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Autore: Aqua Keta    03/03/2023    3 recensioni
Forse il destino è già scritto ma con ostinazione e coraggio lo si può cambiare e tornare a vita nuova. Esiste un tempo per soffrire ma esiste anche un tempo per la ricompensa della gioia
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Un forte dolore.

Piegata in due, gli occhi a fessura e la mente alla ricerca di qualche ricordo. Il tentativo di rimettere insieme frammenti di memoria ed immagini.

“Oscar …” – qualcuno pronunciò il suo nome. La voce ovattata, nelle orecchie ancora l’eco bruciante di quel colpo esploso. Poi nulla.

“Oscar …”- udì nuovamente.

Perse i sensi.

 

Gli occhi sbarrati. Le mani e la giacca imbrattate di sangue – “Andrè! Andrè!”- quel grido disperato spezzarsi in gola mentre lo stringeva tra le braccia.

Non udì più alcun suono o rumore.

Vide gli uomini di Mornay piombare su Morell e Vincent chinarsi su di lei e il giovane.

Le lacrime scorrere e quel dolore intenso, poco sotto a cinta. Il frastuono dei soldati mescolati alla folla incuriosita e spaventata allo stesso tempo.

Un ronzio continuo mentre la trascinavano via da quel luogo.

“Oscar …”

A fatica riuscì finalmente ad aprire gli occhi –“Dove sono …?”- sibilò – “… che cosa … che cosa è successo?”

Jamie le posò le mani sulle spalle – “No, dovete stare a riposo”

“Ma io …”-

“Il dottore ha proibito assolutamente che vi alziate”

Un barlume – “Andrè? Dov’è Andrè?”- nel tentativo disperato di sollevarsi. Ma quel dolore la piegò per l’ennesima volta.

“Non dovete assolutamente alzarvi. Almeno per qualche giorno ancora”- Anne, la sua compagna le sistemò i cuscini dietro le testa.

“Voglio sapere cos’è successo ad Andrè!”- si agitò.

“State giù!”- le impose –“Volete forse perdere il bambino?”- secco.

Le parve che il cuore rallentasse del tutto i battiti. Le labbra socchiuse. Il respiro trattenuto. Deglutì lasciando scorrere lo sguardo verso il basso e sollevando appena le coperte, una fasciatura ben stretta le avvolgeva il bacino e quella piccola macchia rossa spiccare fra tutto quel bianco.

Si adagiò fra le lenzuola. Gli occhi sbarrati a fissare le travi del soffitto.

“Avete ferito Morell, ma un colpo, non sappiamo proveniente da dove, vi ha colpito. Forse uno degli uomini di Bouillè.”

Stette in ascolto senza volgere lo sguardo sull’uomo –“Vi prego … ditemi di Andrè”- in un filo di voce.

Jamie non rispose.

Il viso ricadde lateralmente sul cuscino. Quel silenzio … una pugnalata al cuore.

 

Non aveva avuto nemmeno il tempo di fiatare e chiedere di Oscar e Andrè.

Lazare ed i suoi lo avevano portato via con Yvette immediatamente dopo l’uccisione del generale. Erano stati attimi concitati. Nemmeno si era reso conto di quanto stesse accadendo attorno a lui preso solamente dalle condizioni della giovane.

In breve si erano ritrovati in un luogo probabilmente nei pressi del porto. Ne percepiva il profumo del mare.

Le finestre oscurate, un silenzio costante fra quelle quattro mura.

Era rimasto in un angolo mentre un tale con una profonda cicatrice sulla guancia, armeggiava sulla giovane con pezze, ferri vari. Non riusciva a vedere. L’uomo, appena illuminato dalle fiamme del camino, gli dava di spalle. Accanto a lui una donna. I capelli rossi raccolti in una cuffietta, le maniche della camiciola arrotolate fino ai gomiti, le braccia grosse.

Un tempo infinito. Poi l’aveva vista finalmente, eccola. Distesa, immobile su quella tavola. Il collo fasciato fino alle spalle.

L’uomo si era accasciato su una sedia. Il volto sudato. Le mani sporche di sangue. Gli aveva rivolto lo sguardo –“Ho fatto il possibile. Se credete in un Dio, non vi resta che pregare”.

