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Autore: Princess Kurenai    25/03/2023    2 recensioni
[RenKaza | Rengoku Lives | Found Family]
Riaprì le mani chiuse a pugno, provando a lasciar scivolare via la tensione, e prese infine un profondo respiro.
Il fischio che lo aveva reso sordo fino a quell'istante svanì lentamente, permettendogli di sentire il silenzio della casa spezzato da un nuovo rumore, improvviso e inaspettato.
Akaza si irrigidì e il suo sguardo si puntò subito verso il fusuma che fungeva da ripostiglio della camera, e dal quale erano ormai udibili dei versi soffocati.
Si accostò all’anta scorrevole e, con attenzione, la aprì. Un piccolo ammasso di lenzuola si mosse sotto il suo sguardo - ormai più incuriosito che arrabbiato come qualche momento prima -, e infine un forte pianto iniziò a riempire la stanza.
Un neonato.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hakuji/Akaza, Kyoujurou Rengoku, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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As Soothing As Snow

Capitolo 14
We're getting out of here together


»--•--«


Il sole era già alto nel cielo quando finalmente Kyojuro e Mitsuri riuscirono a lasciare la Casa delle Farfalle. Shinobu li aveva ampiamente preceduti, e per quanto l’intenzione fosse stata sin dall’inizio quella di partire subito, alla fine Rengoku aveva dovuto attendere le medicazioni alle quali si doveva sottoporre Kanroji.

Aveva cercato di convincerla a riposarsi - la ferita riportata contro la Sesta Luna Crescente non era grave ma il suo corpo aveva ugualmente bisogno di riposo -, ma il Pilastro dell’Amore era stato irremovibile: doveva essere presente per aiutarlo, altrimenti non si sarebbe mai perdonata.

Kanzaki, nonostante il nervosismo per la presenza di un demone, si era occupata di Mitsuri e quando le medicazioni erano state ultimate, Akaza aveva preso posto all’interno della scatola di Nezuko e con un “Buona fortuna, Rengoku-san!” urlato a gran voce da Kamado, Kyojuro si era messo in marcia verso il Quartier Generale.

Era stata una mattinata movimentata - in realtà gli sembrava di non avere pace da ben più di ventiquattr’ore, visto che tutto era iniziato quando Akaza era scappato da casa sua -, e solo in quel momento Rengoku si rendeva realmente conto di quanto ogni avvenimento si fosse susseguito quasi senza lasciargli pace o attimo per ragionare.

Avrebbe fatto di tutto pur di potersi fermare e allontanare la crescente oppressione al petto.

Deglutì quasi senza rendersene conto, e accarezzò con le dita le cinghie di cuoio della scatola che pesava sulle sue spalle. Era liscio al tatto e il peso della scatola non poteva non essere strano per Kyojuro. Non era abituato a viaggiare in quel modo e, inconsciamente, temeva che Akaza fosse scomodo o che si sentisse in trappola.

D’altro canto il demone era rinchiuso tra quelle quattro pareti, stavano andando verso il Quartier Generale degli Ammazza Demoni e si trovavano sotto il sole… sotto ogni punto di vista quel viaggio sembrava una condanna a morte.

Rengoku si irrigidì ancora, trovando quasi impossibile mantenere il contatto con la realtà e con quel pizzico di speranza che stava inseguendo. Strinse le labbra, e tentò di indossare il suo solito sorriso per pensare almeno al presente e non al futuro incerto che li attendeva.

«Tutto apposto la dentro?» domandò, portando una mano alle sue spalle per toccare la base inferiore della scatola.

«Kyojuro… non lo farò mai più. È un’agonia…» si lamentò Akaza, e il Pilastro della Fiamma nonostante tutto non poté non scoppiare a ridere per il tono che il demone aveva utilizzato.

La situazione non era realmente divertente, ma ridendo in quel modo Rengoku sperò di riuscire a coprire le sue paure e le incertezze… ma nulla riuscì a impedirgli di realizzare ancora una volta che quelli sarebbero potuti essere gli ultimi momenti che avrebbe potuto passare in compagnia di Akaza. E voleva più di ogni altra cosa che fossero almeno positivi.

“Non pensarci!” esclamò nella sua mente.

Doveva allontanare quei pensieri e mostrarsi sicuro delle loro possibilità. Doveva farlo non solo per incoraggiare Akaza, ma anche per non cadere lui stesso nell’abisso che si stava aprendo sotto i suoi piedi.

Gli sembrava però impossibile, perché i suoi pensieri sembravano non volergli dare pace.

Cosa sarebbe successo se la situazione non si fosse evoluta in modo favorevole? Se quella piccola speranza si fosse spenta?

Rengoku voleva convincersi che il Capofamiglia si sarebbe rivelato accondiscendente nei loro confronti, che si sarebbe mostrato disposto a dare al demone una seconda opportunità, ma al tempo stesso il Pilastro non poteva non pensare ad un futuro dove Akaza non fosse più stato presente.

Sentiva il petto congelarsi al solo pensiero, seguito dal bisogno di rifiutare totalmente quell’ipotesi, ma Kyojuro doveva essere realistico. Era possibile che Ubuyashiki non si mostrasse clemente. Avrebbe potuto decretare la morte di Akaza e… che cosa sarebbe successo?

Akaza si sarebbe difeso, facendo una strage, o… avrebbe accettato la condanna così come aveva cercato di uccidersi?

Kyojuro iniziò a respirare quasi più affannosamente e si costrinse a trattenere il respiro pur di ritrovare il controllo.

Sapeva già la risposta a quei quesiti in realtà, perché Akaza non aveva fatto altro se non ricordargli ciò che lui non avrebbe mai potuto dimenticare: Koyuki doveva essere la sua unica priorità.

Se non ci fosse stato nessun modo di salvare Akaza - e il solo pensiero nauseava Rengoku -, allora entrambi avrebbero dovuto pensare al bene della bambina.

Lo scenario che gli si stava presentando davanti era chiaro. Per non doversi tagliare la gola, ed espiare in quel modo il suo tradimento, Kyojuro avrebbe potuto richiedere la clemenza del Capofamiglia, rinunciare al titolo di Pilastro e ritirarsi del tutto dalle scene, nascondendosi come un reietto.

Il pensiero gli faceva stringere lo stomaco, ma dall'altra parte Rengoku sapeva di aver già gettato troppa ombra e disonore sulla sua famiglia per continuare a portare con orgoglio l'haori dei precedenti Pilastri della Fiamma.

