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Autore: michaelgosling    08/04/2023    0 recensioni
Tre amiche appassionate una di Harry Potter, una di Star Trek e una della Disney in seguito ad un incidente vengono catapultate ognuna in uno di questi universi, ma non di quello di cui sono fan.
Proveranno ad usare quello che sanno della storia per renderla migliore? O le loro azioni porteranno ad un finale peggiore? La loro presenza influenzerà queste storie molto più di quanto immaginano, perché una sola persona può cambiare tutto.
[Fandom Variabile: il Fandom in cui verrà pubblicata la storia dipenderà dall'ambientazione dell'ultimo capitolo pubblicato. Sarà comunque possibile trovare la storia anche negli altri due Fandom nella categoria Crossover]
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Cross-over, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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C’ERA UNA VOLTA – CAPITOLO 11
 
 
 
 
 




Sognò Yvonne e Arielle quella notte.
 
Quando le vide, il suo primo istinto fu sorridere, andarle incontro e chiamarle, ma il sorriso si spense tanto in fretta quanto era apparso, un ostacolo invisibile le impediva di raggiungerle e la voce era come persa, bloccata in gola.
 
Allungò una mano e sentì quell’ostacolo invisibile. Sentì il palmo della mano toccarne la superficie fredda. Doveva essere vetro, o qualcosa del genere.
 
Dietro quel vetro, Yvonne ed Arielle apparivano vicine, distanti tra loro meno di due passi, ma c’era un altro ostacolo tra loro, tutt’altro che invisibile questa volta. Quasi un muro che le divideva, come se fossero in due stanze diverse ma nella stessa casa. O come sembrava ancora di più, due prigioniere in due celle diverse, ma attaccate tra loro.
 
Ma non erano celle spaziose quelle in cui si trovavano. Sembrano più delle grosse scatole resistenti, nelle quali loro erano sprofondate, e non erano molto più grandi di loro: se fossero state un pochino più alte, avrebbero potuto toccarne il soffitto con la testa.
 
Nolwenn provò nuovamente a chiamarle, ma nulla. Sentiva la sua bocca aprirsi, cercare di urlare, ma nessun suono le riusciva. L’unico rumore che sentiva era la sua bocca che continuava ad aprirsi e a chiudersi nel tentativo di riuscire a parlare prima o poi.
 
Iniziò ad agitare le braccia allora, usandole per distruggere quell’ostacolo invisibile, ma l’ostacolo persisteva, e man mano che insisteva, il dolore agli arti aumentava.
 
Quando si fermò, notò qualcosa in Yvonne e Arielle. La prima appariva seria e dallo sguardo impenetrabile, la seconda era rannicchiata su sé stessa e sembrava terrorizzata. Ed entrambe erano infelici, così terribilmente infelici da non riuscire neanche a vedere Nolwenn, come se fossero perse nell’oscurità di quelle loro celle soffocanti.
 
Poi sentì un botto. Urla disperate. Pianti logoranti. Come se quell’oscurità che stava inghiottendo le due ragazze stesse raggiungendo anche lei.
 
E avvenne tutto in un attimo.
 
Delle punte appuntite come coltelli affilati apparirono nella cella di Arielle, come tante frecce dirette verso di lei, frecce che la colpirono. Le lacerarono la pelle, sangue ovunque. Su di lei e sulle punte. Due di quelle punte erano così grandi e affilate che le attraversarono il corpo, andando a scontrarsi l’una contro l’altra producendo un rumore metallico. Il corpo di Arielle, ormai senza vita, era così ricoperto di sangue che la vitiligine era del tutto scomparsa, nascosta sotto quel liquido rosso che come un fiume in piena l’aveva ricoperta.
 
Nessuna punta uccise Yvonne, ma anche lei trovò la morte, e fu rapida come quella di Arielle. La sua espressione si era sempre fatta meno seria, più incerta, più paranoica, più preoccupata, i suoi occhi che guardavano ovunque. Poi la testa iniziò ad oscillare in modo robotico, fino a quando del sangue iniziò ad uscirle ovunque: dalle orecchie, dal naso, dalla bocca, persino dal corpo. Non aveva ricevuto nessuna ferita fisica, eppure il sangue le stava uscendo dappertutto. Causandole, infine, la morte.
 
 
Si svegliò di soprassalto, sudando così tanto che sentiva la pelle bagnata e i capelli umidi, e un respiro affannoso che non la abbandonò per almeno una decina di minuti. Dopo altri cinque minuti iniziò lentamente a respirare normalmente, ma quel senso di paura e angoscia non l’avrebbe abbandonata con altrettanta facilità.
 
Yvonne..
Arielle..
 
Che significato aveva quel sogno..? Anzi, quell’incubo?
Non stavano bene per caso?
Erano morte?
Erano.. in pericolo?
 
