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Autore: Feles 85    09/05/2023    3 recensioni
Cristallizzati nel loro finale aperto, troppo aperto, nei limiti imposti dall’appartenere a un genere narrativo che sconfina nel comico e nella caricatura, Ranma e Akane necessitano di una svolta che sarà data dal mondo ironico, pop ed estraniante di Kill Bill, che irrompe nella loro eterna ciclicità.
Con la speranza che la musa tarantiniana mi ispiri, vedremo Akane, dopo il matrimonio fallito, tentare di sgattaiolare ad Okinawa per imparare le incredibili tecniche marziali che ha visto esibire da un singolare uomo di mezz’età, “curiosamente” somigliante a David Carradine. L’acciaio di Hattori Hanzo e le micidiali tecniche dell’inconsolabile Pai Mei saranno il suo obiettivo, nell’anno che precede gli esami di fine anno. E Ranma che farà?
Genere: Azione, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome
Note: Cross-over, Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Chiedo scusa per il ritardo nella pubblicazione di questi capitoli, ma dovevo progettare per bene il tempo del racconto, prendendo ispirazione dalla struttura non lineare che Tarantino ha dato a molte sue opere più celebri, come Pulp Fiction e Kill Bill Volume 1 (e che in questa fan fiction vuole essere un punto di riferimento sotto molti punti vista, sia come cross-over che spunto per citazioni. Ringrazio per la pazienza.

 

 

 

Lo strano caso di Akira Tokugawa, parte 1

 

 

 

 

 

Le dita impattarono violentemente contro il pannello di quercia. Un acuto dolore si propagò fitto per tutta la sua mano destra, mentre un fiotto di sangue sgorgò dalle sue unghie, ormai lacerate. Trattenne a stento un singulto nella gola; non poteva sopportare il fallimento e attese un istante, chinando la testa contro il petto, col cuore che sembrò rimbombarle sfrenato contro le costole. Sapeva che sarebbe arrivato…

 

“Stolta pupattola nipponica!”, inveì aspra la voce del Maestro. Il colpo del suo bastone bussò in modo poco gentile sulla testa dell’ allieva.

“Ahi!”, si lasciò sfuggire Akane, spostando le mano sana da quella ferita al bernoccolo che le stava crescendo sulla nuca.

“Si può sapere dove si trova la tua testa, oggi? Che hai? Ieri non facevi questi errori madornali!”, sottolineò candido Pai Mei.

La ragazza si contrasse ancora di più in se stessa per reprimere un brivido che le era scorso lungo la schiena.

Si era distratta.

 

Ranma… 

 

E ciò era accaduto mentre eseguiva l’esercizio. L’esercizio degli esercizi, come lo chiamava il canuto e dispotico Maestro; l’esercizio che prevedeva la disintegrazione del duro legno ad opera delle sue dita sottili, dopo aver felicemente superato la stessa prova con le sue nocche, più decise e allenate delle dita. 

Non era stato facile, poiché Akane, in passato, era stata sì in grado di disintegrare pietre e pannelli di legno con le sue nude mani, ma non avrebbe saputo farlo a una distanza ravvicinata… E il Maestro aveva preteso che la distanza tra la dura materia dei pannelli e la sua tenera mano fosse sottile come un foglio di carta. 

 

“È il legno che deve temere il tuo pugno, sciocca!”

 

Dopo molte fatiche e molti dolori, infine, il legno aveva avuto paura del suo pugno. Ora doveva imparare a temere le sue affusolate dita di ragazza.

 

Ranma…? Si sarà scontrato col Maestro?Starà bene?

 

Non riusciva che a formulare questo pensiero da quando era tornata a riempire i secchi d’acqua, quella stessa e strana mattina. Dopo averlo incontrato, si era pentita di aver rivelato al fidanzato il trucco per accedere all’ashram. Era ancora troppo sorpresa e stordita di averlo visto lì, per pensare al piccolo particolare che Ranma non sapeva proprio come interagire in modo corretto con Pai Mei; lei stessa aveva dovuto ingoiare grossi rospi insieme al suo orgoglio, per seguire il consiglio che Beatrix gli aveva dato sull’irascibile Maestro… 

 

Con il sudore che le infradiciava tiepido la frangia e la radice dei capelli, si guardò ancora intorno cercando di capire, di cogliere. C’era stato un duello impari? C’era stato un civile confronto tra i due? Si erano incontrati? Ranma era tornato indietro? Cosa voleva esattamente Ranma da Pai Mei? 