Gli venne spontaneo cercare con lo sguardo Koyuki, che in quel momento dormiva felicemente addormentata tra le braccia di Kanroji.

Per quella bambina - per sua figlia - era davvero pronto a tutto. Era disposto anche a rinunciare alla vita che aveva sognato sin da bambino. Gli sembrava impossibile, quasi un incubo, ma al tempo stesso appariva quasi accettabile perché aveva qualcuno da proteggere ad ogni costo.

Il problema, se così si poteva definire, era che Kyojuro non poteva fare a meno di includere anche Akaza tra le persone che desiderava proteggere. Faceva parte della famiglia, in qualche modo, e non voleva né poteva accettare di crescere Koyuki senza il demone.

Fece un’altra smorfia, e ancora una volta cercò di allontanare quei pensieri che, probabilmente, non lo avrebbero portato da nessuna parte.

«Rengoku-san? Va tutto bene?» domandò Mitsuri, probabilmente notando il suo crescente disagio.

Il Pilastro dell’Amore non stava facendo nulla per nascondere la propria preoccupazione, e Kyojuro, per puro istinto, si sforzò di nuovo di sorridere per cercare di risponderle nel modo più convincente possibile.

«Certo, va tutto bene!»

«Kyojuro.»

La voce di Akaza da dentro la scatola giunse alle loro orecchie bassa e nervosa, e per Rengoku fu facile interpretarla come un: “Non sai mentire.”

Era assurdo come al demone ormai bastasse solamente sentire la sua voce per rendersi conto delle sue bugie - o meglio: dei suoi tentativi di celare la verità.

Sospirò. Il Pilastro della Fiamma non poteva nascondersi, ed era anche stupido cercare di non mostrarsi preoccupato... ci aveva provato, ma aveva fatto un pessimo lavoro.

«D'accordo… so benissimo che non va tutto bene,» si trovò costretto ad ammettere. «Stavo pensando… al futuro

«Andrà tutto bene! Ne sono certa!» esclamò subito Mitsuri per incoraggiarlo. «Oyakata-sama è un uomo buono! E non è la prima volta che perdona chi si è macchiato di omicidio!»

Kyojuro arricciò il naso, afferrando senza alcun problema l'allusione di Kanroji.

«Comprendo le tue intenzioni, ma Akaza è un demone. Uzui invece si trovava in una situazione complicata. Era stato costretto dalla sua stessa famiglia a compiere quegli atti,» le fece presente Rengoku.

Anche se non ne parlavano apertamente, tutti erano a conoscenza di quello che aveva spinto il Pilastro del Suono ad abbandonare il suo clan e la sua famiglia. Tengen era ancora braccato da quei ricordi e dal peso delle sue azioni. Erano degli incubi che difficilmente lo avrebbero abbandonato… ma paragonarlo ad Akaza? No, non era possibile.

Kanroji si imbronciò, ma non sembrò voler desistere.

«Lo so, ma…» per un momento Mitsuri sembrò tentata dal voler controbattere, ma alla fine non riuscì a parlare.

Potevano aggrapparsi entrambi a giustificazioni come ‘è stato Kibutsuji Muzan a costringerlo’ ma al tempo stesso sapevano che quella era e sarebbe rimasta solo una mezza verità. Akaza non poteva essere giustificato per ciò che aveva fatto in passato. 

«Almeno… cerca di credere che possa andare tutto bene,» riprese Kanroji con tono accorato. «Voglio credere che andrà tutto bene, per entrambi! Sono certa che anche Koyuki-chan voglia la stessa cosa, quindi… non perdere la speranza. Io sono con te, anzi: sono con voi!»

Le guance di Mitsuri si erano colorate gradualmente di rosso, e Kyojuro cercò di rivolgerle un altro sorriso, grato per il coraggio e la fiducia della giovane donna.

Il Pilastro dell'Amore aveva sempre avuto il cuore nel posto giusto. Forse poteva apparire ingenua, ma era tra le persone più buone che Rengoku avesse mai avuto l'onore di conoscere, ed era davvero felice e sollevato all'idea di averla come alleata in quella battaglia.

Abbassò di nuovo lo sguardo sul viso della bambina addormentata, e a quel punto Kyojuro si fece un po' più serio.

«Lo faccio per lei,» disse, sentendo subito un mugugno di affermazione da parte di Akaza, che sembrava ben deciso a ricordargli di dover sempre e solo pensare a Koyuki e a nessun’altro.

Proseguirono tra brevi chiacchiere la strada che li separava dalla Casa degli Ubuyashiki, e il tragitto si rivelò fortunatamente privo di sorprese o imprevisti. Infatti i due Pilastri riuscirono a raggiungere il Quartier Generale in meno di due ore - non potevano permettersi di andare più velocemente con una bambina.

Koyuki si era svegliata nel mentre, e Kanroji aveva fatto del suo meglio per riuscire a tenerla calma, ma si rivelò sin da subito un compito alquanto difficile da compiere in viaggio, perché la bambina era affamata e, soprattutto, aveva bisogno di essere cambiata.

Forse fu proprio il doversi prendere cura di Koyuki a permettere a Kyojuro, una volta all'interno della dimora degli Ubuyashiki, di trovare una sorta di equilibrio mentale che per un momento aveva rischiato di perdere con l'ingresso nella proprietà.

Sapeva che tutti gli altri Pilastri si trovavano già lì presenti, a discutere di ciò che lui aveva fatto e di come comportarsi con Akaza. Probabilmente lo avevano già giudicato colpevole - non avrebbe mentito: avrebbe fatto lo stesso se ci fosse stato qualcun’altro al suo posto -, e in qualche modo Rengoku sentiva di voler evitare il più possibile quell'incontro.

Con Koyuki in braccio, Kyojuro aveva consegnato a Mitsuri l'hanyuu bin e il latte in formula, con la richiesta di prepararlo nelle cucine mentre lui si sarebbe invece occupato di cambiarla in uno dei bagni.

Rengoku conosceva ormai bene la Casa degli Ubuyashiki, e per quel motivo non fu difficile per lui raggiungere la sua meta senza fare incontri.

Il bagno che aveva scelto come rifugio, si trovava sul lato ovest della casa, ed era dotato di un sistema idrico interno tipico della cultura occidentale. Per quanto gli Ubuyashiki fossero estremamente legati alla tradizione, avevano iniziato a dotare la loro dimora di ‘piccoli accorgimenti occidentali’ sin dall’epoca Meiji. Erano delle comodità che si erano rivelate quasi necessarie per poter agevolare la vita dei Capifamiglia, soprattutto per le fasi finali della loro malattia.

