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Autore: Enchalott    06/03/2023    3 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a tutti! :)
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Dopo una guerra ventennale, i Salki vengono sottomessi dalla stirpe demoniaca dei Khai. Negli accordi di pace figura una clausola non trattabile: la primogenita del re sconfitto dovrà sposare uno dei principi vincitori. La prescelta è tanto terrorizzata da implorare la morte, ma la sorella minore non ne accetta l'ingiusto destino. Pertanto propone un patto insolito a Rhenn, erede al trono del regno nemico, lanciandosi in un azzardo del quale si pentirà troppo tardi.
"Nessuno stava pensando alle persone. Yozora non sapeva nulla di diplomazia o di trattative militari, le immaginava alla stregua di righe colorate e numeri su una pergamena. Era invece sicura che nessuna firma avrebbe arginato i sentimenti e le speranze di chi veniva coinvolto. Ignorarli o frustrarli non avrebbe garantito alcun equilibrio. Yozora voleva bene a sua sorella e non avrebbe consentito a nessuno di farla soffrire."
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Egli spezzerà il sigillo
 
«Shikin
«Il titolo del libro. Significa lascito.»
Yozora osservò Rhenn sporgersi per prendere il volume e pensò che sarebbe stato da lui inventare una storia inverosimile per trattenerla.
Ma a Minkar non ha affatto simulato.
Decise di affrontare l’argomento per prima.
«Durante l’ultima trance avete parlato. Avete detto che il retaggio di Kushan è sopito e che occorre destarlo, altrimenti il cielo cadrà.»
«Non ricordavo i termini precisi» sospirò lui «Solo il cosmo spaccarsi a causa della  piramide e dell’entità che l’ha plasmata. È una fortuna che siate l’unica testimone del mio... definiamolo presagio.»
«È per questo che non dormite? Temete di vaticinare nel sonno?»
«Un Khai non teme nulla. Mostrare che esiste qualcosa che non governo, per giunta inspiegabile, incrinerebbe la mia immagine.»
«Rasalaje conserverebbe il segreto, anzi vi tutelerebbe e appoggerebbe. Intravedete forse l’unica via di scampo, è pericoloso frenare un ammonimento dell’inconscio.»
La serietà del principe sfumò in amarezza.
«Non importa, se lo rendessi pubblico nel migliore dei casi apparirebbe una sciocca superstizione. Non permetterò che il mio popolo si divida in virtù di una polverosa leggenda che bercia sull’ahaki e insinua che non sono il Signore dei Khai, meno che mai il figlio che non ho generato.»
Yozora lo guardò impensierita: gli hanran erano emblema di una discordia ormai radicata. Considerando che inneggiavano a Mahati, stava evitando che il fratello cogliesse su un ulteriore fronte l’opportunità di scalzarlo dal trono.
«Avete torto su due punti» affermò decisa «È logico pensare che il discendente di Kushan sia già al mondo, sebbene inconsapevole del proprio sangue. Avete annunciato un risveglio, non una nascita.»
«E mentre quelle parole uscivano dalla mia bocca, ero pronto a entrarvi dentro con tutto il resto. Mi pare un significativo indizio a favore dell’esigenza di procreare, perché altrimenti l’avrei fatto?»
Lei arrossì fino alla radice dei capelli.
«P-perché ne avevate voglia? Ribadite spesso che i maschi Khai sono… cioè, mancavate da casa da settimane, è stato un impulso irrazionale.»
«Voraci è la definizione che cercate» rise lui «No, non dissocerei i due aspetti.»
«Allora qual è il nesso? Sono straniera, la stirpe dei daama non ha nulla a che vedere con me, inoltre non sono mai state partorite creature di sangue misto.»
«A meno che…» si illuminò Rhenn «Voi percepite l’ahaki in modo peculiare, a differenza nostra non lo considerate una degradazione e qui si parla di un demone in grado di esprimerlo. Con una Khai non avrei raggiunto il fine.»
«Non vi seguo.»