Fino a quel momento, Nolwenn non aveva mai seriamente pensato che fossero morte, sebbene logicamente fosse una opzione del tutto plausibile. Non le vedeva da quel terribile giorno a Notre Dame, quel giorno in cui lei era giunta in un mondo fantastico e magico dal quale non sapeva uscire, e non aveva nessuna garanzia che stessero bene.
 
Eppure.. eppure l’aveva sempre sentito, dentro di sé, che erano vive. Come se ne avesse la conferma. Come se fosse bastata quella consapevolezza a farla andare avanti, a darle la forza e il coraggio di tentare di adattarsi in quel nuovo mondo, invece che soccombere alla disperazione.
 
Ma ora.. dopo ciò che aveva visto in quel sogno, non era più certa di niente.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
*
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Incontrò Edmond qualche ora più tardi. Lui arrivò nel capanno quando il Sole stava sorgendo sopra le loro teste, aspettandosi di trovarla addormentata. Sbatté le palpebre un paio di volte sorpreso, quando entrò e la vide seduta a terra con la schiena contro la parete di legno, come se lo stesse aspettando.
 
“Vieni.”
 
Nolwenn abbassò tristemente gli occhi e obbedì. Mentre camminava dietro di lui, si accorse che Edmond si voltò un paio di volte, confuso dal suo strano comportamento, ma lui non poteva capire. Non avrebbe mai capito.
 
Arrivarono davanti all’abitazione, ma non entrarono. La porta era già chiusa, e Mathieu era lì fuori ad aspettarli.
 
“Io e Mathieu andiamo via adesso. Torneremo stasera tardi.”
 
“Okay?”
 
Nolwenn non capiva dove volesse andare a parare, ma poi ricordò che quando Edmond era venuto al capanno e dopo che lei era uscita, l’aveva chiuso.
 
Sperò davvero di sbagliarsi.
Lo sperava davvero.
 
“Mi stai buttando fuori?” voleva apparire sconvolta e indignata, ma suonò timorosa e stanca, quel maledetto sogno l’aveva prosciugata di ogni energia positiva, non le aveva tolto solo la speranza.
 
“Pensavi davvero che mi sarei fidato a lasciarti da sola in casa mia per un intero giorno?” disse in tono neutrale Edmond, come se fosse un robot.
 
“Ma stasera torniamo! E potrai rientrare con noi!” si affrettò a dire Mathieu, per paura che lei si offendesse o che la situazione peggiorasse o entrambe le cose.
 
“Sì beh, questo è ancora da vedere.” Sbottò seccamente il padre.
 
Se Nolwenn fosse stata in grado di essere sé stessa in quel momento avrebbe fatto qualche battuta e si sarebbe mostrata entusiasta di avere un intero giorno libero per i suoi comodi ed esplorare i dintorni, ma lei non era quella Nolwenn ora. Era sola e smarrita. E non voleva stare da sola. Per quanto la compagnia di Edmond fosse sgradevole il più delle volte era pur sempre compagnia, e ormai lo conosceva abbastanza da sapere che non le avrebbe fatto del male, non fisicamente almeno.
 
“Non.. non posso venire con v--”
 
“NO.” La voce di Edmond era stata gelida e affilata come un’arma in grado di uccidere, ed era stato così risoluto che anche Mathieu per un attimo si era spaventato. Dopo una pausa, Edmond stesso sembrò rendersi conto di aver esagerato, così ritentò “no, non puoi. E’ una faccenda di famiglia, e tu non ne fai parte.”
 
Nolwenn sentì di restarci male molto più di quanto si sarebbe aspettata, ma forse era il suo stato attuale che la rendeva più sensibile. Non che si aspettasse che Edmond la ritenesse parte della famiglia. Mathieu si girò un paio di volte a guardarla mentre si allontanava con il padre, come se avesse intuito che non era in sé e appariva preoccupato nel lasciarla sola, fino a quando non raggiunsero i cavalli e fu costretto a riportare tutta la sua attenzione al padre.
 
 
 
 
 
 
 
*
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Edmond e Mathieu se ne erano andati da almeno un paio d’ore, ma Nolwenn non si era mossa. Era seduta davanti alla porta d’ingresso, come un bambino che si era chiuso fuori e stesse aspettando che i genitori venissero ad aiutarlo. Ma nessuno sarebbe arrivato per aiutare lei. O forse sì?
 
Vide una piccola figura rossa sbucare tra gli alberi della foresta. Una figura familiare.
 
La volpe.
 
L’animale la guardò intensamente come faceva ad ogni singolo incontro che avevano avuto, poi le voltò le spalle e tornò nella foresta.
 
Nolwenn la seguì, ma quando entrò nel bosco non c’era alcuna traccia di lei, eppure.. sentiva qualcosa dentro di sé.. una voce che le diceva dove andare, e la seguì.
 
Dritto. Poi a sinistra. Dritto. Desta. Ancora dritto. Parte di lei avrebbe voluto correre, ma non era così convinta di volerla raggiungere, così finì con il camminare velocemente, che comunque fu sufficiente per raggiungerla in una manciata di minuti.
 