Kyojuro era sempre stato incuriosito dalle ‘scoperte moderne’, ma in quel momento non si soffermò troppo a lungo a osservare i dettagli. Tirò infatti le tende dell’unica finestra, e solo dopo essersi assicurato che non entrasse luce solare - per fortuna erano nel lato ovest della casa -, posò per terra la scatola per permettere ad Akaza di uscire.

La porticina in legno si aprì con un lieve cigolio e, con fare circospetto, il demone mosse i primi passi all’interno della stanza.

Era davvero piccolo, pensò subito Rengoku, osservando il corpo rimpicciolito ma familiare di Akaza.

Gli occhi del demone sembravano quasi giganti sul suo volto minuto, e le ciglia sembravano addirittura più folte del solito. La sua stessa muscolatura si era adattata a quella nuova forma, cancellando ogni traccia di muscoli per lasciar spazio a delle forme più delicate e morbide.

Sembrava un bambino, un po’ come quando era Nezuko ad assumere quella forma, e Kyojuro lo aveva pensato anche prima di lasciare la Casa delle Farfalle, e non poté fare a meno di pensarlo anche in quel momento: Akaza era carino.

Anche nella sua forma adulta il demone aveva dei tratti delicati e giovani, ma in quelle condizioni era quasi adorabile.

Rengoku tenne per sé quelle considerazioni, ma tentò di imprimere nella sua mente il più possibile quell'aspetto, conscio che Akaza non avrebbe più accettato di viaggiare in quel modo.

“Sempre se ci sarà modo di viaggiare di nuovo insieme,” gli suggerì maligna una vocina e Kyojuro, seppur nauseato da quel pensiero, tentò di concentrarsi di nuovo su Akaza che si era spostato dalla scatola reggendosi i pantaloni con entrambe le mani.

Addosso aveva i suoi soliti abiti - la piccola veste rosa e i pantaloni larghi color panna -, ed era stata una sorpresa sia per Rengoku che per Kanroji scoprire che quegli indumenti erano una sorta di prolungamento del corpo del demone. Akaza non ne conosceva l'esatto funzionamento - o almeno così aveva detto -, ma aveva spiegato di essere sempre stato in grado di rigenerare i suoi vestiti con un po' di concentrazione.

Koyuki riprese a piangere, forse contrariata dal silenzio e dalla tensione che si stava venendo a creare, e Akaza senza parlare riprese subito la sua forma adulta. Kyojuro doveva ammettere che era quasi rassicurante rivederlo con quell'aspetto così familiare, dove le uniche note fuori posto - ma non per quello meno piacevoli o affascinanti - erano le cicatrici e i segni dorati che erano rimasti sul corpo di Akaza anche dopo essersi ripreso dalla maledizione di Muzan.

Aprì bocca, ma si rese conto di non sapere esattamente che cosa dirgli o chiedergli. In realtà aveva una miriade di domande per la testa e altrettanti pensieri che voleva condividere con il demone, ma in quel momento nulla gli sembrò realmente importante.

«… Kanroji sta scaldando il latte nelle cucine,» commentò alla fine il Pilastro della Fiamma, cullando la bambina.

Akaza annuì restando ancora in silenzio poi si avvicinò a lui. La sua espressione seria si addolcì nel guardare la bambina e Kyojuro non poté non restare quasi affascinato dagli occhi, ormai privi di kanji, del demone.

"Non sono solo gialli," si rese conto Rengoku nell'osservarli più da vicino. Senza quei marchi era possibile vedere diverse sfumature nelle iridi di Akaza, come l'arancione e l'ambra. Erano colori caldi e piacevoli, in contrasto con la sclera fredda e blu e la pelle pallida.

«Me ne occupo io?» domandò il demone, lanciandogli una breve occhiata e riscuotendo Kyojuro dai suoi pensieri. Il Pilastro lesse numerose implicazioni in quella semplice richiesta che, normalmente, Akaza non avrebbe mai fatto.

In genere, durante le visite del demone, era Akaza a occuparsi di cambiare la bambina e quello era diventato una sorta di muto accordo tra loro due. Tuttavia, il fatto di essere in quel luogo, con una sentenza che gravava sul collo di entrambi, sembrava averlo reso quasi più insicuro.

«Sei più bravo di me, no?» rispose Rengoku, cercando istintivamente di alleggerire la tensione.

Akaza sorrise quasi sollevato, e dopo aver preso la sacca con la roba di ricambio per Koyuki che Kyojuro si era portato dietro, poté mettersi a lavoro per lavarla e cambiarla.

Si muoveva con la sua solita sicurezza e Rengoku non poté non trovare rassicurante il vederlo compiere quei gesti che erano ormai diventati familiari per entrambi.

Koyuki si mostrò a sua volta soddisfatta dal trattamento, infatti iniziò subito a parlottare, continuando a rivolgersi al demone chiamandolo Papa.

Kyojuro non poteva negarlo: era stata una sorpresa sentirla pronunciare quella parola.

Da qualche tempo a quella parte Senjuro aveva iniziato a cercare di insegnare alla bambina dei suoni e delle parole, e spesso suo fratello aveva indicato proprio Kyojuro utilizzando quel termine.

Aspettava da settimane quel momento, e anche se era stato Akaza il destinatario di quella parola, Rengoku non si sentiva né offeso né tanto meno deluso. Al contrario lo aveva trovato emozionante.

La nausea, tuttavia, lo fece di nuovo irrigidire.

Sarebbe stato bello se quel momento di intimità con Koyuki - la sua prima vera parola, il fatto che avesse riconosciuto uno dei due come una figura genitoriale - fosse avvenuto in un altro momento. Mentre erano da soli nella sua camera, a giocare con la bambina e a chiacchierare… senza gli altri Pilastri ad osservarli e senza il timore che tutto quello potesse finire.

«Kyojuro, smettila di pensare così tanto,» commentò Akaza, senza però distogliere lo sguardo dalla bambina.

«Perdonami se sono preoccupato,» si lamentò.

«Non preoccupparti,» rispose il demone. «Se tu e Koyuki siete al sicuro, allora posso accettare tutto.»

«Non ti si addice la parte dell'eroe tragico!»

Akaza alzò finalmente gli occhi su di lui.

«Cosa vuoi che ti dica? Che sono pronto a uccidere tutti qui dentro? A rapire te e la bambina pur di vivere con voi?» domandò con un sorriso quasi maligno. «Ne sarei capace, nessuno potrebbe fermarmi. Questo lo sai benissimo.»