 

Vuole… reclamarmi?

 

In un attimo, ancora una volta, la sudata atarassia che si era costruita in quei mesi, il gravoso stoicismo che aveva conquistato erano evaporati. Era bastata la sua voce, che quella mattina aveva echeggiato furibonda nella macchia vegetale inveendo il nome di lei, a turbarla.

 

“Akane, cretina, dove sei nascosta?

Cretina… cretina… cretina…”

 

Solo pochi mesi prima, con un’uscita del genere, Ranma si sarebbe guadagnato una pioggia di noci di cocco in testa dalla prima palma disponibile, con un “Cosa mi dici, brutto deficiente?”come rinforzo del concetto. Mentre quella mattina…

 

Dov’è?

 

Akane guardò di nuovo il Maestro, facendo attenzione a non fissarlo in faccia e dissimulando l’apprensione che le stava lievitando dentro. Se Ranma quella mattina si fosse fatto vivo, Pai Mei le avrebbe detto qualcosa? L’avrebbe incalzata, insultata, minacciata per aver permesso a un estraneo di giungere al tempio? Era un’incognita a cui non sapeva rispondere. Poteva solo stringere in una morsa il suo stomaco e continuare a dissimulare sicurezza. 

Pai Mei fece scorrere le sue rugose dita sulla lunga e canuta barba che che gli pendeva dal mento, con un gesto secco e sprezzante. Lo faceva sempre quando rifletteva e la cosa la turbò ancora di più. 

Oddio, Ranma, dove sei?

 

Akane sapeva che Ranma non sarebbe stato in grado di battere Pai Mei. Nessuno se non un rishi [1] avrebbe avuto la forza di essere alla pari e battere il millenario sacerdote del Loto Bianco. Nemmeno Obaba, con i suoi miseri trecento anni, avrebbe avuto scampo contro il letale stile Tigre-Gru del Maestro. E, sopratutto, nessuno sarebbe stato in grado di superare l’estrema suscettibilità del canuto saggio, che aveva addirittura avuto la faccia di bronzo di fare rimostranze a Parashurama [2] in persona! 

 

“Bah!”, grugnì sprezzante Pai Mei, distogliendola ancora dai suoi pensieri concitati.

 

Il Maestro poi, con uno schiocco di dita e uno sbuffo supponente, fece ancora fluttuare la sua barba sottile, per poi girarle le spalle e andare a veloci passettini verso la rastrelliera di legno, carica di spade e giavellotti di varia misura.

 

“Bah!”, ribadì bisbetico il vecchio. 

“Vedi adesso di sfiorare almeno la decenza con l’esercizio della spada! E dopo sai che devi preparare le teste di pesce… hai preso anche l’acqua di mare?”

“S-sì, Maestro…”, rispose Akane, mentre un gocciolone immenso di perplessità le stava calando sulla fronte.

 

Sono sicura che se Ranma vivesse mille anni diventerebbe così…

 

A quel pensiero dovette mordersi la lingua con forza per non farsi sfuggire una risatina isterica e ciò le riuscì con uno sforzo considerevole; non sarebbe stata capita dal Maestro, che ora l’aspettava arcigno di fianco alla rastrelliera. 

 

“Be’?” la incitò spazientito battendo un piede per terra, mentre la luce del pomeriggio ne dorava la candida tunica, lo stretto e niveo chignon arrotolato sul venerando capo e le sue tentacolari sopracciglia, bianche anche loro. Tutto era un po’ meno bianco nel Loto Bianco, alla luce del meriggio… 

 

Non devo agitarmi… sarà tornato indietro… 

 

Si disse tra sé la ragazza mentre, scuotendo la testa, si avvicinava al venerabile bisbetico.

Ed ecco il vegliardo librarsi in aria come una libellula, con la sottile spada stretta nella destra, e la mano sinistra in posizione a mo’ di zampa di mantide religiosa. 

 

Un soffio di vento ravvivò l’aria ferma e opprimente del corto pomeriggio tropicale, mentre il sole arrossava le fronde lussureggianti delle mangrovie e delle palme, mentre il canneto di bambù si fletteva docile a quella brezza inaspettata. Il silenzioso tempio di pietra grigia sembrò rianimarsi alla luce ambrata del crepuscolo e in lontananza si poteva sentire la risacca del mare.