«Voi non avete provato l’amore carnale come io non amo in assoluto: stando alla leggenda, entrambi manchiamo di qualcosa e copulando ci saremmo completati a vicenda. Avreste sperimentato l’amplesso, io tramite i vostri sensi avrei percepito ciò che rifiuto e l’attuale discendente di Kushan sarebbe divenuto identificabile.»
«Ma senza il mio consenso sarebbe risultata una costrizione priva dell’amore da trasmettervi. Il più adatto al compito sarebbe stato Mahati.»
«Era mezzo morto! E poi non è il celebrante di Belker!»
«Vi pare che le visioni derivino dal dio della Battaglia?»
Rhenn aggrottò la fronte ma accolse la forzatura della propria versione.
«Non è che mi desiderate per davvero?» sogghignò «Consenziente o meno, solo in quel caso la sensazione che avrei percepito sarebbe stata la medesima.»
«E voi siete innamorato di me?» rispedì lei per ripicca.
«Etarmah. Decifrare queste pagine resta l’unica. Io tradurrò, proveremo insieme a comprendere. Detto ciò, qual è il mio secondo torto?»
«Più che altro mi dispiace scorgere in voi della rassegnazione.»
«Come dite?»
«È come se sapeste con certezza di non poter diventare padre.»
L’Ojikumaar si morse le labbra. Avrebbe voluto confidarle la trappola ordita da Ishwin e liberarsi di quel peso, ma sarebbe stata un’ammissione di adulterio. Certo lei non lo avrebbe raccontato a Rasalaje, se le avesse imposto il silenzio, tuttavia lo avrebbe guardato per sempre con disgusto.
No. Non potrei tollerarlo.
«Vi sbagliate.»
Tranciò la discussione e spalancò il libro. Lesse alcune colonne con notevole sforzo: le parole si ingarbugliavano, beccheggiavano sulla pagina, si tramutavano in segni privi di senso, poi di colpo prendevano corpo, si dipanavano precise e semplici da intendere come seguissero le variazioni del suo umore.
«È più faticoso dell’ultima volta?» domandò Yozora vedendolo in difficoltà.
«Sì. Mi sta venendo la nausea.»
«Riposate un istante.»
«Non abbiamo tempo, questo scritto mette in corpo una dannata fretta.»
«Bevete almeno un goccio di akacha. State sudando.»
Rhenn sbuffò ma seguì il consiglio. Mentre accostava la tazza alle labbra, lei gli deterse la fronte e un altro genere di calore gli scese nel petto, dividendolo in quiete e desiderio.
Ancora. Accade ancora.
Scacciò i pensieri, schiarì la voce e lesse.
«”Latore del mio sangue, non è altrove ciò che da sempre alberga in un daama. Il mio giuramento grava sulle tue spalle, la mia debolezza è riscatto. Ahaki piega le ginocchia e dissolve l’orgoglio, sopravvive alla morte, così io rinuncio alla rivalsa affinché ahaki viva nel mio seme. Immortali che assistete al mio lascito e crudeli estinguete la mia stirpe, non osate levare la mano sul mio frutto. Fallire è prerogativa mortale, ma verrà un tempo in cui l’eterno rimpiangerà la sua natura. Mio figlio, erede della promessa dell’ultimo giorno, si leverà a difesa del tempo. Oh dei, meglio per voi arrestare quel tempo. Se non potrà vivere come un demone di fuoco e collera, diverrà un demone di sofferenza e lacrime e vi costringerà ad ascoltare, prostrati alla ferita del triplice buio.” Mh, qui pare proprio riferirsi all’eclissi.»
«È come se Kushan avesse intravisto il divenire» assentì Yozora.
«Suona più come una minaccia. Vuole preservare il corso del patto che ha stretto. Mi piacerebbe sapere con chi.»
«La divina Valarde?»
«Dacché nomina l’amore con disgustosa frequenza, potrebbe. Ma è una divinità minore, la scarterei. Altre proposte?»
«Siete d’avviso opposto al mio. Avrei escluso la celeste Azalee, qui non piove mai.»