L’avevano spostata su una branda a lato del camino. La donna era riuscita a toglierle gli abiti e con una spugna strizzata, l’aveva ripulita. Sistemato tutto, aveva scaldato della zuppa di cipolla. Aveva riempito un piatto, versato dell’acqua fresca e lasciato del pane con un pezzo di formaggio –“Se avete bisogno bussate alla parete. Io e mio marito siamo nell’abitazione affianco. Qui non vi cercherà nessuno. Nessuno sa di questo piccolo magazzino”.

Preso uno sgabello si era seduto accanto a lei. Afferratale una mano l’aveva tenuta stretta tutta notte.

 

Erano giorni che nevicava. Nella stanza si stava bene. Le fiamme nel camino venivano costantemente ravvivate.

Lo scoppiettio della legna la risvegliò. Aprì lentamente gli occhi. Le tempie pulsarle a tal punto d’avere la sensazione che la testa volesse esplodere. Un senso di nausea la fece girare su un fianco. Troppo debole per riuscire a sollevarsi eppure si fece forza. A piedi nudi si trascinò fino alla porta appoggiandosi al muro con le mani. Si ritrovò sul pianerottolo, come un fantasma – “Andrè …”- mormorò appena, sentendosi morire dentro.

Qualche passo e aggrappandosi alla maniglia della porta della stanza accanto l’aprì.

Il respiro in affanno. Si toccò la fronte. Doveva avere la febbre molto alta.

Nella penombra della camera notò un letto. I passi le parvero così pesanti per riuscire ad avvicinarsi. – “Oh mio Dio!”- scivolando con le ginocchia a terra – “Andrè …”- aggrappandosi ad una sua mano. La sentì gelida. –“Andrè … ti prego rispondimi”.

Qualcuno entrò e sollevatala a forza la ricondusse nella sua stanza – “Lasciatemi, vi prego. Voglio vedere Andrè. Ditemi qualcosa. Parlate.”- ma quel dolore ricomparve.

“ Jarjayes dovete starvene a letto. Lo volete capire o no?”

“D’accordò ….”- ebbe la forza di rispondere – “Ma ditemi di Andrè … vi supplico”

“Non vi fa bene agitarvi. Cercate di stare tranquilla. Se seguirete quanto continuo a ripetervi andrà tutto bene”- richiudendo la porta.

Forse doveva mettersi il cuore in pace. Lui era lì, nella stanza accanto. Non sapeva nulla delle sue condizioni di salute. E lei non aveva scelta. Chiuse gli occhi. Doveva solo sperare.

La febbre la tormentò tutta la notte.  Ogni tanto si accorse di Anne venirle a fare impacchi con pezze fresche.

Sul far del mattino prese sonno, uno di quelli tranquilli, di quelli che riposi e non ti rendi conto di nulla.

Fuori la neve cadere copiosa mescolata al vento del nord.

 

La donna passava ogni giorno. Le cambiava la medicazione, portava i pasti al giovane e si assicurava che il camino restasse sempre acceso.

“Mhm … “- controllando la ferita –“direi che ci siamo.”

Nello stesso momento entrò il marito e chinatosi su Yvette guardò e riguardò dove aveva cucito. Poi volgendosi ad Alain –“Un paio di giorni ancora. La prima nave salperà poco dopo mezzanotte. Vi verranno a prendere”

Probabilmente quel tale, Lazare … si, sicuramente parlava di lui.

Non appena lasciarono la stanza, sedette accanto alla giovane. Fece un profondo sospiro vedendola ancora ferma immobile in quella branda. Si accorse allora dei suoi occhi aperti – “Ehi!”- sfiorandole la guancia.

Tentò invano di emettere anche solo un suono e non sentendo la propria voce sentì le lacrime pungerle gli occhi.

“No, non sforzarti. Non ora. Cerca di stare tranquilla. Tutto andrà bene”. L’aiutò a sollevarsi un po’. Presa dell’acqua, gliela diede a piccoli sorsi – “Fra qualche giorno ce ne andiamo.”

 

Il tempo pareva non trascorrere mai.

Finalmente una mattina Anne la trovò sfebbrata. Rimosse la benda. La ferita andava rimarginandosi lentamente.

Oscar la vide uscire sul pianerottolo e parlottare con Jamie.  Intravvide il suo sguardo scrutarla ripetutamente mentre gesticolava animatamente. Fu allora che lui socchiuse la porta.

