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Autore: Herondale66    02/04/2023    1 recensioni
Un rigurgito del cervello per mantenere a freno i pensieri. Una realtà distopica e una storia di sopravvivenza. Giorno per giorno, quello che bisogna fare è andare avanti, sempre. E allora andiamoci insieme.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cammino tra la cenere e le rovine di questo posto abbandonato. I miei anfibi pestano la terra bruciata e provocano uno scricchiolio fastidioso a ogni passo. Mi guardo intorno. Non c’è niente. Solo macerie. Solo un ricordo di una vita passata, forse, ma forse di niente.
Non potrò mai sapere se quelle che sto calpestando sono rovine di una casa, di un ufficio, di una scuola. È tutto nero e grigio e cenere. Perfino il cielo e la pioggia che mi cade addosso prendono quella tonalità di grigio smorto che sembra ricoprire tutto. Ma come ci sono finitə qui? Fino a ieri andava tutto bene, i colori ancora c’erano. Oggi è tutto distrutto, tutto in rovina, tutto un casino. Ma come posso andare avanti così adesso? Eppure continuo a camminare. Non mi fermo. Lo scricchiolio dei miei passi mi accompagna per la strada deserta, inondando quelle che un tempo erano statali e incroci trafficati. Ma ora ricordo che un tempo ci sono passatə per queste strade. Erano affollate, stracolme di gente sudata di fretta che parlava a gran voce e chiamava e viveva. Adesso niente. Neanche un corvo che sorvola l’orizzonte, come nei film. Non è rimasto niente. Sono rimastə io. Arrivo di fronte al vecchio cinema. Si riconosce ancora la scritta al neon semidistrutta, di un rosso impolverato che ricorda la malinconia della fine dell’estate. Provo ad entrare ma la porta è chiusa. Mi sembra assurdo che in questa desolazione una porta sia rimasta in piedi. La forzo ed entro comunque. L’atrio è distrutto, una voragine occupa quasi tutto il pavimento. Mi faccio spazio tra il vuoto e riesco a raggiungere una sala. Brandelli di stoffa e gommapiuma ricoprono tutto, in una stravagante fantasia che sembra uscita dalla mente di un bambino. Potrei addormentarmici, in mezzo a tutto quel gommapiuma, sprofondarci dentro e non uscirne più. Ma vado avanti fino a trovare un seggiolino integro. Mi ci siedo. E aspetto. Vorrei proprio vedere un bel film. Chiudo gli occhi. Stralci di colore mi invadono il cervello, facendomi catapultare in una realtà che non mi appartiene.

Un ‘plim’ che segna l’arrivo di un messaggio. Il mio maglione nero. Una birra a stomaco vuoto. L’inchiostro di un tatuaggio a metà. Un joystick abbandonato sul letto. Il cibo da asporto del solito ristorante cinese. Una conversazione sottovoce, che non voglio sentire. Un adesivo colorato.

All’improvviso ritorno nel cinema, apro gli occhi e sono di nuovo in mezzo alla desolazione. Perché sono venutə qui? Non ci voglio stare. Non è la serata giusta per un film. Io li tengo sempre i biglietti di tutti i film che vado a vedere. Ma questo non lo voglio, grazie. Il mio respiro si fa pesante ed io esco per strada, correndo. Ha smesso di piovere ma l’aria è pesante, il calore risale dalla strada e sembra soffocarti. Inizio a correre sempre più veloce, oltrepassando le macerie di case e negozi e parchi con alberi divelti dal terreno. Voglio solo uscire da questa città ma la strada non finisce più. La cenere sotto ai miei piedi si fa pesante e non riesco più a camminare. Allora mi fermo, e guardo indietro. Un sole tremolante fa capolino all’orizzonte, ma non mi scalda la pelle. È solo un tramonto per fare scena, nient’altro. La stessa desolazione mi circonda dappertutto. Mi lascio sprofondare nella cenere. Mi distendo sul caldo asfalto, e mi sento trascinare giù, sempre più giù verso un caldo abbraccio letale. Alla fine mi sento come quando mi abbracciavi tu. La cenere inizia a ricoprirmi il volto, entra nelle narici, nelle orecchie, nella bocca. Finché tutto scompare. Ed è buio.
 
   
 
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