«Non intendevo questo!» ribatté Rengoku rabbrividendo. Non dubitava delle parole di Akaza, ed era certo che se solo il demone avesse voluto nessuno lì sarebbe uscito vivo… e in qualche modo sapeva di essere lui ad avere il potere di fargli compiere o meno una strage.

Il suo stomaco si strinse al solo pensiero.

«Kyojuro, ho fatto le mie scelte. Ho ottenuto una seconda possibilità, e intendo usarla per tenere in vita te e Koyuki,» riprese serio il demone, e il Pilastro si passò una mano sul viso.

«Vorrei che questo tuo piano di sopravvivenza comprendesse anche te stesso,» commentò esasperato.

Akaza non rispose, preferendo invece rimanere in silenzio per continuare ad occuparsi di Koyuki. Kyojuro osservò a sua volta la bambina, senza riuscire a riprendere la parola perché, nonostante l’assurda voglia di esprimere tutti i suoi sentimenti e le paure, temeva che qualsiasi frase si sarebbe potuta trasformare in un addio.

Sospirò ancora una volta, e seguì con lo sguardo il demone sollevare per aria Koyuki non appena terminò di cambiarla. La bambina iniziò a ridere e Akaza le rivolse a sua volta un piccolo sorriso - era sincero, ma Rengoku notò subito un'ombra di tristezza.

«Papa! Papa!»

«Se io sono Papa, allora Kyojuro chi è, Koyuki? Mama?» domandò il demone fingendosi pensieroso.

Il Pilastro, nonostante la situazione, non riuscì a trattenersi dall'emetterre un verso quasi scandalizzato.

«No!»

«Ma-ma!» sillabò Akaza diretto alla bambina che lo stava guardando con la bocca aperta, forse cercando di comprendere che cosa le stava venendo detto.

«Akaza! Non voglio che mi chiami Mama!»

«Papa!» esclamò invece Koyuki, ignorando entrambi.

Akaza ridacchiò e la riattirò al petto per abbracciarla, rivolgendo poi al Pilastro un sorrisetto compiaciuto e malizioso.

«Valeva la pena tentarci,» decretò e Kyojuro, forse complice quello scambio di battute così familiare tra lui e il demone, non poté non scoppiare a ridere.

Trovò liberatorio concedersi quella risata, ma sfortunatamente il suo cuore non riuscì realmente a reggere quella leggerezza, e presto il suo petto non venne più scosso dalle risate ma da dei singhiozzi. Si portò la mano alla bocca cercando di placare quel suono, e la vista si appannò a causa delle lacrime sempre più copiose.

Perché doveva temere così tanto per la sua felicità? Non gli era concesso essere felice almeno una volta nella sua vita?

«Ehi… Kyojuro…» Akaza lo aveva subito affiancato e aveva iniziato ad accarezzargli la schiena con lenti movimenti circolari.

Rengoku non lo scostò né tentò di fermarlo.

«Akaza... dobbiamo uscire da qui insieme,» mormorò, cercando di placare quel pianto che gli sembrò via via sempre più isterico e nervoso che di tristezza.

Comprendeva appieno le implicazioni della sua affermazione, ed era certo che anche Akaza, in qualche modo, le avesse intuite. Non avrebbe mai avuto il coraggio di pronunciarle apertamente, perché era ancora così complicato venire a patti con quella situazione… ma non voleva rinunciare alla sua felicità.

Il suo intero mondo si trovava rinchiuso in quel bagno, e non voleva perderlo.

«Rengoku-san! Posso entrare? Ho portato il latte per Koyuki-chan!»

La voce allegra di Kanroji spezzò fortunatamente quel momento, e Kyojuro, asciugando il viso con la manica della divisa, cercò di rendersi di nuovo presentabile.

«Sì, entra pure,» disse.

La porta venne fatta scorrere di lato e Mitsuri, con in mano l’honyuu bin, si insinuò all’interno del bagno. Richiuse lo fusuma alle sue spalle e, con le labbra tirate in un sorriso nervoso, si rivolse direttamente ad Akaza.

Era chiara la tensione della giovane donna nei confronti del demone, notò ancora una volta Kyojuro, ma era altrettanto palese la necessità di Kanroji di mostrarsi una loro alleata e non una nemica. Infatti Mitsuri 

 ad Akaza che, accettandolo, borbottò un ringraziamento.

Il demone sistemò meglio la bambina tra le proprie braccia, e affamata Koyuki si avventò subito sul beccuccio della bottiglia non appena fu vicino alla sua bocca.

«Va tutto bene?» chiese Kanroji, con tono apprensivo, notando ovviamente l’occhio arrossato di Rengoku.

«Spero… spero vada meglio,» ammise il Pilastro della Fiamma, incapace di nascondere il suo malessere.

Mitsuri annuì.

«Ci sono tutti, tranne Uzui-san per ovvie ragioni, e credo che Shinobu-chan abbia già raccontato quanto è successo,» spiegò.

«Immagino però di dover raccontare anche la mia versione di tutta la storia…» commentò Kyojuro, togliendosi la benda dall’occhio per potersi lavare il viso e scacciare via le ultime tracce delle lacrime.

«Sì, e racconterò anche io quello che ho visto e sentito questa notte!» aggiunse Mitsuri con decisione.

Rengoku chiuse l’occhio e annuì.

La loro migliore linea difensiva si basava soprattutto sulle informazioni che Akaza aveva dato su Muzan e sulle altre Lune Crescenti. Certo, avere Kanroji e Kocho come testimoni era utile, ma… sarebbe bastato?

Kyojuro prese un profondo respiro.

Giunti a quel punto non si poteva più tornare indietro.

Riaprì l’occhio con un’espressione più risoluta e sbatte con forza i palmi delle mani sulle guance. Il rumore di quello schiaffo riempì il bagno, e con il viso che pizzicava in modo sia fastidioso che piacevole, Rengoku si voltò di nuovo verso Akaza, che lo stava fissando con un’espressione seria e quasi indecifrabile.

Il Pilastro cercò di rivolgergli un sorriso più fiducioso e, indossando di nuovo la benda, si disse di dover affrontare a testa alta anche quella missione, come aveva sempre fatto. Non era da lui tirarsi indietro, né lasciarsi abbattere, soprattutto in quel momento nel quale aveva troppo da perdere.

«Sono pronto!» dichiarò.

«Sei sicuro?» gli chiese Akaza.

«Devo,» assentì il Pilastro e il demone inclinò il capo per guardare la bambina.

«Kyojuro. Ne usciamo da qui insieme, lo hai detto tu.»



..••°°°°••..