Rimase in silenzio in attesa di udire i loro passi lungo le scale. Solo quando fu certa fossero scesi, si alzò. Doveva tornare nella stanza da Andrè.

Attorno il buio. Il camino che in precedenza con le sue fievoli fiamme aveva illuminato l’ambiente erano completamente spente.

Quel letto vuoto. Le parve che il cuore le balzasse in gola e tornata vicino alle scale – “Dov’è?”- gridò

Jamie le percorse con un paio di falcate raggiungendola –“Tornate nella vostra camera!”

Ma con un’occhiata lo gelò –“Ora basta! Che cosa mi state nascondendo? Dov’è Andrè? Era in quel letto!!”

“Avevate la febbre alta”- puntualizzò.

Oscar lo afferrò per il collo della giacca –“Non vi azzardate a darmi della pazza. Voglio sapere dov’è”

L’uomo si incamminò verso la sua camera –“Dovreste pensare a vostro figlio”

“Non preoccupatevi di questo e rispondete”

“Un abbaglio dovuto alla febbre alta”

Sbarrò gli occhi – “Per chi mi avete presa?”

“Riposate. A breve rientrerete in Francia”- richiudendo la porta.

Rimase ferma al centro della stanza, scioccata per la situazione decisamente assurda.

Alain e Yvette sicuramente avevano già raggiunto il suolo francese con Lazare. Mornay? Dov’era finito? E i suoi uomini? Ma soprattutto Andrè? Non poteva essere stata una visione, un delirio. Lui era stato in quella stanza.

Scese le scale aggrappandosi allo scorrimano livida di rabbia – “Voglio la verità!”- quand’ecco Vincent, seduto al tavolo, bisbigliare con Jamie – “Voi?”

Scostata una sedia la invitò ad accomodarsi –“Jarjayes … prego “

Avanzò fredda fino a trovarselo di fronte – “Ora voglio la verità. Tutta”

Le fece cenno di mettersi comoda.

“Non ne ho bisogno. Posso ascoltarvi anche in piedi”

“Vi suggerisco di mettervi a sedere”

“Parlate Mornay. Che cosa sono tutti questi misteri?”

La fissò dritto negli occhi senza far trasparire alcuna emozione –“La lama è andata molto a fondo … troppo …”

“Vincent … Andrè era in quella stanza!”- battendo i pugni sulla tavola.

“Vedete di riprendere in mano la vostra vita senza vostro marito”- la interruppe.

“Siete impazzito? Che cosa significa?”

“Significa che tornerete a casa sola. E vi prego di non chiedermi altro”

Le si raggelò il sangue – “Vi da di volta il cervello?”

“Avete una figlia che vi aspetta e un nuovo bambino in arrivo. Tornerete a Le Conquet”

Perché non voleva darle risposte esaurienti? Cos’era accaduto ad Andrè?

Si strinse in un brivido –“Voglio vederlo … è mio marito … è il padre dei miei figli …”

“Oscar … “

Dunque … era morto? Era questo che voleva farle capire?

“Voglio la verità”

Mornay fece cenno a Jamie di lasciarli soli.

“Promettete di partire con la prima nave disponibile”

“Non potete chiedermi questo …  Se dovete dirmi che Andrè è morto … fatelo!”

“mhmm …”- mugugnò.

“Vincent ora parlate. Non ho alcuna intenzione di prendere ordini ne da voi tanto meno da Jamie o qualcun altro. Tornerò in Francia ma con Andrè vivo o morto che sia. E’ chiaro?”

“Così non farete che peggiorare la situazione”

“Peggio di così non potrebbe andare. Mi avete dato da intendere che non sia delle migliori.”- aggrottando la fronte – “Credevo ci volesse aiutare …”

“Jarjayes … ho sempre avuto un profondo rispetto e nutrito affetto per entrambi. Mi offendete”

Scostando lo sguardo abbassò appena gli occhi – “Perdonate … non era mia intenzione”- poi tornando a fissarlo – “Mettetevi nei miei panni … vorrei solo un po’ di pace con mio marito e i nostri figli … lo capite?”

L’uomo sospirò – “Ho fatto trasportare Andrè da un amico, in un luogo sicuro. La lama è andata a fondo. Ha perso molto sangue e pare vi siano lesioni importanti. Non mi hanno dato grandi speranze … “

Un gelido silenzio calò su entrambi.

