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Autore: Yellow Canadair    13/05/2023    4 recensioni
Lucci, Kaku e Jabura si svegliano nudi in un laboratorio sconosciuto. Dove sono? che è successo al resto del gruppo? perché non riescono più a trasformarsi? Tutte domande a cui risolvere dopo essere scappati, visto che sono giustamente accusati di omicidio plurimo.
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Nefertari Bibi è sparita da Alabasta: Shanks il Rosso l'ha portata via per salvarla da morte certa, perché qualcuno vuole il suo sangue per attivare un'Arma Ancestrale leggendaria. Ma i lunghi mesi sulla Red Force suggeriscono a Bibi che forse chiamare i Rivoluzionari potrebbe accelerare i tempi...
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Intanto Caro Vegapunk ha una missione per gli agenti: recuperare suo padre, prigioniero nella Sacra Terra di Marijoa. Ma ormai Marijoa è inaccessibile, le bondole sono ferme, e solo un aereo potrebbe arrivare fin lassù...
I Demoni di Catarina, una long di avventura, suspance e assurde alleanze in 26 capitoli!
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cipher Pool 9, Jabura, Nefertari Bibi, Rob Lucci, Shanks il rosso
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dal CP9 al CP0 - storie da agenti segreti'
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Capitolo 21

Flyin' Low, il tuffo del Canadair


 

«Puoi spostare il braccio?»
«Non schiacciarmi, pirata!»
«Mi prude un ginocchio…»

«Quella è la mia chiappa, idiota!!»

«Che vile molestia sessuale!»

«Vi prego, potete muovervi di meno? fate sbandare tutto l'aereo…»

Era la serata più affollata che il Canadair ricordasse.

Silvers Rayleigh, Shakuyaku, Shanks il Rosso, Benn Beckman, Drakul Mihawk, la dottoressa Kureha , sette ex agenti del Cp0, un colombo e una pilota riuniti in meno di venti metri quadrati di spazio.

Erano decollati dalle Isole Sabaody all’una e mezzo del mattino, con quindici accademici minuti di ritardo, e ora volavano a diversi chilometri di altezza, nel buio del cielo, sopra un mare così nero da sembrare un abisso, sotto le stelle lucenti e tra le nuvole filacciose. E sotto una minuscola falce di luna che ormai tutti si erano abituati a guardare con occhi nuovi.

Non era uno splendido astro bianco, non era fatta di formaggio, nei suoi crateri non si vedeva il volto della persona amata: era una pallida e assorta bomba che viaggiava da millenni sopra le loro teste, in attesa di essere attivata e di distruggere la Terra.

Ed era come volare tra l’incudine e il martello, leggeri come pensieri, veloci come zampilli, tra i due grossi motori Pratt & Whitney che facevano girare vorticosamente le due grandi eliche e riempivano la carlinga con la loro continua e scrosciante canzone.

Lilian Rea Yaeger, dopo il colpo di pistola che l'aveva liberata dall'incubo di tornare sotto le mani dell'uomo che l'aveva tenuta schiava per sei mesi, aveva dormito quasi venti ore e aveva chiesto di sua spontanea volontà a Shakky se poteva avere qualcosa da mangiare (a credito). Infine, aveva lavorato all'aereo con Rayleigh fino all'ora della partenza. L'occhio lungo di Jabura aveva notato quei movimenti che ricordavano i primi fiori che bucavano la neve; forse era finalmente arrivato il momento di svegliarsi dall'incubo della schiavitù e dell'isolamento nel bosco. La guardava pilotare con serietà, vestita di nero come tutti loro del Cipher, salvo per la maglietta bianca che faceva capolino dalla zip della felpa. Aveva le cuffie ben calcate tra i capelli corti che stavano cominciando a ricrescerle, anche se ormai non c'era più nessuna comunicazione radio da seguire, nessun Governo da cui prendere ordini… ma era la sua abitudine. Sembrava reggere, pensò Jabura, soddisfatto dalla tempra della ragazza, ma non era così rincoglionito da pensare che si fosse allegramente gettata tutto alle spalle: stava solo cercando di tornare a una parvenza di normalità. Finita quella missione, l'avrebbe convinta a prendersi un periodo di riposo, e anche Kumadori avrebbe…
«Non pensavo di sentirmi male...» lo distrasse Shanks, seduto sul posto del co-pilota, davanti, con un bel sacchetto di plastica vuoto in mano.

Jabura si gettò la treccia alle spalle, tornando al presente. «Ai novellini capita sempre.» ghignò dandosi un tono, appoggiandosi al sedile dell'imperatore. «Il primo volo è così. Tiè, mangia dei biscotti secchi.» disse passandogli un pacchetto che c’era in un tascone sul retro del sedile. 

Rob Lucci strinse le labbra, costringendosi a rimanere seduto con gli altri sulle panche del cargo. Si rigirò tra le mani la sua tuba, e Hattori ne approfittò per volarvi dentro.