Akaza si lasciò guidare da Kyojuro e Mitsuri lungo il corridoio del Quartier Generale degli Ammazza Demoni, la dimora degli Ubuyashiki.

Era strano trovarsi in un luogo che Muzan aveva cercato per secoli, e per quanto potesse apparire come speciale e importante, il demone non poté non pensare a quanto quella casa fosse… normale.

Era sicuramente ricca ed elegante, ma non sembrava essere in grado di trasmettere imponenza o pericolo. I pannelli scorrevoli dei fusuma erano dipinti con motivi floreali o con animali, e l'aria profumava di frutta fresca e fiori - non di glicine, però. Il legno del pavimento era pulito e scricchiolava solo leggermente sotto i loro passi.

Era l’esatto contrario del Castello dell’Infinito, la cui struttura labirintica svolgeva il compito di opprimere chi veniva convocato al suo interno.

Quella casa invece gli sembrava accogliente e calda, non minacciosa.

Ciononostante, quella sensazione di pace non sembrava essere abbastanza forte da permettergli di scacciare del tutto l’apprensione e la tensione. Sapeva a cosa stava andando incontro ma, al tempo stesso, gli sembrava di essere sul punto di affrontare l’ignoto.

Poteva chiaramente avvertire gli spiriti combattivi degli altri Pilastri e la loro ostilità, e sentiva in modo altrettanto intenso il suo istinto scalciare e fremere all’idea di trovarsi davanti a dei guerrieri così forti… ma al tempo stesso ne era anche vagamente nauseato.

Non comprendeva ciò che stava passando per la sua testa, ma era certo che il timore per la sorte di Kyojuro fosse molto più forte di qualsiasi suo altro desiderio.

Molto più importante del fermarsi a pensare alle conseguenze di quelle ultime ventiquattr'ore.

Trovarono due bambine - probabilmente gemelle e figlie di Amane e di Ubuyashiki vista da forte somiglianza tra di loro e con la moglie del Capofamiglia - ad attenderli davanti ad una porta scorrevole.

Indossavano dei kimono dalla fantasia floreale color lavanda, e in viso avevano un’espressione rilassata e calma, come se non fossero minimamente preoccupate per presenza di un demone nella loro casa.

Erano strane come Amane, considerò Akaza, senza però curarsi troppo del loro atteggiamento o dell’aspetto. Perché al di là del fusuma poteva sentire con molta più chiarezza sia la voce del Pilastro Rumoroso che la presenza degli altri Pilastri.

Erano separati solo da quella semplice e debole porta scorrevole.

Strinse le labbra e sostenne con più sicurezza Koyuki al petto - si era rifiutato di lasciarla a Kyojuro, un po' perché la bambina lo aiutava a mantenere la calma e un po' perché sentiva il bisogno di proteggerla da quelle persone che per lui erano degli estranei oltre che dei nemici.

«Kuina-sama, Kanata-sama,» le salutò Kyojuro con un inchino, venendo subito imitato anche da Mitsuri.

Le due bambine risposero a loro volta con un inchino, composto ed educato.

«Oyakata-sama e gli altri Pilastri vi attendevano.»

Rengoku si raddrizzò ed annuì. Aveva in viso un’espressione risoluta e coraggiosa, ma Akaza poteva notare la tensione in tutti i suoi movimenti.

Le due bambine fecero scorrere il fusuma, annunciando al padre e ai Pilastri, chiusi all’interno di quell’ambiente, il loro arrivo.

La stanza era grande e illuminata da tante candele profumate. Su un lato vi erano i Pilastri, che si erano subito irrigiditi con il loro ingresso, e dall’altra, seduto su un futon, vi era invece un uomo dalla carnagione pallida affiancato da Amane.

Per quanto l’istinto suggerisse ad Akaza di guardare verso i Pilastri e i loro spiriti combattivi, lo sguardo del demone venne immancabilmente attratto dall’uomo. Sentì subito lo stomaco stringersi e il sangue gelarsi nelle sue vene, perché per un momento gli parve quasi di vedere il viso di Kibutsuji Muzan.

Fece istintivamente un passo indietro, permettendo a un momento di panico di paralizzare il suo corpo, ma gli bastò continuare ad osservare il viso di quell'uomo per rendersi conto che in nessun modo sarebbe potuto essere Muzan.

La somiglianza era tanta, ma i tratti seppur simili erano diversi.

L'uomo, in ogni caso, non aveva bisogno di presentazioni. Akaza sapeva di avere davanti il Kagaya Ubuyashiki, il generale a capo di tutti gli Ammazza Demoni… e, se proprio doveva essere sincero: non era quello l’aspetto che il demone aveva immaginato per una figura così di spicco e importante per gli Ammazza Demoni.

Quell’uomo era debole.

La pelle era pallida, e la parte superiore del viso sembrava sfregiata da delle piaghe che, a causa della luce delle candele, sembravano quasi più profonde.

Era cieco, notò inoltre Akaza, ma quello non aveva impedito a Kagaya di rivolgere il viso verso di loro, assumendo un’espressione accogliente e tranquilla.

Come poteva quell'uomo essere a capo degli Ammazza Demoni?, si chiese Akaza, sorpreso e confuso.

«Vi ringrazio per essere venuti così celermente,» li accolse Ubuyashiki con voce morbida e rilassata che, tuttavia, non sembrava essere in grado di nascondere il peso e la stanchezza che quel corpo stava provando.

Per quanto una parte di Akaza stesse ancora cercando di comprendere come quell'uomo potesse essere il capo degli Ammazza Demoni, dall'altra avvertì subito una sorta di malore nel suo animo.

Non lo credeva possibile, e onestamente gli sembrava anche sciocco, ma gli venne quasi spontaneo sovrapporre la figura debole di quell’uomo a quella di suo padre.

Sarebbe dovuto rimanere disteso, riposarsi e non affaticarsi, eppure restava seduto ad affrontare i suoi impegni con tutta la dignità che possedeva.

Fisicamente poteva essere debole, ma non nello spirito. Forse era per quello che era in grado di comandare gli Ammazza Demoni.

«Vi prego, accomodatevi,» continuò l’uomo, per poi fare le dovute presentazioni rivolgendosi direttamente ad Akaza. «Io sono Kagaya Ubuyashiki, il novantasettesimo leader dell’organizzazione degli Ammazza Demoni. So che hai già avuto modo di conoscere mia moglie, Amane Ubuyashiki, alla Casa delle Farfalle.»

Il demone annuì e si costrinse a dare poi voce alla sua risposta perché sapeva che quell’uomo, a causa della sua cecità, non lo avrebbe mai potuto vedere.