«Suppongo sia dovuto alla vecchia storia con Belker. Non si reputa la benvenuta tra i demoni guerrieri a lui devoti e ci nega la pioggia.»
«Sembrate persuaso che il loro amore sia finito male.»
«Male sarebbe un’attenuazione se usassi il vostro linguaggio. Per i Khai è stato un sollievo, senza la sua influenza, il nostro dio è tornato a incarnare la Battaglia.»
«Vi commentate da solo» borbottò lei.
«Rispondo ai vostri dubbi. Fatelo con i miei.»
Yozora gli riservò un’occhiataccia, ma tarò l’attenzione sul tremito delle sue mani. Rhenn intendeva quella lingua, ma bruciava le energie nello sforzo. Gli sottrasse il volume e gli versò altro akacha, stemperandolo con il miele.
«L’autore cita più volte il tempo. Avrei pensato al principe Kalemi, se fosse stato in carica all’epoca del vostro capostipite.»
«Puah! È disgustoso, come riuscite a berlo tanto dolce?» sbottò lui allontanando la bevanda «Passatemi il vino, se non mi levo di bocca questo saporaccio, rischio di vomitare! E ridatemi il volume, di grazia!»
«No. Pausa.»
«Scontentarmi è il vostro passatempo prediletto! Mi conviene domandare il contrario di quanto miro, per ottenerlo.»
«Siete sgarbato. Vi costa concedermi qualche minuto? Sono stanca.»
Il principe inarcò un sopracciglio: in lei non c’era traccia di affaticamento. Comprese che la richiesta era stata espressa a suo vantaggio in modo che non la ricusasse per orgoglio e il cuore gli batté rapido.
«Non sarete incinta?»
«Sapete per certo che non è così. Piuttosto mi stupisce che conosciate i sintomi della gravidanza salki.»
Rhenn celò il sorriso dietro il calice colmo di liquido violaceo.
«Le informazioni non sono mai sufficienti.»
«Soprattutto quando vi servono a provare la malafede altrui. Non ho dimenticato che mi state sottoponendo alla quarta prova. Non ho tradito Mahati.»
Il primogenito stirò le braccia e allungò le gambe sul tappeto.
«Lo so.»
«Non accadrà.»
Lui si mosse con agilità felina e la catturò, schienandola a terra.
«Continuate a ripetervelo.»
Yozora trattenne il respiro: il suo sguardo era intenso, penetrante. Si sentì più nuda di quando avevano condiviso il giaciglio al campo di battaglia. La memoria si snebbiò del tutto in quel contatto imprevisto: il bacio che si erano scambiati nei giardini era stato travolgente. Non era rilevante la sua convinzione di trovarsi con Mahati, bensì il fatto che Rhenn l’avesse ricambiata con sfrenata passione.
«Se fossi priva di sensi, varrebbe come tradimento?» balbettò avvampando
«Che domande, sarebbe violenza carnale!» si fermò un istante come folgorato «Non starete pensando che l’azione riprovevole di Shama sia scaturita da un mio ordine!?»
«No, io… oh, non importa.»
«Sì che importa! Ah, vi siete ricordata il seguito e avete realizzato che non ho mentito. Consolatevi, neanche quello è tradimento.»
«Per voi lo è.»
«Niente affatto, sono una vittima.»
La ragazza spalancò gli occhi, inerme davanti a una tale faccia di bronzo.
«In nessun universo potete sostenere una tesi del genere!»
«No?» sorrise Rhenn «Allora non baciatemi.»
Si avvicinò quasi a sfiorarla e chiuse gli occhi, i capelli d’argento le rasentarono il viso, il respiro tiepido le accarezzò la pelle. Rimase immobile in quell’invito suadente. Yozora sentì ogni parte di sé opporre una strenua resistenza.
«C-certo che non vi bacio!»
Lui schiuse le palpebre e sospirò.
«Diamine, il gioco degli opposti non funziona. Avrei giurato di sì.»