“Mi spiace … avrei voluto darvi notizie migliori … . Ora voi dovete tornare in Francia. Maddie vi aspetta ed avete bisogno di riposare, riguardarvi …

Rimase avvolta da un senso di smarrimento. Doveva dunque arrendersi al volere del destino? Le parole di Mornay erano state più che chiare. Non poteva fare nulla. Ora le restavano solo i suoi bambini.

“Che cosa, che cosa devo fare?”- accarezzando l’anello al dito. Partire e tornare sola dalla loro piccola? Imbarcare anche Andrè ? Attendere che le sue condizioni … ? Non poteva avere dubbi su Vincent. Amava Andrè come un figlio e non poteva non volere che il suo bene e quello di entrambi.

Lui le avrebbe detto di andare. Mornay in fin dei conti, non aveva tutti i torti.

Ingoiò le lacrime e quel dolore che le stringevano lo stomaco –“Vi chiedo solo di fare il possibile … per i suoi figli”- allontanandosi –“Fatemi rientrare in Francia il prima possibile”. Si, Andrè avrebbe voluto così.

 

Quell'attesa era divenuta snervante. Alain iniziava a spazientirsi.

Ricurvo sulla poltrona, la testa tra le mani, immerso in un’infinità di pensieri.

Erano riusciti finalmente a salire su quella nave diretta in Francia. Lazare li aveva riportati a casa –“La ragazza deve rimettersi. Il viaggio sarà lungo. Appena avremo notizie di un imbarco sicuro per l’America vi contatterò tramite Bernard”.

Ora sapeva.

Oscar aveva organizzato tutto. Era consapevole a cosa sarebbero andati incontro sul suolo inglese. Si era assicurata che qualcuno lo portasse lontano. Non solo lui. Anche Yvette. Bouillè era morto. Per mano sua. Se lei non avesse escogitato quella sorte di fuga ora sicuramente si sarebbe ritrovato dietro le sbarre … e chissà … Già. Oscar …

Mornay, nonostante ancora in terra inglese, aveva pianificato il loro rientro mettendo a disposizione la piccola dependance all’allevamento e contattando il dottor Schoenlein per una visita accurata a Yvette.

Provava un profondo senso di colpa per averla trascinata in quella sporca faccenda, sebbene non l’avesse costretta. Aveva scelto di seguirlo nonostante la contrarietà dei fratelli.

Era rimasta sola. Come lui, del resto.

Un rumore di passi gli fece sollevare lo sguardo.

“Alain!”- Stupita. Oscar non si aspettava certo di trovarlo li.

“Comandante!”- balzando in piedi.

“Mi fa piacere trovarti qui … Yvette?”

“Il dottor Schoenlein la sta visitando … beh, oramai è più di un’ora che … ma … Andrè? Dov’è Andrè?”

Gli occhi si fecero lucidi non trovando le parole.

Qualcosa doveva essere andato storto. Scosse il capo – “Ditemi che non è vero”

“Non so cosa dirti Alain. E’ rimasto gravemente ferito … Mornay lo ha fatto trasportare presso un medico del luogo. Non avevo scelta … dovevo partire”

Avanzò lentamente tendendole la mano, ma poi trovandosela di fronte si rese conto non fosse più in grado di trattenere le lacrime – “Alain io …”

L’accolse tra le sue braccia mentre il volto si posava sul suo petto e si lasciava andare.

Ricordò quando prima di tuffarsi in quell’avventura, febbricitante lo aveva strattonato supplicandogli disperatamente un bacio.

“Quella è una donna da ammirare, non da amare”- aveva rimproverato un giorno Andrè. No. Si sbagliava. Oscar era una donna da ammirare ed amare all’inverosimile. E l’unico poteva essere lui. Nessun altro. Grandier era la sua ombra, la sua metà. Andrè e Oscar erano una sola cosa. Lo erano sempre stati.

Provò un senso di serenità tra quelle braccia. Si, Alain era veramente una grande persona. Un vero amico. Nonostante quanto accaduto con Leah, non si era tirato indietro in quel momento di bisogno di aiuto a livello di forza ma anche come sostegno morale. La fiducia era reciproca.

“Comandante …”

“Smettila … non sono più il tuo comandante”- in un accenno di sorriso spezzato dai singhiozzi.