«Sì, l’ho conosciuta,» rispose. «Io… sono Akaza,» aggiunse poi.

Era strano come la voce di Ubuyashiki fosse riuscita a cancellare gran parte della tensione che Akaza aveva provato nell’entrare in quella stanza.

Non possedeva una presenza imponente né soffocante. Non ispirava sottomissione come Muzan, ma il demone riconosceva in lui una diversa forza e sentiva di doverlo rispettare anche se non si trattava di un guerriero - era in quei momenti che sentiva di comprendere cosa intendeva Kyojuro quando parlava di diversi tipi di forza.

«Kyojuro, Mitsuri, spero che il viaggio sia andato bene,» proseguì con calma Ubuyashiki.

«S-sì! Grazie Oyakata-sama!» esclamò il Pilastro dell’Amore, prendendo posto accanto a Shinobu.

Ubuyashiki tossì un poco e Amane, composta ed elegante accanto a lui, gli accarezzò con dolcezza la schiena. Era una scena familiare per Akaza, così simile alla vita che aveva vissuto come Hakuji da fargli quasi sentire la nausea per il fatto di non poter fare niente.

«Shinobu ci ha già raccontato quanto è accaduto alla Casa delle Farfalle, ma credo sia giusto chiedere anche a voi due di spiegarci gli avvenimenti che ci hanno portato a questa notte,» disse l’uomo, concedendosi poi una lunga pausa per riprendere fiato.

Era proprio necessario?, si chiese Akaza. Non voleva sottrarsi all’interrogatorio - e anche se avesse voluto sapeva che era comunque inevitabile -, ma stava rivolgendo quel pensiero ad Ubuyashiki, la cui salute era chiaramente corrotta da quella malattia.

Non doveva affaticarsi.

«Sì, Oyakata-sama,» rispose Kyojuro, rivolgendosi poi ad Akaza.

Il demone strinse le labbra, e solo dopo aver abbassato lo sguardo su Koyuki - che lo stava fissando a sua volta con i suoi grandi occhioni innocenti - si decise a parlare. Avrebbe potuto farlo il Pilastro, ma sapevano entrambi che era Akaza quello che doveva conquistarsi la fiducia.

«Mesi fa ho trovato questa bambina e l’ho portata da Kyojuro,» esordì.

«Trovata? O hai ucciso i suoi genitori?» si intromise subito il Pilastro Rumoroso, che sembrava quello più battagliero e pronto al combattimento.

Akaza si irrigidì, ma fu la voce calma di Ubuyashiki a placare subito le discussioni sul nascere.

«Sanemi, permetti ad Akaza di raccontare la sua storia. Le domande sono bene accette, ma ti chiedo di permettergli di parlare,» disse.

Il Pilastro storse il naso ma annuì.

«Chiedo perdono, Oyakata-sama…»

«Continua pure, Akaza,» lo incoraggiò Ubuyashiki, e il demone tentò di essere un po’ più dettagliato nel suo racconto.

Non era bravo a parole, preferiva sempre far valere di più i fatti, ma era chiaro che non sarebbe stato abbastanza.

«Ho trovato la bambina perché i suoi genitori erano stati uccisi da un altro demone,» spiegò. «La madre di Koyuki era una marechi, e questo ha attirato le attenzioni di un demone… io mi sono approcciato alla casa perché avevo sentito le urla di quella donna, ed ho cercato di salvarla.»

La sua affermazione generò una chiara ondata di stupore nei Pilastri e fu Mitsuri, che conosceva già in parte la storia, a chiedere ulteriori spiegazioni - stava cercando di aiutarlo, come aveva fatto sin da quando si trovavano alla Casa delle Farfalle.

«Perché volevi aiutarla?»

In passato, Akaza non sarebbe stato in grado di dare una risposta a quella domanda, ma in quell’istante aveva tutti i suoi ricordi e tutti quei quesiti senza risposta sembravano aver trovato il loro posto.

«Non ho mai ucciso nessuna donna sin da quando sono diventato un demone,» riprese. «Muzan mi ha… concesso questo privilegio, perché in nessun modo riuscivo anche solo a considerare di ferire una donna.»

«Impossibile,» commentò sprezzante un’altro Pilastro, con il viso nascosto da delle bende e un serpente albino arrotolato attorno al collo. «Perché non saresti riuscito ad uccidere le donne?»

«Perché in passato, quando ero ancora un umano, non ero riuscito a salvare… quella che sarebbe dovuta diventare mia moglie,» ammise con un po’ di difficoltà il demone.

Kyojuro sobbalzò accanto a lui. Akaza non aveva avuto modo di raccontargli quella storia - avrebbe voluto, ma non c’era stato il tempo e forse Akaza non era neanche certo che sarebbe riuscito per davvero a raccontare tutta la sua storia -, ma era comunque chiaro che fosse sorpreso da quell’affermazione tanto quanto gli altri Pilastri.

Il demone cercò comunque di ignorarli e di riprendere a parlare.

«Non ero presente quando è stata assassinata, e… anche se non avevo memoria del mio passato, ho sempre avuto l’istinto di proteggere le donne in difficoltà. Non ho mai ucciso né divorato donne. Neanche tra i ranghi degli Ammazza Demoni,» ripeté ancora cercando di dare più enfasi a quel dettaglio.

«Stronzate,» borbottò il Pilastro Rumoroso, Ubuyashiki invece annuì comprensivo.

«Diverse donne nei nostri ranghi hanno dichiarato in passato di essere state risparmiate da un demone dalla pelle marchiata da linee simili all’inchiostro,» commentò l’uomo. «In questo momento i racconti tramandati dai miei predecessori mi sembrano più chiari. Sei sempre stato tu, Akaza. Giusto?»

Akaza non poté non sentirsi vagamente imbarazzato da quelle parole e anche dal fatto di dover mettere a nudo le sue azioni più controverse, ma la presenza di Kyojuro accanto a lui continuava a essere un qualche modo rassicurante.

«Sì… ma sono comunque arrivato troppo tardi per salvare la madre di Koyuki,» riprese, guardando di nuovo la bambina. «Potevo però salvare la bambina, e conoscevo solo una persona così buona che si sarebbe sicuramente fatta carico di una nuova bocca da sfamare. Per questo l’ho portata da Kyojuro.»

«Perché proprio da Rengoku-san?» chiese un ragazzino con tono calmo. Era molto giovane e la sua presenza in quel luogo lo rendeva senza ombra di dubbio uno dei Pilastri. «Kocho-san ha detto che lo hai spiato mentre era ricoverato, e che hai continuato a farlo anche mentre era a casa sua,» proseguì il ragazzino.