Benn, lì accanto, guardò con severità l'uccellino bianco e di sottecchi il suo padrone. Hattori gli restituì uno sguardo neutro, poi continuò a cincischiare  nella tuba di Lucci.

 

~

 

«Sei nervosa, Tashigi?» sorrise con dolcezza la General Maggiore Momousagi. Era assisa sul ponte di prua della sua elegante nave, la Cupcake Bunny, e il vento le accarezzava dolcemente la morbida acconciatura e faceva ondeggiare il soprabito color mirto pallido della Grande Armata, con un grande kanji sulla schiena che sembrava brillare nel buio. Diceva: "SICUREZZA".

«Signornò.» rispose marziale la ragazza, battendo i tacchi e rizzando le spalle. «Mi scusi.»

Lo disse con così tanta enfasi che un morbido coniglietto, che zampettava sul pavimento lì vicino, si spaventò e corse via.

Il Coniglio Rosa mormorò una risata. «Non c’è bisogno di scusarsi. Sei in missione per salvare il tuo amato Viceammiraglio. Se non può emozionare questo, non so davvero cos’altro...»

Tashigi arrossì, ma per fortuna Momousagi era accanto a lei e fissava l’orizzonte buio, non poteva vedere il rossore delle sue guance. Nemmeno uno dei tanti coniglietti della nave avrebbe potuto, e loro avevano occhi e orecchie ovunque.

«Smoker è fortunato ad avere una sottoposta come te. Hai rischiato molto.»

«Lo so.» sussurrò Tashigi. «Ma Smoker si fidava di te… quindi io...»

«Hai deciso di affidare a lui la tua vita ancora una volta.» sorrise Momousagi. «Com’è romantico!» squittì, sorridendo deliziosa.

«Non… non è quel genere di relazione!» protestò la spadaccina.

«Naturalmente tesoro, naturalmente…» 

Il galeone dalle vele rosa cipria orlate di pelo bianco era alla fonda nel buio del mare, a poche miglia dalla scogliera altissima che nascondeva Marijoa. Nel buio, tra i flebili riflessi della luna, si intravedevano le rovine di Red Port, l’unico porto dal quale si poteva arrivare alla dimora dei Draghi Celesti. Il paesino sorgeva alla base della falesia, la parete rocciosa a picco, in cima alla quale c'era la Sacra Terra di Marijoa, con il castello Pangea proprio nel mezzo.

Tra le case disabitate e buie baluginavano ancora i binari sui quali, anni prima, scorrevano su e giù le bondole.

Le bondole erano state issate definitivamente su due anni e mezzo prima, quando per la sicurezza dei Draghi Celesti era stato decretato che nessuno potesse più salire fin lassù. Solo raramente venivano azionate, per i rifornimenti o per far scendere dei Nobili che volevano fare un giro, ma sempre dall'alto: motivi di sicurezza.
Nemmeno la Grande Armata aveva più potuto mandare uomini, ma non si sapeva chi mantenesse l'ordine a Marijoa, specialmente nel quartiere dove vivevano gli schiavi che dovevano continuare a servire i loro padroni.

«Una volta era abbastanza facile arrivare fino a Marijoa… se avevi il permesso.» intervenne una donna, sopraggiunta alle spalle di Momousagi e di Tashigi.

«Tenente Fedora, pensavo che stessi dormendo.» cinguettò la General Maggiore.

«E infatti volevo.» replicò la signora, vestita elegantemente con un twin set giallo dalle righe verticali arancioni. «Però l’aria è elettrica… stanotte non si può dormire.»

«No, dovremo preparare qualche caffè!»

Due coniglietti, uno grigio e uno color miele, sentendo le parole della General Maggiore, si diressero subito in cucina.

«A che ora arriveranno?» domandò Tashigi.

Momousagi sorrise e pensò quanto dovesse esserle mancato il suo Smoker, e quanta disperazione doveva esserci stata nel cuore di quella fanciulla quando l’aveva creduto morto. Avrebbe voluto parlarne ancora con lei, ma rispose semplicemente: «La Red Force è già qui. Ci stanno osservando, e controllando che non ci siano altre navi dell'Armata qui intorno.»

A Tashigi si drizzarono i peli sulla schiena, osservò il mare attorno a lei: era buio, non c'erano luci… neanche la sua Percezione vedeva nulla… 

«Sono molto lontani da noi, è difficile vederli.» disse Momousagi. Allungò un dito verso un punto scuro, lontanissimo. «Sono lì.» indicò con sicurezza.

Tashigi continuava a non vedere nulla. «Quanto ci vorrà prima che vengano calate le bondole?» domandò invece. «Non aspettarti nulla prima delle due e mezzo. Ray ha bisogno di tempo.»

 

~

 

Kaku allungò un dito, incerto, e toccò l'aereo. 

Sentì il freddo del metallo, appena scaldato dal primo sole, e così tastò la lamiera con tutto il palmo.