«La sosta è terminata! Continuate a leggere in compagnia della vostra scarsa serietà! Io me ne vado, avete sorpassato il decoro oltre al limite della mia pazienza!»
L’Ojikumaar ammirò la collera incendiarle gli occhi bruni e le guance, sentì sul petto la pressione delle mani che lo respingevano e vi appoggiò sopra le proprie.
«E voi il trauma.»
«Come?»
«Lo avete superato o non riuscireste a toccarmi con tanta disinvoltura.»
La principessa si staccò come se avesse subito un’ustione e lo fissò frastornata, incerta sull’autenticità dell’insegnamento.
«Ho trascorso la notte con Mahati, il vostro frivolo apporto non era necessario.»
«Mio fratello non conta, è il vostro promesso. Io sono un estraneo.»
Lo pronunciò con una malinconia tale da infliggerle una fitta al seno.
«Voi non siete un estraneo.»
«Potrei essere l’ultima asheat
«Allora mi tranquillizzerei.»
«Perché? Credete che non sappia sedurre una donna?»
«No. Un amico non ha possibilità in quel senso.»
Rhenn la fissò in enigmatico silenzio per un lungo istante.
«Avete ragione, non sono esperto in legami affettivi. Di solito prendo senza chiedere, suppongo non funzioni così per il resto del creato. Esiste un confine oltre il quale un amico non è bene accetto?»
Yozora si fece coraggio e gli parlò a cuore aperto.
«Come in ogni rapporto, ma non saprei indicarvelo. Mi conoscete più a fondo di chiunque altro, talora sembrate leggermi nel pensiero. Ciò mi spaventa, è come se mancassi di difese in vostra presenza.»
«Non occorre che vi ripariate. Anch’io non riesco a tutelarmi da voi. L’amicizia tra un Khai e una Salki consisterà in questa stranezza?»
La sua voce era di una dolcezza fuori dal comune. Yozora annaspò disperata nel viola dei suoi occhi.
«Bere a stomaco vuoto vi disturba. Ordinerò il pranzo.»
L’erede al trono si scostò, restituendole l’ossigeno. Annuì e rimase adagiato tra i cuscini. Quando la ragazza tornò, lo trovò addormentato nella stessa posizione.
 
Inginocchiato davanti al Šarkumaar, Valka non osava sollevare la fronte.
Aveva atteso fuori dalla biblioteca come da ordini e, quando la principessa salki gli aveva chiesto di informare Mahati, si era precipitato a riferire.
«Con Rhenn!?» ruggì questi afferrando le spade.
«Sì, altezza.»
Quando il secondogenito infilò la porta in preda ai fumi, il reikan si affrettò per stargli dietro, sbalordito alla collera di quell’uomo usualmente freddo e composto. Si trattava di capire se era dovuta a ciò che stimava un dispetto oppure a sentimenti ingestibili, che Valka conosceva fin troppo bene e che a Mardan erano invisi.
Quando penso a Kayran, vorrei soltanto sguainare la lama e liberarmi di lui!
A differenza del suo Kharnot però non ne aveva alcun diritto.
 
Mahati irruppe nella biblioteca con le spade snudate, deciso a porre fine allo svago di suo fratello, qualunque esso fosse. Aveva accettato la sua invadenza perché Yozora lo aveva convinto a soprassedere, perché i suoi inopportuni interventi erano riusciti a distruggerne la ritrosia, rendendola una donna degna di lui e del ruolo che avrebbe ricoperto. Perché in fondo li aveva avvicinati.
Ora è soltanto un molesto calcare la mano.
Raggelò alla scena che si offrì al suo sguardo.
Rhenn era immerso in un sonno profondo, sdraiato sul fianco, il capo appoggiato al braccio ripiegato, avviluppato in uno scialle femminile. Il respiro e le pulsazioni erano troppo regolari per sospettare una farsa. Accanto a lui c’era un calice di cristallo che recava tracce di vino.