«Ero incuriosito,» ammise Akaza, gli sermbrava una domanda sciocca ma si sforzò ugualmente di rispondere. «Non mi ero mai scontrato contro qualcuno come Kyojuro. Ai miei occhi lui era, ed è un guerriero quasi perfetto. Il suo spirito combattivo, il suo stile e la sua determinazione. L’unico passo che lo separava dalla perfezione era la sua umanità. Volevo che diventasse un demone e che combattesse ancora contro di me.»

«Quindi stavi attendendo che guarisse per scontrarti ancora con lui?» domandò Shinobu che, come Mitsuri, Akaza sapeva di dover considerare un’alleata.

«Esattamente,» rispose infatti. «Quello che stavo facendo però andava contro le regole di Muzan. Avevo l’ordine di uccidere tutti gli Ammazza Demoni, e invece ne stavo spiando uno… e quando gli ho portato Koyuki, la situazione è mutata ulteriormente.»

Si prese un altro momento prima di poter proseguire con il suo racconto.

«Portando Koyuki a Kyojuro avevo superato il confine imposto dalla mia natura e dagli ordini che mi erano stati impartiti… ma ogni notte è sempre stato più semplice continuare a varcare la porta della sua camera,» spiegò.

«E ammetto di essere sempre stato io il primo ad aprire quella porta,» aggiunse Kyojuro. «Inizialmente volevo delle risposte, ma con il tempo mi sono abituato alla sua presenza. E non ha mai agito in modo violento né mi ha mai fatto sentire realmente in pericolo… è stato facile abituarmi alla sua presenza.»

«È stato facile abituarsi a non essere trattato come un mostro…» mormorò Akaza con tono più basso, rendendosi conto di quanto fosse stato realmente semplice non solo ammettere quel dettaglio ma anche accettare quanto era accaduto.

«Che cosa è cambiato la scorsa notte?» domandò un altro Pilastro. Era il più imponente fisicamente e il demone lo riconobbe come un Respiratore della Roccia. In passato aveva affrontato diversi Ammazza Demoni capaci di utilizzare quel tipo di respirazione, e tutti erano caratterizzati dallo stesso spirito combattivo che sembrava essere inamovibile come una montagna.

«La morte di una Luna Crescente,» rispose prontamente Akaza. «In qualche modo, forse a causa di una punizione di Muzan diretta a tutti i demoni, ho recuperato i miei ricordi e… per nulla al mondo sarei potuto rimanere al fianco di quell’essere. Mi ero ripromesso di proteggere Koyuki e Kyojuro, e quando Muzan ha minacciato direttamente Kyojuro… ho agito di conseguenza. Ho tradito Muzan ed ho dato a Kyojuro tutte le informazioni che avevo a disposizione.»

«Sei disposto a fornirle anche a noi, Akaza?» chiese Ubuyashiki.

«Sì,» annuì Akaza, e con un po’ di nervosismo iniziò poi a ripetere a tutti i presenti ciò che aveva rivelato al Pilastro della Fiamma.

Parlò dei piani di Muzan, delle altre Lune Crescenti e anche di tutti gli altri dettagli che potevano sembrare all’apparenza senza senso o che si era dimenticato di aggiungere. ll nominare il Giglio Ragno Blu generò in Kagaya un lieve accenno di sorpresa, forse a causa del sogno che aveva fatto quella stessa notte.

Quando Akaza finì di parlare fu il Pilastro degli Insetti a prendere la parola.

«Sento di poter confermare alcune delle informazioni di Akaza riguardanti la Seconda Luna Crescente,» disse, condividendo anche con gli altri l’identità del demone che aveva ucciso la sorella.

«Ti ringrazio, Shinobu,» commentò Ubuyashiki. «E ringrazio anche te, Akaza, per averci dato tutte queste preziose informazioni. Intendo però farti qualche altra domanda. Credi che Kibutsuji Muzan sia al corrente del tuo tradimento?»

Akaza strinse le labbra. Era certo di aver spezzato il legame ma… Muzan cosa aveva avvertito?

«Credo ne sia al corrente,» rispose seppur incerto. «Ma potrebbe anche pensare che io sia morto… non so dirlo con certezza. Il legame si è spezzato, ed è come se non esistessi più per lui. La mia è solo un’ipotesi, ma potrebbe pensare che al posto di eseguire il suo ordine io abbia preferito uccidermi. Quindi sarebbe al corrente del mio tradimento, e credere che io sia morto perché la maledizione avrebbe dovuto uccidermi.»

«Quindi escludi che sappia delle informazioni che tu ci hai appena fornito?» domandò ancora Kagaya.

Il demone si prese un momento per pensarci, poi annuì.

«Non posso dirlo con certezza, ma penso di sì,» dichiarò poi a voce.

«Di conseguenza l’attacco al Villaggio degli Spadai avverrà in ogni caso,» concluse Ubuyashiki con tono grave.

«Muzan è… superbo. Crede nella superiorità dei demoni. Attaccherebbe il Villaggio anche se sapesse del mio tradimento,» aggiunse Akaza.

«Ti ringrazio, mi hai dato molto su cui pensare,» rispose Kagaya, e Akaza si trattenne a malapena dal ringraziarlo a sua volta per avergli permesso di parlare fino a quel momento.

Era chiaro che la maggior parte dei Pilastri lì fosse ostile, ma la calma di Ubuyashiki sembrava mettere un freno all’agitazione di tutti i presenti.

«Oyakata-sama! Cosa ne facciamo del demone?» fu la voce del Pilastro Rumoroso a spezzare però quell’apparente quiete.

Kyojuro e Akaza si tesero entrambi per quella domanda così diretta e che nessuno dei due aveva avuto il coraggio di porre.

Si trovavano lì anche per quel motivo, per scoprire quale sarebbe stato il loro destino… ma inconsciamente Akaza aveva sperato di rimandare il più possibile la sentenza.

«Dovrebbe morire,» dichiarò con tono disgustato il Pilastro con il serpente albino.

«I-io vorrei che gli fosse data l’opportunità di redimersi!» riuscì invece a dire Kanroji, alzando la voce per farsi sentire chiaramente da tutti.

«Non lo so dicendo per il demone, o perché credo che possa aiutarci,» intervenne invece Shinobu. «Ma sono dalla parte di Rengoku-san anch’io. Inoltre, posso aggiungere che Akaza-kun ha rifiutato del sangue marechi, anche quando gli è stato offerto.»