«Non c'è nessuna copertura!» osservò.

«Certo che no.» disse Rayleigh con ovvietà. «Altrimenti non volerebbe.»

«E che diavolo hai fatto in tre giorni?»

«Ho lavorato.» rispose il Re Oscuro, piccato.

Meno parlavano e meglio era, quei fottuti agenti del Cipher. Erano il genere di persone che pensavano che tutto gli era dovuto, senza un grazie. Di quel drappello che gli aveva mandato Caro Vegapunk non se ne salvava uno.

Il piccoletto dall'aria innocente sembrava un chierichetto, ma era bastata qualche frase per confermare a Rayleigh che in realtà era il più infame di tutti.

Anzi, no: il più infame era senza dubbio il loro capo, Rob Lucci.

Silvers Rayleigh sospirò. Ormai era troppo vecchio per perdere la pazienza con dei ragazzini maleducati, e conveniva a tutti finire il prima possibile quella collaborazione.

«La bolla renderebbe la struttura dell'aereo abbastanza pesante per affondare, ma troppo pesante per volare.» spiegò senza alzarsi. «Così io e la vostra pilota abbiamo messo a punto un sistema che farà aprire la bolla appena l'aereo toccherà l'acqua.»

Il Canadair era ormeggiato sulla terraferma, al Groove 42, lontano da occhi indiscreti e con la prua rivolta verso il mare aperto. La luce del primo mattino baciava delicatamente le ali gialle, la sabbia era ancora fredda per la notte appena trascorsa, la foschia in lontananza fondeva insieme il mare e il cielo.

«Li vedi quei grossi sacchetti sotto le ali, sotto la prua e sotto la coda? Contengono le bolle. Appena l'aereo colpirà l'acqua del lago per ammarare, quei sacchetti si distruggeranno, e le quattro bolle si uniranno per inglobare tutto il mezzo.»

«E dovrebbe funzionare?» fece Kaku, scettico.

Rayleigh scoppiò a ridere. «Lo spero per voi! tanto io e gli altri, a quel punto, saremo già al castello Pangea!»

 

Kaku serrò le labbra, critico. Non avevano potuto testare niente, non avevano provato se quel sistema funzionava, era tutto affidato al caso e all'abilità di Rayleigh, e a quella della pilota. Non era così che amava lavorare: prima finiva quella collaborazione, e meglio sarebbe stato. Ingannava il tempo affilando la lama di una delle sue katane e cercando di far finta di non notare Drakul Mihawk, seduto in coda, lontano da tutti e da tutto, che lo guardava male.

«Signori, in questo momento stiamo sorvolando la Terra Sacra di Marijoa. Tra pochi minuti arriveremo in vista del Castello Pangea.» la voce della pilota all'interlumacofono lo riportò alla realtà.

«Blueno. In posizione.» ordinò Rob Lucci.

«È ora.» Shanks si scambiò un pugno-pugno con Rob Lucci. «Due ore. Voi Vegapunk, noi Im.»

«Chiaro.» rispose l’agente del Cipher.

Kureha e Shanks si strinsero le mani all'altezza dei volti. «Comportati bene, ragazzaccio.»

Shanks fece una linguaccia. «Mai e poi mai!»

Blueno intanto era in posizione, pronto ad aprire in volo il portello del Canadair per lasciar scendere i cinque pirati.

Guardò verso la pilota.

Lei era concentrata sulla stretta porzione di terra illuminata dal fanale dell’aereo.

Sorvolarono prima un bosco immenso, seguendo una strada che lo attraversava. Il bosco finì, c'era una spianata brulla, e poi i tetti delle case del paese degli schiavi, con le tegole rosse e scalcinate e le stradine tortuose, e poi le mura alte e impenetrabili della Terra Sacra, di nuovo un bosco, un viale, l'azzurro di un immenso lago -quello in cui avrebbero dovuto sprofondare, dov'era nascosto il laboratorio di Vegapunk-, e poi giardini, e infine nel cerchio di luce del faro ecco la reggia, ecco il Castello Pangea!

«ADESSO, BLUENO!»

Il colossale agente del Cp0 strinse saldamente la presa sul maniglione e aprì il portello, l’aereo sbandò pericolosamente, la pilota tirò a sé la cloche per mantenere la rotta, il vento gonfiò i mantelli e, Shanks per primo, e poi Mihawk, Benn, Rayleigh e Shakky si buttarono giù dall’aereo per atterrare, tra tegole infrante, sul tetto della tenuta.

 

~

 

Il Canadair descrisse un ampio cerchio nel cielo, contro la volta stellata.

Rob Lucci recuperò il suo posto da co-pilota, indebitamente usurpato da un pirata col mal d'aria. «Adesso dobbiamo immergerci.» disse l'uomo, sempre impeccabile nel suo completo nero e con la giacca appoggiata sulle spalle, ma con una camicia a fiori minuscoli e la fascia del cilindro in tinta.