“Non perdete la speranza”- le sussurrò – “siate forte, soprattutto per i vostri figli. Andrè vi chiederebbe questo”

Abbassando gli occhi si sciolse lentamente da quella stretta – “Dovrò esserlo per forza”- asserì.

La porta dello studio di Thomas si aprì –“Jarjayes … che sorpresa vedervi! Ne è trascorso di tempo”

“Spero di non essere stata inopportuna a passare … “

“State scherzando. Termino la visita e sarò subito da voi” - Poi rivolgendosi ad Alain – “Soissons … prego, venite”

Yvette gli si avvicinò.

“Chiunque abbia messo le mani sulla ragazza non era certo un medico”- puntualizzò greve –“ tuttavia è stato veramente attento ed accurato nel gestire il taglio “- posando una mano sulla spalla della ragazza –“Ora vi prego di ascoltarmi. Ci sarà bisogno di fare molto esercizio, ogni giorno, essere costanti. Non tornerà la voce come prima, questo è decisamente impossibile. Ma … la voce tornerà”

Ad Yvy si illuminarono gli occhi come mai prima.

“Dovete sentire il desiderio di riprendere a parlare, con calma … non dovrete avere fretta. I risultati non li otterrete dalla mattina alla sera. Costanza e calma” – ribadì –“Passate domani, vi preparerò un vademecum da seguire alla lettera”

Uscendo dalla stanza le due donne si incrociarono – “Yvette, sono felice di vedere che stai bene”

La ragazza le afferrò le mani stringendole forte –“Grazie, vi devo la vita”- sillabò con le labbra.

“Alain, ti prego, passa a trovarmi. Mi farebbe immenso piacere”

 

Le pareva così strano essere finalmente a Le Conquet, fra quelle mura, a casa.  … essere senza Andrè …

Un sospiro, pieno di tristezza, leggero per non disturbare il sonno della sua piccola Maddie.

Le era corsa incontro, le braccia tese e chiamandola a squarciagola – “Mamma, mamma …” – gli occhi illuminati da una gioia incontenibile.

“Quanto ti ho fatto soffrire, amore mio” – le dita sottili infilarsi in  quei riccioli dorati.

La piccola riposava serena stretta a lei.

Era stanca, molto provata. La traversata era stata pesante soprattutto per via della tempesta nella quale si erano imbattuti.

Ora era con i suoi cari. Aveva rivisto Alain, Yvy era viva e tutto sommato stava bene.

“Voglio parlarvi molto chiaramente. Il vostro comportamento è stato da vera incosciente. Il freddo, la pioggia, il viaggio lungo, andare a cavallo! Per non parlare della scarsa alimentazione, se non addirittura assente. Oscar, siete avanti con gli anni, questa è la maniera più efficace per non portare a termine una gravidanza”

Le venne spontaneo stringere i pugni. Non le andava giù essere rimproverata come una mocciosa. Non era certo una sprovveduta. Ma Thomas aveva inequivocabilmente ragione. Pertanto rimase in silenzio di fronte a quella lavata di testa.

“Mi auguro per voi che non vi siano state ripercussioni sul nascituro … “

Un brivido la scosse.

“Il fatto che con Madeleine sia andato tutto bene non esclude che non lo sia in questo caso” – senza nascondere la sua preoccupazione – “Riposo assoluto, massima tranquillità, alimentazione equilibrata … riposo, riposo, riposo. E speriamo ….”

Fosse accaduto qualcosa a questo bambino non se lo sarebbe perdonato.

Ora doveva pensare solo a Maddie e a se stessa.

Ma in mezzo a tutto questo ragionare le apparve l’immagine dell’Ombra, di Morell. Che ne era stato?

 

Nuovamente dietro le sbarre, non aveva certo perso quel suo sorriso sprezzante.

L’occhio aveva percorso così tante volte il perimetro di quelle quattro mura da conoscere ogni singola imperfezione delle pareti, fori, angoli più umidi.

Se ne stava seduto a terra tendendo l’orecchio, in ascolto dei rumori, suoni …

Una delle guardie gli passò della zuppa ed un tozzo di pane secco attraverso il piccolo pertugio posto accanto la porta imponente, seppur piccola – “Morell … goditeli. Saranno i tuoi ultimi pasti!”