 

Akane prese a sua volta la spada con la sinistra, provocando un grugnito di disapprovazione da parte del Maestro. 

“Ma… ma… la destra mi fa ancora male…”, provò a dire la ragazza, ricevendo un muto sguardo sprezzante dal canuto vegliardo, il quale non ebbe nemmeno bisogno di verbalizzare cosa ne pensava in merito: lei avrebbe comunque usato la mano scorticata che aveva usato contro i pannelli di legno.

Rassegnata, la giovane strinse i denti e prese l’elsa della spada con la destra e si mise in guardia con la seconda mano. 

 

Ma Ranma…?

 

A quel pensiero scosse energicamente la tesa, in quei mesi fattasi più pesante a causa della sua lunga chioma ritrovata; i suoi capelli, il suo ex-voto. 

 

Ora basta… Devo concentrarmi.

 

Scosse  ancora una volta la testa e fissò il suo sguardo, ora serio e concentrato sulla bianca figura del vecchio; per un lungo istante, gli occhietti neri di Pai Mei la scrutarono attenti sotto quelle cespugliose sopracciglia bianche.

 

“Attaccami, ragazzina!”, proclamò infine il vecchio maestro. 

 

 

*

 

Un anno prima, Nerima, anno 1989, circa un mese dopo “il Matrimonio che non fu”

 

 

 

“Pronto, qui parla la famiglia Tendo”, bofonchiò assonnata la voce di Ranma. 

Nessuna voce rispose a quell’appello, ma con i suoi sensi acuiti, il ragazzo potè giurare di aver udito due sospiri brevi e ravvicinati. 

“Allora? Si può sapere chi sta chiamando? È quasi mezzanotte!”, brontolò ancora.

“… A-abita lì Akira Tokugawa?”, disse, flebile e timida, una giovane voce di ragazza.

“Eh?” 

 

Ancora?

 

“Scusa, questa è la palestra Tendo! Non c’è nessun Akira Tokugawa! E, ora, se permetti io torno a dormire!”, abbaiò Ranma, evidentemente irritato.

“Eh, no! Non riattacchi! L’ho visto, oggi! È entrato lì! Me lo passi!”, ululò stridula la voce femminile, in piena isteria, tanto da rimbombare da dentro la cornetta. Dalle scale, Ranma potè vedere la testolina castana di Nabiki che, in silenzio, stava gesticolando con aria interrogativa, come a dire “Ma chi è?”.

“Abbassa la voce, oca, che mi stai assordando! Qui non esiste nessun Akira Tokugawa! La dovete finire con questa storia!”, ribadì Ranma seccato. 

 

Intanto Nabiki era scesa e si era accostata con aria divertita al cognatino, che stava evidentemente perdendo le staffe.

“Non è vero! Voi mi nascondete l’amore della mia vitaaaaaaaa! Oggi l’ho pedinato apposta! È entrato a casa vostra! Dalla porta principale, per giuntaaaaaa!Aaaaaaaah!” strepitò furiosa la vocina.

“Basta con questi scherzi, brutte galline! La dovete smettere di molestare la gente a tutte le ore del giorno! E poi chi è che porta un nome come “Tokugawa”, eh?! Ragazzine ignoranti!”, sentenziò secco il giovane, per poi sbattere violentemente la cornetta sul telefono.

 

“Ranma, occhio che il telefono costa. Così lo rompi”, commentò sardonica Nabiki. “Ma dimmi…”, aggiunse con una punta di divertimento, “Un’altra ragazzina che cerca questo fantomatico Akira Tokugawa?”

“Sì… come se oggi non ne avessimo già avute abbastanza di queste matte!”, rispose Ranma, guardando le montagne di mazzi di fiori, orsacchiotti giganti rosa, letterine zuccherose piene di stickers e disegni di cuoricini, accatastate nella penombra dell’atrio. Tutta mercanzia dedicata al fantomatico “Akira Tokugawa”.

“Di’ un po’, Ranma, sei arrabbiato perché non cercano te?”, intervenne un’altra voce femminile. Il ragazzo si girò di scatto, giusto per vedere la fidanzata scendere le scale con un lieve sguardo ironico stampato sul volto. Ranma di colpo ammutolì. 