Yozora, accoccolata al capo opposto del tappeto, sollevò gli occhi dalla lettura e si appoggiò l’indice sulle labbra. L’unica cosa di lei che lo sfiorava era la stola di seta con cui lo aveva coperto, ma in quello non sussisteva alcunché di illecito.
Ho travisato?
«Ubriaco marcio, che indecenza» ringhiò tra le zanne.
«Non ha bevuto nemmeno mezzo bicchiere. È esausto, ma si vergogna di mostrarlo al regno. Siedi con me, mio prezioso.»
Mahati rinfoderò con un sospiro, accomodandosi accanto alla promessa sposa.
«Mi domando perché non se ne stia con sua moglie, invece di pretendere la mia.»
«Anche Rasalaje lo stanca.»
«Quante storie. Perché non l’hai abbandonato ai sogni e non sei tornata da me?»
Yozora aveva giurato di serbare il segreto sulle visioni oniriche di Rhenn: era bene non lasciarlo solo, destarlo se necessario. Le costò tacere la verità a Mahati.
«Sarebbe stato mancare verso una persona bisognosa. Inoltre è l’erede al trono, se me ne disinteressassi, offenderei il clan reale.»
«Potrei ammazzarlo mentre dorme, così otterrei il suo titolo e la tua attenzione.»
La principessa rise piano al brontolio del fidanzato, poi si sporse a baciarlo. Lui la catturò e se la portò in grembo, incurante del terzo incomodo.
«Piano!» trasalì lei.
«Non vuoi svegliare Rhenn o eccedo in irruenza?»
«Mi vergognerei se ci scoprisse in intimità.»
«Ma figuriamoci! Hai dormito nuda a una spanna da lui!»
«Ero contro di te, non ha visto nulla!»
«Su questo ho seri dubbi!»
«Ssh!»
Il principe ignorò il richiamo e la sdraiò a terra, riconquistando la sua bocca.
«Ricordo» sussurrò sensuale «Eri una coltre calda, viva, irresistibile. Mi sdebiterò qui, se preferisci non piantarlo in asso.»
«Mahati!»
Non poté aggiungere altro perché lui la sovrastò. Intrecciò le dita alle sue e le sollevò le braccia, appoggiandosi adagio al suo corpo disteso. Schiuse le labbra e si fece desiderare, alternando quel lieve sfiorarla alla pressione di un bacio intenso. Quando ottenne la sua piena collaborazione, le liberò le mani in modo che potesse ricambiarlo con la stessa voluttà. Non attese: la stretta intorno al collo, la carezza delicata tra i capelli, il variare dell’odore della sua pelle erano quelli che conosceva e anelava.
Si scoprì a bramare che Rhenn si riscuotesse e li scoprisse avvinghiati a scambiarsi quei gesti passionali.
Ho sempre destinato il talamo al privato e mantenuto la riservatezza su ciò che avveniva nel mio letto. I Khai non si vergognano a esibire nei limiti della decenza la predilezione per una donna, invece io non ho mai ostentato neppure uno sguardo. Perché avverto l’esigenza di mostrare al mondo che lei è mia?
«Mi farai impazzire» le sussurrò all’orecchio, mordicchiandole il lobo.
Yozora gli strinse le ginocchia ai fianchi, tentando di sfuggire al climax del desiderio reciproco.
«N-non vorrai andare oltre?»
«È mesi che lo immagino, sognare è limitante.»
«Non qui, ti prego!»
«I nostri baci generano un fuoco arduo da controllare, ma non sono sconvenienti. Sei in ansia perché non gradisci che Rhenn ci sorprenda?»
«Non lui. Chiunque. Ci sono spazi solo nostri.»
Mahati si puntellò su un gomito e le rivolse un sorriso provocante. La luce accendeva le sue iridi di riflessi dorati, la carnagione pareva rame lucidato, privo d’imperfezioni.
«Ne sono convinto» mormorò scherzoso.
Yozora intese che aveva già deliberato di non eccedere, era stata lei a prolungare lo scambio e a renderlo bollente. Lo fissò incantata al chiarore dei tre Soli.