Lilian annuì. 

Tornarono sui loro passi, si lasciarono alle spalle il viale d’ingresso e alla luce del fanale ritornò l’immensa peschiera. «Eccoci.» disse la pilota perdendo quota.

«Se non funzionasse...» mormorò Kaku.

«Stai zitto, non dire queste cose che porta malissimo!!» berciò Jabura. Il Canadair perse quota fino a sfiorare con la pancia rossa la superficie nera e liscia del lago.

Sembrò un ammaraggio come ne avevano fatti tanti: l'aereo scivolò sull'acqua senza onde come una perla sulla seta, perdendo lievemente velocità fino a fermarsi giusto al centro, galleggiando in equilibrio sulla carlinga e sui galleggianti alle estremità delle ali. All'interno della carlinga si ondeggiava, con un lieve rollio.

«Yoyoi… eppur non si muove.»

«Ehi, non dovremmo affondare?» criticò Kaku, andando verso il cockpit e rivolgendosi alla pilota.

Lucci si affacciò a un oblò, e guardò critico intorno a sé: vedeva il lago nero nella notte e la lucina verde che brillava sulla punta dell'ala, e tutto il resto era fermo.

«Perché non affonda?» chiese anche lui a Lilian.

«Non lo so, boss, ho fatto esattamente come-AH!» gridò.

Il coro dietro: «AAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHH!!!!!!!!!!!!!!»

Mancò l'acqua sotto i loro piedi, il Canadair precipitò a picco con la velocità di un sasso, l'abisso si spalancò e li inghiottì in un attimo, richiudendosi sopra di loro. Lucci si impietrì nel sedile, Kaku ci si aggrappò con le unghie, tutti gli altri gridarono mentre il Canadair si inabissava. Poi si sentirono quattro schiocchi ovattati in rapida successione, e un velo trasparente avviluppò l'aereo: le bolle di Rayleigh si erano aperte.

Lilian trattenne il fiato e con le dita tirò verso di sé le due leve dietro la cloche; un sordo rumore metallico fece tremare tutto l’aereo, tanto che gli agenti dovettero reggersi ai maniglioni. Al bagliore fioco delle luci di posizione, gli agenti dagli oblò videro che i motori smisero di funzionare, le eliche persero velocità, poi con una serie di scatti si ribaltarono sulle ali finché le eliche non furono rivolte verso la coda dell'aereo; a quel punto Lilian diede di nuovo gas ai motori e li rimise in moto, e l'aereo cominciò a muoversi anche in avanti.

Lilian cominciò a riprendere il controllo della situazione, la caduta divenne meno ripida, e divenne una discesa controllata.

«Ce l'abbiamo fatta. Velocità media sedici nodi… i motori rispondono. Siamo a meno millecinquecentoottantatré metri. Ce l'abbiamo fatta, boss!» ansimò la pilota verso Lucci.

«AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHH…»

«Kumadori, puoi smetterla.» tuonò Blueno.

«YOYOI… DUNQUE CE L'ABBIAMO FATTA? SIAMO…?»

«Grande!» ghignò famelico Jabura. «Rotta verso il laboratorio!» 

Lucci annuì soddisfatto. «Procedi.» e tirò fuori la vivre-card di Vegapunk.

Il Canadair sollevò lievemente la prua e riprese la sua discesa controllata verso il laboratorio di Vegapunk.

Erano abituati a volare immersi nel buio del cielo, nella libera leggerezza dai cirri sottili e in quella minacciosa delle nuvole temporalesche.

Ma il buio dell’abisso era più cupo, più nero, e la pressione che spingeva a spallate contro la bolla di Rayleigh sembrava di sentirsela addosso, e di essere spintonati da una forza invisibile che ti teneva una mano sulla testa e premeva per tenerti sott’acqua.

Era un abisso di cui non si vedeva il fondo, in cui le eliche modificate da Iceburg e dai suoi carpentieri si muovevano più lente, e tutto l’aereo sembrava muoversi con la lentezza di un pigro cetaceo.

Tutti si sentirono rinfrancati quando la pilota accese i fanali anteriori.

Ma poi rabbrividirono, perché l’acqua non era trasparente come quella del lago, ma colma di alghe e pulviscoli, e i fasci di luce non illuminavano che pochi metri, per poi perdersi e lasciarli senza appigli e senza nessun riferimento visivo.

Erano soli, in un sottomarino giallo, perduti nel mezzo di un lago montano, nell’acqua fredda.

La temperatura a bordo scese.

«Questo non me l’aspettavo.» disse Blueno, infilando un maglione.

«Era da pensarci invece.» brontolò Kaku chiudendo la zip della felpa nera fino al mento, e affondandoci dentro il volto. «Speriamo che non peggiori.»

«Peggiorerà di sicuro.» lo contraddisse Rob Lucci. Guardava la strumentazione di bordo. «È bastato arrivare a duemila metri di profondità per perdere dieci gradi: quando arriveremo a settemila, qui si gelerà.»