 

Akane!

 

Avrebbe voluto rispondere per le rime ad Akane, come era sempre stato solito fare, ma qualcosa lo trattenne anche quella volta. Stava succedendo sempre più spesso, sopratutto dopo il matrimonio che non fu…

 

Scema, le avrebbe voluto dire, ma nemmeno quel classico insulto venne formulato dalla sua bocca, di solito molto insolente.

 

Nel frattempo la giovane stava raggiungendo il fidanzato e la sorella nell’atrio con passi strascicati, dove stavano il telefono, le scarpe e recentemente quella massa sdolcinata di trofei dedicati a un ragazzo misterioso. I suoi capelli bluastri erano raccolti ai lati della testa in due mozziconi di codini. 

 

“Hai visto, sorellina? Ci sono frotte di ragazze che vengono qui e non per il tuo fidanzato! È un evento di portata cosmica”, rise Nabiki. 

“Be’, queste almeno sembrano donne più normali… non hanno ancora assediato il portone con un ariete o… spaccato la palestra”, aggiunse Akane, calcando il tono sulle ultime due parole.

“Sono moleste… oggi mi hanno fatto un agguato lanciandomi una marea di scatole di caramelle urlando come pazze “Akiraaaa”, Akiraaaaa, dove nascondete Akiraaaaa?”, sbottò Ranma, facendo il verso a una sgraziata parodia femminile. Stava forse mascherando il disagio?

“Se domani tornano, vedranno, quelle cornacchie…”, concluse.

“Chissà com’è questo Akira Tokugawa…”, domandò Nabiki, fingendo di rimuginare tra sé. “Dev’essere un personaggio discreto… a proposito, Akane, ti stai facendo ricrescere i capelli? Era una vita che non ti vedevo con i codini!”

 

Eh? Akane si sta…

 

Ranma si sforzò di alzare lo sguardo verso la sua fidanzata. Era vero: i capelli ora le arrivavano a metà del collo, tanto che riuscivano a stare raccolti in quei due codini scuri che spiccavano sul suo incarnato bianco e sul suo pigiama giallo.

Un secondo moto di disagio gli eruppe dallo stomaco. Cosa stava succedendo?

 

… facendo crescere i capelli? Perché…

 

“Uh? S-sì… niente di che”, scosse la testa la sorella minore, simulando noncuranza.

“Davvero! Non avevi più smesso di tagliarli… e a te crescono sempre in fretta!”, aggiunse la mezzana allungando una mano verso uno dei codini della sorella minore. “Magari facessero così anche i mei che sono troppo sottili”.

“Ma tu non li hai mai voluti lunghi… sul serio, Nabiki, niente di che… Mi è passata la voglia di averli corti, tutto qui”, concluse Akane leggermente infastidita da quell’insistenza.

“Non è che anche tu ti stai facendo bella per questo Akira Tokugawa, sorellina?”, incalzò la sorella maggiore con un sorriso furbo stampato sulle labbra.

A quelle parole, Akane rimase in silenzio per un istante per scoppiare a ridere, mentre Ranma volò a picco per terra con le mani a guisa di corna.

 

Se sapessi, sorellona, chi è “Akira Tokugawa”…

 

“Nabiki, Akane può anche farsi crescere i capelli ma rimarrà sempre un maschiaccio sgraziat…”, proruppe Ranma, interrompendosi proprio sul più bello di quello che era il suo repertorio. Poi, alzò d’istinto le mani a coprirsi il testa a mo’ di difesa, aspettandosi un cazzotto da un momento all’altro. Un pugno che però non arrivò.

“Sgraziato, e poi? Non hai ancora finito mi pare!”gli ringhiò di rimando Akane, accigliata.

 

Il ragazzo ammiccò le palpebre un paio di volte, incredulo: non lo aveva aggredito. Un terzo moto di disagio gli salì, ancora una volta, dal petto.

 

Tutto qui? Forse potevo fare di meglio…

 

“Dai, continua, cosa stavi per dire? Che non sono abbastanza sensuale per interessare questo fantomatico bellimbusto, ho ragione?”, lo incalzò sarcastica la fidanzata, imitandogli la voce quando pronunciò “Bellimbusto”.