Questi, pur mantenendo la solita calma di sempre, si accostò alla parete – “Ne sei certo?”

“Ovviamente”

Sogghignò . “Menti. E comunque non sono ancora stato processato. Ne ho il diritto”

Il tale esplose in una fragorosa risata – “Ne hai diritto? Come no!”- allontanandosi.

Tornò a sedere ed afferrata la ciotola ne intinse il pane raffermo per farlo ammorbidire.

Bouillè era morto. Ma non gli mancavano certamente gli agganci giusti … esterni … ed interni. Era solo questione di tempo. Saper attendere, con calma, come era solito. Qualche giorno … non di più, e sarebbe tornato libero.

E questa volta la sua sarebbe stata una vendetta coi fiocchi …. la più feroce.

Le labbra s’incurvarono in un sorriso di compiacimento tuffando il cucchiaio nella zuppa, pregustando già il piano per portare a  termine il suo scopo – “Forse non avete capito esattamente con chi avete a che fare” – rivolgendo il suo pensiero ad Oscar.

Prese parte del pane e ne fece piccole palline di mollica mettendole una dietro l’altra, in fila. Ad ognuna di loro un nome.

Ognuna di loro, una vittima.

 

La porta si spalancò ed i funzionari municipali irruppero nella stanza.

Spaventata strinse a sé i suoi figli. Gli occhi sgranati su uno di loro mentre srotolando una pergamena lesse con tono autoritario parole che le fecero come eco nelle orecchie, mentre un altro,  afferrato per un braccio il piccolo Luis lo strattonò nel tentativo di allontanarlo dalla madre.

“Che volete fare? Lasciatelo! Lasciate subito mio figlio”- gridò nel tentativo disperato di impedire che il piccolo venisse allontanato.

“Così è stato deciso. Smettetela se non volete che intervengano le guardie”- disse uno di loro.

“Perché? Perché tutto questo accanimento su di noi? Che male mai vi abbiamo fatto?”- stringendo i pugni in una supplica a quell’uomo.

“Voi! Proprio voi, vi siete mai fatta domande? Vi siete mai chiesta perché siamo arrivati a tutto questo?”- facendo passare il collega con il bambino stretto per una mano.

Impietrita di fronte a quelle parole e alle minacce, si arrese – “Vi prego, fatemelo abbracciare ancora una volta”

Forse in un ultimo gesto di pietà, un cenno all’altro di lasciarlo.

Il piccolo terrorizzato si gettò tra le braccia della madre piangendo disperatamente.

Una dolce carezza fra i capelli sottili di Louis – “Sii forte amore mio. Ricorda che sei il futuro Delfino di Francia”- gli sussurrò teneramente nel tentativo di rassicurarlo. Un ultimo bacio sulla fronte.

La porta si richiuse rumorosamente.

Marie –Therese intrecciò le sue piccole dita a quelle di sua madre – “Che cosa succederà ora?”

 

L’aria più fresca della sera un vero toccasana dopo una giornata calda più del normale.

L’estate, dopo tanta pioggia, pareva finalmente aver preso piede.

Mornay non aveva ancora fatto ritorno sul suolo francese e questo per lei significava continuare ad avere qualche speranza.

Alain le recapitava un biglietto ogni settimana o due proveniente da un paesino della campagna londinese – “Nessuna nuova”.

Ogni volta lo stringeva tra le mani mentre quel dolore si affievoliva socchiudendo gli occhi.

 “Mamma … “ – l’orecchio posato sul grembo di lei – “la tua pancia mi parla”.

Oscar sorrise teneramente – “Davvero? E cosa ti racconta di bello?”

“Io sono sicura. Sarà un fratellino. Me lo dice ogni volta che metto qui l’orecchio e mi dice che si chiama Joseph” – continuando ad ascoltare.

Le accarezzò il capo . Non doveva più soffrire. I suoi figli ora avrebbero dovuto vivere solo in serenità.

Ripensò al suo rientro a casa. Quanta gioia aveva letto nei suoi occhi e quante lacrime di felicità li avevano riempiti.

Era stato così difficile spiegarle ciò che era accaduto. Il perché della sua partenza improvvisa. Perché Andrè non fosse tornato.

Andrè …. 

Notti insonni con accanto la sua piccola, col pensiero perennemente là ….

“Joseph?”il pensiero andò a ritroso tornando a quella cavalcata con il secondogenito di Maria Antonietta. Povero piccolo ...