«Si gelerà anche fuori.» fece notare Califa, indossando una sontuosa pelliccia al di sopra dello scollato tubino nero. «Dobbiamo prepararci.»

«Però quando si va sull'isola degli Uomini-Pesce questa cosa non l'ho mai sentita…» avversò Jabura.

Ma nessuno aveva una spiegazione scientifica per quell'osservazione. Forse, tuonò Kumadori, l'anima dei laghi di montagna era diversa da quella del mare.

Kaku cominciò a fare stretching sul pavimento metallico della carlinga.

«Farà freddo anche per noi che rimaniamo qui dentro.» muggì Blueno. «Vado nel cargo a prendere vestiti invernali e coperte.»

Fukuro e la pilota fecero cenno di sì: avrebbero corso meno rischi nel rimanere a bordo durante la missione di recupero, ma non potevano farsi trovare assiderati dagli agenti di ritorno. 

Il Canadair scese nell'abisso per metri

e metri

                        e metri

                                                   e metri

                                                                        e metri

                                                                                                                e metri

                                                                                           e metri

    
 

e metri…


 

La ricerca era spasmodica, tutti cercavano di scorgere qualcosa dagli oblò, ma il buio era così profondo che non si potevano intuire che figure, movimenti, fosche presenze nell'acqua nera, e lunghi muggiti di pesci invisibili che si perdevano nell'abisso.

La vivre-card puntava decisamente verso nord-est, quindi la pilota, con attenzione, modificò la rotta del Canadair e si mise nella direzione indicata dal magico foglietto.

«Si muove abbastanza bene…» osservò. Era la prima vera virata in acqua. «Non è come in cielo, ma ha una buona risposta considerando l'acqua.» 

Lucci la ascoltò e borbottò compiaciuto: era difficile ottenere il suo favore al di fuori dell'assassinio, ma quella pilota era all'altezza del reparto.

«Non ci sono pesci da queste parti…? creature…?» si chiese Kaku.

La dottoressa Kureha prese la parola: «Difficile. Siamo oltre i cinque chilometri di profondità. La pressione comprime quasi tutte le forme viventi.»

Come se l'aereo avesse compreso quelle parole, la carlinga cominciò a scricchiolare in maniera sinistra. Un cupo cigolio metallico serpeggiava tra le giunture imbullonate, e il lieve rumorio sembrava un frastuono alle orecchie dei passeggeri. Il gruppo tratteneva il fiato nella fibrillante attesa che il lento e cadenzato bip degli strumenti rompesse la sua monotonia e segnalasse finalmente l'arrivo alla meta.

La navigazione scorreva lentissima, per non esporre il velivolo a ostacoli improvvisi, ma i minuti volavano veloci, le due ore a disposizione sembravano scivolare dalle dita come granelli di sabbia.

«Questo lago… credo si estenda anche al di sotto della sua superficie.» mormorò Kaku.

«Intendi che potrebbe essere un lago sotterraneo?» precisò Lucci, girandosi verso di lui.

«Sì.» spiegò Kaku alzandosi in piedi e affacciandosi al sedile del collega. «Siamo stati a Marijoa, negli anni, anche per il Reverie, e non ricordavo che il lago fosse così grande. Si attraversava in barca, da quanto mi ricordo.» si girò verso gli altri per avere conferma: no, nemmeno a loro pareva che il lago che avevano visto anni addietro fosse così grande.

Fu solo dopo quaranta minuti che il sonar, all'improvviso, cominciò a segnalare qualcosa.

«A ore quattordici.» disse la pilota. «Vedo qualcosa.»

Tutti si accalcarono agli oblò nella direzione indicata, ma il mare intorno a loro era nero, e i fanali anteriori rischiaravano solo i primi dieci o quindici metri davanti a loro. 

Così gli agenti passarono a guardare lo schermo verde della strumentazione.

«È il laboratorio?» chiese impaziente Blueno.

«È troppo piccolo.» osservò Lucci.

La pilota sbiancò. «Cazzo…» mormorò. «È metallico. E ci sta venendo addosso! è veloce! Reggetevi forte!» 

Raddrizzò faticosamente l'aereo e gli fece cambiare direzione giusto in tempo per evitare la collisione. Alla luce dei fanali baluginò il profilo inconfondibile di un missile.

«Siamo sotto attacco!» esclamò Jabura.

«Che facciamo?» ringhiò Kaku rivolto al boss.

Lucci era in difficoltà. Cosa fare? cosa vuoi fare a settemila metri di profondità, senza luce, in un aereo?

«Se ci stanno attaccando, vuol dire che il laboratorio è vicino.» disse lucidamente la dottoressa Kureha.

«Mossa stupida, per uno scienziato geniale.» sentenziò Blueno.

«Ma sei scemo?» lo rimbrottò Jabura. «Se ci hanno attaccati, vuol dire che sono sicuri di abbatterci. Altrimenti non si sarebbero mai esposti.»