 

Incredibile, pensò lui. Era dal matrimonio che non fu che non avevano ripreso ancora  a parlare come prima — a battibeccare come prima!—  e dovevano ricominciare proprio così, a causa di un tale dal cognome improbabile? Con disappunto, Ranma osservò che a all’ultima invettiva di Akane il suo mordente, che poco prima aveva ritrovato per un istante, si era di nuovo spento.  

 

“Forse dovremmo staccare il telefono… non vorrei che qualche invasata decidesse di chiamare alle due di notte”, concluse Nabiki mentre, sbadigliando, stava lentamente riguadagnando le scale e il piano di sopra. 

Akane fissò un istante il telefono, in silenzio. “Sì”, commentò poi, alzando la cornetta e lasciandola pigolare al lato dell’apparecchio. 

 

“Buonanotte, Ranma”, sospirò infine Akane, mentre seguiva le orme della sorella maggiore su per le scale. 

Ranma non rispose. Continuava a fissare i due codini che ondeggiavano ai lati della testa della ragazza, mentre lei guadagnava lenta il secondo piano. Un senso di inquietudine stava lievitando nel petto del giovane.

 

I capelli di Akane…  

 

Mi piaci di più con i capelli corti… corti… corti… 

 

Con il corpo pesante, dieci volte più pesante di quando si era precipitato al telefono, si avviò a sua volta verso il piano di sopra. 

 

I capelli… il vestito da sposa macchiato di nero…

 

L’aveva scoperto lui, quel disastro: il bell’abito nuziale annerito in modo brutale con uno spray di vernice nera. Aveva provato sgomento, quando lo aveva scoperto. Sgomento, poi rabbia, tanto che avrebbe voluto far la spia con Soun Tendo, il suo quasi suocero, sull’ orribile scoperta, su come sua figlia avesse devastato un abito tanto costoso, tanto prezioso… Poi era subentrata l’amarezza e allora si era tappato la bocca, ripromettendosi di affrontare Akane, non appena avrebbe trovato il momento propizio.

 

Solo che quel momento non era ancora arrivato, dopo un mese. Lei era diventata sempre più elusiva, rifletté Ranma. Dopo la scuola, Akane aveva preso a sparire, andandosene chissà dove in giro per la città, fino all’ ora di cena, e non si sapeva di preciso dove andasse. Poi rincasava sempre trafelata, con il volto arrossato e i capelli scarmigliati.

 

I capelli di Akane…

 

Era giunto nella sua camera, con il suo bravo futon che lo attendeva paziente, e ancora non  era riuscito a uscire da quel labirinto di pensieri a cui adesso faceva capo questo nome: Akira Tokugawa. Tokugawa… chi era il fesso che poteva credere a uno che usava il nome del famoso Shogun? 

 

Solo delle povere cretine, vero, Akane?

Akane, ma tu…

 

No, non sapeva se questo fantomatico dongiovanni avesse davvero a che fare con le ultime stranezze di Akane. Con i suoi capelli che, di nuovo, crescevano…

Il cuore gli batté violento nel petto. La reazione della fidanzata, poco prima, era stata così tranquilla rispetto al solito… Aveva addirittura riso della faccenda e quella vipera di Nabiki glielo aveva fatto notare, a gesti… gli aveva sbattuto davanti al naso le nuove bizzarrie di Akane, quelle che lui si ostinava a non voler vedere. 

 

Basta! Domani scoprirò dove va Akane di pomeriggio! Scoprirò se c’entra questo Ak… no… 

AKira Tokugawa… Akira… non sarà che… ma no…

 

 Con un proposito nuovo, si distese sul suo giaciglio, mentre il panda lì accanto ebbe un gorgoglìo nel sonno: stava russando come una locomotiva in marcia. 

 

“Sì, farò così”, sussurrò a se stesso. Poi chiuse gli occhi, sperando che il sonno giungesse presto.

Così non fu.

 

 

*

 

 

1] Rishi: nome sanscrito dei saggi, poeti e asceti, praticanti il “tapas” dello Yoga, nell’antica India, che grazie alle loro pratiche raggiungevano poteri straordinari e potevano vivere molto più a lungo di un uomo comune.

 

2] Parashurama è uno degli avatara del Dio Vishnu che ha allenato molti eroi e di cui si dice che permanga tuttora sulla terra, aspettando di poter allenare Kalki, l’ultimo avatara di Vishnu.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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