«Tu… sei la cosa più bella che abbia mai visto» mormorò.
Il principe sgranò gli occhi, colto alla sprovvista. Sentì che il cuore di lei batteva all’impazzata nel pronunciare quelle parole, il suo accelerò di riflesso. Fece per rispondere, ma un nodo alla gola gli bloccò il fiato.
Dei immortali, che cos’è questo?
Non trovò la definizione adatta all’emozione sconvolgente, però volle occultarla e scelse di annegare in un nuovo contatto. Si abbassò su di lei e nell’atto le dita incontrarono un oggetto riposto tra i cuscini. Sussultò.
«Ah! Che diavolo…?»
La principessa sbigottì e lo osservò sollevare lo Shikin per lasciarlo subito dopo. Sul suo volto c’era un’espressione turbata, quasi sofferente.
Anche Mahati? Non l’ha nemmeno aperto, quale veleno intride quei fogli?  
«È il testo che Rhenn stava analizzando» nicchiò.
Il Šarkumaar fissò perplesso la copertina, una ruga gli si incuneò tra le sopracciglia.
«Vuole ridecorare le sue stanze con questi arzigogoli? È questo che lo fiacca?»
Yozora non si capacitò del fatto che non intendesse l’idioma. Nonostante il timore, prese il libro e lo aprì al segno, contando sul fatto che non le aveva mai creato problemi.
«Non riesci a leggere?»
«E lui? Interpreta a piacimento tali volteggi d’inchiostro?»
«I-io penso che comprenda, altrimenti non sprecherebbe le ore a leggere.»
«Ore?» ripeté Mahati tra l’irritato e il sorpreso «Lo condivide con te?»
«Oh, sa che adoro le leggende e questa sembra molto antica, ma non ha tradotto che poche pagine.»
«Un’altra montatura per godere della tua compagnia e della tua buonafede! Conosce centinaia di storie, non sarebbe ostico metterne insieme una a casaccio per portarti qui. Non hai pensato che stesse improvvisando?»
Lei avrebbe voluto rispondere che il malore e lo sforzo mentale erano stati concreti, ma la parola data la ostacolò per la seconda volta. Fu invasa da un pesante magone.
Condividere i segreti di Rhenn mi allontana da Mahati. Non avrei dovuto accettare.
«Perché dovrebbe mentire su un mito arcaico?»
Il principe indicò il libro incriminato.
«Credi che il problema sia quello e non il fatto che l’accesso alla biblioteca sia condizionato dal suo ordine? Nell’ala nord non entra anima viva, persino Valka deve aspettare fuori! Sei sola con lui, Yozora! La quarta asheat è insidiosa, non occorre guardare lontano per avvistare l’attacco!»
«Lui sa che non cederei.»
«Così ne avete parlato, come suo dovere. Non hai sospetti su Rhenn e lui si dichiara tuo amico. Tuttavia non ti chiama kalhar, come tu non lo appelli iwadar e questo lo convince di avere appigli su di te. Compirebbe ogni nefandezza pur di strapparti a me e vantarsi che ti ha avuta per primo!»
«Non si macchierebbe di adulterio! E se così non fosse, sarebbe sulla pista sbagliata. In nessun caso farei soffrire la principessa reale.»
Il Kharnot inalò l’ossigeno e abbassò la voce.
«Sono pronto a giurare sul mio sangue daamakha che Rhenn è già un fedifrago.»
Yozora avvertì una fitta al petto. Il suo promesso sposo non mentiva mai: per spingersi a rivelare una tale infamia, doveva possederne la certezza e aver raggiunto il limite della sopportazione. Le lacrime sgorgarono immediate.
«Se questa fosse la tragica verità, non cambierebbe comunque la mia indole. Non mi concederò ad altri, nemmeno a tuo fratello.»
Mahati si rese conto di aver messo in dubbio la sua integrità morale a causa della diffidenza che lo stava corrodendo: il destinatario avrebbe dovuto essere Rhenn, non lei.