«Abbiamo un sistema di… chapapa, una scialuppa di salvataggio?» chiese incerto Fukuro.

Lo scricchiolio che seguì non fu rassicurante.

«Questo è un aereo…» disse Lilian con un filo di voce. «Non abbiamo mai avuto le scialuppe. Avevamo i paracadute… e adesso abbiamo le bolle singole per uscire.»

«Prendetele tutti.» ordinò Lucci. «E tu evita i missili.» ordinò alla pilota.

«Signorsì.»

L'aereo fece una lenta vitata, come una manta nell'acqua, e si portò nella direzione da cui era arrivato il missile. Regnava un silenzio teso, rotto solo dal bip… bip… del sonar.

«Ecco il secondo in arrivo» osservò Lucci «fa' una curva verso est.» 

Kaku aguzzò lo sguardo oltre il parabrezza, dandosi dello stupido da solo: erano immersi nel nero, avrebbe potuto vedere i missili solo all'ultimo secondo. Cioè un attimo prima di essere abbattuti.

«Che stai aspettando? evitalo.» tuonò Lucci.

L'aereo stava virando, ma dal sonar la posizione del missile era la stessa, la traiettoria incontrava drammaticamente la loro.

«Lo sto facendo, boss.» disse in fretta la pilota. «Noi stiamo cambiando la rotta, ma è il missile che ci sta venendo incontro.»

«Merda, è radiocomandato» sputò fuori Jabura.

«YOOOYOI SIAMO MORTI! SIAMO ALFINE MORTI!! SEEEEEPPELLITI SOTTO TONNEELLAAAATE DI-»

Lilian gridò: «SILENZIO.» 

Tutti si chetarono all'istante. «È come un missile terra-aria, ne ho già visti molti. Vengono dalla terra e abbattono i bersagli in movimento. Il trucco è aspettare che siano abbastanza vicini, e poi cambiare rotta all'improvviso. In genere non riescono a cambiare rotta altrettanto velocemente e vanno a schiantarsi altrove.»

«In genere.» sottolineò Lucci.

«In genere un aereo non sta sott'acqua.» continuò Yaeger stringendo la cloche. «Siamo più lenti dei missili. Reggetevi forte a qualcosa e prendete tutti una bolla.» e spense tutti i fanali dell'aereo, comprese le luci di bordo.
Rimase acceso solo il quadro della strumentazione, che illuminava appena di verde i volti di Lucci, di Hattori e della pilota.

Jabura distribuì a tutti le bolle d'emergenza, Kumadori mugugnava preghiere, la matitina di Fukuro gracchiava sul suo blocco note, chissà come stava scrivendo col buio che c'era. La dottoressa Kureha era impassibile, con la sua bolla sulle ginocchia, e non perdeva d'occhio Rob Lucci.

Il missile, una lineetta lampeggiante sullo schermo, si avvicinava pericolosamente.

Cinquanta metri.

«Vira.» sibilò Lucci.

«Non ancora.» 

Venti metri.

«Vira!» ordinò il leader.

Dieci metri, l'aereo virò all'improvviso sul lato sinistro con una cabrata che schivò il missile all'ultimo secondo. 

Urla confuse, imprecazioni, oggetti vari rotolarono sul pavimento, e poi regnò il silenzio.

Poi un fragore ovattato proveniente dalla coda dell'aereo, ma molti metri più indietro: il missile era esploso.

Lo spostamento d'acqua diede una dolce spinta alla bolla che avvolgeva l'aereo.

La pilota ruppe il silenzio: «Fatto, passato!»

«Grande!!»

«Brava Lili!!»

«YOOOYOOOI SIA GIUBILO IN QUESTO FAUSTO MOMENTO!»

«ZITTI.» ordinò Lucci a tutti, facendo calare un brusco sipario di silenzio. «Il sonar continua a suonare.»

«Cazzo.» osservò Lilian. «Beh, era prevedibile.»

«Altro missile?» chiese Jabura.

«Altri due. A ore undici e a ore tredici.» disse la pilota. «Puntano ai due motori.»

Lucci era spazientito. «Evita anche questi, non perdiamo tempo.» 

«Agli ordini, boss.»

I bip si ripetevano ritmici. Tutti trattenevano il fiato.

Cinquanta metri.

«Come fai a evitarli entrambi?» chiese Kaku.

«Voi reggetevi.» sussurrò Lilian, sicura.

Venti metri.

«Ormai dovremmo quasi vederli…» mormorò Jabura.

«CE LI ABBIAMO IN FACCIA! REGGETEVI!» urlò la pilota, strinse la cloche e la tirò tutta verso di sé, e premette con tutta la forza che aveva il pedale destro: l'aereo virò su sé stesso fino a ribaltarsi su un lato, come una ballerina sulla punta del piede. Il Canadair rimase sospeso nell'acqua con le ali in verticale, con i suoi passeggeri schiacciati contro la parete in un capitombolare di oggetti e di grida. I missili li mancarono per pochi centimetri e poi, con un tonfo attutito dall'acqua, esplosero a diversi metri dalla coda.

