le tende alle finestre, aperte, erano rosse come quelle della sala comune di Grifondoro.

Ma ciò che attirò più di tutto la sua attenzione fu il magnifico uccello rosso fuoco che stava appollaiato su un trespolo, vicino alle scale che portavano all’immensa libreria. Era un uccello vero, e la osservava con educato interesse.

All’improvviso, l’uccello alzò il capo verso l’alto, guardando oltre la spalla di Ginny, e si dedicò ad un lungo, dolcissimo gorgheggio.

Lei si voltò e vide Silente, in piedi.

«Benvenuta», disse il Preside, con semplicità.

Ginny si chiese quando fosse arrivato, o se si fosse Materializzato… quando era entrata l’ufficio era vuoto, ne era abbastanza sicura.

«Buonasera signore», disse Ginny in un sussurro.

Silente le invitò con un gesto a prendere posto su una bella poltrona imbottita che aveva fatto comparire dal nulla.

Lei si sedette, chiedendosi se avrebbe dovuto parlare per prima.

Silente la osservò in silenzio per un minuto lunghissimo. Poi, sorrise benevolo e sospirò. «Sembra che siamo entrambi affascinati da questo dolce silenzio. Eppure, ahimè, è necessario romperlo», disse amabile. «Spero che tu abbia passato delle ottime vacanze estive».

«Sì», disse Ginny, impacciata. «Siamo stati in Egitto», aggiunse, tanto per dire qualcosa.

«Me ne rallegro», rispose Silente, con un luccichio divertito negli occhi chiari. «Terra affascinante, l’Egitto. Avrai senz’altro avuto modo di gustare i buonissimi meshabek che si trovano al Cairo… ora che ci penso, meshabek sarebbe un’ottima parola d’ordine per il mio ufficio», disse e le strizzò l’occhio.

Ginny non pensava che l’avesse convocata per parlare di dolcetti egiziani, ma annuì comunque educatamente. Silente parve indovinare subito cosa le passava per la testa, perché disse:

«Vorrei parlare con te del diario di Tom».

La guardò con espressione seria. Ginny abbassò gli occhi.

«Lo scorso giugno ho ritenuto superfluo mettere altra angoscia sulle tue spalle e ho deciso di rimandare questa conversazione a oggi. Per prima cosa, signorina Weasley, desidero che ascolti attentamente quanto sto per dirti», fece Silente grave.

Ginny alzò subito lo sguardo e annuì.

«Quello che è capitato non è colpa tua», disse Silente, «ma di Voldemort».

Ginny si agitò sulla sedia a sentire quel nome. Silente sorrise con indulgenza.

«L’Oscuro Signore, come gli piace essere chiamato, ha ingannato maghi più esperti di te. Sono certo che il tuo ottimo fratello maggiore ti ha raccontato quel che è accaduto al professor Raptor non più tardi di due anni fa».

Ginny annuì, Ron aveva raccontato almeno cento volte la storia della Pietra Filosofale e di come lui, Harry e Hermione l’avevano salvata. Ricordarlo, però, le fece sentire un improvviso peso sul cuore.

«Io… signore, Harry, Hermione e mio fratello a undici anni hanno salvato la Pietra, e io… io», balbettò.

«Tu, signorina Weasley, non sei stata meno coraggiosa di loro».

Ginny avrebbe voluto rivolgergli uno sguardo sarcastico. Come poteva dirlo? La stava prendendo in giro?

«Hai cercato di avvertire i tuoi amici. Hai lottato coraggiosamente contro Tom, hai cercato di ribellarti al suo volere e di distruggere il suo diario. Temo, però, che questo fosse al di là delle tue forze», le disse e sorrise. Poi continuò: «Lord Voldemort non è entrato nella mente dei tuoi amici». Il suo sguardo non avrebbe potuto essere più serio. «Loro non erano soli quando lo hanno affrontato e questa, devi sapere, è stata la loro più grande forza».

Harry sì, pensò Ginny, Harry alla fine era da solo con lui. Il suo cuore accelerò.

Silente sorrise, come se sapesse esattamente cosa stava pensando Ginny. «Neanche Harry Potter è stato lasciato solo con Voldemort. Con lui c’è sempre stato qualcosa di potente, molto più potente di tutti noi».

Ginny si chiese cosa intendesse dire con quelle parole misteriose. Harry era il bambino-che-è-sopravvissuto, d’accordo, ma questo significava che possedeva poteri arcani che nemmeno Silente poteva eguagliare?

«Ah, l’amore, signorina Weasley», sospirò Silente, con tono sognante. «Quanto poco sappiamo di esso. È capace di indurci alle scelte peggiori, eppure rimane la forza migliore a cui possiamo affidarci.»

Cosa c’entrava adesso l’amore? Forse Ron non aveva tutti i torti a dire che Silente era un po’ suonato…

Ginny cercò di scacciare l’idea, e si schiarì la gola. «Professore… signore»

«Sì?»

Ginny tentennò. «Il diario di Riddle… lui era… è stato distrutto vero?»

«Temo di sì»

«Non potrà più tornare?», chiese.

«Se ti riferisci a Lord Voldemort, temo che ci siano altri modi che può usare per tornare. E, se non mi inganno, presto o tardi lo farà. Ma devo chiederti, signorina Weasley», disse Silente, piegando il capo e scrutandola da sopra gli occhiali a mezzaluna, «se sei del tutto felice che il diario di Riddle sia stato distrutto».