«E anche se fosse? Ha ucciso migliaia di persone!» ribatté il Pilastro Rumoroso.

«Rengoku non è uno sprovveduto. Se si è fidato di quel demone deve aver avuto un motivo valido,» commentò un’altro Pilastro che Akaza, attraverso il suo spirito combattivo, riconobbe come un Respiratore dell’Acqua.

Il Pilastro Rumoroso cercò ancora di far valere le sue posizioni, ma un colpo di tosse del Capofamiglia lo portò a tacere. 

«Figli miei… le informazioni che ci ha dato Akaza corrispondono con quelle già in nostro possesso, e ci ha fornito ulteriori elementi che potranno aiutarci contro Kibutsuji,» dichiarò Ubuyashiki paziente. «Comprendo che la situazione vada contro tutte le regole degli Ammazza Demoni, ma come ho detto… tutto quello che sta accadendo ci sta portando un passo più vicino alla sconfitta di Kibutsuji, e non intendo perdere nessuno di voi in questa guerra.»

«Ma il demone…»

«Non mi è possibile perdonarlo per i suoi crimini, ma intendo concedergli una possibilità di redenzione. Se lo desidera, potrà affiancarci in questa battaglia.»

«Lo desidero!» esclamò prontamente Akaza, attirando su di sé lo sguardo di tutti i presenti.

Ubuyashiki sorrise, ma un nuovo attacco di tosse lo costrinse al silenzio, e ancora una volta il demone sentì l’impulso di affiancarlo e di supportarlo durante quel momento di dolore dovuto alla malattia. Come aveva sempre fatto con suo padre.

«Non sarà semplice guadagnare la fiducia degli altri Pilastri, ma sono certo che… il tuo supporto sarà essenziale per portarci alla vittoria,» aggiunse alla fine Kagaya, e Akaza annuì sentendosi quasi senza parole.

«… ti ringraziamo, Oyakata-sama,» mormorò invece Kyojuro, incapace di nascondere il sollievo.

Akaza si sentì a sua volta mosso da quello stesso sentimento, ma al tempo stesso si sentiva ancora troppo confuso per comprendere appieno quanto stava accadendo. Si voltò infatti verso il Pilastro della Fiamma, cercando nel suo viso delle risposte, e quasi si sorprese nel vederlo sorridere.

Significava che… lui e Kyojuro erano salvi?

Sentiva ancora l’ostilità e il sospetto dei Pilastri, ma Kyojuro non sarebbe morto per tradimento.

Il cuore gli balzò letteralmente in gola per quel pensiero. Non stava sognando? Non era solo un crudele scherzo volto solo a fargli abbassare la guardia?

«E cosa vogliamo fare? Lasciarlo libero? Oyakata-sama! Non possiamo!» insistette il Pilastro Rumoroso, riportando su di sé l’attenzione di Akaza.

«Hai ragione, Sanemi,» commentò Kagaya con tono leggermente più stanco ma anche pensieroso. «Akaza ha bisogno di un rifugio.»

«Cos-? Non intendevo questo!» ribatté il Pilastro, ma Ubuyashiki sembrò non volerci dare peso.

«Sei ovviamente libero, Akaza, ma come favore personale ti chiedo di accettare di restare in una delle nostre case protette. Non intendo imprigionarti, né limitare la tua libertà, ma intendo vincere questa guerra ad ogni costo. E se il tuo tradimento non è noto a Kibutsuji Muzan, allora è mia intenzione nascondergli il più possibile questa informazione.»

«Mi… stai offrendo una casa?» domandò incredulo il demone. 

Onestamente non aveva minimamente pensato a cosa sarebbe ‘successo dopo’. Il suo unico scopo era quello di assicurarsi che Kyojuro e Koyuki stessero bene, e Akaza non aveva mai incluso se stesso nel quadretto familiare - anche se si rese conto di averlo desiderato più di ogni altra cosa.

In quanto demone non aveva mai avuto una casa e l’unica casa che gli veniva in mente era quella di Kyojuro ma era ovvio che non potessero vivere insieme.

«Esattamente,» confermò Ubuyashiki qualche attimo dopo. «La mia famiglia è in possesso di alcune proprietà protette. Avresti la tua libertà, pur restando nascosto agli occhi del nostro nemico

Nostro nemico.

Akaza non si sentì in grado di descrivere le sensazioni che stava provando in quel momento, ma fu certo di sentire una vaga scintilla di eccitazione all'idea di aver trovato un nemico comune.

«Ovviamente… estendo l’offerta anche a te Kyojuro,» aggiunse Kagaya. «Da quello che mi avete detto, la piccola Koyuki è affezionata tanto a te quanto ad Akaza.»

Il Pilastro sussultò nel sentire quella proposta e guardò dapprima la bambina e poi di nuovo il Capo Famiglia.

«Accetto!» esclamò.

Akaza avrebbe quasi voluto controbattere ma Ubuyashiki, riprese a parlare e non ebbe il cuore di fermarlo vista la fatica che l’uomo stava facendo - prima finivano, si disse, prima Kagaya si sarebbe riposato

L’uomo, con voce calma e stanca, parlò degli accorgimenti da prendere per proteggere il Villaggio degli Spadai, e Akaza seppur ancora estraniato dall’evolversi degli eventi si concesse un profondo respiro.

Abbassò lo sguardo su Koyuki e le scostò un ciuffo di capelli dal viso - Kyojuro le aveva messo il fermaglio con i fiocchi di neve che lui le aveva regalato. La bambina emise un verso estasiato per quella leggera coccola e il demone non poté non sorridere.

In quel momento avrebbe voluto dire che era finita, che non aveva più nulla da temere, ma sapeva di non poterlo fare. Non fino a quando Muzan era in vita.

Quell’essere era una minaccia per la bambina, e Akaza non avrebbe avuto pace fino a quando non sarebbe morto. Tuttavia gli venne quasi spontaneo sciogliere leggermente i muscoli che aveva tenuto tesi fino a quell’istante perché gli sembrava quasi di aver vinto la battaglia più importante della sua vita.

Chiuse gli occhi e gli tornarono alla mente i visi ormai familiari delle persone che aveva amato in passato.

“Prometto che non deluderò più nessuno.”




NOTE:
Ho fatto un disegno ispirato al primo capitolo!
Lo potete trovare seguendo questo link (ma anche linkato nel capitolo 7 :3)
Comunque siamo arrivati alla fine del primo arco narrativo e sono già a lavoro per il secondo!
Spero vi sia piaciuta!
   
 
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