Lilian allentò la pressione del pedale, rilasciò con calma la cloche, e l'aereo tornò nella sua posizione normale, con le ali in orizzontale.

«Che roba era?!» gridò Jabura con le unghie conficcate nel pavimento.

«Cabrata orizzontale. La virata Schneider.» spiegò la pilota. Strinse la cloche con forza per evitare che Lucci vedesse che stava tremando.

«Siamo vivi. Ricomponetevi.» disse Lucci. 

«Ma l'aereo può volare anche così?? in verticale?» chiese Kaku.

«Questo tipo di aereo no.» replicò la pilota. «L'ho sempre fatto con quelli ultraleggeri, mai con i Canadair.»

Jabura vacillò: «IN CHE SENSO?»

«Preparatevi. Ne arriveranno altri, non ci hanno abbattuti.» ricordò a tutti la dottoressa Kureha.

Ma, a smentirla, non arrivarono altri missili: per dieci minuti buoni, nel silenzio assoluto, l'aereo continuò ad avanzare verso la sua meta, tra l'incredulità generale.

All'improvviso il lumacofono di bordo, posizionato sulla plancia in posizione centrale, cominciò a trillare.

Lucci guardò il lumacofono e poi guardò la pilota.

«Qui sotto è possibile lumacofonare?» osservò Califa.

«Evidentemente sì…» mormorò Jabura.

«Rispondiamo?» propose la pilota, come a dire "lo farei io, ma ho le mani impegnate".

Rob Lucci prese la cornetta. «Pronto.» tuonò.

La voce che rispose sembrava lontanissima e ovattata, ma era chiara:  

 

«Caro! Oh Caro, piccola mia, sei tu? Sei dunque riuscita a raggiungermi! Come… come hai fatto a convertire…? mi devi spiegare…»

 

Rob Lucci interruppe il fiume di parole: «Qui mezzo di ricognizione governativo 1234.» recitò in maniera serissima Lucci. «Identificatevi e dichiarate la vostra posizione.»

Kaku fece verso il collega un cenno d'assenso: probabilmente la comunicazione veniva dal laboratorio.

 

«Sono io!! Sono papà! Vuoi la posizione, dunque, è…»

 

«Vegapunk?» mormorò la pilota guardando Lucci.

«Segnate la posizione!» ordinò il boss facendo il gesto dello scrivere con una mano.

«Fukuro!» chiamò Kaku.

«Chapapapa, eccomi!» arrivò trotterellando con carta e penna dalle retrovie.

«A che pro la posizione?» chiese scettico Blueno, mentre Fukuro scarabocchiava sul suo taccuino le cifre che Vegapunk dettava. «Abbiamo la Vivre-card

«Ma loro non lo sanno.» rispose Jabura.

«Così possiamo stabilire dove siamo e tracciare la rotta del ritorno… abbiamo la Vivre-card per andare, non per tornare.» ricordò loro la dottoressa Kureha.

Lucci proseguì a parlare al ricevitore con tono autoritario: «Qui è Rob Lucci con la squadra, parlo con il dottor Vegapunk?»

 

«Rob Lucci!? Sei proprio tu?»

 

Ma una seconda voce salì irritatissima dal microfono: «CHE CAZZO STAI FACENDO???? ECCO CHI È CHE HA DISABILITATO IL SISTEMA DI DIFESA!!!»

 

«No no no, non dobbiamo difenderci!! li manda… ehm, li manda la Marina, sono alleati.» imbastì malamente lo scienziato.

 

«Non sa mentire.» osservò truce Jabura.

«Silenzio!» sibilò Lucci. Poi, rivolto a Vegapunk: «Vegapunk! cosa sta succedendo?»

 

«Oh, vedete, c'è qui un funzionario che…»

«STA' ZITTO! CHI È CHE PARLA?»

«È Rob Lucci!» affermò la voce di Vegapunk con aria di sfida.

 

Per qualche istante dal lumacofono non arrivarono risposte. Fukuro passò gli appunti a Lilian, che aggiustò la rotta portandosi verso l'obiettivo, senza riaccendere i fanali.

 

«R…Rob Lucci?» balbettò la voce.

«Pertanto il sistema di difesa è stato disattivato per permettergli di raggiungerci.» continuò Vegapunk «Meno male che i primi razzi non l'hanno abbat-»

«RIATTIVATE L'ANTI-INTRUSI! ALLERTATE LE GUARDIE! NUCLEARIZZATE QUEL MALEDETTO AEREO!!!

Si sentì chiaramente che venivano schiacciati dei bottoni e, in lontananza, dal microfono partì una sirena d'allarme.

Vegapunk pregò: «No, ferm-»

 

E poi fu di nuovo silenzio.