Si guardarono negli occhi, anche se la luce pareva essere improvvisamente scomparsa, come se si fosse fatta notte all’improvviso.
 
“Cosa vuoi da me?” chiese in un soffio Nolwenn all’animale, senza nascondere tutta la frustrazione e lo sconforto che provava.
 
La volpe le andò incontro e si mise davanti, mettendosi a sedere sulla terra. Nolwenn si chinò e allungò la mano senza sapere cosa fare, così la volpe mosse la testa in modo che la sua mano si posasse sul pelo dell’animale, finendo con accarezzarlo.
 
“Stanno bene.”
 
Nolwenn si alzò di scatto, spaventata. Si guardò intorno, ma non vide nessuno all’orizzonte. Nessuno che poteva aver parlato. Ma qualcuno l’aveva appena fatto.
 
Non era una voce dentro di me.
Era vera.
 
“Chi—chi ha parlato?” urlò, continuando a guardarsi intorno disperatamente.
 
“Penso che tu lo sappia.”
 
Nolwenn smise di agitarsi fisicamente, ma era tutt’altro che tranquilla nella testa, che le faceva male, ma il caos sembrava.. meno caotico?
 
Abbassò lo sguardo e guardò la volpe. Si era alzata, ma era sempre lì davanti a lei.
 
“Esatto.”
 
Deglutì nervosamente.
 
La volpe-
Era stata la volpe.
La volpe.. le aveva parlato?
Ma.. ma.. non aveva mosso la bocca?
E poi.. è un animale, cazzo! Non può parlare!
 
“No..” balbettò Nolwenn, come se si trovasse davanti ad una verità che non voleva ammettere “..non è vero.”
 
“Lo è. Tu sai che lo è.”
 
“Tu.. tu sei.. una volpe.. una cazzo di volpe.. le volpi.. non parlano, cazzo!” la Nolwenn di sempre stava tornando, riusciva a sentirlo.
 
“So che sei preoccupata per loro.” Continuò la voce, ignorando l’ultima frase di Nolwenn “ma non devi. Stanno bene. Per il momento.”
 
Quel “per il momento” fu la goccia che fece traboccare il vaso, il vaso che conteneva tutta la sua ira.
 
“Per il momento? Cosa vuol dire per il momento? Perché la loro sicurezza dovrebbe essere solo temporanea? Dove sono! Portami da loro! Le voglio vedere! Subito!”
 
“Non posso.”
 
“Stronzate! Se sai che stanno bene significa che sai dove sono! Portami da loro, adesso!”
 
Nolwenn aveva finito con i giochetti.
Voleva delle risposte, subito.
 
“Sono dove sei tu.” La voce fece una pausa e poi riprese “in un mondo sconosciuto e conosciuto, in un mondo vicino e lontano. Una di loro è in un mondo a te famigliare, l’altra in un mondo che è stato una seconda casa per te, come tu sei nel mondo che è stato una seconda casa per una di loro.”
 
Nolwenn rimase in silenzio per una manciata di secondi, cercando di capire quanto aveva sentito e di non dimenticarne neanche una parola. L’unica cosa che riuscì a capire da quel discorso era che non si trovavano nel mondo Disney con lei, ma non erano nemmeno a casa. Erano.. altrove.
 
“E stanno bene.” Nolwenn parlava più a sé stessa che alla volpe, come se volesse rassicurarsi.
 
“Sì.”
 
“Sì per il momento, vuoi dire?”
 
Non aveva nessuna intenzione di lasciar perdere.
 
“Non puoi salvarle. Non questa volta.”
 
“Salvarle da cosa?”
 
“Il loro futuro dipenderà esclusivamente da loro, e dalle scelte che faranno per loro stesse e per ciò che le circonda. Ma non potrai rivederle se prima non salverai te stessa.”
 
“Salvarmi? Da cosa? Anche io sono in pericolo?”
 
“Siamo tutti in pericolo. L’ombra è dietro l’angolo, sempre. Ma anche la luce lo è. Non sempre è visibile perché le ombre la nascondono, ma non lasciare che si spegni. Se si spegne, è finita. Per te. Per me. Per le tue amiche. Per tutti. Tu devi impedirlo.”
 
“Ma io non.. so come fare. Io non.. non ho niente. Non ho nessuno. Sono da sola.”
 
“Non sei sola.”
 
La volpe si mise accanto a Nolwenn, come se fosse il suo animaletto domestico.
 
“E tu.. chi saresti? Uno stregone? Una specie di divinità? Una semplice volpe?”
 
“Una guida. Ti indicherò la strada, ma dovrai essere tu a percorrerla. Ti mostrerò la luce, ma dovrai essere tu a raccoglierla.”
 
E d’un tratto, il buio scomparve e la foresta si fece luminosa e splendente, lo era al punto che nemmeno gli alberi riuscivano a trattenerla.
 
“E se non ci dovessi riuscire?”
 
“Sarà la fine. Per tutti. Soprattutto per coloro a cui tieni di più.”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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