“ Si, si … vuole chiamarsi così e ti vuole tanto bene”- mostrandole una serie di dentini bianchi.

La cinse in un abbraccio – “Vieni qui piccolo angelo”

“Lo chiameremo Joseph, vero?”

“Se te lo ha detto lui allora sarà Joseph”

Baciò la madre sulla guancia e posata la ghirlanda di margherite appena terminata sul pancione di Oscar si mise a girarle attorno saltellando – “Joseph, Joseph”- canticchiando.

Le visite di Alain erano sempre una gioia per Oscar e soprattutto un sollievo. Ma quella era giunta in largo ritardo.

Maddie gli corse incontro.

“Ehi principessa!” – sollevandola tra le braccia.

“Sei bello e buono”- accarezzandogli i basettoni.

Oscar sorrise divertita accorgendosi poi di quanto il volto fosse adombrato.

Il solito saluto portandosi la mano tesa alla fronte. Non aveva smesso di considerarla il suo comandante. Non gli era possibile non farlo.

Sederono sulla veranda mentre il sole s’impadroniva del mare all’orizzonte ed il profumo di salsedine riportava la donna a ricordi oramai lontani. La piccola si accovacciò sulle sue gambe dell’uomo, il dito in bocca ed il pupazzo di pezza stretto in una mano.

Lei non chiese nulla. Generalmente era lui il primo a consegnarle il biglietto. Lui non ne fece cenno.

Allora comprese. Il suo silenzio fu inequivocabile.

Sentì una morsa allo stomaco. Nonostante dentro gridasse forte tutta la sua disperazione , si impose di ricordare che Andrè l’avrebbe voluta coraggiosa. Per se stessa ma soprattutto per i loro figli.

Immersi in un silenzio surreale cullato dal frangersi delle onde ai piedi della scogliera, Oscar posò la mano sul grembo percependo lo scalciare del nascituro. Un sospiro quasi impercettibile … forse di resa … a quel punto …

Si aggrappò a tutta la forza interiore possibile per interloquire con lui mostrando una calma incredibile – “Come sta Yvette?”- per alleggerire quel peso come un macigno sul cuore.

“E’ bello sentirla nuovamente parlare …” – le parole gli uscirono a fatica tra i denti – “Un vero miracolo”

“E’ una brava ragazza …”- proseguì lei.

“E’ la mia salvezza”- aggiunse lui.

Così distanti nei loro pensieri e così vicini in quel profondo legame di amicizia. Rimasero a fissare il mare lontano.

“Ehi principessa … Alain deve andare”- aiutandola a scendere dalle sue gambe. Lei lo baciò sulla guancia cingendogli il collo.

La strinse teneramente sentendo pungere gli occhi dalla commozione – “Stai vicino alla tua mamma”- le sussurrò.

Le mani nelle tasche, lo sguardo rivolto a quegli ultimi raggi di sole risplendere a filo d’acqua. Si volse a fissare a lungo la donna quasi a voler imprimere per sempre nella memoria quell’istante. E tendendole la mano – “Abbiate cura di voi e dei vostri bambini”

Lo vide allontanarsi lentamente, le briglie strette in una mano in quella insolita e leggera foschia.

“Soissons!”- lo chiamò – “che la fortuna vi assista”.

 

Parigi era profondamente cambiata, era palpabile attraversandone le strade.

Non c’era fretta. Il passo lento diretto a Place de la Revolution.

La folla si accalcava ai piedi di quelle travi verticali sormontate da un plinto al quale era assicurata una mannaia : sua maestà la ghigliottina.

Rimase nelle retrovia, non aveva certo la necessità di essere in prima fila per accertarsi che quella figura salisse finalmente al patibolo.

La gente inveiva nell’attesa dell’arrivo del carretto con il o i condannati. Urla, sputi, bestemmie … nemmeno le donne mostravano un minimo di ritegno, anzi, i loro insulti andavano a travolgere quelli di tutti gli altri presenti.

“A morte!”- gridò a squarciagola una donna al suo fianco. Il volto pieno , arrossato e quelle ciocche scure appiccicate alla fronte imperlata di sudore, le braccia grosse sollevate con i pugni per aria.

Solo quando il carretto giunse al centro della piazza i parigini zittirono.

   
 
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