«Vegapunk ci stava facendo passare. Aveva disattivato i missili.» disse lugubre Jabura.

«L'altro era…» mormorò Califa.

«Era Spandam.» confermò Jabura, leccandosi le labbra. Anche Lucci e Kaku sembrarono all'improvviso le belve affamate che erano.

Fukuro cominciò a distribuire a tutti le bolle personali di emergenza. Di lì a poco sarebbero arrivati altri missili.

Jabura portò anche alla pilota una bolla d'emergenza, impacchettata nella sua delicata pellicola.

I bip… bip… aumentarono di intensità, ed ecco la lineetta verde che comparve sullo schermo diretta verso l'aereo.

Lucci ruppe il silenzio: «Eccoli.» 

Lilian era pronta.

I bip aumentarono di intensità. 

«Ce n'è un altro subito dopo.» tuonò Kaku.

Lili strinse i denti. «Ce la facciamo.» pensava già a che cazzo di manovra fare, la virata Schnider era da evitare, già la conoscevano, ma se avesse sfruttato la naturale propensione ad affondare che avevano, con una picchiata, e solo poi fare la virata… già in aria, con un aereo di quel peso, sarebbe stato da pazzi, ma in acqua era proprio da coglioni…

Altri bip

Lucci guardò lo schermo, preoccupato. «Ce n'è un altro.»

«No…» mormorò la pilota, pallida, riconoscendo qualcosa tra i pixel e avvicinandosi allo schermo quasi a toccarlo col naso. «Sono altri due. Sono tre.»

I bip si moltiplicarono a dismisura, affollarono la carlinga di un pigolio continuo, martellante.

Il colore abbandonò il volto della pilota.

«Sono… sono almeno dodici. Forse di più.»
Lucci si girò verso di lei. Il suo sguardoera impenetrabile e freddo come la canna di un fucile. Era lui il capo, ma chi conosceva l'aereo era solo lei, la pilota. Era lei che doveva decidere.

E Lilian Rea Yaeger rispose: «Non posso schivarli. Mi dispiace.»

Lucci annuì. Si alzò in piedi, prese lo zaino con le fiale e ordinò verso gli altri agenti: «Abbandonare l'aereo.»

 

 

 

 

Dietro le quinte...

*mette la testa fuori dal sipario chiuso e si guarda attorno* c'è nessuno?

Ciao! Un saluto ai lettori che sono rimasti, se ce ne sono! Mi scuso davvero tanto. Ma davvero tanto. Lo giuro, non c'è stato giorno in cui non abbia pensato a questa storia. Il problema è che... mi sono bloccata su certe scene. E il canon è andato avanti dandomi altre gatte da pelare! Da alcuni mesi One Piece ha preso una piega che non mi sarei mai aspettata! 

Questa storia però, come sapete, è stata pensata e progettata alcuni anni fa, quindi rassicuro tutti: non ci saranno spoiler degli ultimi capitoli del manga! tutto era stato previsto molto prima del 2022, quindi non c'è correlazione con l'ultima manciata di capitoli. Ho apportato qualche modifica a quanto avevo già scritto, qualche correzione, ma niente spoiler.

Solo che... nell'ultimo capitolo è successa una cosa che mi ha fatto dire: "cosa stai aspettando ancora? muoviti! torna!" quindi grazie, capitolo 1083. Chi l'ha letto, sa. Anche per questo ho saltato la mia solita pubblicazione del mercoledì... era una cosa che dovevo fare subito.

Il titolo del capitolo riprende il titolo della primissima storia in cui avevo introdotto i Canadair, "Flyin'High - il volo del Canadair", qui ovviamente però non è un decollo... è un inabissamento! E forse sarà un inabissamento definitivo...? Chi lo sa!

I nostri agenti si sono finalmente "sbarazzati" dei pirati e possono fare la cosa che gli riesce meglio, fare missioni top secret, uccidere gente (possibilmente Spandam). A proposito, cosa ci fa Spandam qui? Bene, il suo onorabile padre, sentita la notizia dei possessori di Zoo-Zoo di nuovo in libertà, ha fatto trasferire il figlio in un posto dove -credeva- non l'avrebbero mai trovato! E invece i nostri agenti erano diretti proprio lì. Ma come mai, tra tanti posti, proprio il laboratorio di Vegapunk? Boh... ♥ 

Spero che il capitolo vi sia piaciuto! spero di aver comunicato bene lo schiacciamento della pressione, il casino sull'aereo, la paura di chi era a bordo e quanto astio possa scorrere tra governativi e pirati, seppur alleati!

Grazie per aver letto fino a qui! grazie per aver creduto in questa storia!
Arrivederci al prossimo capitolo, che avrà come titolo "Fiamme nell'Abisso". Avrò parecchio da spiegare, nel prossimo Dietro le Quinte.

Un abbraccio a tutti voi! grazie mille di cuore ♥♥♥

Yellow Canadair is baccck.
 


 


 

 

  
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