Ginny deglutì e subito dopo si sentì gelare. Lei stessa non si era ancora fatta quella domanda, ma ora che il Preside gliela poneva scoprì che la risposta era diversa da quella che avrebbe voluto.

Molto a disagio, rispose: «Non lo so, signore».

Era certa che tentare di mentire a Silente fosse impossibile.

«Una risposta saggia», concesse lui. «Lord Voldemort sapeva come rendersi amabile, già quando era uno studente. Era molto abile nell’avvicinarsi a coloro che glielo permettevano, fino al punto di divenire loro indispensabile. Sembrava capirli come nessun altro li capiva. Naturalmente, si serviva di loro: a Voldemort non è mai importato nulla degli altri. Insegnanti e studenti erano facili prede del suo fascino e della sua abilità nel manipolare. Anche se negli ultimi anni esercitava il suo potere soprattutto tramite il terrore, è stato sempre in grado di suscitare ammirazione… e rispetto. Molti dei suoi lo hanno idolatrato fino al punto di farsi rinchiudere ad Azkaban pur di non rinnegarlo».

Silente fece una lunga pausa, durante la quale l’uccello rosso gli si avvicinò, con un unico colpo d’ali, e si posò garbatamente sul suo avambraccio sinistro.

Ginny lo osservava incantata, senza osare fiatare.

«Non biasimare te stessa se non sei riuscita ad opporti a Tom», riprese il Preside. «Dal momento in cui gli hai aperto il tuo cuore, egli ne è diventato il padrone e ne ha disposto secondo le sue volontà».

Ginny si schiarì la gola. «Professore, posso… posso domandarle un’altra cosa?»

«Lo hai appena fatto», sorrise Silente. «Ma direi che puoi continuare»

«C’è un modo per resistergli?», chiese Ginny. Guardare il Preside negli occhi le sembrava impossibile, in quel momento, per cui teneva gli occhi ben fissi su una delle zampe artigliate dell’uccello rosso. «A Lei-Sa-Chi», aggiunse.

«Sono felice che me lo domandi», rispose Silente. «Esiste una pratica magica che permette ai maghi e alle streghe più capaci di chiudere la mente e il cuore, per proteggerli dagli attacchi esterni. Potrai studiarla, se vorrai».

Ginny alzò lo sguardo per un momento, ma non rispose. Avrebbe voluto saperne di più, ma poi si chiese se sarebbe stata in grado di studiare altre magie, con tutti i compiti che aveva…

«In effetti, è mio desiderio che tu lo faccia», disse Silente gravemente.

«Perché lui tornerà», disse Ginny.

«Sì», rispose Silente con semplicità.

«Perché è ancora vivo.»

«Sì, è ancora vivo.»

«E quando tornerà», continuò Ginny, facendosi forza, «lui… lui saprà cos’è successo al diario?»

Silente la squadrò, indecifrabile, per alcuni istanti. Poi disse: «Non credo che Lord Voldemort sappia cos’è successo al suo diario di scuola. Anche se non posso esserne sicuro, ho l’impressione che non avrà alcun ricordo di te.»

«Non è per questo… signore. Io vorrei che lo sapesse», disse Ginny, con la fronte aggrottata. «Spero che sappia che il suo diario è stato distrutto, e che nessuno si ricorderà che era lui l’Erede di Serpeverde».

Silente sembrava divertito. «Sarebbe un duro colpo per la sua vanità»

«Sì», riprese Ginny, ormai infervorata, «Harry ha distrutto il diario, e quando tornerà lo sconfiggerà di nuovo.»

Silente questa volta non disse nulla, e lei temette di essersi lasciata andare troppo.

«Questa… magia, signore, è molto difficile?», chiese, per cambiare argomento.

Silente ci pensò un po’ su, prima di rispondere. «L’Occlumanzia è un’arte estremamente complessa, sì. Solo i maghi adulti possono padroneggiarla a pieno, e solo pochissimi di loro. Tuttavia, ritengo che un primo approccio alla materia sia possibile anche per una giovane strega brillante», disse, facendole l’occhiolino.

«Voglio imparare, signore», disse Ginny con decisione.

«La fortuna ci assiste», rispose Silente gioviale. «Uno dei pochi esperti di Occlumanzia che conosco vive nel castello. Gli chiederò di insegnarti e, se lui sarà d’accordo, inizierete presto. Ti chiedo però di non fare parola con altri di queste lezioni.»

Ginny avrebbe tanto voluto chiedergli perché, ma non osò farlo.

«Non penso che il professor Piton avrebbe il tempo di accogliere le richieste speciali di altri studenti», spiegò Silente.

Ginny restò di sasso. Piton le avrebbe insegnato l’Occlumacosa? Il suo cervello schizzò alla ricerca di una via di fuga, ma non ne trovò neanche una.

Silente sembrò indovinare quello che le passava per la testa, perché si limitò a squadrarla con espressione indecifrabile.

«Io… va bene», mormorò Ginny, mortificata. «E quando, ehm, dovrei cominciare?»

«Prenderai accordi con il professor Piton», rispose Silente, e si alzò. Il suo uccello rosso spalancò le ali, il cui piumaggio aveva sfumature dorate nella parte interna, e gorgheggiò amorevolmente nella sua direzione.

«Temo che Fanny non possa attendere oltre le mie attenzioni», disse Silente, con un sospiro deliziato.

Ginny, capendo che quello era un congedo, salutò educatamente e uscì dall’ufficio.

   
 
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