«Scusami. Le mie insicurezze offendono te prima ancora del mio credo, ma non intendo tollerare il gioco sporco che conosco da due secoli. Dammi il libro.»
«I-io non…»
«Adesso.»
La richiesta non ammetteva deroghe. Disobbedire avrebbe spinto Mahati a dubitare della sua onestà, consegnarlo avrebbe infranto l’accordo siglato con il primogenito.
È tutta colpa vostra, Rhenn! Almeno abbiate in buon gusto di svegliarvi e di vedervela con vostro fratello!
Esitò un attimo di troppo. Lo stratega supremo le sottrasse il volume e contrasse le dita per squarciarlo. L’aria pulsò come una creatura viva e di nuovo qualcosa gli inflisse una stilettata nelle carni.
«Che artificio nasconde!?» spasimò, apprestandosi a ritentare.
«No! Reagirà! Ti farà del male!» pregò la ragazza.
«Cosa? Assurdità, non mi lascerò spaventare da un volgare inganno!»
Gli artigli affilati affondarono nella carta antica senza remore.
Le vetrate della biblioteca esplosero. Yozora strillò di terrore, proteggendosi alla meno peggio; lui la riparò con il suo corpo, ricevendo l’ondata di schegge iridescenti che s’infrangeva sul pavimento.
Il finimondo durò un istante infinito. La principessa tremava tra le sue braccia. Le baciò la fronte, accertandosi che non fosse ferita e assentì quando lei gli domandò se stesse bene. Quando si volsero al libro, impietrirono: una pozza scarlatta si allargava sotto la copertina intonsa e non c’era traccia dell’unghiata che avrebbe dovuto farlo a pezzi.
«Come lo sapevi?» ansò Mahati.
«Io non…»
«Il sangue volge in sangue, l’antico retaggio è chiamato al suo destino. Sorge il signore dei Khai, colui che condurrà la stirpe guerriera. Egli spezzerà il sigillo… dai millenni è giunto protetto dalla mia promessa… discerni, figlio di Kushan…»
«Rhenn?»
Il Šarkumaar non riuscì a staccare gli occhi esterrefatti da quelli vacui del fratello che, inginocchiato sul tappeto, mormorava rivolto al cielo. Yozora lo strinse forte, appoggiando il capo alla sua spalla in preda a una devastante consapevolezza.
Perché sta succedendo? Perché adesso? Questo li dividerà per sempre!
Dalle labbra schiuse del primogenito scaturirono parole oscure e angoscianti.
«Quando spezzerà il sigillo, ascolterà il grido delle mie labbra… ricade su di lui il patto e morte e ahaki… divinità che sedete nel pantheon, preservate l’erede del fuoco, il… sommo signore dei Khai…»
Rhenn si accasciò con un gemito.
La principessa cercò di sottrarsi alla stretta per accertarsi delle sue condizioni, ma il secondo principe la trattenne quasi con brutalità.
«Stai lontana da lui!»
indugiò sul fratello inerte come se fosse qualcosa di pericoloso e maligno. Un essere infero che non riconosceva.
L’Ojikumaar si riscosse dallo stordimento e comprese di essere stato preda di una visione. Osservò sgomento le finestre vuote e i frammenti di vetro sparsi intorno a lui, spalancò gli occhi nello scorgere il volume immerso nel sangue. Quando incrociò lo sguardo con quello inaspettato del minore, sul suo viso si dipinse un tormento ineffabile.
Perché lui è qui? Non avrà udito…
«Non avvicinarti, Rhenn.»
Per la prima volta questi non riuscì a ribattere. Si puntellò sulle mani, cercando in silenzio l’umanità di Yozora, il suo appoggio, le sue parole concilianti. Mahati se ne avvide e si frappose, proteggendola persino dai suoi pensieri gonfi di solitudine.
«Vale anche per lei» intimò «Non osare cercarla, avvicinarla o rivolgerle la parola. Non la vedrai mai più.»
Non attese replica. Sollevò la sua promessa sposa sulla spalla e lasciò la biblioteca.
   
 
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